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La terra degli uomini integri

Niente da fare, è più forte di me. Che fa una persona normale nei 4 giorni di ponte dei morti a novembre 2021? Relax in famiglia, cura degli hobbies, sistemazione questioni irrisolte, riposo o sport? Io invece parto. Vado via. Dove? Immersioni? Montagna? Qualche isoletta italiana o capitale europea? Beauty farm o Spa con la mogliettina? No, vado solo in Africa. Dove? Egitto? 3 giorni di diving in Mar Rosso? Marocco? Tunisia?

No. Vado in Burkina Faso, paese poverissimo e perennemente a rischio attentati da parte del fondamentalismo islamico. Gaby non capisce. Non capisce come possa organizzare un viaggio del genere solo due giorni prima, vedendo su Skyscanner un aereo Ethiopian notturno molto economico. Non capisce perché in realtà, non c'è proprio nulla di organizzato. Io appena posso, prendo e parto, poi quello che succede succede. Tanto ho il mio angelo custode da qualche parte che mi protegge.

Il giorno prima della partenza, delusa e sconsolata perché non trascorrerò con lei i 4 giorni di breve vacanza, mi dirà "non ce la faccio più a star dietro alle tue follie..." ma poi un messaggino di Whatsapp, un emoticon con bacetto e cuoricino aggiustano sempre tutto. Ed io ho altra incredibile esperienza da raccontare.

Devo partire, perché ho un buono aereo da sfruttare e soprattutto mi sono ricordato che a metà novembre mi scade il visto d'ingresso rilasciatomi dall'ambasciata del Burkina Faso. E poi devo partire, semplicemente perché io ogni tanto devo partire. Amo San Benedetto del Tronto, il posto in cui vivo, ma dopo un po', dopo qualche mese mi viene il prurito e devo esplorare nuovi lidi: il mondo mi sta stretto e voglio morire solo dopo aver visto ogni luogo e placato la mia sete di conoscenza esperenziale.

I soliti deliri Covid prima della partenza ed oramai l'avrete capito: nemmeno davanti ad un plotone d'esecuzione, io mi farò mai iniettare nel mio deltoide sovrano la merda di Pfizer e company, che le menzogne reiterate della stampa goebbelsiana spacciano come elisir di lunga vita. Dunque faccio il test rapido nel pomeriggio del venerdì e parto per Fiumicino la sera, un po' prima, così magari approfitto per riabbracciare il pianoforte mezza coda al gate di partenza. L'aereo ha un orario splendido: viaggia la notte, con partenza da Roma alle 23.45, consentendomi così di guadagnare praticamente un giorno di viaggio. In questo modo, con uno scalo ad Addis Abeba, a mezzogiorno di sabato già sarò in Burkina Faso.

Con mia enorme sorpresa, al bancone di Etiophian, però, mortacci loro, mi negano l'imbarco perché a quanto pare, in tutta l'Africa, per l'ingresso è richiesto il test molecolare, il rapido non basta... Non ci credo! Comincia un iter pazzesco ed il conto alla rovescia perché il check in chiude in pochi minuti. Panico. Ma non mollo, io sono testardo peggio di un mulo. Scopro una clausola nella dogana del Burkina Faso che consente di viaggiare con test rapido a patto di fare molecolare all'arrivo. Mi dicono che è pericoloso, perché potrei rimanere bloccato all'aeroporto anche due giorni... Decido di rischiare, tanto l'italiano non lo conoscono e spaccerò il mio test come PCR. Già so bene quello che mi troverò di fronte all'arrivo in Burkina: una dogana mezza scassata, ventilatore a soffitto cigolante, atmosfera addormentata e voglia di lavorare all'immigrazione e controllare visti e test degli occidentali, pari a zero. E così sarà: all'arrivo sceglierò chirurgicamente il funzionario più imbranato ed anziano che darà solo una rapida occhiata al mio incomprensibile foglio, bisbiglierà qualche parola di francese che non capisco alle quali risponderò con aria sicura in inglese fluido e sciolto, indicando una riga in particolare del test: lui non capirà una mazza e mi farà passare. Pericolo scampato ed angelo custode sempre vicino. Gaby lo dice sempre che quando morirò, tirerà un sospiro di sollievo. Non lei, ma l'angelo.

Ougadougou, capitale della Terra degli uomini integri

Atterro sabato 30 ottobre 2021 ad Ougadougou, capitale dell'ex Alto Volta, rinominato da Thomas Sankara nel 1984 in Burkina Faso, che nella coppia di lingue native più diffuse della nazione, la Mossi e la Diulè, significa “Terra degli uomini integri”. E' un paese geograficamente piuttosto sfortunato, in quanto arido e totalmente privo di sbocchi sul mare; appartiene al Sahel, la lunga striscia africana subsahariana che va dall'Oceano Atlantico al Mar Rosso, compresa tra il deserto del Sahara e la savana, che comprende 7 stati, tutti caratterizzati dai problemi cronici di instabilità politica, povertà estrema, desertificazione del territorio, terrorismo e carenza cronica di acqua. E la presenza immancabile delle organizzazioni umanitarie che aiutano ma non cambiano lo stato di fatto delle cose, anzi, rendono sempre più schiavi e pigri, e gli squali della finanza di Bretton Woods, la Banca Mondiale (BM) ed il Fondo Monetario Internazionale (FMI), che elargiscono amorevolmente prestiti agli stati, uccidendoli poi con i loro PAS, i programmi d'aggiustamento strutturale, e le loro solite criminali ricette neoliberiste per la crescita: dove arrivano loro c'è guarda caso sempre povertà estrema.

Il panorama semidesertico del Sahel, poco prima di atterrare

Capisco subito che non saranno tre giorni di relax. Vicino alla pista d'atterraggio una colonna di fumo nero si alza nel cielo emanando un'orribile puzza. Esco dall'aereo. Un vento bollente. Una fornace. Il termometro segna 38 gradi. Benvenuti ad Ouga, come la chiamano i burkinabè, dove se non conosci il francese già sei mezzo spacciato perché l'inglese qui, non lo parla nessuno, nemmeno il manager di banca, nemmeno ai check in delle compagnie aeree. Certo, c'è sempre google traslate, se non fosse che internet è spesso un miraggio. Dentro il piccolo terminal la disorganizzazione regna sovrana. Imbarcarsi è un delirio assoluto: mai vista una cosa del genere in nessun'altra parte del mondo, tra certificati covid che non vengono consegnati all'ufficio preposto, la linea che manca, i black out frequenti e le persone che invece di lavorare, dormono sulla sedia negli uffici mezzi scassati della compagnia aerea: la stampa di un semplice boarding pass è un'esperienza inenarrabile, che avrebbe meritato un post a parte. Un calvario. Vedrò scene assurde, con check in chiusi un'ora e mezza prima del volo, metà passeggeri lasciati a terra inferociti ed una mezza guerra civile all'aeroporto con intervento della polizia. Il mio volo di ritorno non sarà da meno.

Credo poi che l'aeroporto internazionale di Ougadougou, sia l'unico al mondo di una capitale di uno stato senza un cazzo di bancomat, né dentro né tanto meno fuori. E così, con due valigie da 23 kg al seguito, pure mezze rotte, senza soldi, senza conoscere la lingua, mi incammino per la cittadina alla ricerca di un alberghetto senza pretese dove fare base, sperando ce ne siano. Mi guardano tutti come un alieno, e qui effettivamente lo sono. Anche se sono vestito da straccione, scarpe mezze rotte, maglia strappata per non dare nell'occhio, comunque si vede lontano 200 km che sono straniero: la pelle è bianca. E qui in Burkina, pelli bianche non ce ne sono. Ci saremo io e Gael. Io almeno sono un po' abbronzato; Gael, francese, invece è bianco cadaverico.

L'hotel, direi più una stalla che un hotel, è vicinissimo allo stadio e riesco pure a vedermi una partita serale del campionato di serie A del Burkina Faso. Da quello che ho visto, credo che lì in mezzo non avrei affatto sfigurato... Proprio in questo stadio, il presidente Sankara riempì gli spalti di sole donne, imponendo a tutti gli uomini del paese per un giorno la cura dei marmocchi e delle faccende domestiche... fece un breve discorso per poi lasciar la parola alla moglie Miriam ed andar fare le faccende di casa anche lui come tutti gli altri uomini del paese...

Le strade di sterrate del centro di Ougadougou, capitale del Burkina Faso

Prendo in prestito dall'alberghetto una bicicletta per 3 giorni, un catorcio di qualche decina d'anni e con qualche milione di km alle spalle e comincio a scorrazzare per la città.

Non è facile girare ad Ouga in bicicletta: è piuttosto pericoloso, buche improvvise, voragini che se non stai attento precipiti nel centro della terra, motorini ovunque... forature da metter in conto, per la legge di Murphy immancabilmente quando sei in mezzo al nulla. Tre volte in 3 giorni sarò costretto a riparare le gomme, aggiungendo ulteriori pezze ad una camera d'aria che ne aveva appiccicate almeno un altra dozzina. Le strade sono sterrate, molte pietre, tanta polvere ed una temperatura esterna a dir poco infernale. L'aria è irrespirabile a causa dei roghi di plastica bruciata e spazzatura, del fumo delle tante fornacelle di strada di street food, dello smog dei motorini e degli sbuffi di fumo nero di camion vecchissimi. Un pulviscolo sabbioso avvolge tutto, arbusti, persone, mezzi di trasporto, cibo e merci esposte sui banchetti nei marciapiedi. Tutto coperto da uno strato sottile di polvere rossa, come dopo l’eruzione di un vulcano. Le indicazioni ovviamente sono inesistenti. Diciamo che non è come andare sulla ciclabile del lungomare di San Benedetto del Tronto. Decisamente no.

Nonostante il catorcio e le condizioni ambientali estreme, pedalo come un forsennato per le strade di Ouga. Sono tranquillo perché ho un cuore perfettamente sano che pompa liquido rosso in tutto il corpo senza trombi e coaguli in giro: non sono a rischio infarto, arresto cardiaco, miocardite o morte improvvisa da “non correlazione, perché non ho fatto da cavia alla Pfizer bucandomi con un siero genico sperimentale. Pedalo, pedalo, pedalo senza paura.

Tutti mi salutano e cercano di fermarmi: qui turisti occidentali non ne vedono mai, figurati uno bandana in testa e bicicletta scassata che pedala nella polvere. Mi vedono come un marziano. Soprattutto i bambini, che mi seguono festanti e gioiosi.

Sicurezza sul lavoro in Burkina Faso...

La città possiede davvero pochi edifici moderni, qualche banca nel centro, un hotel di lusso, lo Splendid Hotel, sede insieme al ristorante Cappuccino, nel 2016 di un sanguinoso attentato di Al Qaeda... pochissime attrazioni, una cattedrale, una moschea e poco altro. Lo scheletro di molti palazzi ancora in costruzione ma abbandonati. Impalcature fatte con pali e tavole di legno che farebbero venire le convulsioni a chi si occupa in Europa di sicurezza del lavoro. Ambulanti di strada, accattoni senza qualche arto a medicare sui marciapiedi, bambini scalzi e mezzi nudi a correre dietro palloni di pezza, dribblando macchine e sassi.

Ad Ougadougou un fotografo impazzisce. Avrei fatto anche io un milione di foto, ma sono sempre molto reticente nel farle alle persone cogliendo l'attimo e senza che ci sia posa o preparazione... dovrei chiedere il permesso per educazione ma poi perderei inevitabilmente la spontaneità del momento. Ouga è un concentrato di scene quasi irreali, le più strane ed impensabili per la mente di un occidentale. Pullman scassati, auto abbandonate da qualche decina di anni e totalmente arrugginite, bambini che tra le macchine guidano carretti di legno trainati dal mulo, donne bellissime con i loro pareo e vestiti multicolore, che portano in testa cesti di frutta, motorini e persone sopra ad autobus con dentro maiali e galline... biciclette che trasportano una quantità di merce assurda tanto che la persona che pedala che non si vede più... E poi il mercato, con la merce esposta, il cibo, la sporcizia, gli odori ed i colori...

Arrivo alla sera sfinito e coperto di povere rossa, dopo aver pedalato a 40 gradi per tutta la cittadina e dintorni, risolto problemi e forature. Ma è così che conosco lo splendido e genuino popolo burkinabè. Nessuno si approfitta mai della situazione, nessuno mai mi chiederà denaro, pur sapendo che 10 euro per me sono nulla, per loro invece costituiscono magari lo stipendio di una settimana. Chi mi riparerà la bici mi chiederà 200 franchi, praticamente 30 centesimi per una ventina di minuti di lavoro buoni... gliene lascerò 2000.

Motorini e persone sopra i pullman nelle strade del centro di Ougadougou

Appena scende la notte, i black out prendono il sopravvento e si accendono ad intermittenza i generatori di emergenza. Siamo in Burkina Faso d'altronde, non a Las Vegas. E le zanzare cominciano a tormentarti. Porcaccia zozza, le zanzare no! Prima di partire mi sono informato sul rischio dengue in Burkina. Risultato? Picco massimo tra settembre e dicembre. Apposto, manco a farlo apposta io sono qui a fine ottobre, al centro esatto del picco massimo annuale. Cacchio, mi ricordo il calvario vissuto 3 anni fa al ritorno dalla Cambogia... Non voglio né posso riprenderla un'altra volta: dicono infatti che la recidiva è ben più pericolosa della prima infezione perché diventa emorragica e spesso mortale. Io sono comunque fatalista e troppe pippe mentali non me le faccio mai. Se deve succedere succede. Non è che rifiuto di partire o visitare un posto perché posso prendere la malaria. Non ho rinunciato a visitare in Africa il Selous perché c'era il rischio malattia del sonno della mosca Tse-tsè. Dunque, pantaloni e maniche lunghe di sera, repellente in abbondanza e via. Al resto ci penserà l'angelo custode. Sì, quello che tirerà un giorno il sospiro di sollievo.

Una bellissima bambina Burkinabè al congresso sankarista di Ougadougou

La domanda a questo punto sorge spontanea. Lo capisco. Ma realmente, che si viene a fare in Burkina Faso, in uno dei paesi più poveri, arretrati e meno turistici del mondo, ora anche abbastanza pericoloso a causa del terrorismo di ISIS e Boko Haram? A 40 gradi, senza nulla da fare e da vedere se non terra rossa bruciata dal sole, povertà estrema e degrado sociale ed ambientale?

Essenzialmente due cose. Primo, distribuire vestiario, quaderni e penne, giocattoli e palloni di cuoio a bambini enormemente meno fortunati dei miei: ecco perché viaggiavo con due valigie da 23 kg l'una al seguito... E poi, mantenere la promessa fatta nel post "Dar Es Salaam", ovvero rendere omaggio ad un gigante della storia, uno dei più grandi e coraggiosi uomini apparsi sulla faccia della terra. Un gioiello unico, una gemma preziosissima che ha osato sfidare i demoni del capitalismo: l'immenso comandante Thomas Sankara, il Presidente della felicità. Visiterò il suo Memorial, costruito proprio nel luogo dove è stato assassinato: ad un centinaio di metri dagli ex edifici del Consiglio Nazionale della Rivoluzione, è stata posizionata una bella statua di bronzo alta 5 metri, realizzata dall'artista burkinabè Jean Luc Bambara. Qui incontrerò Gael de Santis, un giornalista francese che mi fornirà il pass di ingresso come giornalista al congresso di unione delle forze progressiste e sankariste del paese che si svolge proprio in questi giorni alla Maison du People. L'immensità del comandante Sankara però merita decisamente un post a parte, a lui totalmente ed esclusivamente dedicato. Il prossimo.

In questo parlerò di altro: parlerò del neocolonialismo occidentale, soprattutto francese, e del suo strumento principale, il franco CFA. Il problema dell'imperialismo cinese in Africa, attuato principalmente mediante la trappola del debito, era invece già stato affrontato nel post “Dar Es Salaam”.

Lo sapete qual è il regalo più gradito dai bambini poveri?

Pensavo di lasciar la capitale e recarmi in qualche villaggio locale, per assaggiare un po' la vita rurale del Burkina, ma ben presto capisco che in realtà, non ce ne è alcun bisogno: i villaggi sono dentro la città. A parte 4 strade principali asfaltate di numero e piene di buche, per il resto Ougadougou è una distesa di baracche collegate da vie sterrate e polverose, un immenso villaggio frequentato in egual misura da capre, asini, galline e persone. Giri l'angolo e ti ritrovi in aperta arida campagna, tra arbusti, spazzatura e polli che scorrazzano, piccole costruzioni improvvisate di lamiera, a volte di argilla e legno, ed una marea di bimbi scalzi festanti che corrono dietro ad un copertone che rotola o un pallone di stracci che non può rimbalzare, immaginandosi Messi o Ronaldo.

Ethiopian incredibilmente associava al mio volo due valigie di 23 kg l'una ed una borsa o zaino da viaggio di 10 kg. Da non credere! Ed allora approfitterò per portare il mondo riempendo i bagagli all'inverosimile. Incaricherò Leonardo e Maya di svuotare il loro guardaroba donando tutti i vestiti che ormai non gli stavano più bene. Porterò così in Burkina Faso tantissimi abiti, materiale scolastico come quaderni e penne, e giocattoli vari.

Sapete però, nei paesi poverissimi, qual è la cosa che può rendere davvero enormemente felice un bambino? Sia maschio che femmina? Un vero pallone di cuoio! Non l'hanno mai visto! Per loro è come vedere un'astronave... Così prima di partire, faccio una scorta di palloni da Decathlon, da gonfiare sul posto con una semplice pompetta. E riempio lo zaino in spalla con 10 kg di cuoio compattato e profumato.

Il prezzo della felicità dei bambini di Ougadougou

Non so se l'avete mai fatta o avete mai assistito alla distribuzione di materiale in una comunità molto povera. Vi assicuro che può assumere contorni patologici e degenerare pericolosamente. Già sperimentato diverse volte. Se non lo sai fare, se non sei attento, se non programmi bene il tutto, ci scappa il morto. Chi non ha nulla è pronto a tutto e si scaglia con violenza e cattiveria sulla merce. Io ho due valigie piene stracolme. Non posso portarle dietro, metterle al centro, posizionare bambini ed adulti in fila e sperare civilmente in un'equa distribuzione. E' impensabile. Scoppierebbe la guerra. So che dovrò dedicare a questo un pomeriggio intero e l'ho messo in conto: quello che farò è riempire di volta in volta una busta, con un po' di vestiti, un po' di quaderni e libri, qualche giocattolo ed un pallone, partendo dall'alberghetto e facendo diversi viaggi in diverse zone di Ougadougou. Tanto i bambini poverissimi sono dappertutto: natalità e povertà sono direttamente proporzionali. Nonostante tutti gli accorgimenti del caso però, ogni volta sarà comunque un assalto ed una mezza guerra. Ed il pallone, il solito incredibile successo. I bambini inizialmente non capiscono quando vedono quel pezzo di cuoio deformato che caccio dalla busta. Poi estraggo la pompetta, inizio a gonfiare, due colpi ed i loro occhi improvvisamente s'illuminano d'immenso.

Cerco di formare gruppi omogenei di bambini che possono giocare insieme, in modo tale da donare la palla al gruppo anziché al singolo, organizzando anche piccole gare di corsa, o partitelle, o interrogando sulle squadre di appartenenza dei calciatori più conosciuti o ancora cercando a gesti di responsabilizzare un adulto per la gestione della palla. Ma inevitabilmente, il bambino dominante, più grande si appropriava del regalo e cominciava a scappare e correre, con tutti gli altri che lo inseguivano festosi... in un paio di casi ho identificato il bambino più in disparte, triste e silenzioso, che aveva già rinunciato, in quanto più piccolo di tutti, all'idea di possedere un pallone e l'ho regalato proprio a lui, solo a lui, rendendolo l'essere umano più felice del Burkina Faso.

Un casino pazzesco per le strade di Ougadougou... si sparge presto la voce che un bianco, piuttosto strano, sta facendo incredibili regali e mi ritrovo in giro in bicicletta per la cittadina con decine e decine di marmocchi festanti che mi seguono... Sono uscito dall'esperienza più sconvolto che altro. Molti bambini hanno toccato il cielo con un dito. Altri piangevano inconsolati ed inconsolabili. Non posso far a meno di pensare che un pallone a me è costato 5 euro. Porca troia 5 cazzo di stupidi euro. La felicità di un bambino costava 5 euro ad Ougadougou. Anzi 4 euro e 99.

Mega partitella con i bimbi di Ougadougou con un pallone di cuoio!

Ultimo viaggio, ultima busta di regali. Ormai è quasi notte e cominciano i black out e gli zombies che vagano. Un bambino non ha il suo pallone e mi seguirà scalzo, fino al mio alberghetto. Non credeva che li avessi finiti. Quel bellissimo volto nero coperto di polvere rossa mi fissava con speranza. E quando ha capito che dicevo il vero, che non avevo più niente per lui, è scoppiato a piangere. I suoi occhioni tenerissimi, in lacrime, io li ricorderò tutta la vita.

Ecco dove nasce la rabbia che ho nei confronti del capitalismo. Nasce anche da quegli occhi. Da quelle lacrime innocenti.

Il franco CFA ed il neocolonialismo francese in Africa

Tante cose che da noi sono di facilità estrema, ad Ouga si rivelano quasi impossibili. Ad esempio, prelevare denaro con la carta di credito ad un ATM. Rimani un po' incredulo già all'aeroporto, quando non trovi nemmeno uno sportello bancomat. Sì, siamo pur sempre in Burkina Faso, ma quello è pur sempre l'aeroporto internazionale della capitale!

Appoggio i due asini morti dei bagagli in una mezza stalla dove dormirò 3 notti e faccio il giro dei bancomat della città, concentrati tutti in una sola grande Avenida, quella che porta alla rotonda delle Nazioni Unite. E cominciano subito le imprecazioni. Molti non funzionano e risputano la carta che risulta illegibile, alcuni sono divelti, altri fuori servizio oppure hanno terminato i soldi... in altri c'è la guardia che dorme dentro chiedendo di non disturbare perché l'ATM è rotto... ed ovviamente è una cazzata: all'interno del box c'è aria condizionata e fuori si muore dal caldo. Un paio sembrano funzionare ad intermittenza, ma le file sono assurde, con la linea che va e viene. Un calvario per prelevare. In 3 giorni non ce la farò mai. Meno male che mi accorgo di avere dietro degli euro che potrò cambiare in valuta locale, il tristemente famoso Franco CFA.

Se non avessi avuto euro dietro, sarei stato nella merda. Lo so bene, ma ogni volta ci casco... mi era già successo in Nicaragua, a Cuba, alle Galapagos, in Belize, in Ecuador, in Laos, in Cambogia... in molte zone di questi paesi poveri, occorre far molto poco affidamento sui bancomat. La carta di credito o la hai o non la hai, è lo stesso: gli ATM sono pochi e spesso non funzionano. Sempre contante in tasca.

Trovo una baracca adibita a centro di cambio e due banconote arancioni da 50 euro divengono come per magia 65.000 Franchi CFA, sufficienti ed abbondanti per 3 giorni di permanenza in Burkina Faso: una trentina di euro se ne andranno per il test della peste bubbonica al ritorno ed altrettanti per il pernottamento. Sì, non ero decisamente allo Splendid Hotel.... E per la cena, rigorosamente al buio a causa dei black out, è davvero difficile, anche impegnandosi, spendere più di una decina euro, birra Brakina nazionale ovviamente inclusa. Tutti gli spostamenti sono gratuiti ed ecologici in bicicletta, o meglio in catorcio. E per l'acqua non ci sono problemi perché la bettola mette a disposizione un enorme boccione da 30 litri da cui attingere a piacimento.

Pagare con la carta ovviamente te lo sogni. Forse in tutta la città puoi farlo solo in pochi punti, forse allo Splendid Hotel, pagandoci una salata commissione. Ma meglio stare alla larga da questo casermone di lusso, ben protetto all'ingresso da militari e metal detector: sia mai che qualche jihadista ripete le mirabili gesta del 2016...

In ogni caso, pericolo scampato, ho 65.000 franchi CFA in mano. Tocco così per la prima volta, questa moneta. La guardo, la osservo. E non posso fare a meno di pensare a quanta sofferenza, morte e schiavitù porta con sé. Perché il Franco CFA, non è una valuta come le altre. E' una valuta insanguinata. Molto più rispetto ad altre. Puzza di morte. E' un cadavere in putrefazione, il simbolo stesso del colonialismo e del neocolonialismo.

2000 franchi CFA, equivalenti a circa 3 euro

Il franco CFA è una valuta che ha un tasso di cambio fisso con l’euro: 1 euro vale circa 656 franchi CFA, sigla che dal 1962 significa Comunità Finanziaria Africana. Senza modificare la sigla, i furbacchioni francesi ne hanno cambiato il significato, ma la sostanza resta la stessa. Un tempo, infatti, prima delle indipendenze (solo formali) nazionali, la sigla CFA stava effettivamente per "Colonie Francesi d’Africa": e difatti, ad eccezione di Guinea-Bissau, ex colonia portoghese, e Guinea Equatoriale, ex colonia spagnola, i 14 paesi africani che adottano tale valuta, più o meno forzatamente, sono tutte ex colonie francesi. La moneta unica serve due unioni monetarie distinte: la UEMOA, l'Unione economica e monetaria ovest-africana della quale fanno parte 8 paesi della zona occidentale del continente nero (Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea-Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo) e la CEMAC, la Comunità economica e monetaria dell’Africa centrale della quale fanno parte 6 paesi centroafricani (Camerun, Repubblica Centrafricana, Congo Brazzaville, Gabon, Guinea Equatoriale e Ciad). Ognuna di queste due comunità ha la propria banca centrale che nel caso dei paesi dell'area centro-ovest è rappresentata dalla BCEAO, la Banca centrale dell’Africa occidentale.

Perché il Franco CFA è associato da tutti, addirittura da Di Maio, il campione mondiale del politicamente corretto e dell'equilibrismo politico, al neocolonialismo ed all'imperialismo parigino nell'Africa francofona centro-occidentale? Il motivo ce lo spiega bene una bellissima teoria, finora non smentita, che si è dimostrata molto efficace nel prevedere e guidare le scelte monetarie di diversi stati e della quale parlerò in maniera più approfondita nella sezione pensieri del blog. E' la teoria dell'OCA, acronimo che sta per “Optimun Currency Area”, in italiano AVO, teoria delle “aree valutarie ottimali”, la quale stabilisce una serie di condizioni che devono esser contemporaneamente soddisfatte, affinché stati diversi, con diverse economie, traggano giovamento dall'adozione di una moneta unica comune, oppure, cosa assolutamente equivalente, dal mantenimento di monete diverse ma con cambio fisso tra esse. In generale, se sussistono queste ben precise condizioni, conviene per i diversi stati che hanno un mercato comune, unirsi in un'unica moneta. Ovviamente le condizioni possono esserci e poi, dopo un po', non esserci più. E difatti nella storia, tante unioni monetarie si sono prima create e poi dissolte; un esempio tra i tanti possibili è costituito dall'unione monetaria scandinava con la singola corona: gli squilibri insanabili che si crearono a seguito della divergenza delle economie, spinsero al ripristino delle singole distinte valute nazionali con cambi “floating”. Spero che una cosa del genere avverrà un giorno anche con quell'aborto dell'euro, principale strumento del dominio franco-tedesco sui PIIGS, euro che, è bene specificarlo, non soddisfaceva nemmeno una delle condizioni necessarie elencate nell'OCA.

Ora, cosa accade secondo la teoria della paperella quando invece, si cerca forzatamente di realizzare un'unione monetaria in assenza dei requisiti minimi indispensabili? Se soltanto una delle condizioni della teoria viene a mancare, il risultato inevitabile e certo, è che il paese più forte, tramite un'economia mercantilista basata su esportazioni crescenti, si arricchisce sempre più a danno di tutti gli altri ai quali rimangono, per sopravvivere in un sistema competitivo, capitalista e liberista, esclusivamente deflazione salariale ed alienazione di patrimonio pubblico, ovvero, in termini meno tecnici, riduzione di salari e svendita dei beni e dei gioielli di famiglia, cioè delle risorse statali per far cassa. Il paese egemone si assicura così alla periferia, manodopera economica, elimina potenziali concorrenti industriali e si appropria indebitamente delle risorse più importanti. Bingo.

Qua, qua, qua...

Guardate un po' che bell'ochetta che ho fotografato alla festa di compleanno di mia madre in agriturismo!? Tutti i miei familiari stavano già pensando al pranzo, io invece ero da solo con le oche e pensavo all'euro ed al franco CFA ed al viaggio che avrei voluto fare in Burkina Faso dal comandante Sankara. Si lo so, qualche rotella fuori posto ce l'ho.

Va beh, mi raccomando... ogni qual volta pensate alle monete coloniali dell'euro e del franco CFA, pensate all'OCA! Qua, qua, qua, qua.... Qua, qua, qua...

La teoria dell'OCA ci insegna dunque che la moneta è il primo e più potente strumento di controllo di ogni potenza imperialista sulle proprie colonie. L'euro ovviamente non sfugge a tale regola, essendo oggi il principale strumento di dominio della Germania mercantilista sui PIIGS, i maiali del sud Europa. A questo punto so già qual è l'obiezione del lettore più attento:

«Ma scusa, tu di economia non capisci un cazzo, sei un fisico-matematico, mica un economista! Quei capoccioni che hanno creato l'euro, la teoria dell'OCA la conoscevano no? I Prodi, i Ciampi, i D'Amato, i Napolitano... Perché lo hanno creato? Perché scrivi queste falsità?» Rispondo.

«Non capisco un cazzo di economia. Verissimo, ma da quando ho inserito due esami nel mio corso di studi universitari, questa materia è diventata uno dei miei interessi più grandi. Ho capito che solo capendo l'economia avrei capito davvero come funziona il mondo. Ed io so bene di esser stupido ed ignorante, non sto scherzando. So di avere un QI medio-basso e limitata cultura: sapere di non sapere, sapere di esser ignoranti, credo che sia il primo obbligatorio passo verso la vera conoscenza. Per quanto riguarda l'euro, certo, hai ragione. I capoccioni conoscevano benissimo la teoria dell'OCA, e sapevano benissimo ciò che sarebbe accaduto: squilibri insanabili e guerra economica tra gli stati, mercantilismo tedesco, lotta maniacale all'inflazione a scapito degli investimenti e della crescita, e PIIGS in sofferenza, con disoccupazione e tagli alla spesa pubblica. Era semplicemente quello che volevano. D'altronde la “fortissima competizione economica” tra gli stati membri è l'obiettivo principale della UE, scritto nell'art. 3 del trattato di Maastricht, articolo che è una sintesi estrema perfetta dell'essenza del neoliberismo economico. Volevano creare crisi ripetute grazie alle quali, e solo grazie alle quali, gli stati sarebbero stati indotti e forzati a cedere sovranità. L'obiettivo ultimo dell'euro, probabilmente della stessa pandemia e di tutte le crisi in generale, è uno solo: la creazione degli USE, gli Stati Uniti D'Europa, ottenuti mediante progressive cessioni di sovranità degli stati membri. A chi? Ad organismi sovranazionali non eletti dal popolo ma rappresentanti del peggior turbocapitalismo finanziario mondiale. Servono le crisi, perché nella shock economy, nel capitalismo dei disastri di Naomi Klein, solo le crisi e l'emergenza costante possono giustificare nei popoli misure assolutamente impopolari».

Spero di aver risposto e se non credete a quello che dico, se non credete al mio becero complottismo sovranista e terrapiattista, vi consiglio di vedere il prossimo video.

Cessioni di sovranità un cazzo, caro Mario Monti. Tu non cedi un cazzo di niente perché la sovranità non appartiene a te o all'altro Mario nazionale, entrambi fedeli seguaci e servi di quelle sette neoliberiste criminali da strapazzo che prendono il nome di Goldman Sachs, Trilaterale, Bildelberg, G30, Aspen e chi più ne ha, più ne metta. La sovranità appartiene al popolo. Appartiene a me, ai miei amici, alla mia famiglia, ai miei figli. Appartiene ai nostri antenati morti per creare, unificare e difendere il paese. Tu la costituzione non la tocchi. E poi tanto c'è il Presidente della Repubblica Mattarella che ha il dovere istituzionale di tutelarla, fungendo da garante e dunque non lo permetterà mai! Ops... Mattarella è dei vostri... va beh, allora ci penseremo noi del popolo a tutelarla fino alla morte. Ops... il popolo è con te, soggetto da un ventennio buono a propaganda europeista ed atlantista ed ha il cervello totalmente lavato dall'idropulitrice di Repubblica... va bbò ho perso. Lotterò lo stesso, insieme ai 4 gatti che credono ancora, come me, nella Costituzione, ed oggi, più che mai in tempi di pandemie e psicodeliri Covid di massa, nella libertà. Frega un cazzo se sono solo. Continuerò a lottare e denunciare, per lo meno finché non annulleranno l'art. 21 della Costituzione italiana.

Torniamo al Franco CFA e scusate tale divagazione sull'euro, ma credo che il parallelismo Franco CFA-Euro sia estremamente importante per far capire tante dinamiche a cui siamo sottoposti nostro malgrado. La moneta (neo)coloniale del franco CFA, è oggi lo strumento di controllo più importante che la Francia mantiene nella sua Africa. L'assoggettamento monetario ed economico a Parigi dei 14 stati francofoni, di quell'area che in senso dispregiativo viene chiamata “Franciafrica”, è totale e per lo stato transalpino, risulta oggi ancora più redditizio di quello ottenuto in epoca coloniale: la proclamata indipendenza di questi 14 paesi, tra cui il Burkina Faso, si riduce come più volte denunciò il comandante Sankara in ogni occasione gli era possibile, ad un inutile pezzo di carta. Il franco CFA infatti, oltre ad esser coniato in Francia, continua a sottostare a tutta una serie di incredibili regole vessatorie di sapore feudale che erano state imposte al momento della sua creazione. Tale moneta si basa su cinque principi:

  1. cambio fisso con l’euro;
  2. convertibilità solo e soltanto con l’euro;
  3. metà delle riserve valutarie estere depositate presso la BF;
  4. controllo finanziario francese totale;
  5. controllo economico francese totale (primo diritto e diritto di veto).

Il punto 1 fa rientrare tutti gli stati che adottano questa reliquia coloniale nell'area valutaria non ottimale dell'eurozona. E' un po' come se questi stati, così deboli economicamente, adottassero la valuta così forte dell'euro. Poco importa che la moneta si chiami franco CFA e non “burkino” o “nigerio”. Se ha cambio fisso con l'euro, non sono ammesse fluttuazioni della moneta, ovvero svalutazioni e rivalutazioni per risanare gli squilibri economici e moderare la tendenza ipermercantilista dello stato vincitore: la perdita di competitività di uno stato può esser mitigata e calmierata solamente mediante svalutazioni interne, ovvero agendo sul costo del lavoro e sulla vendita di asset strategici statali. Risultato, si diventa colonia. Si diventa schiavi. Esattamente come la Grecia o l'Italia con la Germania. Basta il punto 1 dunque per diventare schiavi, non servono i successivi. Basta il cambio fisso in comune con uno stato economicamente più forte in un'area valutaria non ottimale e l'OCA non ti da scampo. L'OCA si trasforma in una tigre che ti sbrana. Qua, qua, qua... diventa grrrr, grrrrr, grrrr....

Il punto 2, vuol dire che non esistono vie di fuga da tale trappola: qualsiasi pagamento verso l'estero deve passare obbligatoriamente attraverso Parigi e la BF, la Banca di Francia. Non la BCE, o la Banca d'Italia. No, la Banca di Francia. E' lei che fa da garante.

I punti 1 e 2 già sono dunque, già sufficienti per ridurre sul lastrico una nazione in salute rendendola schiava finanziaria. Ma la Francia è talmente ingorda che non gli basta mai: continuate a leggere, vi prego, perché i punti 3, 4 e 5 fanno davvero indignare.

Andiamoli a vedere nel dettaglio, cominciando dal 3. Giustamente, come sostengono il presidente francese Macron e tutti gli economisti bocconiani neoliberisti, quale garanzia del cambio fisso e del valore e della piena convertibilità delle due monete, la Francia ha tutto il diritto di richiedere un piccolissimo tributo, una piccola insignificante tassa sulle transazioni.

Tale servizio, tale credibilità monetaria, in qualche modo va ricompensata e pagata. E posso anche esser d'accordo su questo. Anche se, uno stato come la Francia, che dice sempre di voler lottare per l'emancipazione e lo sviluppo dell'Africa, uno stato che ha depredato le sue colonie nel secolo scorso e barbaramente ucciso migliaia di “animali neri”, un piccolo sforzo poteva pure farlo e magari poteva offrire tale servizio gratuitamente, accontentandosi dei punti 1 e 2, 4 e 5, quale segno di scuse per il passato coloniale e solidarietà per i paesi amici.

Ma ben venga. Ripeto, sono d'accordo che una minima parte delle riserve valutarie estere dei Paesi della zona monetaria del franco CFA debbano esser depositate a Parigi presso la BF, cosiccome una minima parte di ogni transazione internazionale che produca un introito. Chiamiamola una tassa dai, una commissione. Quanto sarà? L'1%? Il 2? Il 3? Le commissioni sulle transazioni normalmente sono dell'ordine di pochi punti percentuali... forse il 4% dai, non di più.

Ok, ora mettetevi seduti e fate un respiro profondo: questa vergognosa tassa era il 65% del totale fino al 2005. Oggi è benevolmente ridotta al 50%.

Porcaccia puttena direbbe Lino Banfi... avete capito? Ogni volta che uno dei 14 stati francofoni esporta merce verso un paese diverso dalla Francia, deve obbligatoriamente depositare la metà degli incassi presso la Banca di Francia! Un furto colossale, una rapina a mano armata!

Sì, effettivamente è proprio una rapina a mano armata. Un trucco contabile che non è soltanto un'umiliazione nei confronti dei 14 stati “franciafricani”. No. E' anche una sonora pernacchia a tutti i paesi dell'eurozona come l'Italia, la Spagna e la Grecia che questi fondi non li hanno per sostenere la loro economia!!! Grazie infatti a questo immenso trasferimento di ricchezza monetaria, valutato in 500 miliardi di euro, la Francia ha potuto finanziare per decenni una spesa pubblica generosa, totalmente esente dai vincoli infernali di Maastricht. L’Europa, sempre debole con i forti (francesi e tedeschi), e spietata con i deboli (la Grecia e l'Italia), ha tentato di convincere Parigi, ovviamente sempre a bassa voce e mai insistendo troppo, a far confluire questi fondi nella BCE. L'Eliseo ha però risposto sempre picche. Immaginate se rispondessero picche l'Italia o la Grecia cosa succederebbe: i burocrati dell'UE scatenerebbero lo spread come nel 2011 e butterebbero giù i governi nazionali eletti dal popolo, radendoci al suolo.

Facciamo un esempio per capire meglio cosa accade. Il Burkina Faso decide di esportare cotone in Italia (previo diritto di veto del punto 5, di cui parlerò più tardi) per l'equivalente di un milione di euro in Franchi CFA: bene, soltanto 500.000 entreranno nelle casse statali, mentre altrettanti dovranno essere accreditati come fondo garanzia al tesoro francese. Pazzesco. Già i paesi africani sono costretti a partecipare al mercato mondiale competendo come utilitarie scassate in una gara dominata da Ferrari e Lamborghini. Ricevono le briciole e quello che guadagnano è pure soltanto la metà di quanto potrebbero guadagnare.

Questa massa imponente di denaro potrebbe esser investita dai paesi africani nello sviluppo sostenibile delle loro economie ed invece va a sostenere la spesa pubblica francese, in barba a tutti gli accordi europei di Maastricht. Perché quelli valgono solo per i PIIGS, non per Francia e Germania, che si sono costruiti il giocattolino a loro immagine e somiglianza per distruggere le economie dei maiali come noi. Noi siamo maiali per i tedeschi esattamente come gli africani per i francesi sono poco più che bestie di colore nero. Lo disse lo stesso Sankara in un memorabile discorso all'ONU.

Si può sgarrare a tale regola n. 3? Ovviamente no. E così andiamo al punto 4: nei consigli d'amministrazione degli istituti finanziari e nei vari organi governativi di sorveglianza delle 14 neocolonie, deve esser presente obbligatoriamente un rappresentante francese in qualità di controllore a tutela degli interessi della madrepatria. Il controllo finanziario francese sulle sue ex-colonie, o meglio colonie, senza ex, è totale. D'altronde la stessa stampa della moneta viene fatta in Francia e non in Burkina Faso o in Niger. I 14 stati della Franciafrica, in teoria indipendenti, in pratica sono commissariati, avendo rappresentanti francesi nelle loro stanze dei bottoni. A loro devono obbedire. E non si sgarra. Chi resiste e denuncia, semplicemente viene eliminato. Come Thomas Sankara.

Sufficientemente indignati e schifati da tale sistema? Andiamo al punto 5, il peggiore per le 14 colonie ed il più importante di tutti per l'Eliseo. Il punto 5 è il punto dei punti. E' ciò su cui si regge l'intera impalcatura dello stato transalpino. I due vincoli più forti, assolutamente strategici e di vitale importanza per la sopravvivenza economica della stessa Francia, imposti dagli accordi coloniali vessatori sul franco CFA, sono quelli del “primo diritto” e del “diritto di veto”.

La Francia si assicura l'esclusivo monopolio di tutte le materie prime di strategica importanza delle 14 neocolonie col diritto prioritario d’acquisto e sfruttamento di ogni loro risorsa naturale. Il Burkina Faso se scopre una miniera d'oro, pur essendo stato indipendente, non può decidere di nazionalizzare la miniera e redistribuire i proventi al popolo. No. Il diritto di sfruttamento è esclusivamente francese.

Per la Francia il controllo delle neocolonie è di vitale importanza, potendone depredare a rischio zero le immense riserve di materie prime, come metalli preziosi, diamanti, petrolio, gas, derrate alimentari e terre rare, fondamentali per il turbocapitalismo della green economy, che tutto è invece tranne che green. Un esempio su tutti: il Niger è il quinto produttore mondiale di Uranio e le sue miniere sono totalmente controllate dal gigante Orano (ex Areva), 80% di proprietà del tesoro francese, il quale gode di concessioni pluridecennali. Senza il totale controllo del Niger, uno stato nucleare come la Francia resterebbe al buio. O meglio, sarebbe costretta a comprare combustibile nucleare a prezzo di mercato. Vuoi mettere invece ad averlo quasi gratis, di comprarlo al prezzo ed alle condizioni che fai tu! Il Niger fa la fortuna della Francia e paradossalmente è uno dei paesi più poveri del mondo, dove l'80% della popolazione non ha accesso all'energia elettrica. Ogni governo che decide di aumentare le royalties o ridiscuterle, fa una brutta fine. Incredibile come paesi così ricchi di risorse naturali siano anche i più poveri del mondo. In Africa è una costante.

Ma anche se la Francia non esercitasse per legge tale “primo diritto”, quasi tutte le grandi società d’affari presenti in quei Paesi sono comunque a conduzione francese e le connivenze, gli intrecci, gli intrallazzi tra esse e la corrotta politica locale fanno sì che i benefici restino sempre in famiglia. A proposito di famiglie: sono diverse ad avere interessi strategici nella “Franciafrica” ma due in particolare si sono arricchite all'inverosimile, fuori da ogni possibile immaginazione. Due sono in particolare le famiglie imperialiste e sfruttatrici che uccidono la felicità in Mali ed in Senegal, in Togo ed in Niger, che basano i loro smisurati profitti sul sangue e sul lavoro minorile dei bambini congolesi nelle miniere di coltan, dei giovani del Niger nelle miniere di uranio o di quelli della Costa d'Avorio nelle piantagioni di cacao. Due sono soprattutto i criminali multimiliardari francesi. Nomi e cognomi, lo sapete, non ho alcuna paura di dirlo e scriverlo: Vincent Bolloré e Martin Bouygues. A voi investigare. Non posso scrivere tutto in questo blog. Il compito che mi sono dato è stimolare riflessioni e curiosità. Indagate signori, indagate su questi due personaggi: sono loro l'essenza più pura e spietata del capitalismo finanziario internazionale.

Forza baldi economisti bocconiani, fatevi sotto... voi le leggi neoclassiche di Adam Smith della domanda e dell'offerta, le conoscete bene no? Sapete bene che nel tanto osannato ed idolatrato libero mercato dove c'è concorrenza, il venditore fa il prezzo e l'acquirente compra, giusto? Sapete bene dalla bibbia del neoliberismo, il Samuelson, che il prezzo della merce aumenta se aumenta la domanda ed il numero di compratori vero? Io non capisco un cazzo di economia ma voi sì!!!

Qual è l'immediata conseguenza di un mercato in cui la concorrenza non c'è più e c'è solo un acquirente possibile? Risposta scontata: nella dittatura neocoloniale del Franco CFA, in un mercato falsato dove non c'è più concorrenza perché la colonia è obbligata a vendere le sue materie prime solo e soltanto allo stato padrone, le leggi della domanda e dell'offerta non valgono più. Il prezzo lo fa l'acquirente, non il venditore. E così, la Francia imperialista, depreda le risorse energetiche più importanti del pianeta, a 4 soldi.

In tal caso, la vendita, o meglio la svendita, avvenendo con la Francia, non è soggetta alla regola n. 3 del deposito del 50% dell'incasso ma al paese venditore va pure peggio perché praticamente regala le proprie risorse, mentre nel primo caso, vende al prezzo ridicolo di mercato con tassazione francese al 50%. Comunque la metti, lo stato “franciafricano” se lo prende nel culo.

Non basta. Non solo “primo diritto” ma anche “diritto di veto”: se la Francia per qualche motivo si rifiuta di acquistare le materie prime di queste 14 neocolonie, la vendita a stati stranieri deve sottostare al via libera dei francesi. Un esempio: la Francia non vuole più acquistare il cotone del Burkina Faso il quale decide di venderlo all'Italia. Siccome noi italiani siamo “brava gente”, accettiamo di pagarlo 3 volte il valore di mercato per aiutare la ripresa economica della terra degli uomini integri. Se la Francia non è d'accordo a questo scambio commerciale, il Burkina Faso non lo può fare. E gli uomini integri vengono... “disintegrati”. E la merce si butta perché non è utilizzabile dal momento che la Francia stessa, spesso col sostegno delle organizzazioni internazionali, impedisce alle sue colonie di avere industrie di trasformazione. Tipico esempio la Costa d'Avorio a cui viene impedito di avere industrie del cacao: nel paese primo produttore al mondo di cacao, una barretta di cioccolata costa l'ira di dio perché la deve acquistare dalla Francia a cui però ha regalato la materia prima. Secondo voi, Burkina Faso e Costa d'Avorio sono stati indipendenti e sovrani? Certo che no!

La verità nuda e cruda è che la Francia mantiene il controllo totale, assoluto delle economie di questi 14 paesi. Facciamo altro esempio per capire meglio il “primo diritto” di acquisto.

Immaginate voi di entrare in un negozio di articoli sportivi gestito da un distinto uomo di colore e di esser gli unici che possono per legge acquistare lì dentro.

«Ciao, negro di merda, mi chiamo Tizio. Voglio una racchetta da tennis, una Prostaff RF97 (200 euro), poi una muta stagna DUI in trilaminato, taglia M (valore 2000 euro), poi un paio di scarpe da running ASICS di fascia alta (100 euro). Che altro... ah, visto che è quasi inverno, negraccio di merda schifoso, dammi un po' anche un'attrezzatura da sci completa, non in affitto ma in vendita (1000 euro). Ok, per ora ho finito. Ti lascio 100 euro. Anzi no, troppo. 50 euro. E se non ti sta bene, ti ammazzo e ti sostituisco con un altro».

Ecco, in Francia e nelle 14 neocolonie africane, funziona esattamente così.

Ma siccome Macron, buono com'è, ha capito gli errori del passato e vuole convertire il suo paese da potenza imperialista a stato socialista panafricanista e sankarista, allora annuncia la cazzata colossale del secolo: il franco CFA verrà abolito. La valuta coloniale che schiavizza i popoli del continente nero, verrà rimpiazzata da una nuova moneta, l'ECO, che potrà esser scelta, se sussisteranno alcune condizioni, dagli otto paesi UEMOA dell'Africa Occidentale come il Burkina Faso, escludendo invece i paesi CEMAC dell'Africa centrale per i quali nulla cambierà.

Titoloni sui giornali, a celebrare l'immensa magnanimità dei leader europei! «E' la fine della Francafrique!» urla festante Macron... Tutto vero?

Sì, tutto vero. E tutto falso allo stesso tempo. Esattamente come tutte le notizie che danno in tv o sui giornali, soprattutto in tema Covid. Tutto vero, ma la verità è al solito interpretata, manipolata e totalmente stravolta al fine di orientare l'opinione pubblica.

L'inaspettato annuncio di Macron, come è molto facile immaginare, è solo una astuta operazione di maquillage, un gioco di prestigio: cambiare il nome alla valuta, cambiare alcune cose, pubblicizzarle all'inverosimile con la solita stampa asservita e compiacente, ma affinché nulla realmente cambi.

Innanzitutto una considerazione banale. Macron, quello degli idranti a Ventimiglia contro i migranti, Sarkozy, l'assassino di Gheddafi, Mitterand l'assassino di Sankara, e via dicendo, hanno sempre sostenuto che il Franco CFA non fosse una valuta coloniale e che gli stati membri erano liberissimi di entrare ed uscire in qualsiasi momento. Forse la mia logica funziona al contrario, ma l'annuncio in pompa magna della fine della valuta coloniale per liberare i popoli africani, non è un'ammissione totale di colpa del dominio monetario precedente? Le cose sono due: o prima si mentiva e si negava un problema o si mente adesso. Giusto?

Va beh, andiamo avanti e passiamo alle cose un po' più tecniche.

La Francia, vista la crescita costante dei movimenti di protesta panafricanisti di liberazione neocoloniale, ha deciso con l'ECO di fare una pesante concessione, anche se è bene specificarlo, tutto rimane ancora nel campo degli annunci e di concreto c'è ancora ben poco: dei 5 punti precedentemente illustrati del franco CFA, sembra che cadrà il numero 3, dunque automaticamente anche il 4, strettamente connesso al precedente, ma si manterranno tutti gli altri, estremamente più importanti. Perché ciò che alla Francia realmente interessa sono i punti 1 e 2, che di per sé determinano la condizione di totale schiavitù e subordinazione economica, e soprattutto il punto 5, che le assicura il predominio delle risorse naturali. In cambio di una pesante concessione, ovvero la rinuncia al deposito presso la BF della metà delle riserve valutarie estere, sulla quale la stampa europeista ci fracasserà i coglioni per decenni mostrando l'enorme bontà dei francesi, si manterranno le altre più importanti: si manterrà il cambio fisso con l'euro ed il totale controllo delle materie prime dei paesi. Il cambio fisso con l'euro implica che i paesi dell’UEMOA resteranno sotto la supervisione indiretta delle autorità dell’Eurozona che vigilerà sulla “garanzia” di convertibilità: la BCEAO non sarà mai autonoma, ma rimarrà un’appendice della Banque de France, totalmente vincolata alla politica monetaria della BCE.

Macron dice che questo è fondamentale per assicurare la stabilità della moneta e scongiurare il rischio di inflazione. Resta da capire come e perché, mezza Africa dovrebbe sottostare alla tutela della Francia e dell'UE quando moltissimi piccoli paesi africani stampano la loro moneta nazionale senza cercare la protezione di qualche santone esterno, e pur non navigando nell'oro, stanno molto meglio economicamente dei paesi sotto tutela francese come il Burkina Faso. A maggior ragione poi dopo il superamento del Gold Standard! Il concetto di “garanzia di convertibilità” utilizzato dai francesi adulatori della reliquia coloniale è assolutamente superato ed ancorato al paradigma economico del secolo scorso perché oggi la moneta emessa dagli Stati è essenzialmente di natura fiduciaria.

E poi le basi militari francesi? E le imprese francesi? Ed il “primo diritto” ed il “diritto di veto”? Tutto inalterato. Tutto come prima. Ma statene certi, di queste cose la stampa non dirà nulla e farà vedere, invece, riproponendo magari immagini o video di 10 fa, intere piazze delle capitali dei 14 stati africani, riempite con centinaia di migliaia di persone in festa per la fine della moneta neocoloniale.

Non ho finito. Un po' di pazienza ancora. Per entrare nell'ECO sono richiesti dei parametri da rispettare: un deficit non superiore al 3%, tasso d'inflazione inferiore al 5%, rapporto debito/pil non superiore al 70% e bla bla bla... Domanda. Vi ricorda qualcosa???? Ma certo!!! L'euro e gli assurdi vincoli di Maastricht! Il sistema monetario dell'ECO dunque, è la copia quasi conforme del sistema euro con tutte le sue assurdità e tutti i suoi inevitabili squilibri. Come si può pensare che un sistema così fallimentare, contraddittorio, squilibrato, instabile, insostenibile in Europa possa funzionare in Africa, dove gli stati hanno differenze macroeconomiche ben superiori? Misteri della fede.

La verità nuda e cruda è una sola: la moneta, franco CFA o ECO che sia, con i suoi vincoli e le sue clausole vessatorie, è il principale strumento di sottomissione e controllo che Francia ed Europa esercitano sulle incredibili risorse naturali africane, le quali devono esser messe al riparo dall'attacco del dragone cinese, la cui influenza imperialista in Africa sta crescendo a dismisura.

Per concludere, credo il concetto fondamentale da capire sia il seguente: senza sovranità monetaria, un paese sarà sempre schiavo e mai totalmente libero di intraprendere politiche economiche autonome ed indipendenti dall'interferenza straniera. Punto. Matematicamente parlando, la sovranità monetaria è condizione necessaria, ma ovviamente non sufficiente per la rinascita e la libertà totale di un paese. Del Burkina Faso, come dell'Italia o della Grecia. Senza di essa, la rinascita e la libertà non sono possibili in partenza. Con essa invece può esserlo. Poi ovviamente non è detto che lo sarà, perché la classe politica dovrà esser capace, incorrotta, ed illuminata.

Abbasso dunque il Franco CFA. Abbasso a maggior ragione l'ECO. Abbasso soprattutto quell'aborto dell'euro. Viva la sovranità monetaria dei paesi ed il socialismo, unici grandi strumenti di emancipazione dei popoli dagli imperialismi.

Cosa succede a chi si ribella?

A proposito, cosa dice la controparte? Cosa dicono i francesi del franco CFA? Cosa dice quel neoliberista europeista sfegatato di Macron? Secondo l'ex banchiere di Rothschild (ma perché tutti i capi di stato vengono da quegli ambienti lì???) gli stati africani aderiscono con estrema gioia ad un sistema neocoloniale che li schiavizza e li affama. Secondo lui, i 14 stati della UEMOA e della CEMAC, sono estremamente contenti di regalare le proprie risorse naturali ad un paese amico come la Francia e soprattutto, sono liberi di sganciarsi in ogni momento. Dunque la permanenza nell'unione monetaria sarebbe una libera scelta. Un po' come l'euro, quando chi decide di indire un referendum popolare, come Papandreu, semplicemente viene buttato giù con un golpe bianco. Bene. Vogliamo ricordare al caro presidente francese, cos'è successo a chi ha provato a svincolarsi dalla trappola? Certo che glielo ricordiamo, perché lui è un po' smemorato. Figurati che non si ricorda nemmeno di aver promesso nel 2017 all'università “Joseph Ki-Zerbo” di Ougadougou che avrebbe declassificato tutti i documenti relativi all'assassinio di Thomas Sankara, coperti da segreto di stato...

Caro Emmanuel, la tua Francia, in modo diretto e certo, ha assassinato ben 22 presidenti sovrani di stati africani che avevano provato ad uscire dalla trappola del franco CFA.

Inutile elencarli tutti. Alcuni esempi soltanto. Sylvanus Olympio, caro Macron, ti dice qualcosa? E' stato il primo presidente eletto del Togo. Nel 1963 prese a stampare moneta nazionale rifiutando l'accordo con la Francia e poco dopo fu assassinato da un golpe guidato da militari francesi. Una sorte leggermente migliore è toccata 5 anni dopo a Modioba Keita, primo presidente della Repubblica indipendente del Mali. Anche lui aveva capito i meccanismi diabolici della moneta coloniale. Nel 1968, visto che l'adesione, come dici tu, era puramente volontaria, decise di uscirne: fu rovesciato da un colpo di stato guidato da un ex legionario francese e terminò i suoi giorni in carcere, dimenticato da tutti. Non vorrei annoiare, caro banchiere ex Rothschild, ma continuo ancora con Laurent Gbagbo, presidente della Costa D'Avorio che nel 2011 improvvisamente impazzì: prese a delirare proponendo di abbandonare il Franco CFA ed adottando il MIR, la Moneta Ivoriana di Resistenza. Poiché come dici tu, l'adesione è libera e volontaria, avete bombardato il palazzo presidenziale, irrompendo e facendolo prigioniero.

Amilcar Cabral della Guinea Bissau, invece l'avete freddato per strada davanti ai suoi bambini mentre con Barthelemy Boganda della Repubblica Centrafricana, ci siete andati giù un po' più pesante facendo esplodere il suo aereo in volo, uccidendo tutti.

Caro Macron, tu sei giovane e non lo sai ma i tuoi servizi segreti sono davvero fantasiosi e mai uccidono capi di stato allo stesso modo. Mancava il veleno. Ed eccolo utilizzato con Felix Moumiè, presidente del Camerun, avvelenato a Ginevra con il Tallio.

Patrice Lumumba nel 1960 a Bruxelles

Dai su però, io ho da fare, mica posso dirti tutto! Prima di sparare le cazzate in mondovisione sulla libertà di permanenza nel franco CFA, a cui poi quelli del PD e di M5S credono pure, informati un attimo no?

Lo sai ad esempio che non vi siete limitati soltanto all'Africa francofona? Eh sì perché da europeisti ed atlantisti sfegatati come siete, dovete mostrare solidarietà estrema agli amici imperialisti belgi ed americani! Se loro chiedono il vostro aiuto in Congo voi obbedite, perché conoscete l'Africa meglio di chiunque altro! E così insieme ad USA e Belgio, torturate, ammazzate, squartate con l'accetta e sciogliete nell'acido lo statista congolese Patrice Lumumba, che voleva creare un Congo realmente indipendente e capace di gestire in autonomia le proprie enormi ricchezze naturali, coltan in particolare. Giustamente, derive patriottiche di stati confinanti avrebbero potuto influenzare anche la Franciafrica, dunque andavano stroncate sul nascere.

Al più grande di tutti poi, all'immenso Thomas Sankara, dedicherò tutto il prossimo post. Ti consiglio di dargli una letta caro Emmanuel e se non capisci l'italiano, in ultima posizione nel menù c'è il traduttore di Google traslate: tutte le pagine web di questo sito possono esser tradotte in qualsiasi lingua. Leggi ed informati su come avete assassinato, non solo un uomo, ma la felicità intera di un popolo. Ed oggi, continuate a proteggere dalla giustizia quel verme di Blaise Compaorè il quale, siede in soffici poltrone ivoriane bevendo champagne nel suo esilio dorato e brindando al vecchio caro amico fraterno che ha riempito di piombo.

Contento Macron? Ancora pensi davvero che l'adesione a tale moneta sia totalmente libera?

Aspetta un attimo perché non ho finito ed adesso ti racconto un'altra storia. Riguarda un dittatore libico, una persona probabilmente spregevole, doppiogiochista, un sadico ed un assassino, che è entrato in modo indiretto ma certo, anche nell'omicidio di Sankara. Un sovrano che di giorno trattava con i movimenti panafricanisti e di notte tramava con gli stati occidentali di cui conosceva alla perfezione meccanismi e comportamenti: Muhammar Gheddafi.

Perché è stato ammazzato? Dai! Su! Non mi dire che credi anche tu alla favoletta che raccontano quelli del PD! Non mi dire che credi anche tu alla solita storiella che poi entra nei libri di storia, dei supereroi del bene della NATO, esportatori di democrazia nel mondo, che per garantire la pace e la tutela dei diritti umani, ovviamente senza secondi fini, aiutano gli insorti a rovesciare spietati dittatori, sostenendo le sollevazioni popolari assolutamente spontanee della “primavera araba”!

Ti vedo in difficoltà e ti aiuto. La tua Francia voleva azzerare la grande influenza italiana nel Maghreb, ottenendo quote maggiori della produzione di petrolio libico a danno del bel paese. Ma soprattutto, Muhammar Gheddafi andava eliminato perché progettava di rimpiazzare il franco CFA con una nuova valuta panafricana basata sul dinaro libico, sostenuta dalle abnormi riserve auree di Tripoli; progettava una Banca Africana ed un continente più forte, indipendente ed emancipato dall'Occidente, soppiantando la Francia come potenza dominante nell’Africa Francofona.

E così è stato fatto fuori da Sarkozy, davvero poco riconoscente dopo i massicci finanziamenti libici alla sua campagna elettorale del 2007, con l'aiuto incondizionato di Blair e l'appoggio della NATO. E di una titubante ma sempre fedele, obbediente, idiota Italia che ha fornito le sue basi militari. E l'Italia ovviamente, manco a dirlo, è l'unica nazione del patto atlantico che in tutta la storia ci ha rimesso alla grande. Non solo ha perso totalmente il controllo petrolifero del Nord Africa, ma il caos totale stile Iraq della Libia, conseguente all'uccisione di Gheddafi, tuttora in preda a bande, tribù e guerra civile alla tutti contro tutti, ha generato ondate migratorie senza precedenti verso le nostre coste. L'attacco degli “alleati” francesi, inglesi ed americani alla Libia è stato anche un attacco indiretto all'Italia stessa. E l'Italia lo sapeva benissimo. Siamo pazzi? No di certo: semplicemente siamo dentro al patto atlantico, che ci obbliga ad assecondare, sempre e comunque, i deliri guerrafondai dell'imperialismo.

Muhammar Gheddafi all'OUA del 2009 di Addis Abeba

Raggiunto dai ribelli, adeguatamente finanziati dall'Occidente, Gheddafi fu ferito alle gambe e catturato vivo. Dopo essere stato ripetutamente torturato e brutalizzato, forse anche stuprato, fu ucciso con un colpo di pistola alla testa. «We came, we saw, he died», dirà ridendo in modo diabolico Hillary Clinton, a quel tempo Segretario di Stato. Come se si potesse ridere della morte di qualcuno, anche fosse il più spietato dei dittatori. La morte merita sempre rispetto, di chiunque.

A proposito della Clinton: a certificare tutto quanto detto, ci sono proprio le numerosissime mail desecretate aventi la diabolica biondina a stelle e strisce come mittente o destinatario, pubblicate sul sito Wikileaks di Julian Assange, il quale dichiarerà: «La Libia è stata la guerra di Hillary Clinton». Allego la pagina pdf più importante.

Questo file, è la prova più lampante delle menzogne reiterate a cui siamo soggetti dalla propaganda del mainstream. Questo file dovrebbe scatenare una rivolta popolare, non tanto verso il vero potere, troppo forte, troppo in alto e protetto, ma nei confronti dei suoi servi più umili e fedeli: i pennivendoli di regime della stampa che non hanno detto una sola parola di tutto quanto avvenuto ed avviene nel mondo, ben fedeli a quell'elite transnazionale che domina le masse, che scatena guerre, che fabbrica prove, menzogne e pretesti per abbattere governi stranieri non allineati, che crea imperi del male, imperialisti e neocolonialisti, ben peggiori e spietati di quelli ottocenteschi.

I mali dell'Africa e loro soluzione

Bene. Se queste sono le regole del gioco, la domanda che nasce spontanea è: come può esserci sviluppo in Africa? Davvero ancora credete che le cause dei mali del continente nero vadano ricercate solo ed esclusivamente nel colonialismo? Sì certo, il passato coloniale africano, è stato un capitolo orribile, sanguinoso, di violenza e crudeltà inimmaginabile che può segnare psicologicamente un paese per decenni...

Basterebbe ricordare gli orrori del Belgio di re Leopoldo II nel Congo quando ai bambini venivano amputate le mani o i piedi perché loro o i loro genitori non raccoglievano la dose giornaliera minima di raccolto... molti venivano impiccati o lasciati morire abbandonati a se stessi... in Congo, ci fu la più grande e spietata carneficina mai compiuta dall'uomo nella storia, ben superiore rispetto allo stesso olocausto nazista.

Ma tutto questo è terminato 60 anni fa. La Germania nel '45 era rasa al suolo ed ora è nuova potenza mondiale e leader europeo, a causa soprattutto di una moneta a sua immagine e somiglianza.

I problemi attuali dell'Africa non sono quelli che ci raccontano e sono scritti sui libri delle scuole con la solita astuta opera di ribaltamento della realtà che scambia le vittime con i carnefici e le cause con le conseguenze. Non sono gli scarsi livelli di democrazia, la classe politica corrotta, la persistenza di conflitti e guerre, la mentalità da “barbari” che causano ritardi nell'implementazione dei PAS di FMI e BM, che secondo loro, tutto aggiusterebbero. Il problema dell'Africa non è il colonialismo passato, per l'appunto ormai... “passato” o la corruzione interna, come sento spesso dire. Benché questa rappresenti indubbiamente un fenomeno negativo ed assolutamente condannabile, non esiste il benché minimo legame tra corruzione pubblica e indicatori economici. Sono spiacente per i pochi sostenitori ancora rimasti di quei traditori del M5S, che hanno riempito le piazze al grido “onestà, onestà!” per poi allearsi col PD di Bibbiano, ma la partita non si gioca lì. La Nigeria è la prima economia del continente ed anche la più corrotta. La corruzione pubblica è insignificante rispetto a quella privata dei predoni occidentali e viene denunciata ai 4 venti solamente al fine di coprire la natura intrinsecamente corrotta delle privatizzazioni neoliberiste.

Basta dunque luoghi comuni e semplificazioni storico-analitiche improntate al solito buonismo di facciata finalizzato a nascondere le responsabilità occidentali. Il problema vero dell'attuale sottosviluppo africano è il fatto che l'indipendenza dei paesi, cominciata col Ghana nel 1957, è stata solo formale: i colonizzatori non sono mai andati via realmente dal continente ed altri, ancor più famelici, ne sono sopraggiunti. E con essi sono rimasti guerra, causata spesso da spartizioni territoriali arbitrarie a cazzo di cane fatte con cartina e squadra, governi fantoccio a tutela degli interessi stranieri e sfruttamento scellerato delle risorse. Paradossalmente la sfortuna dell'Africa è costituita proprio dalla sua enorme abbondanza di risorse: gli stati dove le materie prime sono più abbondanti infatti, sono guarda caso quelli più poveri e depredati, mentre al contrario, paesi poveri di risorse come l'Etiopia sono quelli dove la crescita è più sostenuta.

Oggi, i problemi veri dell'Africa che impediscono di fatto la sua emancipazione ideologica, culturale, economica e monetaria, si chiamano neocolonialismo ed autocolonialismo, assistenzialismo che non cambia mai lo stato di fatto delle cose, chiesa cattolica, aiuti alimentari ed umanitari, esportazioni indiscriminate, imposizione di modelli occidentali che non le appartengono, imperialismo e neoliberismo occidentale e sempre più cinese, attuato anche e soprattutto con la trappola del debito. E soprattutto libero mercato, che altro non è che una competizione assolutamente irregolare ed impari, una gara globale tra utilitarie scassate con poca benzina e Ferrari o Lamborghini dai motori rombanti. L'occidente e l'oriente cinese, col sostegno di sovrani fantoccio compiacenti, depredano l'Africa delle materie prime e poi le rivendono il prodotto finito, impedendo la nascita di industrie di trasformazione. In Africa si muore di fame, ma nonostante il continente sia in costante esplosione demografica, la “trappola malthusiana” è ben lontana e la sua agricoltura sarebbe comunque totalmente in grado di sfamare l'intera popolazione: il problema è che tutto il cibo e le derrate alimentari che si producono sono esportati a prezzo di saldo. Ogni bambino che muore di fame o di colera o di malattie nelle miniere di coltan, è un bambino assassinato dal capitalismo e dall'ideologia neoliberista basata su austerity ed esportazioni.

Esiste però una forma di neocolonialismo, alla quale Sankara a suo tempo si oppose fermamente, che è ancora più subdola, perché graduale, inconscia, inevitabile: il cosiddetto “autocolonialismo”. Tramite la propaganda occidentale, il paese africano poco a poco adotta volontariamente, senza alcuna costrizione e coercizione, modelli culturali di sviluppo, di vita, di economia delle elite dominanti che non le appartengono pensando che non ci sia alcuna alternativa possibile. Il famoso TINA tatcheriano: There is No Alternative.

A poco serve anche l'istruzione se nelle scuole della Franciafrica i bambini cominciano le lezioni in piedi cantando l'inno francese. I cervelli sono totalmente colonizzati, fin da piccoli. Possono arrivare anche alla laurea: saranno dottori, ma comunque rimarranno servi. Servi inconsapevoli.

I rampolli delle famiglie della classe politica africana, studiano in Europa o in America nelle università più blasonate e lì vengono formati e formattati, assimilando voracemente il culto della divinità neoliberista, riportandola poi nel loro paese. Ad Harvard, ad Oxford o Cambridge, Marx non si studia, statene certi.

Thomas Sankara, al suo popolo ripeteva sempre: «Per l’imperialismo è più importante dominarci culturalmente che militarmente. La dominazione culturale è più flessibile, la più efficace, la meno costosa. Il nostro compito consiste nel “decolonizzare” la nostra mente. In caso contrario, anche economicamente, saremo destinati a rimanere nella dipendenza e nella subalternità».

Bisogna ammettere poi che il risultato di 60 anni di cooperazione allo sviluppo e di aiuti umanitari è stato un fallimento totale, che ha solo peggiorato la situazione. Mi inchino di fronte ai missionari che hanno dedicato la loro vita al prossimo. E' una vita decisamente spesa bene, ma a mio avviso la strada non è quella giusta: occorre cambiare totalmente paradigma culturale, abbandonando logiche assistenzialiste, che come sosteneva Sankara, “immettono nelle menti riflessi da mendicante, da assistito”. I cavalli di battaglia della Chiesa cattolica in Africa sono sempre stati l'evangelizzazione di culture animiste, l'elemosina ai poveri, la soppressione nel popolo di ogni slancio rivoluzionario perché tanto ci sarà giustizia divina nell'aldilà, e la contemporanea costante protezione dei potenti del capitalismo, la cui abnorme ricchezza si fa sempre più slegata dalle attività produttive e dall'economia reale ed è sempre più frutto di mera speculazione finanziaria. Non che frequenti molto le chiese, alle quali anzi sono piuttosto allergico, ma non ho mai sentito da qualche pulpito, una sola parola contro l'ingiusto sistema che ha concentrato nelle mani di 8 persone la metà dell'intera ricchezza mondiale. Avete capito bene: 8 cazzo di persone che solo sputando potrebbero risolvere i problemi dell'intera Africa, senza modificare minimamente il loro stile di vita o dover rinunciare a comprare un altro yacht ogni anno, sempre ovviamente più grande e lussuoso del precedente. E non lo fanno.

Sembrerà un discorso crudele, ma occorre progressivamente, nel modo più indolore possibile, uscire dall'Africa. Basta con gli aiuti umanitari. Basta missionari. Basta Save the Children. Basta adozioni a distanza di bambini. Basta buonismo per mettere a tacere la nostra coscienza, nera come il carbone. Non è servito macroscopicamente e microscopicamente ad un cazzo di niente in questi anni. Come disse Sankara, l'unico aiuto che va accettato è l'aiuto finalizzato a non aver più bisogno di aiuto. Non dobbiamo aiutarli a casa nostra, né aiutarli a casa loro. Dobbiamo semplicemente, lasciarli in pace a casa loro. Farci una buona volta nella storia, i cazzacci nostri.

Il problema dell'Africa è oggi, soprattutto il debito. Dell'Africa come dell'Europa. Oggi il capitalismo non domina più soltanto mediante la contrapposizione padrone-operaio, l'estrazione di plusvalore dalla manodopera e l'iperproduzione di merci. Oggi domina principalmente attraverso la trappola del rimborso dei debiti e del loro immorale costo, ovvero gli interessi, che determinano crescita incontrollata degli stessi e schiavitù perpetua.

Il debito non è un problema tecnico economico, ma uno strumento di dominio attraverso il quale le elite impongono ai popoli del mondo condizioni che altrimenti sarebbero inaccettabili: è oggi lo strumento principale per esportare nel mondo la follia di Milton Friedman e della sua scuola di Chicago. Secondo Thomas, «Il debito nella sua forma attuale, controllata e dominata dall'imperialismo, è una riconquista dell'Africa sapientemente organizzata, in modo che la sua crescita e il suo sviluppo obbediscano a delle norme che ci sono completamente estranee».

I debiti non vanno pagati. Punto. E non c'entra nulla la morale o la dignità perché «tra il ricco e il povero non c'è la stessa morale. La Bibbia, il Corano, non possono servire nello stesso modo chi sfrutta il popolo e chi è sfruttato. C'è bisogno che ci siano due edizioni della Bibbia e due edizioni del Corano». Madonna Thomas, quando parli tu, mi vengono sempre i brividi...

I debiti e gli interessi relativi, costringono i paesi africani in un circolo vizioso infernale a base di austerity e riforme neoliberiste, le strategie più scellerate adottate ovunque dai demoni di Bretton Woods. L'Africa sull'austerity può scrivere un libro di testo, soprattutto negli anni '80 e '90 con i famosi PAS di BM e FMI, organismi economici internazionali che nonostante gli evidenti fallimenti ovunque sono intervenuti, continuano a godere di autorevolezza ed affidabilità internazionale mentre dovrebbero esser dichiarati fuorilegge.

Incredibilmente, i paesi che stanno peggio, contrariamente alla tipica narrazione europeista del mainstream, sono quelli dove, a seguito di politiche di consolidamento fiscale rigorose, i debiti pubblici sono i più bassi del mondo. La Nigeria addirittura vanta un 15%: su tale cifra la Merkel avrebbe un orgasmo multiplo... Il Burkina Faso, uno dei paesi più poveri del mondo, sta intorno al 20%. Incredibile no? In base a quello che ci dicono i mass media in Europa, questi paesi dovrebbero esser ricchissimi, al contrario di stati occidentali come Giappone, Italia, Canada, USA, dove i debiti invece sono fuori controllo. E guarda caso esiste anche una correlazione diretta tra riduzione del debito nazionale, guerre ed aumento dei flussi migratori verso l'Europa, l'Italia in particolare.

Da questa povertà diffusa, inevitabilmente hanno origine le ondate migratorie verso l'Europa dei giovani africani. Gli stessi “filantropi” multimiliardari imperialisti alla Soros che causano guerre, disuguaglianze e povertà nel mondo, poi finanziano ONG, stranamente spesso tedesche, per favorire l'immigrazione clandestina irregolare, che altro non è che una tratta degli schiavi 2.0 finalizzata alla creazione di eserciti industriali di riserva di marxiana memoria, ovvero manodopera da sfruttare senza pietà a costo bassissimo. 150 anni fa i coloni europei andavano con le navi a prendere gli schiavi per portarli in patria. Oggi vengono direttamente loro, spontaneamente, con le carrette del mare. Pure a spese loro. Strano davvero che queste ONG che lottano così sfegatatamente per l'accoglienza indiscriminata a prescindere, per l'assurdo concetto tutto neoliberista del “No borders”, non dicano nulla invece e non lottino minimamente contro gli imperialismi e le vere cause che originano le migrazioni di massa, sostenendo spesso gli stessi governi di sinistra europeisti che seminano morte e guerra in Africa.

Un capolavoro davvero assoluto del capitalismo. Pensiamoci bene: in un colpo solo, il grande potere sfrutta indiscriminatamente le risorse naturali del continente nero, genera guerra e povertà diffusa le quali creano immigrazione irregolare che priva gli stati africani della vera forza rivoluzionaria che potrebbe e dovrebbe lottare in patria per cambiare le cose, ostacolando i loro piani. E così si assicura anche nel proprio paese, manodopera a basso costo. Non basta, perché questi diavoli si mettono ben al sicuro allontanando il pericolo ed il loro nemico, ovvero le masse, spostando il conflitto su un piano orizzontale anziché verticale: i penultimi, ovvero i lavoratori autoctoni, prendono a competere con gli ultimi, gli africani, creando ulteriore deflazione salariale, oltre ad una guerra tra poveri che “orizzontalizza” il conflitto di classe: la classe operaia italiana se la prende con i disperati senegalesi, tunisini o nigeriani che sbarcano a Lampedusa accusandoli di esser i responsabili di tutti i loro mali. Senza capire invece che tutti insieme dovrebbero coalizzarsi per rovesciare i primi che stanno in alto e si sfregano le mani.

Sì, indubbiamente un capolavoro assoluto. Hanno pensato a tutto. E' un sistema perfetto nella sua incredibile “marxiana imperfezione” perché basato sul controllo assoluto dei mass media e del dissenso, delle università, della classe politica, dei controllati e dei controllori. E della psiche del popolo stesso, totalmente all'oscuro dei meccanismi che regolano il gioco, rincoglionito e distratto dalla propaganda, dalla pubblicità, da falsi desideri indotti e da dispositivi elettronici.

E' oramai improcrastinabile un totale cambio del paradigma economico che in Africa ha soffocato ogni tentativo di riscatto dal passato coloniale e possibilità di sviluppo futuro. In Africa, ma anche in Europa perché tutto l'Occidente ormai si sta terzomondizzando: del resto, come disse Sankara, «le masse popolari in Europa non sono contro le masse popolari in Africa. Ma quelli che vogliono sfruttare l'Africa sono gli stessi che sfruttano l'Europa. Abbiamo un nemico comune».

Il neoliberismo ha clamorosamente fallito. Dovunque. Ergo, occorre perseguire il modello opposto: protezionismo, politiche che sfavoriscono esportazioni di materie prime, dazi pesanti, mercato non libero ma locale, statalizzazione dell'economia, identità culturale, tutela delle tradizioni, sovranità alimentare, energetica e monetaria; tutela estrema della natura perché come disse il comandante, la lotta per l'ambiente è una lotta contro l'imperialismo; disarmo totale, razionalizzazione dei consumi e più equa distribuzione della ricchezza, spesa pubblica in sanità ed istruzione, cooperazione e solidarietà tra nazioni sovrane ed indipendenti anziché competizione economica sfrenata tra grossi blocchi imperialisti governati da elite transnazionali (UE, lo specifico agli europeisti sfegatati che ancora non l'hanno capito). Un'economia basata in sostanza non sul PIL, ma sulla felicità dell'essere umano, come ipotizzava Thomas Sankara. Lui aveva capito proprio tutto dei mali dell'Africa, dei quali il suo paese era la quintessenza, e lottava per rovesciare quel sistema che definiva «strutturalmente ingiusto e congiunturalmente in crisi». Francois Mitterand e Ronald Reagan con altri mercenari, l'hanno ammazzato per questo. Ma nuovi Sankara nasceranno. Perché “possono uccidere le persone, ma mai le idee”.

Oggi, come non mai, novembre 2021, proprio nei giorni in cui, dopo ben 34 anni, si svolge il processo agli assassini della felicità, proprio nei giorni in cui l'Europa è scossa da manifestazioni di piazza anche violente, in un clima da guerra civile ed odio reciproco causato da una vergognosa dittatura eurosanitaria vax delirante senza precedenti, protetta e fomentata dalla fabbrica del falso della peggiore stampa di regime, l'invito del presidente della felicità Thomas Sankara deve esser stampato nelle mente e nel cuore dei popoli di tutto il mondo:

«Lo schiavo che non organizza la propria ribellione non merita compassione per la sua sorte. Questo schiavo è responsabile della sua sfortuna se nutre qualche illusione quando il padrone gli promette libertà. La libertà può essere conquistata solo con la lotta».

Patria o morte. Noi vinceremo!