Menu header
Menu header

Maldive “low cost”

Il sogno di ogni amante del mare, le Maldive: un incredibile arcipelago di oltre 1200 isolette paradisiache, coperte di lussureggiante vegetazione tropicale, con spiagge coralline di finissima sabbia bianca soffice come il borotalco, acqua calda e cristallina nelle lagune degli atolli e fondali strepitosi con barriere coralline mozzafiato abitate da una moltitudine di pesci colorati dove poter fare indimenticabili immersioni... il verde smeraldo dell'oceano che si fonde con l’azzurro del cielo e il bianco candido della sabbia, creando mille sfumature di colore di indescrivibile bellezza...

Un paradiso terrestre, il luogo ideale per rigenerarsi e ritrovare il proprio benessere psico-fisico, staccando la spina, abbandonando il grigiore della città, lo stress e la frenesia della vita di tutti i giorni, coccolandosi in un resort esclusivo, magari in un water bungalow di legno direttamente sull'acqua con mobilio ecochic in rattan, illuminazione soffusa e musica rilassante di sottofondo, vasca idromassaggio Jacuzzi e bottiglia di champagne nel ghiaccio... Sì, non manca decisamente nulla per una vacanza davvero indimenticabile, magari con la propria dolce metà.

Il paradiso delle Maldive

Eppure io non credevo che sarei mai andato alle Maldive. Troppo belle, troppo care, troppo turistiche, troppo snob. Troppo di tutto, un viaggio decisamente per pochi eletti. A me non è mai piaciuto quel genere di turismo, in resort “all inclusive”, la fiera dello spreco di cibo e dell'ostentazione del lusso e della ricchezza in paradisi che non lo necessitano, magari insieme a persone che se trovano un tavolo un po' sporco o un granello di polvere in camera, ne fanno una questione di stato.

E poi è una vacanza oggettivamente “impegnativa” per una normale famiglia di 4 persone... da luna di miele più che altro, anzi per me nemmeno quello! Figurarsi che io il viaggio di nozze l'ho fatto in solitaria in Sardegna perché Gaby, subito dopo il rito civile alla Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto, è dovuta ripartire immediatamente per il Messico per lavoro... E poi, senza divagare, a livello subacqueo, l'Indonesia, ben più selvaggia, autentica ed economica, gli sta decisamente una spanna sopra.

Il viaggio per me non è mai stato rinchiudermi in totale relax in una prigione dorata a sfondarmi di cibo e pigrizia, ma piuttosto, sempre avventura, cultura e conoscenza, contatto autentico con la natura e con la gente del posto (facendo sempre molta attenzione a chi e perché lascio il mio denaro), imprevisto ed interscambio culturale. Ed alle Maldive questo è praticamente impossibile: si atterra nella capitale Malè avendo acquistato, quasi sempre in agenzia, uno dei tanti pacchetti predefiniti e si viene immediatamente trasferiti in uno degli oltre 100 resort presenti, i quali sono dati in concessione dal governo per svariati decenni a società straniere, asiatiche o occidentali, che incassano la maggior parte dei proventi senza neppure impiegare personale maldiviano, escludendo così di fatto gran parte della popolazione locale dalla ricchezza generata dal turismo. Col tempo si è creata una netta separazione tra le isole abitate dai maldiviani, più sporche e trascurate, visitabili solo in “tour” organizzati e quelle che compaiono nelle cartoline, quelle paradisiache, bianche ed immacolate occupate dai turisti. Non sono attive linee di trasporto pubbliche per collegare i diversi atolli, dunque nelle Maldive praticamente non esiste un turismo fai da te: viaggiatori incalliti in solitaria zaino in spalla come me non sono graditi.

Diversamente da quanto accade in altri paradisi tropicali come ad esempio Raja Ampat, le isole abitate dai maldiviani sono poco attrezzate con strutture per routard come B&B o guesthouse che potrebbero consentire un’accoglienza diversa rispetto a quella praticata nei resort. Ed in ogni caso, comunque permangono molte barriere sociali, culturali e religiose: i maldiviani non conoscono l’inglese ed ignorano, o meglio, non apprezzano, le abitudini occidentali. I rapporti interpersonali, la cucina, gli stili di vita sono profondamente condizionati dall'Islam: ad esempio nelle isole è severamente vietato il consumo di alcolici, si prega incessantemente e gli abitanti giudicano con severità i comportamenti assunti in spiaggia dagli stranieri. Insomma, si può effettivamente risparmiare parecchio andando in guesthouse di maldiviani: sono poche ma ci sono. Molto probabilmente però, non si vedrà il paradiso che si pensava di trovare perché l'isoletta è sporca, il diving non c'è, e neppure ci si può fare una birra al tramonto. Bikini in spiaggia manco a parlarne... e l'interazione con i locali è piuttosto difficile a causa della lingua. Insomma, credo che abbiate capito il perché alle Maldive, io non avevo mai seriamente pensato di andare. Prima di scovare una autentica chicca ed estrarre il coniglio dal cilindro.

Asdhoo, Maldive “low cost”

Un'occasione irripetibile si presenta a novembre 2013 quando trovo un aereo molto economico della SriLankan per Malè via Colombo a circa 450 euro andata e ritorno ed i bambini a metà prezzo. Adoro questo periodo dell'anno, il massimo davvero per viaggiare perché i voli sono molto economici, i costi sono decisamente inferiori ed in giro non c'è nessuno, dunque si possono apprezzare posti dalla bellezza estrema in beata solitudine.

Si parte per Malè! Aereo SriLankan via Colombo

Ah già, tornando al discorso di prima... Dove sono andato alle Maldive? Resort o guesthouse? Nessuna delle due: una spettacolare, unica, incredibile via di mezzo che unirà i benefici di entrambe eliminandone gli inconvenienti.

Gli atolli dall'oblo dell'aereo

Poco prima dell'arrivo, ti affacci dall'oblò dell'aereo e vedi questi colori incredibili, un mare pazzesco con lo spettacolo degli atolli corallini che sembrano come gemme preziose incastonate nell'Oceano Indiano. Leonardo che ama il mare e già diverse volte ha nuotato nelle barriere coralline tra squaletti e razze, non sta nella pelle. Ed io nemmeno ovviamente... le immersioni costituiscono una delle mie più grandi passioni: quando sono sott'acqua, concentrato sulla mia respirazione, nel silenzio totale, lontanissimo dalla civiltà e dalla routine quotidiana, sono felice. Manco a dirlo, attrezzatura da sub “DIR-style” rigorosamente con me dietro. Dall'aeroporto internazionale che si trova nell'isola di Hulhulé, con un traghetto di una decina di minuti, raggiungiamo Malè, l'infernale porta del paradiso, orribile luogo di obbligato passaggio per poter raggiungere in barca o in idrovolante le altre isole incantate dell'arcipelago.

La differenza tra la capitale maldiviana e la placida vita dei suoi atolli è clamorosa: scordatevi spiagge di sabbia bianca, amache tra le palme e water bungalows. Qui, non si sa come, ben 150.000 persone convivono in una superficie di circa 6 km quadrati. Tutto è concentrato in questo piccolo spazio: uffici pubblici e privati, palazzi governativi, mercati popolari e quartieri residenziali, hotels e centri commerciali, moschee e poche aree verdi. La città si sviluppa in verticale ed ha densità abitativa altissima, con molti grattacieli moderni in vetro ed acciaio accanto a palazzi vecchi e fatiscenti. Il traffico è caotico, con i soliti immancabili numerosissimi motorini, puzzolenti e rumorosi, onnipresenti in tutte le città asiatiche, ed il clima è tropicale, caldo ed umido, con l'afa aumentata ulteriormente dalle emissioni di aria calda degli impianti di condizionamento, usati dagli abitanti come se non ci fosse un domani.

In barca da Malè verso il paradiso

Un ultimo sacrificio ci separa ancora dal paradiso. Una volta arrivati a Malè infatti, sono necessari lunghi trasferimenti in barca anche di 3-4 ore, dunque massacranti perché effettuati subito dopo voli intercontinentali, per raggiungere le varie isole. In genere quindi l'idrovolante, anche se ben più costoso, è il mezzo migliore e più utilizzato per raggiungere il proprio resort in quanto è comodo, veloce, facile da prendere dall'aeroporto internazionale senza passare per la brutta Malè, consentendo anche di godere di una vista spettacolare sugli atolli dall'alto. Il prezzo del transfer, sia esso in barca o in aeroplano, è ovviamente direttamente proporzionale alla distanza percorsa e può anche superare abbondantemente le 500 euro a testa per le isolette più belle e lontane.

Asdhoo in lontananza

La nostra destinazione fortunatamente, si trova relativamente vicino alla capitale maldiviana, circa 30 km a nord nello stesso atollo di Malè Nord, così, dopo solo un'oretta e mezza di barca veloce, oltretutto inclusa nel prezzo dell'offerta complessiva, accompagnati dai delfini lungo tutto il percorso, giungiamo in paradiso.

Il pontile di attracco all'isola di Asdhoo

La spiaggia di sabbia corallina che contorna l'isola di Asdhoo

La piccola isola di Asdhoo è di quelle da cartolina, con una bellissima spiaggia di un bianco quasi abbagliante che la contorna tutta e la rigogliosa foresta tropicale di palme da cocco alle spalle. Ha una forma a goccia, con una lunghezza di circa 400 metri, una larghezza di 200 ed un'estremità piuttosto allungata che si propende verso il celeste della laguna con una incantevole lingua di sabbia e roccia corallina che termina in un minuscolo isolotto. Asdhoo è in posizione eccezionale, proprio su una pass e vicinissima, ma non sul grande reef oceanico perché leggermente interna all'atollo, dunque maggiormente protetta dalla furia dell'oceano.

Palme e pipistrelli. Tanto silenzio, intervallato dal tonfo delle noci di cocco che cadono. Sabbia bianca farinosa e mare. E che mare! L'ampia laguna di acqua celeste, una vera e propria piscina naturale di acqua limpidissima popolata di squaletti, razze ed una moltitudine di pesci multicolore, si restringe proprio in prossimità del piccolo pontile, dove la barriera corallina, perfettamente intatta e ricca di vita, una delle più belle in assoluto di tutte le Maldive, va giù a picco e sprofonda verso l'abisso: il reef ed il drop off che costituiscono il vero punto di forza del posto, sono pertanto vicinissimi, a pochissimi metri dalla riva. Un posto sublime, dove ti togli le scarpe all'arrivo e le rimetti una settimana dopo al ritorno, con una struttura d'accoglienza di proprietà maldiviana che ha deciso di conservare la vera essenza del posto, in un ambiente molto informale, rispettoso del paesaggio e dell'ambiente, senza fronzoli ed inutili concessioni al lusso: l'Asdu Sun Island Maldives Resort (da non confondere con il suo omonimo, ben più esclusivo e costoso situato nell'atollo di Ari) è il più piccolo, spartano, economico e forse vecchio “resort” delle Maldive, il luogo ideale per chi cerca silenzio, semplicità e genuinità, per chi vuole riposarsi in paradiso a contatto con una natura strepitosa ed incontaminata lontano dalla folla, dal caos dei villaggi turistici e dalle odiosissime animazioni e balli di gruppo.

Una manciata di rustici bungalows in muratura, arredati in modo essenziale (cioè vuoti...) con tetto in lamiera o in eternit, isolati nella selva oppure in blocchi da due o tre unità, alcuni con servizi privati, altri (il nostro ovviamente) con bagno in comune, sono totalmente immersi nella vegetazione, tanto che neppure si vedono arrivando in barca. Acqua di mare desalinizzata (piuttosto male), ventilatore cigolante a soffitto, persiane in legno senza vetri alle finestre, niente aria condizionata né tanto meno acqua calda (a che serve???...). Una veranda che guarda verso il mare con un paio di sedie di plastica. Insomma, tutto e solo ciò che realmente è necessario alle Maldive.

Niente Water-bungalows ad Asdu, ma casette in muratura con tetto di lamiera o amianto...

Nella zona centrale dell'isola, è presente l'unico ristorantino, direttamente sulla sabbia senza alcuna pavimentazione, con il bar, un'area relax con tavolo da ping pong e una minuscola sala lettura con qualche libro in diverse lingue, da leggere su un paio di poltroncine mezze sfondate. Colazione, pranzo e cena ad orario fisso ( 8–13–20) con ottima cucina internazionale, senza alcuno spreco di cibo e politica “plastic free” perché le bottiglie d'acqua sono di vetro con vuoto a rendere.

Maya e Gaby di fronte al ristorantino dell'Asdu Sun Island

Di fronte al ristorantino, uno sgarrupato campo in sabbia da pallavolo, sede di epiche partite serali tra italiani e bengalesi/maldiviani, ed udite udite... ripeto, udite udite... un centro diving, sistemato dentro ad un piccolo chiosco esagonale! Fantastico! La ciliegina sulla torta... E' gestito da una coppia di simpatici ragazzi italiani, Filippo, che sarà la prima cotta di Maya, e la sua dolce Francesca.

Ad Asdhoo c'è anche il centro diving!!!

Leonardo non vede l'ora di fare immersioni subacquee...

I prezzi dell'Asdu Sun Island non sono ridicoli come nelle homestays di Raja Ampat, ma comunque, sfruttando nel nostro caso anche un cambio euro-dollaro favorevolissimo e la bassa stagione, per essere le Maldive sono assolutamente ragionevoli, circa una sessantina di euro al giorno a persona con 3 pasti inclusi e bambini a metà prezzo. Ed è possibile prenotare il soggiorno anche direttamente, bypassando l'agenzia e risparmiando qualcosa.

Il drop-off del reef vicinissimo al pontile ed alla spiaggia

Incredibile ma vero! Questo posto ha proprio tutto quello che cercavo e non credevo fosse possibile trovare alle Maldive: gestione locale ed atmosfera informale, struttura semplice e spartana in un paradiso terrestre incontaminato, niente lusso e niente sprechi di cibo, niente wi-fi, acqua calda ed aria condizionata, niente piscina (a proposito, ma a che caxxo serve alle Maldive la piscina????), niente animazione e “macarene” in spiaggia, prezzi abbordabili e vicinanza a Malè, no intermediazione di agenzie, bellissima barriera corallina assai vicina alla riva e centro diving presente per le immersioni subacquee... Tranquillità infinita e tanta solitudine. Pochissime persone, che si contano sulle dita di due mani. Spesso nessuno. Tutto concentrato in un isolotto paradisiaco di poche centinaia di metri.

La parte dell'isola di Asdhoo opposta al pontile

Ad Asdhoo va in onda la magia. Lo stupore. La meraviglia. Qui credo che si possa campare 250 milioni di anni, perché si dimenticano totalmente lo stress ed i problemi della vita precedente. Non fai nulla, semplicemente perché, immersioni a parte, non c'è un cazzo di altro da fare. Si scordano i suoni dello smartphone, si scorda l'ansia di controllare la posta elettronica. Ad Asdhoo esistono solo il sole, il mare e la sabbia bianca impalpabile, un libro, le palme, la piacevolissima brezza monsonica, i fondali incontaminati e una barriera corallina con anemoni, coralli e pesci dai mille colori. I pipistrelli la sera che volano. Le noci da cocco cadute per terra, rivendute al ristorante dai bambini che credono felicissimi di aver fatto l'affare del secolo guadagnando 1 dollaro per una trentina di noci ed un pomeriggio intero dedicato alla raccolta.

L'energia elettrica dell'isola è razionata, con un generatore attivo solo poche ore. A nanna si va presto e la mattina alle 7 si è già in piedi. E, senza pensieri, si dorme divinamente, a parte un maledetto gallo di merda con la zampa storta che ogni santa mattina alle 5 impazzisce letteralmente proprio davanti alla nostra camera e nonostante questo, diventerà il miglior amico di Leonardo e Maya.

Le giornate volano tra immersioni, pagaiate in canoa e camminate infinite in spiaggia. Mezzoretta ed hai completato il giro dell'isola, ma lo rifai ancora ed ancora, perché è sempre bellissimo. Sempre più magico, sempre più romantico quando comincia a calare il sole...

La sera, o anche dopocena, ci attardiamo in spiaggia o sul pontile con Filippo e Francesca, a parlare del nulla o più spesso disquisendo sui massimi sistemi... loro sono innamorati di Asdhoo, sono da ben un anno confinati nelle poche centinaia di metri dell'isolotto senza neppure metter piede a Malè. Stanno bene, d'altronde non avrebbero scelto quella vita. Ormai per loro, immersioni con squali e mante, passeggiate infinite sul bagnasciuga e silenzi eterni sono la meravigliosa normalità. Ma ad entrambi l'Italia manca da morire... Un sentimento che ho visto in ogni italiano incontrato all'estero. Tutti i ragazzi vogliono scappare dalle contraddizioni del bel paese, così gerontocratico e spietato con i giovani, il cui talento è costantemente mortificato e ridicolizzato, però quando sono all'estero ne sentono inevitabilmente un'atroce nostalgia.

Filippo è un bravo sub, esperto e competente; sogna un giorno di comprarsi un caicco e far il giro del mondo in barca offrendo crociere subacquee. Nei tre “tuffi” giornalieri siamo spesso solo noi due, solo io e Filippo. Gaby non sempre si aggregherà, soprattutto la mattina presto, preferendo alle immersioni mattutine più impegnative, quelle pomeridiane a profondità inferiori: per lei dopo la colazione, relax in spiaggia con i bambini oppure due chiacchiere con Francesca, mentre noi due maschiacci sfoghiamo nel reef l'incontenibile bisogno di azoto ed adrenalina. Io sono grande appassionato di subacquea e come Filippo sono guida sub: e così, insieme possiamo abbandonarci al divertimento più totale, anche osando profondità, “fuori-curva” e decompressioni assolutamente non fattibili con altre persone.

Ad Asdhoo con i miei due più grandi tesori, Leonardo e Maya

Canoa e passeggiate, passeggiate e canoa. Immersioni... e poi snorkeling... partitelle divertentissime di beach volley... e poi albe e tramonti infuocati in riva al mare... No vabbè... Riparto da Asdhoo quasi con le lacrime agli occhi, consapevole che sarà difficile rivedere tanta bellezza e ritrovare tutte queste caratteristiche concentrate in un solo posto. Io sarei rimasto lì per sempre. O per lo meno qualche annetto, a patto di aver con me una tonnellata e mezzo di libri ed un pianoforte. Ed un campetto da tennis. Ed un pallone da calcio. E un paio di sci e pareti da arrampicata. No ok, quello no, quello è impossibile.

Leonardo si fa prendere al ritorno dalla nostalgia... e dipinge Asdhoo

Asdhoo rimarrà un piacevolissimo ricordo, purtroppo non più replicabile: dal 2017 l'isola è in vendita e probabilmente vi nascerà un resort esclusivo, l'ennesimo delle Maldive. Dopo due anni di orribile pandemia e dittatura sanitaria mondiale, l'isolotto è ancora abbandonato. Le favole esistono davvero, ma spesso, in quelle reali, manca il lieto fine. O forse è proprio questo il lieto fine: la natura, dopo lo stupro dell'uomo, si riappropria completamente dei suoi spazi. Probabilmente per poco, perché nel medio-lungo periodo, le intere Maldive scompariranno a causa dei cambiamenti climatici.

Maldive, tra spazzatura e cambiamenti climatici

Le Maldive devono affrontare oggi due enormi problemi, che rischiano di trascinare il Paese corallino nella catastrofe ambientale e minacciare seriamente la sua stessa esistenza: la gestione spazzatura ed i cambiamenti climatici.

Il turismo è letteralmente esploso nelle ultimissime decadi e come spesso accade nei paesi poveri inebriati e drogati dalla valuta estera ricevuta, è mancata totalmente ogni forma di lungimiranza nella gestione ambientale e nella pianificazione della crescita urbanistica e demografica. E' mancata totalmente una coerente strategia per trattare l'enorme quantità di rifiuti generati dal boom economico e dalla crescita inarrestabile della città di Malè. Il paradiso delle Maldive, composto per lo più da corallo e sabbia, è caratterizzato da un’agricoltura stentata, limitata o nulla, che fornisce esclusivamente cocco, qualche frutto tropicale e pochi ortaggi. Non sono presenti fonti sulle isole, dunque tutta l’acqua potabile arriva chiusa in bottigliette di plastica monouso, senza che il governo abbia mai pensato a grossi impianti di recupero dell'acqua piovana o desalinizzazione dell'acqua marina basati su fonti di energia rinnovabile eolica e solare fotovoltaica, entrambe molto abbondanti, gratuite ed illimitate. E così per anni, l'unica soluzione è stata importare grandi quantità di acqua e derrate alimentari, ed esportare rifiuti verso l’India.

Dagli anni '90 in poi però l'esplosione del turismo, prima contenuto e rispettoso dell'ambiente, è stata inarrestabile, un turismo non ecosostenibile, ma esigente, di nicchia. I ricconi vogliono e pretendono la spa e la piscina anche in mezzo ad un atollo corallino, pretendono aria condizionata, acqua bollente in bagno per ore, bottiglia di champagne e vasca idromassaggio proprio nel bel mezzo di una laguna incantata con acqua salata cristallina a 30° e una miriade di pesci multicolore. E magari in questo contesto, in mare non ci si buttano nemmeno mai, stando sempre a bordo vasca con l'immancabile mojito in bicchiere di plastica e bottiglietta di acqua da 33 cc monouso. Ovviamente, per tutto questo c'è un prezzo da pagare, e lo paga madre natura. Perché il divertimento di persone inconsapevoli, o consapevolmente menefreghiste, che non vogliono o sanno pensare a nulla, e l'indotto da loro generato nella capitale in costante e disordinata crescita, genera una quantità abnorme di spazzatura: ognuno dei quasi 2 milioni di turisti che giungono ogni anno nel paradiso maldiviano, produce secondo le statistiche ufficiali dai 4 ai 7 kg di rifiuti e necessita di 500 litri di acqua al giorno.

La colpa non è solo dei turisti: gli abitanti delle singole isole hanno coscienza ambientale pari a zero, una cosa assai tipica in tutti i paesi poveri, che ho sperimentato e visto praticamente sempre nei miei viaggi in Africa, in Asia ed in centro-sud America. La bassa cultura ed il soddisfacimento di bisogni primari rendono totalmente insensibili a questi temi, visti come lontani, visti come problemi che riguardano gli altri, o peggio ancora, visti come non problemi.

Spesso i locali disperdono liberamente nell’ambiente i rifiuti, in mare o davanti la loro stessa abitazione, tanto poi come dicono sempre loro, "Inshallah". Percorrendo itinerari lontani dalle rotte turistiche, ne ne vedono di tutti i colori: le spiagge e le lagune di acqua bassa delle isolette degli abitanti maldiviani, senza resort e turisti, sono un ricettacolo di oggetti abbandonati, il più delle volte bottigliette di plastica, una delle piaghe più grandi dell'umanità.

E così nel 1992, l'illuminato governo maldiviano, nell'intento di risolvere il problema dei rifiuti, ha avuto il colpo di genio: mica ridurre, riciclare, riutilizzare, politica plastic free, turismo non di lusso ma ecosostenibile ed a numero chiuso con alti costi d'ingresso come alle Galapagos, energia rinnovabile, recupero dell'acqua piovana, sistemi di desalinizzazione etc... No, no. State a sentire bene. Il governo ha deciso di prendere una laguna nell'atollo di Kaafu a poco più di 7 km dalla capitale, e riempirla di monnezza, reinventandola come pattumiera. Nasce così l'isola artificiale di Thilafushi, un "monnezzaio" perfettamente visibile atterrando a Malè dall'aereo, una cicatrice dolorosissima nell'incanto delle Maldive, una discarica a cielo aperto che dopo 30 anni, raccogliendo ogni giorno circa 330 tonnellate di scarti e rifiuti del capitalismo nazionale ed internazionale, ha raggiunto la dimensione di 3 km e mezzo di lunghezza per 200 metri di larghezza, allargandosi più o meno di un metro quadro al giorno, con la spazzatura che si accumula su montagnole che hanno raggiunto l'altezza di edifici di 8 piani.

Thilafushi è l'isola che la corrotta, incapace ed incompetente politica ha deciso di sacrificare per preservare la bellezza delle altre, lo sgabuzzino strapieno, sporco, maleodorante ed in disordine chiuso a chiave di un appartamento perfettamente pulito ed ordinato. La crescita del turismo insostenibile, ha imposto ad un paese che viveva di mare, pace e tranquillità, anche una profonda riorganizzazione economica e così ben presto Thilafushi è diventata anche la zona industriale delle Maldive, con la nascita di cementifici, cantieri navali, capannoni, abitazioni fatiscenti e piccole officine. Per terra, tutto è bianco. Non c’è l’asfalto ma neppure la sabbia. Solo una fanghiglia chiara che contiene un po’ di tutto, polverizzato dal tempo e dal caldo, dai raggi solari e dalla combustione incessante, un mix di rifiuti solidi urbani, terra, sabbia, cemento, stracci e plastica, ferro e cartone, pannolini ed abiti. Le Maldive non hanno un inceneritore, così parte dei rifiuti accumulati vengono bruciati senza essere minimamente processati o differenziati: tutto brucia insieme a tutto all'aria aperta, anche materiale molto pericoloso come amianto, residui sanitari, mercurio, frigoriferi, batterie, plastica e legname con vernici e formaldeide. Un disastro ambientale di proporzioni cosmiche, come d'altronde ogni discarica del mondo. Ma qui è ancora peggio, perché l'inferno è proprio dentro al paradiso, a soli pochissimi metri dal reef: le tossine ed i veleni si infiltrano nello strato di rifiuti, i quali anche se protetti dalla barriera corallina, con le mareggiate si possono anche riversare nell'oceano.

The "Rubbish island", l'isola di Thilafushi vista dall'aereo in fase d'atterraggio a Malè

L’aria è inquinatissima, densa di diossina. Colonne di fumo tossico h24. Gli operai abitano qui, nel paradiso delle Maldive ma nell'inferno di Thilafushi: nel retro delle officine, o nelle barche in riparazione o in baracche improvvisate. In condizioni pietose. Sono immigrati privi di qualsiasi tutela, quasi tutti del Bangladesh, che stanno qui da anni respirando cancro guadagnando la miseria di 100 o al massimo 200 dollari al mese.

Spesso non sono mai andati neppure a Malè. Nemmeno una volta. Ogni giorno per loro è uguale all’altro. Forti della fede in Allah, si sentono addirittura fortunati, potendo mandare gran parte del loro misero guadagno in patria alle famiglie e sperando un giorno, magari tra 5 o 10 anni, di poter cambiar vita, tornare in patria da "ricchi" e comprare una casa o una macchina. Non sanno che tra 10 anni saranno morti di cancro.

Esiste in realtà per Thilafushi, un progetto di termovalorizzazione dei rifiuti, il cui completamento è previsto per il 2024, unito ad importanti lavori di recupero dell'esistente e di bonifica delle discariche. La struttura, più elevata rispetto al suolo, è ideata per gestire 500 tonnellate di rifiuti al giorno e progettata per resistere ai cambiamenti climatici ed a disastri quali terremoti, uragani ed inondazioni. Vedremo come andrà a finire perché la pandemia, tra gli altri disastri sociali, ambientali ed economici provocati, ha anche rallentato parecchio lo sviluppo del progetto.

Se Thilafushi e la gestione della spazzatura rappresentano un gravissimo problema a breve termine, nel medio e lungo periodo, gli atolli incantati ne hanno un altro ben più grande, che metterà a serissimo rischio la loro stessa sopravvivenza.

Le Maldive sono il paese più basso del pianeta Terra, praticamente a filo d'acqua, nemmeno un metro in media, con la punta massima di "ben" 2,4 metri sul livello del mare, dunque è lo stato che più di ogni altro al mondo risentirà delle conseguenze dei cambiamenti climatici. Disastri naturali come tsunami ed eventi meteorologici estremi, aumenteranno in numero ed intensità nei prossimi decenni in modo considerevole, ed il livello del mare è destinato nel prossimo futuro a salire incessantemente, a causa sia dell'espansione termica dell'acqua (ogni sostanza riscaldandosi aumenta il proprio volume) sia dello scioglimento dei ghiacci e dei ghiacciai sulla terraferma. Contrariamente a quello che si pensa e spesso si legge nelle riviste o si ascolta in tv, lo scioglimento progressivo degli iceberg già esistenti dell'Artico, per quanto deprecabile sotto tanti punti di vista (come ad esempio la perdita dell'habitat per specie come foche, trichechi ed orsi polari), non apporta alcuna massa di acqua aggiuntiva negli Oceani, se non minima a causa della differente densità tra acqua dolce e salata, in quanto il ghiaccio marino è un corpo galleggiante. Il problema è generato piuttosto dalle perdite di massa alle alte latitudini sulla terraferma, come in Canada, Russia, Groenlandia ed Antartide, e dalla rapidissima scomparsa dei ghiacciai montani.

Non solo il livello medio del mare sta salendo inesorabilmente, ma sta anche accelerando: il tasso di innalzamento aumenta sempre di più, passando dai 2 mm annui del 1993 ai quasi 4 di oggi, e sarà massimo verso la fine del secolo.

Quello di scomparire per sempre, per le Maldive, ma anche per altri “stati bassi” come ad esempio le Isole Marshall, non è più ormai soltanto un rischio. E' praticamente una certezza: i modelli numerici dell'ultimo report dell'IPCC, l'Intergovernmental Panel on Climate Change, massima autorità scientifica sui cambiamenti climatici composta da una rete di scienziati indipendenti di tutto il mondo, prevedono che l'innalzamento delle acque sarà di circa mezzo metro entro fine secolo nello scenario di emissioni ridotte e quasi il doppio nel caso peggiore di aumento delle immissioni in atmosfera di gas climalteranti. Per un futuro senza mitigazione delle emissioni e mantenimento delle attuali, il caso più probabile visto che ancora non si sta praticamente facendo nulla, ci si aspetta per la fine del secolo un innalzamento del livello del mare compreso fra i due estremi menzionati: la miglior stima è circa 75 cm.

Pessimismo? Non credo perché tutti gli studi indipendenti vanno in quella direzione. Anzi, le conclusioni dell'IPCC sembrano addirittura eccessivamente conservative: secondo uno studio dal Grantham Institute dell'Imperial College di Londra, il problema è ben più grande di quanto si poteva pensare e l'innalzamento delle acque potrebbe esser abbastanza superiore a quello precedentemente giudicato come “probabile”. E purtroppo i buoi sono già scappati dalla stalla: anche se riuscissimo per miracolo a contenere l'aumento di temperatura del pianeta, il livello del mare comunque crescerà, ovviamente meno ma comunque crescerà, a causa dell'inerzia termica del pianeta e della grande capacità termica dell'acqua. I ricercatori sono comunque concordi nell'obiettivo di contenere l'aumento medio di temperatura sotto al grado e mezzo, per poter quantomeno limitare i danni economici, sociali ed ambientali delle nazioni costiere.

In ogni caso, anche limitandoci alle stime conservative dell'IPCC ed ignorando le altre più catastrofiste, un innalzamento del livello del mare di questa entità significa che le 1200 isole maldiviane che formano i 26 atolli da sogno nell’Oceano Indiano, saranno quasi o completamente sommerse dall’acqua entro fine secolo, diventando però già abbastanza inabitabili nel 2050, dunque tra soli miseri 30 anni. Insomma, il disastro è vicinissimo, molto più di quello che appare dalle immagini da cartolina dei resort.

Le autorità hanno cercato inizialmente di rispondere al problema consolidando o estendendo le terre emerse, ad esempio creando barriere o terrapieni artificiali ma queste sono operazioni estremamente complesse, costose e pericolose per l'integrità del territorio, potendo compromettere irreversibilmente equilibri naturali delicatissimi: è ben risaputo ad esempio che in un atollo basta allargare di poco il canale tra laguna e mare aperto per danneggiare spesso irrimediabilmente il reef. Ora le soluzioni più in voga sembrano esser quella di comprare terra in Australia per trasferirci l'intero stato oppure addirittura quella di costruire città galleggianti a forma di corallo.

La certezza in tutto ciò è che i maldiviani e gli abitanti degli atolli incantati della regione indo-pacifica, nel medio lungo periodo diventeranno tutti “migranti ambientali” e saranno costretti a trasferirsi altrove, magari esacerbando conflitti e scontri etnici o religiosi. Al riccone proprietario del resort non cambia nulla perché ha denaro in abbondanza per reinventarsi trasferendo la propria attività in qualsiasi altro luogo.

E' questa la più grande ingiustizia dei cambiamenti climatici. Non sono democratici, non sono uguali per tutti. Colpiscono più forte chi ha meno, chi è più indifeso e povero, e soprattutto non ha nessuna colpa di quanto accade. Al solito, chi paga è chi non c'entra niente, chi non ha emesso, chi ha condotto una vita semplice, sobria, rispettosa della natura. Al contrario, il capitalismo, che non mi stancherò mai di ripeterlo, è l'unica vera causa dei cambiamenti climatici, non paga mai le proprie “esternalità”, i propri danni alla società ed all'ambiente: prima distrugge e devasta, poi mediante strategiche operazioni di “greenwashing” ben spinte e pubblicizzate dalla solita vergognosa stampa asservita e compiacente, si reinventa utilizzando il tema del Global Warming in modo strumentale per resettare il mondo e plasmarlo sempre a sua immagine e somiglianza. Tutto deve cambiare affinché nulla cambi.

Non me ne voglia la paladina del clima Greta Thunberg, fenomeno mediatico creato ad hoc dal sistema per la tutela dei propri interessi, ma la soluzione agli enormi problemi generati dal riscaldamento globale non è rappresentata da auto elettriche o dall'energia nucleare da fissione o addirittura da fusione, senza alcun cambio di paradigma, senza metter in discussione il mantra indiscusso ed indiscutibile della crescita economica infinita in un mondo dalle risorse finite, una follia concettuale alla quale credono solo gli economisti bocconiani. La soluzione, l'unica realmente possibile, è abbattere il mostro capitalista creando una società nuova ed un sistema economico rispettoso della dignità dell'uomo, consapevole dell'inevitabile sua totale sottomissione a Madre Natura, un sistema che metta la singola persona, la collettività e l'ambiente al centro del progetto.

La soluzione ai problemi del mondo, umani, sociali ed ambientali, a tutti i problemi del mondo, nessuno escluso, non può che essere il socialismo.