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La grande mela

Io e Gaby ci siamo conosciuti a Roma. Dopo la laurea in fisica vinsi un concorso al CNR e lavoravo in zona Rebibbia e Tor Vergata occupandomi di materiali semiconduttori organici alternativi a basso costo come il pentacene per applicazioni nella microelettronica, nella sensoristica e nel fotovoltaico. Gaby invece, terminati gli studi in Messico di psicologia, era impegnata in due master universitari e nel tempo libero lavorava, o meglio faceva la schiava nei call center di Fastweb per 4 soldi...

Poi la chiamata tanto desiderata, per il lavoro dei sogni tanto atteso. Gaby sta benissimo a Roma ma deve partire perché i treni nella vita passano una volta sola. Un bacio, una lacrima e via. Gli prometto che andrò a trovarla prima possibile.

Io e Gaby ci incontriamo nel 2007 a New York per un weekend lungo, io venendo da Roma, lei da Città del Messico

Ci vediamo a New York nel 2007, un biglietto economico fuori stagione e ci incontriamo a metà strada. E' fine gennaio e la grande mela è davvero ma davvero gelida, costantemente sotto zero. Gaby è ultrafreddolosa e sembra davvero l'omino della Michelin, imbottita all'inverosimile... e così occorre rassegnarsi e metter in conto circa mezza giornata per la svestizione prima di potersi abbandonare alla passione e dedicarsi alle dolci ed amorevoli pratiche.

Il nostro alberghetto fatiscente da 4 soldi, il New York Inn, è molto vicino all'Empire State Building, edificio icona e simbolo di New York col suo tipico stile austero in art decò, fino al 1973 il più alto del mondo con i suoi 443 metri verticali. Assolutamente obbligatorio salire fino all'osservatorio al 102° piano, dove la vista su Manhattan è sbalorditiva; sopra di te l'edificio continua, stagliandosi nel cielo con un'altra sessantina di metri di un pennone, una lunga asta metallica che ondeggia paurosamente, dove vengono posizionate antenne, ripetitori radiotelevisivi, illuminazione notturna ed un grande parafulmine che in media durante l'anno viene colpito dalle scariche elettriche quasi 2 volte al giorno.

L'Empire state Building

Fa davvero freddo a New York, anche -10° e così ci alterniamo tra zuppe calde nei tanti localini di fast food, effusioni amorose per scaldarsi un po', la visita ai musei più belli, come quello di storia naturale e spettacoli teatrali di Broadway. Saremmo andati anche al Madison Square Garden a vedere l'incredibile match di basket New York Knicks – Los Angeles Lakers ma acquisteremo biglietti da un bagarino che poi si riveleranno falsi, precludendoci l'accesso alla struttura e costringendomi ad un lungo inseguimento per mezza Manhattan al furbacchione... inseguimento che si concluderà in un parcheggio, dove capirò immediatamente che forse, era meglio tornare dalla mia amata, in ansia per ciò che stava accadendo: il tizio caccerà un coltello e mi farà capire in modo molto convincente che dovevo desistere da ogni tentativo di riavere indietro i miei soldi. Consiglio assolutamente accettato. 200 dollari buttati nel cesso. Le stelle dell'NBA le vedrò in un'altra vita.

Scheletro di T-Rex al museo di storia naturale di New York

Qui a New York, Cupido a parte, i pensieri fissi per me sono due: il museo di arte moderna, il MoMA, ad ammirare molti dei miei artisti preferiti come Van Gogh, Picasso, De Chirico e Dalì ed il Word Trade Center, o perlomeno quello che ne è rimasto, Ground Zero.

Tanti anni fa io le torri gemelle le ho viste in piedi, le ho toccate, ci sono entrato e sono salito. I due enormi parallelepipedi di 110 piani, con una base quadrata di 64 metri di lato ed oltre 415 metri d'altezza, antenna esclusa, svettavano su New York, monopolizzando insieme all'Empire State Buiding, la Skyline dell'isola. Situate proprio nel cuore del Financial District di Wall Street, a Lower Manhattan, erano il centro del potere economico finanziario degli Stati Uniti, il simbolo del capitalismo americano e del suo predominio sul mondo.

11 settembre 2001, la data che ha cambiato la storia

La prima volta negli States è stata nei lontani anni 90. Avevo 13 anni... i miei genitori decisero di andare a Gringolandia, un viaggio organizzato, l'unico della mia vita. Prima di allora, non ero mai stato fuori dall'Europa. Ricordo che tutto mi sembrava immenso, decisamente spropositato e sproporzionato: autostrade larghissime, macchinoni irragionevolmente grandi che sembravano camion, palazzi giganteschi, enormi razzi spaziali a Cape Canaveral in Florida, negozi infiniti dove camminavi ore e ti perdevi... porzioni di cibo immangiabili e super abbondanti che puntualmente si buttavano e bicchieroni di Coca Cola da 1 litro... Mi sentivo piccolo piccolo, un moscerino. E quella smania di spreco e consumismo eccessivo non mi piaceva. Non mi piaceva quella sensazione di piccolezza di fronte alla bruttura del cemento, dell'acciaio e del vetro. Preferivo decisamente le vacanze che normalmente facevamo in Trentino dove mi sentivo sempre piccolo piccolo, ma di fronte all'immensità di madre natura, sensazione questa, invece, che ho sempre adorato; preferivo di gran lunga sfiancarmi sui sentieri in quota ammirando panorami mozzafiato piuttosto che camminare ore in città totalmente prive di interesse storico, artistico e culturale, respirando smog e mangiando di merda. Anche se la curiosità di visitare posti nuovi in me è stata sempre fortissima. Anche se in nessun altro luogo come a New York, mi sono sentito al centro del mondo.

Le torri gemelle del Word Trade Center prima degli attentati dell'11 settembre 2001

Un'immagine, un flash di quella vacanza negli USA, la ho proprio indelebile. Ero proprio all'ingresso delle torri gemelle al Word Trade Center di New York. E guardavo all'insù. Ero sotto di loro, toccavo le loro fredde pareti ed alzando lo sguardo al cielo vedevo un enorme muro di vetro ed acciaio senza fine con la sommità avvolta dalle nuvole che si muovevano creandomi perdita d'equilibrio e disfunzioni sensoriali. Avevo l'impressione che la cima delle torri si muovesse e stesse per crollare da un momento all'altro... sono anche riuscito a ritrovare la foto scattata con la macchina Kodak analogica di quel tempo ed a scansionarla.

La prima volta a New York a 13 anni... foto analogica al cielo, proprio sotto le torri gemelle del WTC

Lascio Gaby con una coppia di amici newyorkesi in zona Central Park; li raggiungerò più tardi per un aperitivo serale al TAO downdown, un ristorante pazzesco piuttosto esclusivo con atmosfera asiatica e Buddah giganti che sembra di stare a Bangkok. Prendo la metropolitana e mi fiondo a Ground Zero.

Brividi. Sono al centro del mondo. Sono nel luogo dove è cambiato per sempre il corso della storia. Le torri che ammiravo sbalordito da piccolo non ci sono più, sostituite da un'immensa area vuota circondata da grattacieli altissimi. Chiudo gli occhi. Un respiro profondo. Mi ritornano in mente quelle le terribili scene, le torri fumanti ma ancora in piedi, le persone che volano giù, avendo scelto di vivere due minuti in più in caduta libera sfracellandosi al suolo piuttosto che una morte certa istantanea bruciati dalle fiamme ed asfissiati dal fumo... e poi quei secondi terribili, quando le torri si sbriciolano come un castello di sabbia al sole, portandosi dietro centinaia di vite innocenti. Inimmaginabile. Solo se sei stato lì sotto ed hai visto quanto erano grossi, larghi ed alti i due edifici gemelli, puoi capire l'enormità di quanto successo: sono tanti 110 piani e 417 metri d'altezza.

Sento ambulanze e sirene sullo sfondo. A New York è una costante. Ma sentirle qui a Ground Zero fa un certo effetto perché la mente inevitabilmente va all'11 settembre. Le ambulanze quel giorno correvano all'impazzata ovunque, ma inutilmente perché tutti erano morti all'istante o stavano morendo senza possibilità alcuna di sopravvivenza. I vigili del fuoco, più o meno consapevolmente, andavano incontro ad un destino orribile... molti di quelli inquadrati dalle telecamere che entravano negli edifici, non ne sarebbero più usciti... oltre 90 mezzi dei pompieri che stazionavano sotto le torri, finirono schiacciati, sepolti da decine e decine di metri di macerie. Il bilancio finale dei soccorritori morti in quel giorno, sarà di 71 membri delle forze dell'ordine e ben 373 vigili del fuoco, 343 dei quali appartenenti al New York City Fire Department (FDNY), ma almeno altrettanti ne moriranno negli anni successivi a causa delle malattie causate dall'intensa esposizione all'aria irrespirabile di Manhattan, ai fumi tossici ed alle polveri sottili che contenevano di tutto, cemento e vetro, metalli pesanti, particelle plastiche e molto amianto, idrocarburi policiclici aromatici, benzene e diossine.

Vicino a dove sorgevano le torri, in corrispondenza di una vecchia caserma dei pompieri che ha avuto un ruolo fondamentale nelle operazioni di salvataggio, è presente un muro con un'enorme lastra di bronzo attaccata alla parete esterna. L'opera, circa 17 metri di lunghezza per 2 di altezza, raffigura le tragiche immagini di quel giorno e le eroiche gesta dei firefighters newyorkesi. Ai piedi del bassorilievo c'è un elenco con i nomi dei 343 pompieri che quel giorno persero la vita. Ed una scritta: “Dedicated to those who fell and those who carry on. May we never forget”.

Targa commemorativa all'ingresso della caserma dei vigili del fuoco di New York

Che giorno l'11 settembre 2001... gli USA sono attaccati sul loro suolo, come a Pearl Harbor. Stavolta però non in un porto alle Hawaii ma nelle 2 città più rappresentative: New York e Washington, proprio al World Trade Center ed al Pentagono, simboli rispettivamente del potere economico finanziario e del potere militare imperialista; il simbolo del potere politico sarà risparmiato solo per l'eroica ribellione dei passeggeri del volo UA93 che faranno schiantare l'aereo in un campo della Pennsylvania anziché sulla Casa Bianca. Quattro aerei impazziti squarciarono il cuore dell'Occidente, portandosi dietro le vite di quasi tremila persone ed attimi eterni che ricorderemo a vita: dalle ore 8 e 46 di mattina quando l'aereo AA11 colpisce la torre nord, alle ore 10.30 del mattino quando la stessa torre nord segue il destino inesorabile della sud sbriciolandosi sotto gli occhi inorriditi del mondo intero. Alle 17.20 del pomeriggio crollerà anche il più piccolo WTC7.

Gennaio 2007, sono di nuovo qui, di fronte all'enorme cratere di Ground Zero, sei anni dopo la data che ha cambiato per sempre la storia dell'umanità. Il cantiere è molto profondo rispetto al piano stradale, davvero impressionante, mai visto una cosa simile. Tanti operai, gru e ruspe a lavoro per lo scavo della nuova Freedom Tower, un via vai incessante di camion. Tanto rumore. Mi dicono che dove c'erano le fondazioni delle torri, costruiranno due grosse fontane che fungeranno da memorial ed il nuovo grattacielo sorgerà in posizione defilata. Molta gente è ferma ad osservare tremando di freddo. Tutt'intorno il solito via vai frenetico di persone, che quasi si urtano senza neppure guardarsi negli occhi. Tutti impazziti, tutti di corsa, ognuno “assorto nei suoi guai”.

Il cantiere di Ground Zero a gennaio 2007

Ripenso a quel giorno, a dove ero, con chi ero, cosa facevo. Chiunque di noi ricorda esattamente e nitidamente dov'era e cosa stava facendo quel giorno durante l'attacco terrorista.

Io stavo studiando a San Benedetto, ancora non ero tornato al mio appartamentino universitario perché le lezioni non erano cominciate. Ma esattamente la mattina del 12 settembre 2001 avevo l'esame di Metodi matematici della fisica, propedeutico per quello di Meccanica quantistica. Stavo ripassando gli ultimi concetti, rifacendo le ultime dimostrazioni... ero assai tranquillo. In matematica sono sempre andato fortissimo, tutte le matematiche del mio corso di laurea in fisica hanno 30 e lode. E questo non fu da meno.

La notte prima dell'esame però la feci in bianco, incollato davanti alla televisione, vedendo con orrore quello che stava accadendo. Ebbi la netta percezione che la storia stava cambiando per sempre e che il mondo stava assistendo ad un qualcosa di epocale che sarebbe entrato nei libri di storia. Da quel momento in poi, nulla più sarebbe stato come prima. Un susseguirsi di notizie confuse, ripetutamente smentite ed aggiornate. Internet non esisteva, l'unico modo per informarsi era la televisione, che però ripeteva le stesse cose. Ma in un crescendo di orrore... un aereo, no una bomba... un altro aereo... cazzo, in diretta televisiva! Incredibile! Mentre la TV riprende la torre sud a fuoco, colpita dal volo AA11, pochi minuti dopo, tutte le televisioni del mondo inquadrano l'aereo UA175 entrare nell'edificio adiacente... e poi un altro aereo sul Pentagono, forse sulla Casa Bianca... L'Air Force One, scortato da caccia, si alza in volo per mettere in sicurezza il presidente Bush... mio dio che sta succedendo... l'Apocalisse è arrivato! Ma ancora non avevamo visto nulla: crolla il WTC1... crolla anche l'altra torre! La stampa parla di decine di migliaia di morti... una strage... ma le notizie sono confuse. Il WTC a quell'ora era pieno! Potrebbero esserci stati 20.000 morti...

La notte non chiusi occhio. Forse un paio d'ore di sonno, non di più... mi alzai prestissimo per andare a L'Aquila, totalmente sconvolto dalle immagini viste. L'esame si svolse in un clima surreale. Io ed il prof. eravamo soli in un'aula, ero l'unico a dover sostenere l'esame: d'altronde al terzo anno in fisica, a L'Aquila, un corso di studi particolarmente impegnativo e selettivo, eravamo rimasti 4 gatti. Parlavamo di numeri complessi, metodi simbolici, operatori ermitiani, teoremi spettrali ed equazioni differenziali, in un clima surreale. In un clima spettrale, come il teorema. Prima dell'esame il professore mi disse: «Capisco il momento, vorremmo entrambi esser da un'altra parte, a leggere il giornale e davanti al televisore. In quest'ora però, isoliamoci dal mondo. Esistiamo solo noi 2 e la matematica.» L'esame fu molto lungo, credo più di un'ora e mezza. Lui, abbastanza sbalordito continuava a farmi domande e chiedere dimostrazioni anche lunghe, di tutto il programma. Il professore si complimentò con me dicendo che mai aveva assistito nella sua carriera ad un orale di quel livello. Mi disse di contattarlo assolutamente dopo la laurea, o per la tesi, che avremmo fatto qualcosa insieme. Ma io avevo già deciso che sarei stato un fisico nucleare sperimentale, non un matematico puro e non lo contattai più.

I giornali La Stampa ed il Messaggero da me acquistati il 12 Settembre 2001

Mi fiondai immediatamente nell'edicola adiacente alla facoltà di scienze, ma i giornali erano andati tutti a ruba. Girai mezza città per trovare qualcosa. Comprai praticamente gli ultimi tre giornali rimasti a L'Aquila in centro, sotto i portici: Il Messaggero, Il Corriere e La Stampa. Saranno gli unici ed ultimi giornali che acquisterò nella mia vita; Caltagirone ed Elkann d'altronde non hanno sicuramente bisogno dei miei soldi per campare. Li ho conservati come una reliquia fino ad oggi. Li ho fotografati ed inseriti in fotogallery.

La mia verità sull'11 settembre 2001

Non si finirà mai di parlare del 11/09/01, esisteranno sempre teorie a riguardo e sempre di nuove ne nasceranno, dalle più verosimili a quelle più strampalate. Sono stati scritti decine di libri, esistono milioni di siti web che parlano di teorie del complotto. Anzi, direi che l'attentato delle torri gemelle è il padre di tutti i complotti. Molte cose apparentemente non tornano, come l'AA77 dell'American Airlines sul Pentagono che lascia solo un buco abbastanza più piccolo delle dimensioni dell'aereo stesso, la capacità di piloti dall'addestramento limitato di far schiantare giganteschi boeing volando a bassa quota su obiettivi così mirati con manovre che manco i piloti di caccia più preparati, edifici come il WTC7 che crollano in caduta libera come nel caso di demolizione controllata, caccia che non si alzano in volo per intercettare ed abbattere i dirottatori, intelligence americana che fallisce clamorosamente nonostante i tanti segnali precedenti...

Lo squarcio sul Pentagono provocato dallo schianto del volo American Airlines AA77

Avere dubbi sulla narrazione ufficiale credo sia assolutamente lecito visto il livello e la qualità dell'informazione mainstream, sempre faziosa e menzognera, sempre di parte, sempre al servizio del potere. Il che badate bene, non significa assolutamente credere che le torri siano state imbottite di esplosivo, i video televisivi falsificati, le persone degli aerei uccise brutalmente, un missile sia stato inviato nel Pentagono... significa semplicemente farsi legittime domande e non credere a priori agli asini che volano, in un senso e nell'altro. Tutte le teorie alternative sull'11 settembre sembra siano state smentite in modo credibile e scientificamente rigoroso, come ad esempio nel file allegato “11/9, la cospirazione impossibile", una raccolta di saggi curata dal segretario nazionale del CICAP Polidoro, un'articolata analisi delle fonti ed interviste ad esperti di settore la quale giunge alla conclusione che le tesi "complottiste", sono sì estremamente affascinanti, ma non reggono all'analisi oggettiva dei fatti. La cospirazione secondo il CICAP è impossibile ed assolutamente inconsistente tanto a livello logico quanto a livello tecnico. E' un file piuttosto lungo, ma credo rappresenti il meglio, anche se probabilmente di parte, se si vuole approfondire la questione, oltretutto in italiano. I sostenitori delle teorie alternative hanno comunque sempre accusato gli autori di non aver affatto risposto alle domande cruciali; secondo loro i dubbi rimangono tutti, anzi, più forti di prima.

A suo tempo ricordo che cercai di indagare per capire meglio i tragici avvenimenti del 2001, rendendomi conto però, ben presto, che avrei potuto dedicarci una vita intera senza giungere a nessun risultato. Dunque minimamente mi sogno di entrare nella discussione e proporre la mia verità assoluta come fanno già decine di libri. Però delle domande me le faccio eccome. Due in particolare.

Domanda N.1: è becero complottismo pensare che l'opinione pubblica sia manipolata attraverso agenzie di comunicazione al soldo del governo USA che costruiscono falsa informazione dal nulla utilizzando tecniche ben rodate e studiate? Assolutamente no. Tutta la storia, dalla seconda guerra mondiale in poi, ci dice che la refrattarietà crescente dell'opinione pubblica a legittimare interventi militari imperialisti e guerrafondai, è stata superata mediante una previa accuratissima campagna di disinformazione guidata dal potere politico ed attuata grazie ai mass media mondiali del mainstream. Tutti, nessuno escluso. Repubblica di Scalfari ovviamente in testa a guidare, in Italia, la fabbrica del falso. E più il popolo è refrattario alla guerra, più l'aggressione è clamorosa, ingiustificabile e di vasta entità, più la menzogna che sciocca l'opinione pubblica deve esser grande. Brutalmente e banalmente, essa viene costruita attorno ad un tavolo da professionisti della comunicazione e della manipolazione dei cervelli, dagli stregoni della notizia di agenzie come la Rendon Group o la Hill & Knowlton, coperte d'oro dal governo americano.

Ricordate ad esempio, la prima guerra del golfo? Ricordate la notizia dei soldati iracheni che facevano irruzione nell'ospedale di Kuwait City e rimuovevano dalle incubatrici oltre 300 neonati per lasciarli morire sul pavimento freddo? Orrore... Con questa notizia, sbandierata da Bush, ripetuta ad ogni telegiornale, posta in prima pagina su ogni quotidiano del mondo per settimane, avallata dalla stampa più autorevole, Repubblica di Scalfari ovviamente sempre in testa, e dalle organizzazioni di tutto il mondo come Save The Children o Amnesty International, gli Stati Uniti convinsero il mondo intero che Saddam Hussein era il nuovo Hitler e che la guerra contro di lui era la nuova guerra santa, giusta, da combattere. Corollario, chiunque si opponeva a tale guerra era un fedele seguace di Hitler, dunque un nazista, uno che acconsentiva alla barbara uccisione di bambini... Hitler, fateci caso, è il nome ricorrente attribuito ad ogni sovrano dittatore che si vuole destituire, da Saddam a Gheddafi, da Milosevic ad Assad, da Chavez a Castro, perché evoca nel popolo le immagini mostruose dei campi di sterminio e della shoah. Manco a dirlo, la storia dei 312 bambini kuwaitiani era un falso clamoroso. Ovviamente la notizia uscì ma solamente a guerra finita e rigorosamente in cinquecentesima pagina nei giornali e nei titoli di coda di un tg mandato in onda alle due di notte. La stessa Amnesty International fece marcia indietro e smentì la bufala. Ma poco importava perché la guerra era conclusa e gli spin doctor che fabbricano l'informazione mondiale sanno bene che quello che conta è la prima notizia urlata sui tg e spiattellata sulle prime pagine dei giornali a caratteri cubitali mentre la smentita, a bassa voce alle due di notte ed in duecentesima pagina, non se la caga nessuno. I crimini contro i bambini, essendo particolarmente inaccettabili nell'opinione pubblica, saranno una costante nella fabbrica del falso degli anni a venire, dalla guerra in Jugoslavia, alla Libia, alla Siria.

Restando sempre alla prima guerra del golfo, qual è poi l'immagine che avete impressa nella memoria? Risposta scontata: il cormorano nero coperto di petrolio, che affogava perché Saddam aveva fatto saltare in aria i pozzi di greggio. Questa immagine ha riempito i giornali per mesi. Ma a provocare la catastrofe ecologica era stato Saddam? Ve lo siete mai chiesti? E vi siete mai chiesti se esistono cormorani neri in quella parte del mondo in quella stagione? La risposta è no ad entrambe le domande: il cormorano nero era un falso, clamorosamente evidente a chiunque utilizzasse un minimo di cervello. L'agenzia di comunicazione pagata dal governo USA per orientare le masse aveva lavorato molto bene, colpendo la psiche della gente con immagini farlocche di neonati ed animali indifesi barbaramente uccisi: l'indignazione, la rabbia, l'odio per Saddam, poco a poco, nel popolo americano salgono e travolgono le ultime sacche di resistenza alla guerra.

Domanda N.2, qui saliamo di livello, dunque tenetevi forte. E' fantapolitica pensare che il governo USA possa organizzare autoattentati sul suo suolo per scioccare il popolo e raggiungere un dato scopo? Risposta: assolutamente no, perché in passato è successo diverse volte. Un caso certo ed assolutamente dimostrabile, in quanto tutti gli atti di quanto avvenuto sono pubblici, riguarda Cuba ai tempi della guerra fredda. Negli anni 60, soltanto pochi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, l'opinione pubblica ancora sotto choc per le bombe atomiche sganciate sul Giappone, doveva esser convinta dell'invasione del paese caraibico per rovesciare il “pericoloso regime comunista” dell'orribile mostro dittatore Fidel Castro, ad un tiro di schioppo da Miami. Con l'operazione Northwoods che aveva l'approvazione scritta di tutti i membri degli Stati Maggiori Riuniti degli USA, per giustificare il bombardamento e l'occupazione militare di Cuba, si pianificarono con grande rigore, lucida follia ed incredibile perversione, le peggiori nefandezze sul suolo americano al fine di far crescere volutamente la tensione tra le due nazioni confinanti e di screditare il governo cubano a livello internazionale facendolo apparire “rozzo e irresponsabile, un’inquietante e imprevedibile minaccia per la pace del mondo occidentale”. Furono pianificati uccisioni di civili innocenti a caso per le strade d'America, affondamento con bombe di navi militari americane nella baia di Guantanamo ed attentati con esplosivi sulla base, affondamento di navi cariche di rifugiati cubani (vere o preparate ad hoc), dirottamento di aerei da sostituire con falsi droni in volo, abbattimento di aerei civili... organizzazione di funerali falsi, creazione di false battaglie aeree in cielo, organizzazione di attentati contro rifugiati cubani negli Stati Uniti con feriti a cui dare ampia pubblicità... ed altro ancora.

Si legga il punto 6 ad esempio: “L'uso di caccia MIG di produzione sovietica pilotati da aviatori americani potrebbe fornire ulteriori provocazioni. Il disturbo dell'aeronautica civile, l'attacco a navi militari di superficie e la distruzione di un aereo telecomandato americano sarebbe utile come azione complementare. Un F-86 adeguatamente riverniciato potrebbe convincere i passeggeri di aver visto un MIG, specialmente se ad annunciarlo fosse il pilota stesso. L'inconveniente principale di questa ipotesi è il rischio implicito nel reperimento o nella modifica dell'aereo. In ogni caso, copie credibili di MIG russi e cubani possono essere realizzate negli Stati Uniti in tre mesi.”

Oppure anche il punto 8: “E’ possibile creare un incidente che dimostrerà in modo convincente che un aereo cubano ha attaccato e colpito un aereo di linea civile in rotta dagli Stati Uniti alla Giamaica, al Guatemala, a Panama, al Venezuela, che comporti l’attraversamento dello spazio aereo cubano. I passeggeri potrebbero essere un gruppo di studenti in vacanza, oppure un qualsiasi gruppo di persone che hanno un interesse comune...”.

I punti 8.a ed 8.b sono ancora più sconvolgenti soprattutto se li si mette in relazione a quanto avvenuto l'11 settembre. Vi invito a leggerli, ma tenetevi forte.

Ovviamente i colpevoli di tutte queste nefandezze, di questi crimini contro l'umanità, sarebbero stati agli occhi del mondo, inconsapevolmente sotto choc, i cattivoni terroristi cubani agli ordini di Fidel Castro, i quali sarebbero stati incastrati e successivamente condannati a morte dopo un processo giusto e regolare. Il bene trionfa sempre, la storia ha il lieto fine. Le truppe del bene statunitensi invadono lo stato del male dittatoriale abitato da primitivi terroristi comunisti da civilizzare e riportare sulla retta via. Hitler è nuovamente sconfitto.

Tutto questo è accaduto davvero signori: i documenti del piano, sopra allegati, perlomeno finché non censureranno tale blog, furono pubblicati nel 1998 dal National Security Archive e costituiscono la prova più incredibile di quello che il governo degli Stati Uniti d'America può arrivare a concepire per orientare l'opinione pubblica e perseguire i suoi criminali interessi imperialisti. L'operazione Northwoods non andò in porto solamente per opposizione finale del presidente J.F. Kennedy, che rigettò con sdegno il piano ed allontanò il Generale Lyman Lemnitzer intimandogli di non occuparsi più delle vicende cubane. Il presidente più donnaiolo e pacifista della storia degli USA, guarda caso, poco dopo si beccò una pallottola in testa: Kennedy voleva porre fine alla guerra fredda, voleva dialogare con i comunisti russi e cubani, senza fargli la guerra, voleva uscire dalle paludi del sud-est asiatico e lavorare per il disarmo nucleare del mondo. Povero illuso.

Con tutto ciò che voglio dire: essenzialmente che la fabbrica del falso finalizzata ad orientare l'opinione pubblica è una prassi assolutamente comune e normalissima per la Casa Bianca e che vicende passate come l'operazione Northwoods provano in modo certo e non complottista, che i vertici militari USA hanno sempre pensato ad attacchi terroristici choc sulla popolazione per giustificare i loro fini imperialisti, in particolare utilizzando aerei.

Ovviamente che gli USA siano stati capaci di concepire tali atrocità e nefandezze, non dimostra né prova assolutamente che il governo di George Bush abbia organizzato l'autoattacco alle torri ed al pentagono come molti credono. Ho parlato delle menzogne del mainstream e dell'operazione Northwoods non perché intendo utilizzarle per dimostrare tesi complottiste sull'11/09 ma solo per far capire che la mano sul fuoco, in questo mondo non la si può mettere davvero su nulla e che il governo USA è stato, è, e sempre sarà, capace delle peggiori nefandezze.

Vado alla conclusione del mio ragionamento, ripeto, senza la minima pretesa di correttezza e vicinanza alla realtà. Oggi penso che la verità sull'11/09 stia nel mezzo: l'attacco è probabilmente avvenuto come è stato descritto nella narrazione ufficiale dei fatti, ad opera di Al Qaeda di Bin Laden, ma probabilmente ampi pezzi del governo americano, magari anche solo dei servizi segreti deviati, erano a conoscenza di esso ed hanno girato la faccia dall'altra parte, consci che avrebbero avuto uno strumento unico ed incredibile per dichiarare guerra globale a tutto il medio oriente con una totale ed incondizionata legittimazione popolare. Un'opportunità davvero unica. E difatti, la percentuale di consenso della politica di vendetta di Bush, salì le settimane dopo l'attacco ad oltre l'85%.

Conseguenze dell'11 settembre

Quello che accadde dopo è ben noto. O forse no: perché pochi conoscono il numero totale di civili morti, vittime innocenti della loro conseguente furia assassina, pochi conoscono le vicende di Falluja. Gli USA sull'onda dell'emotività, ebbero lasciapassare generale dalla comunità internazionale per una prima vendetta cieca ed irrazionale a caldo sull'Afghanistan, nonostante quasi tutti i 19 attentatori provenissero dall'Arabia Saudita, Egitto e Libano, dunque paesi alleati e non nemici, nonostante Al Qaeda di Osama Bin Laden, responsabile degli attacchi avesse sicuramente legami di connivenza col governo talebano afgano, ma non era il governo afgano. Per la prima ed unica volta nella sua storia, la NATO utilizzò l'art. 5 del trattato di Washington del 1949 che sancisce l'obbligo per tutti i paesi dell'alleanza di entrare in guerra a difesa di uno solo di essi che sia stato attaccato. All'invasione dell'Afghanistan, gli esportatori a stelle e strisce di democrazia nel mondo, aggiungeranno anche la guerra di aggressione con l'Iraq, assolutamente ingiustificabile perché senza nessun legame con gli attentati. Osama Bin Laden ed Al Quaeda non avevano infatti nessun tipo di legame e rapporto col regime di Saddam Hussein, nonostante le menzogne della propaganda avessero convinto l'opinione pubblica del contrario: in TV i nomi dei due saranno sempre costantemente e volutamente affiancati per costruire e radicare nelle menti delle persone di tutto il mondo, la falsa idea "Iraq = terrorismo”.

Gli USA chiameranno la barbara invasione imperialista dell'Iraq, guerra di “liberazione” esattamente come noi italiani d'altronde, chiameremo il nostro obbligatorio conseguente sostegno militare NATO, “missione umanitaria” per non violare l'art. 11 della Costituzione.

La scusa per la guerra, a cui crederà ciecamente solo la sinistra radical chic mondiale, oramai atlantista e guerrafondaia fino al midollo, era oltre alla protezione ed al finanziamento dei gruppi terroristici, anche la presenza sul territorio di armi di distruzione di massa, armamenti non convenzionali nucleari, chimici e batteriologici, che Saddam aveva intenzione di utilizzare contro l'Occidente o contro il suo stesso popolo. Da sbudellarsi dalle risate. Peccato che gli USA siano stati a tutt'oggi l'unica nazione del mondo ad aver sganciato su un paese due ordigni atomici, su Hiroshima e Nagasaki, il 6 ed il 9 agosto del 1945, e ad aver utilizzato armi chimiche nelle loro guerre di aggressione: in Vietnam col Napalm e l'Agente Orange ed udite, udite... in Iraq col fosforo bianco nei bombardamenti di Falluja del novembre 2004.

Inutile dire che le armi di distruzione di massa non c'erano in Iraq, come è inutile dire che nemmeno Assad in Siria le utilizzò mai. Come è inutile dire che la liberazione in mondovisione della soldatessa Jessica Lynch fu un'operazione farlocca pianificata dalla Rendon Group, come è inutile dire che... lasciamo stare, non finirei più. Un giorno dedicherò un post specifico a tutte le puttanate raccontate dalla stampa, costruite a tavolino di sana pianta da agenzie di comunicazione e spacciate per verità assolute.

Ovviamente operazioni di questo tipo, per poter andare in porto ai tempi di internet, devono avere il totale appoggio della popolazione, il quale si ottiene mediante una gigantesca opera di disinformazione, la solita martellante propaganda mass mediatica con annessa polarizzazione dell'opinione pubblica e denigrazione del dissenso: in Italia, in Europa o negli USA, chi criticava l’amministrazione Bush veniva additato come alleato dei terroristi e fiancheggiatore della coppia Bin Laden e Saddam Hussein. Esattamente come accade riguardo ad ogni argomento di attualità, di interesse strategico per il capitalismo, esattamente come accade oggi con il Covid: se qualcuno osa metter in discussione il pensiero unico e criticare la vaccinazione indiscriminata di fasce di popolazione non colpite, automaticamente è un negazionista del coronavirus ed un no vax, per tutti i vaccini. Le tecniche mediatiche di manipolazione delle masse sono sempre le stesse. Ed il popolo abbocca sempre, perché non le conosce.

Armi chimiche in Iraq? Di chi? Degli americani

L'avvenimento più clamoroso a mio avviso accaduto a seguito dell'11 settembre è stata la caduta di Falluja. Vediamo perché. Nonostante fosse di maggioranza sunnita e fedele a Saddam Hussein, Falluja, cittadina ad una settantina di chilometri a ovest di Baghdad, era stata comunque una delle aree relativamente più pacifiche dell’Iraq dopo l’invasione americana. Nel 2003 avvenne però un episodio che fece crescere e diffondere sempre di più il malcontento tra la popolazione e con esso l'odio verso gli invasori: l'esercito americano sparò senza pietà sulla folla che protestava a causa della trasformazione coatta di una scuola in base militare, uccidendo 17 persone. Il clima in città cambiò e Falluja, giustamente, si trasformò nel centro di resistenza sunnita pro Saddam all'occupazione americana. Saddam era, nolenti o volenti, leader di un paese sovrano. Sicuramente un dittatore. Probabilmente uno spietato dittatore, ma una potenza straniera non aveva alcun diritto di occupare i suoi territori. Nel novembre dello stesso anno, con l'appoggio del governo fantoccio iracheno, gli USA lanciarono sulla città un'offensiva totalmente sproporzionata, di violenza inaudita, finalizzata, secondo gli stessi vertici statunitensi, a dare una punizione esemplare e collettiva per piegare una volta per tutte la resistenza sunnita in tutto l’Iraq occupato. La città venne circondata, tutti gli abitanti rimasti vennero dichiarati “combattenti in armi” e chiunque provava a fuggire veniva ucciso, famiglie comprese, che tentavano invano di iniziare una nuova vita altrove.

Le truppe americane mettono sotto assedio Falluja nel 2003

La città fu quasi totalmente rasa al suolo e nell'attacco le forze USA fecero largo uso di fosforo bianco e uranio impoverito. La vera strage però avvenne dopo, con aumento vertiginoso dei casi di tumori, malformazioni infantili, aborti, leucemie. Le donne erano terrorizzate dall’idea di partorire figli a causa dell’aumento di deformità segnalate negli ospedali di Falluja. Nel settembre 2009, l’ospedale più grande della città contava 170 neonati ed il 24 per cento di essi morirono entro i primi sette giorni di vita: ben il 75 per cento presentavano malformazioni. I medici che chiesero all'ONU di avviare uno studio sulla diffusione di malattie collegate all'esposizione da radiazioni, ricevettero un ostruzionismo pauroso dal Dipartimento della Difesa americano, dalla stampa tutta ovviamente a totale servizio dello Zio Sam e dall'ONU stessa, totalmente controllata dal governo USA. Ciononostante la ricerca fu avviata ed il risultato finale è sbalorditivo. Dallo studio "Cancer, Infant Mortality and Birth Sex-Ratio in Fallujah, Iraq 2005–2009", pubblicato nel 2010 sull' International Journal of Environmental Research and Public Health, si evince che nella città irachena la percentuale di tumori è cresciuta di 4 volte, quella di cancro infantile 13 volte, di linfomi 9 volte, di tumori al cervello 7 volte, di leucemia di 38 volte, di cancro al seno 10 volte. La mortalità infantile è assurdamente alta, 80 bambini su 1.000 nascite hanno malformazioni con percentuali in continuo aumento. Forme tumorali e malformazioni sono del tutto simili a quelle riscontrate nelle due città giapponesi dopo il lancio delle bombe atomiche nel 1945, quando si riscontrò anche inversione del rapporto dei sessi alla nascita, chiaro indicatore del verificarsi di evento mutageno: mentre i maschi infatti hanno un solo cromosoma X, le femmine ne posseggono due, e così la perdita di un cromosoma X a seguito di un danno genetico come quello causato dagli effetti dell’uranio impoverito, inverte il rapporto. Ebbene, a Falluja se prima normalmente nascevano 1050 maschi per ogni 1000 femmine, tra il 2004 e il 2009 si è scesi ad una proporzione di 860 maschi per 1000 femmine.

Fermiamoci un secondo e ragioniamo. Avete capito cos'è accaduto? Gli USA invadono l'Iraq con la scusa di cercare armi chimiche; ovviamente non le trovano, continuano lo stesso l'invasione e la guerra ed utilizzano loro stessi armi chimiche sul paese e su inermi civili, senza che la comunità internazionale sollevi una sola parola. Accusano l'Iraq di avere armi chimiche ed utilizzarle contro la popolazione ed invece sono proprio loro ad utilizzarle proprio in Iraq contro i civili innocenti. Il mondo orwelliano al contrario di cui parlo sempre.

Di chi sono stati i crimini di guerra? L'11 settembre è stata una tragedia assoluta, un orrore, una barbarie ma ciò che è avvenuto in seguito, è stato decisamente e numericamente assai peggiore.

Ricordiamocelo bene le prossime volte che daranno dell'Hitler al capo di stato sovrano di turno, inventeranno crimini contro l'umanità, affogheranno cormorani neri nel petrolio, pagheranno persone, stampa ed agenzie di comunicazione per farci il lavaggio del cervello.

Saddam Hussein è stato catturato in un'operazione militare denominata Red Dawn (Alba rossa) il 13 dicembre 2003. Si nascondeva in un “buco di ragno”, in una fattoria di Tikrit a nord di Baghdad. Giudicato in modo sommario e probabilmente anche torturato, fu impiccato dai cattolici esportatori di democrazia e pace nel mondo il 30 dicembre 2006, proprio all'interno di uno dei centri utilizzati dal dittatore iracheno per torturare i dissidenti e gli oppositori del regime.

Samir Al-Jasim, un iracheno interprete dell'esercito USA, estrae Saddam Hussein dal suo nascondiglio

Quanto alla morte di Osama Bin Laden, 10 anni dopo l'attentato alle twin towers, ufficialmente il 2 maggio 2011, nel corso della cosiddetta operazione Geronimo condotta dai Navy Seals, che dire... sorvoliamo pure. Parliamo del nulla più assoluto. Un puro atto di fede verso la narrazione del mainstream perché non esistono foto, video, testimonianze, niente di niente. Bisogna fidarsi della verità ufficiale del governo USA, di quello stesso governo che ha pianificato operazioni come la Northwoods ed inventato menzogne clamorose come quella del cormorano nero, dell'eroica soldatessa Jessica Lynch o di centinaia di neonati strappati alle incubatrici e lasciati morire sul pavimento.

Secondo Seymour Hersh, uno dei migliori giornalisti statunitensi d'inchiesta, la verità è tutt'altra, assolutamente non quella pubblicizzata in modo imbarazzante dall'amministrazione Obama. La sua controinformazione sul ricercato N.1 degli USA è stata pubblicata all'estero in un lungo articolo sul London Review of Books perché il suo precedente editore, The New Yorker e tutte le altre testate americane, proprio quelle che si riempiono la bocca sulla libertà di stampa occidentale, la censura cubana e bla bla bla, si sono rifiutati di accettare il suo lavoro e mostrarlo al mondo.

Secondo Hersh, tutta l'operazione Geronimo, con gli elicotteri che atterrano sul casolare di Abbottabad violando lo spazio aereo pachistano, uccidono Osama, fuggono e lo gettano a mare, fu un'enorme messa in scena. D'altronde non sarebbe né la prima né l'ultima volta. Secondo il noto giornalista, Osama Bin Laden era prigioniero dell'intelligence pakistana fin dal 2006 che lo utilizzava, con la complicità dell'Arabia Saudita, come arma di ricatto ed ostaggio per controllare Al Qaeda sul suo territorio. Quando un ufficiale pachistano rivelò agli americani la verità, cominciarono trattative tra i due governi e si arrivò, guarda caso nel momento più conveniente per l'amministrazione Obama, alla vigilia della sua rielezione quando il suo consenso elettorale era fortemente in calo, alla farsa dell'operazione Geronimo, un’operazione di copertura per nascondere e depistare il loro criminale accordo.

La squadra di sicurezza nazionale riunita alla Casa Bianca segue l'andamento dell'operazione Geronimo

E' credibile Seymour Hersh? Non lo so, direi che quantomeno si potrebbe ascoltare quello che ha da dire. D'altronde ha un curriculum di tutto rispetto. E' andato sempre controcorrente, rischiando ogni volta la carriera e forse la vita, entrando ben presto nella black list dell'editoria a stelle e strisce. Ma l'ha sempre spuntata lui. Ha vinto il Premio Pulitzer nel 1970 per aver raccontato il massacro vietnamita di My Lai, nonostante avesse screditato pesantemente l'esercito americano mostrandone le atrocità commesse sulla popolazione civile. Fece importanti resoconti sulla guerra in Siria denunciando in modo eclatante che il gas sarin contro i civili era stato utilizzato non da Assad ma dalle forze alleate degli USA.

Torture inflitte a Satar Jabar con corrente elettrica nel carcere iracheno di Abu Ghraib; a destra Manadel Al-Jamadi, ucciso dalle sevizie americane

Nel 2004 poi la fece proprio grossa, denunciando le gravissime violazioni dei diritti umani nel carcere di Abu Ghraib, in Iraq. Le immagini sono raccapriccianti, mostrano barbare torture, abusi fisici e sessuali, fino addirittura all'omicidio di un detenuto, Manadel Al-Jamadi, precedentemente seviziato. La foto simbolo degli orrori di Abu Ghraib, pubblicata sulla rivista The Economist, è stata scattata a Satar Jabar, detenuto nemmeno accusato di terrorismo ma semplicemente di furto d'auto, al quale fu messo un cappuccio ed applicati degli elettrodi alle mani ed al pene. Fu poi fatto salire su uno sgabello di cartone: Satar doveva rimanere in equilibrio un tempo indefinito perché se fosse caduto avrebbe ricevuto scossa elettrica. Pensate se questi crimini li avesse commessi Fidel Castro o Chavez. A parti invertite, queste immagini avrebbero fatto il giro del mondo per anni. Niente di nuovo d'altronde perché queste cose a Guantanamo sono routine e normale amministrazione.

Torture, umiliazioni e sevizie ad Abu Ghraib

Il cerchio si chiude definitivamente nel 2021, laddove tutto era cominciato e come nessuno avrebbe mai potuto immaginare: con un ritorno pari pari al punto di partenza. I talebani, 20 anni esatti dopo l'attentato alle twin towers, rientrano a Kabul, occupano il palazzo presidenziale e senza spargimento di sangue, prendono possesso di tutte le strutture governative del paese. Le ambasciate occidentali sono evacuate, gli americani ritirano mestamente tutte le truppe. Almeno così ci dice l'affidabilissima informazione internazionale, della quale per quanto detto finora, non credo ci sia alcun motivo di dubitare. Tutto uguale dunque al 10 settembre 2001. Fantastico. Due decenni fa guardavamo con orrore i corpi di disperati cittadini americani precipitare dai tetti finanziari del mondo civile ed oggi, 20 anni dopo vediamo con altrettanto sgomento e pari incredulità, persone cercare di fuggire dall'Afghanistan attaccandosi ad un aereo in volo e precipitando nel vuoto.

Che disastro assoluto la politica estera americana... quasi 1 milione di persone sono morte in questi 20 anni di guerra globale post 11 settembre, un terzo delle quali innocenti civili ed un costo astronomico per gli USA quantificato in circa 10 trilioni di dollari. Sono aumentati a dismisura i militanti islamici ed i gruppi estremisti, come ISIS e Boko Haram e di conseguenza gli attentati in tutta Europa, alcuni davvero ben organizzati e spaventosi come nel caso di Nizza, Madrid, Londra, Barcellona o del Bataclan a Parigi. Secondo il ben noto terzo principio della dinamica, ad ogni azione infatti corrisponde una reazione, uguale e contraria: l'imperialismo guerrafondaio americano ed occidentale NATO e le bombe sui civili innocenti per esportare democrazia, hanno come conseguenza il terrorismo islamico. Elementare Watson. E così siamo sempre più sotto attacco, insicuri, odiati. Se vogliamo permanere in quest'aborto imperialista e guerrafondaio della NATO, allora dobbiamo accettare tale conseguenza. Non mi sembra d'altronde che l'ISIS abbia mai fatto attentati in Svizzera.

La storia ha dimostrato che la strategia dell’esportazione della democrazia a suon di bombe, con relativa creazione di governi fantoccio fragili e corrotti, è assolutamente fallimentare. Chi semina vento, raccoglie tempesta. Vedremo al prossimo capitolo della vicenda, chi sarà il prossimo dittatore, il prossimo Hitler da bombardare, il prossimo mostro che ucciderà neonati e gaserà la sua popolazione. E vedremo per l'ennesima volta come si schiererà l'ipocrita sinistra radical chic atlantista mondiale; quella pacifista, quella che espone gli arcobaleni sulle sedi di partito.

Il MoMA di New York

Sono stato a New York diverse volte, ma per un motivo o per l'altro, al MoMA non sono mai entrato. Stavolta ho però più tempo e non me lo perdo per nessun motivo al mondo.

Fondato nel 1929, proprio nell'anno della grande crisi, come a voler esorcizzare con la cultura il fallimento clamoroso del modello economico liberista americano, fu il primo museo dedicato esclusivamente all'arte moderna e contemporanea, dalla fine del XIX secolo ad oggi. Attualmente la collezione, considerata da molti la migliore al mondo nel suo genere, comprende circa 150.000 opere: non solo dipinti, ma anche architettura e fotografia, serigrafia, multimedia e cinema con vari film, cortometraggi e pellicole d’autore, da Andy Warhol ad Alfred Hitchcock. Ovviamente immancabili ed imperdibili sono i capolavori di pittura e scultura di tutti gli artisti più famosi del secolo passato: qui al MoMA si trovano 4 delle 10 opere d'arte considerate più famose al mondo, vale a dire la notte stellata di Vincent Van Gogh, Le Ninfee di Claude Monet, La Persistenza della memoria di Salvador Dalì e Les Demoiselles d’Avignon di Pablo Picasso.

E poi tantissimo altro con Cezanne, Matisse, Klimt, Paul Klee con la sua buffa “maschera della paura”, Degas, De Chirico, Gauguin... il gotha della pittura mondiale.

All'inizio però ti senti un po' frastornato e confuso. Passi di fronte a quadri che sembrano scarabocchi, a sculture con pale appese e sgabelli, cerchi di biciclette, copertoni, lampadine che si accendono... non capisci come questa possa esser una forma d'arte. Ma lo è, eccome se lo è! Scopri Jackson Pollock ed il suo impressionismo astratto... ed in un angolino del cervello ti si insinua il dubbio atroce che dopo un paio di bottiglie di vino, avresti potuto con una tela gigante per terra e barattoli di pittura a disposizione, fare una cosa molto simile... se non meglio! E poi pezzi di lamiera multicolore sistemati insieme non si sa come ed appesi ad una parete... Meno male però che c'è Piet Mondrian: su sfondo bianco, egli disegna linee nere perpendicolari, parallele ma non equispaziate, che intrappolano zone quadrate o rettangolari riempite di colori primari rosso giallo o blu... Ok, è ufficiale. Io di arte ultramoderna non capisco un cazzo di niente perché non riesco ad apprezzarla. Mi sento a livello artistico, davvero, davvero ignorante. Forse è meglio tornare un po' indietro nel tempo, tornare al secolo scorso perché questi artisti contemporanei li capisco poco. Torniamo a Klimt, Klee, Monet, Degas, Cezanne, Gauguin...

"Il falso specchio", 1928 di Renè Magritte

"Zingara addormentata", 1897 di Henri Rousseau

"I farisei", 1912 di Karl Schmidt Rottluff

"Tre donne", 1921 di Fernand Leger

In una stanza molto ampia c'è un enorme dipinto a tutta parete, ben 20 metri di larghezza. Sono le Ninfee di Monet raffiguranti il laghetto del pittore nel suo giardino a Giverny. Ma io queste ninfee le ho viste un po' dappertutto nel mondo... come mai? Poi leggendo le spiegazioni capisco: Claude Monet aveva una vera e propria ossessione per queste ninfee, dipinte in ogni modo possibile, a diverse ore del giorno al variare della luce, mai soddisfatto ed alla perenne ricerca della perfezione che non arrivava mai. Nella sua abitazione di Giverny vicino Parigi, egli allestì uno splendido giardino fiorito, con stagno, ninfee e graziosi ponti giapponesi. Qui l'artista vivrà 30 anni dipingendo fino alla sua morte, datata 1926, circa 250 opere quasi identiche. Ho capito che Monet era un pittore un po' ossessivo e maniacale... al museo D'Orsay di Parigi vedrò la stessa ossessione per la cattedrale di Rouen, dipinta diverse volte in ogni condizione di luce possibile.

"Studio con testa di gesso", 1925 di Pablo Picasso

Tutti gli amanti del cubismo gioiranno da morire entrando al MoMA, perché un'ampia area del museo è dedicata a Braque e soprattutto a Pablo Picasso. Il nome cubismo nacque a seguito del commento sulle loro opere di un noto critico d'arte francese, il quale sosteneva che essi maltrattavano le forme, riducendo tutto, i luoghi, le cose e le persone, a schemi geometrici, a cubi. Proprio quest'ultimo termine non dispiacque ai pittori della nuova scuola che lo adottarono per identificare e distinguere il loro genere artistico.

Il cubismo, uno dei movimenti più innovativi del secolo scorso, nasce nel 1907, con la realizzazione di un'opera strepitosa da parte di Pablo Picasso, Les Demoiselles d’Avignon. Il dipinto, raffigurante tre prostitute nude in un bordello di Barcellona, probabile assidua frequentazione del pittore, è realizzato con un linguaggio assolutamente innovativo rispetto allo standard dell'epoca: le forme e i volumi hanno un aspetto spigoloso che ignora qualsiasi realismo anatomico essendo scomposti e ricostruiti secondo il diverso criterio della visione simultanea da più lati..

"Les Demoiselles d’Avignon", 1907 di Pablo Picasso

Come spesso accade con i grandi capolavori, Les Demoiselles d'Avignon non fu capito subito. Suscitò scandalo, sconcerto ed incomprensione generale non solo in tutti i critici d'arte abituati ad una rappresentazione tradizionale dei corpi e degli oggetti, ma anche nel mondo stesso degli artisti, notoriamente assai più aperti mentalmente all'innovazione: nessuno riusciva a capire il senso della nuova strada intrapresa da Picasso. Ma i geni sono così. Si riconoscono perché fuoriescono dagli schemi. Le persone normali, anche intellettualmente molto dotate, ragionano in modo semplice e lineare, magari con grande logica ed arguzia, ma quando scorgono un limite invalicabile allora vedono la fine e rimangono confinati nel loro mondo. I geni no. I geni vedono nel limite, non la fine ma una nuova idea, un'opportunità. Il genio oltrepassa il limite che sembra invalicabile perché pensa in modo differente, si pone in un'altra prospettiva sconvolgendo il punto di vista precedente e stravolgendo il paradigma. Se la persona comune, il mediocre è conformista, il genio è rivoluzionario. Ed io la parola rivoluzione la amo davvero tantissimo.

Continuiamo a passeggiare nelle sale del MoMA ed improvvisamente ci appare una luce. E' davanti ai nostri occhi, la luce abbagliante della notte stellata di Van Gogh... una delle opere più famose al mondo, forse, insieme alla Gioconda di Leonardo da Vinci, l'opera più famosa al mondo, dal valore assolutamente inestimabile ed incalcolabile. Non serve che chiedi dov'è, la trovi subito perché una marea di gente è ammassata lì davanti in ammirazione, esattamente come accade per la Monna Lisa al Louvre. Con un'importante differenza però. La Gioconda fa veramente cagare, mi perdoni il mio caro Leonardo da Vinci, ma è piccola, brutta e davvero insignificante e chiunque ma davvero chiunque, si chiede una volta lì davanti, come e perché tale opera protetta da vetro antiproiettile, possa essere la più famosa al mondo. Mentre la Notte Stellata di Van Gogh resteresti giorni a guardarla, in totale estasi. Una foto ovviamente non rende minimamente l'idea dell'immensità quasi divina del dipinto. I Van Gogh vanno ammirati da vicino, a 20 centimetri di distanza: occorre vedere gli sbuffi di colore in rilievo, le diverse tonalità, occorre scoprire i dettagli ed i particolari nascosti. E giuro, resti ore lì davanti. Incantato. Lo stupore prende il sopravvento e perdi la dimensione dello spazio e del tempo.

L'opera magna di Van Gogh fu composta al culmine del suo delirio autodistruttivo e delle sue crisi psicologiche ed esistenziali. Dopo l'episodio di auto mutilazione dell'orecchio a seguito di una furibonda lite con l'amico-nemico Gauguin, Van Gogh accettò di farsi ricoverare per un esaurimento nervoso nella clinica manicomio di Saint-Rémy de Provence.

"La notte stellata", 1889 di Vincent Van Gogh

E' ancora buio e Vincent non può dormire, sopraffatto sempre di più dai suoi demoni. I demoni la notte sono implacabili, ti tormentano fino a distruggerti dentro. Ti mangiano vivo. Apre la finestra della sua stanza e guarda fuori il paesino di Saint-Rémy, con i tetti irregolari e la chiesetta col il suo campanile che svetta puntuto nel cielo, quasi a sfidare il cipresso in primo piano. La campagna tutt'intorno. Prende i pennelli e dipinge uno dei suoi ultimi capolavori. Il piccolo villaggio sembra perduto nell'immensità e nella grandiosità del creato, in balia dell'enorme movimento cosmico sovrastante. Qualche abitazione ha le luci già accese, visibili dalle finestre illuminate e la falce della luna rischiara il cielo nel quale si agitano turbini inquietanti e misteriosi. Il blu ed il verde, i miei colori preferiti, il colore del mare e delle foreste, sono dominanti: forse è questo il motivo per il quale tale dipinto mi piace tantissimo ed è il mio Van Gogh preferito insieme ai “Casolari con il tetto di paglia a Cordeville” ammirato al D'Orsay di Parigi.

All'orizzonte, oltre il paese, il bosco e le colline sembrano onde gigantesche, quasi un maremoto che sembra abbattersi sul villaggio inghiottendolo del tutto e spegnendo tutte le fioche luci delle case ancora accese, forse a simboleggiare la sua anima in tempesta e lo tsunami che lo sta travolgendo. Il paesaggio è dominato in primo piano da un grande cipresso che sembra quasi un fuoco, non rosso ma verde scuro, una fiamma che dalla base del villaggio arriva a toccare le stelle, quasi fosse un ponte che collega la terra con il cielo, un intermediario tra la vita e la morte che probabilmente Vincent vede già vicina. Il suo tormento interiore esplode tutto nel cielo che sovrasta il villaggio e le colline: la sua mente inquieta si riflette nei vortici delle nubi e del vento, la sua anima impazzita di dolore e sofferenza si manifesta in quegli aloni luminosi inquietanti e misteriosi intorno alle luci della luna e delle stelle, che sembrano quasi ruotare su sé stesse dando al dipinto una incredibile sensazione di movimento. E' pazzesco quanti sentimenti, tutti insieme, si percepiscono in tale quadro... angoscia e tumulto, ma anche pace e serenità, forse rassegnazione per la fine vicina: all'oscurità dell'anima non c'è rimedio e soluzione possibile.

Vincent Van Gogh si spara l'anno seguente, consegnando se stesso e la notte stellata all'immortalità.

Giorgio De Chirico è stato il principale esponente della pittura artistica metafisica. Non so perché ma in me, questo genere di pittura non realistica, onirica e fantastica, ha sempre esercitato un grande fascino. Nella pittura metafisica di De Chirico, i luoghi sono spesso realistici ma la prospettiva è distorta e gli elementi presenti sono apparentemente fuori luogo e con colori innaturali, come se ci si trovasse immersi in uno strano sogno o in una qualche visione frutto dell'inconscio o in una strana esperienza extrasensoriale. Traspare indubbiamente un senso di solitudine ed inquietudine: sarà per le grandi piazze vuote, senza presenza umana, in cui compaiono elementi bizzarri ed improbabili come manichini, mezzibusti di marmo, colonne greche e guanti da cucina...

"Il canto d'amore", 1914 (a sinistra) e "La serenità del saggio", 1914 (a destra) di Giorgio De Chirico

Sono di fronte al “Canto d'amore” una delle opere più importanti di Giò, cercando, invano, di capire il significato dell'accostamento di oggetti così distanti a livello logico e decontestualizzati. Preferisco non indagare e non sapere, non leggere le spiegazioni dei critici d'arte perché inevitabilmente queste condizioneranno la mia visione e la mia interpretazione. Forse questi quadri vanno presi esattamente così, vanno ammirati senza pretendere di capire: i geni vanno amati, non compresi.

Alcuni critici sostengono che questo sia il più bel quadro dell’arte moderna. Addirittura Magritte, autore del quale apprezzerò il suo “falso specchio”, quando vedrà l'opera in una rivista d’arte, piangerà di commozione, sostenendo di aver visto rappresentato nientepopodimenoche... il pensiero.

La pittura metafisica di De Chirico preparerà la strada alle opere surrealiste di Mirò, Magritte e soprattutto Salvador Dalì. Se Picasso è il cubismo e Monet è l'impressionismo, Dalì indubbiamente rappresenta il surrealismo. “La persistenza della memoria”, il capolavoro più famoso di Salvador, si trova Al MoMA vicino ad un altra sua opera, “Piaceri illuminati", di fronte alla quale sono letteralmente impazzito. Mentre il primo è un dipinto apparentemente spoglio e semplice, in “Piaceri illuminati” la qualità e la quantità dei dettagli folli e bizzarri, irrazionali ed irreali, illogici e fuori contesto è talmente alta che rischi di impazzire. Sono stato davanti a tale dipinto una ventina di minuti e sono andato via sconvolto. Io non so che s'era fumato Dalì prima di dipingere 'sto quadro ma deve essere stata roba parecchio forte.

"La persistenza della memoria", 1931 di Salvador Dalì

La persistenza della memoria fu realizzata dal re del surrealismo nel 1931 in sole due ore e in circostanze piuttosto curiose che lui stesso racconta. Doveva accompagnare la moglie Gala al cinema ma fu colto da improvvisa e forte emicrania, così rimase in casa. Stava osservando una fetta di formaggio nella tavola che si scioglieva al sole quando ebbe l'ispirazione e partorì l'idea degli orologi molli che immediatamente dipinse su tela. Da quel momento in poi, gli orologi molli ricorreranno spesso nelle pitture di Dalì, esattamente come le famose zampe sottili di elefante.

Il paesaggio disegnato, col mare sullo sfondo ed il cielo terso privo di nuvole, è desertico ed isolato, immaginario, onirico e fantastico, surreale e reale allo stesso tempo perché rappresenta proprio il luogo dove Dalì viveva insieme alla moglie, Port Lligat nella Catalogna. Al suo interno sono disposti alcuni oggetti irreali e totalmente fuori contesto. Sullo sfondo, quasi sulla riva del mare, è posizionata a terra una tavola di legno ben squadrata, forse una porta, mentre in primo piano a sinistra è ben visibile un misterioso parallelepipedo spigoloso nella cui faccia superiore è presente un albero morto, un tronco con un solo ramo secco che punta al centro. Per terra si trova un qualcosa di grottesco con un grande occhio chiuso e ciglia lunghissime, forse il profilo dello stesso Dalì, chissà... davvero difficile da capire... Tutta la scena è dominata da 3 orologi molli che segnano ancora il tempo perché le lancette sono ben rigide e visibili ma sembrano aver perso totalmente la loro solidità, sembrano squagliati e quasi in liquefazione. Uno si trova appeso nel ramo secco pendente verso il basso a mò di panni stesi al sole ad asciugare, un altro sulla groppa dell'essere mostruoso, l'ultimo sullo spigolo del parallelepipedo, metà sul piano orizzontale, dove si trova una mosca che proietta ombra verso le ore 12 e l'altra metà pendente verticalmente verso il basso lungo il fianco del solido. C'è un quarto orologio di colore arancio poggiato sopra al solido di sinistra. Questo però non è molle come gli altri ma è ben rigido ed ha la cassa chiusa: sopra di esso si trovano alcune formiche nere brulicanti, grandi e piccole.

“La persistenza della memoria” ed i suoi orologi molli, simboleggiano chiaramente l'inesorabilità dello scorrere del tempo e la relatività della percezione temporale. D'altronde lo stesso Salvador Dalì dirà che “il tempo è la dimensione delirante e surrealista per eccellenza”.

Le ore al MoMa saranno le ultime mie e di Gaby trascorse insieme a New York: dobbiamo partire. Questi 4 giorni sono davvero volati. Aveva ragione il grande Alber Einstein, aveva ragione anche Salvador Dalì: il tempo è relativo. Quando si fa l'amore, quando si osservano capolavori in un museo e si viaggia spensierati, il tempo vola. Il nostro tempo è scaduto e l'aereo per entrambi non aspetta. All'aeroporto non ci sono paesaggi surreali; lì gli orologi non sono molli, ma rigidissimi... svizzeri. Con un bacio ed uno sguardo finale ci salutiamo. E ripartiamo, ognuno verso i propri lidi. Lei a Guanajuato, la più bella cittadina coloniale del Messico, a curare all'IMUG l'anima ed il cuore spezzato di donne disperate picchiate in modo barbaro dai propri "machi" e tentare di convincerle a denunciare; io a Roma tra esperimenti in clean-room con semiconduttori organici, simulazioni computazionali ed ore perse in metropolitana o in fila sul raccordo anulare.

Chissà se ci rivedremo più...