La più bella del reame

Nella distesa infinita dell'altipiano centrale del Messico, a circa 4 ore di auto a nord dalla mostruosa capitale di oltre 20 milioni di abitanti, è nascosta Guanajuato, una cittadina coloniale incantata, di indescrivibile e quasi accecante bellezza. Nonostante ciò, incredibilmente è abbastanza sconosciuta al grande turismo di massa internazionale, che (fortunatamente) resta confinato per lo più nelle bianche e candide spiagge caraibiche di Cancun e Playa del Carmen nel Quintana Roo, nel "monstruo" di Città del Messico e nelle impressionanti piramidi Maya dello Yucatan e del Chiapas.

Il nome deriva da Quanax-huato, che nell'antica lingua dei nativi della zona nel periodo precolombiano significa "luogo montuoso di rane". E difatti spesso Guanajuato viene chiamata affettuosamente "città delle rane", anche se ad onor del vero, io non ho mai visto, in tutti i miei indimenticati ed indimenticabili mesi di permanenza, ed in tutte le volte che ci ritorno ogni anno, una sola ranocchia. Sono tanti altri comunque i nomignoli affibbiati alla cittadina, come ad esempio "capitale culturale del Messico”, “capitale cervantina d'America” o anche “città sotterranea”.

Ammirando l'incredibile bellezza coloniale di Guanajuato dall'alto del Pipila

Incastonata come una gemma preziosissima su una conca, con le casette colorate che si inerpicano in modo irregolare sulle pendici delle brulle montagne circostanti piene di miniere, molte abbandonate, altre ancora attive, Guanajuato è la capitale dell'omonimo stato, "culla dell'indipendenza" e vero cuore pulsante del Messico.

Calle De Sopena, una via del centro di Guanajuato

Il callejòn che porta al Puente del Campanero

Tutta la città è patrimonio dell'umanità UNESCO fin dal 1988: ogni edificio è protetto e catalogato e qualsiasi intervento, persino il più insignificante, deve esser autorizzato e seguire regole assai stringenti nei colori e nei materiali. La migliore vista d'insieme di Guanajuato si ha dalla terrazza panoramica del monumento al Pipila, eroe dell'indipendenza messicana le cui gesta sono narrate nel post precedente, "un bacio portafortuna".

L'incantevole vista di Guanajuato dalla terrazza panoramica del monumento al Pipila

E' possibile arrivare al belvedere dal centro, a piedi avventurandosi tra i vicoletti in salita, oppure mediante una simpaticissima funicolare. Senza alcuna paura del caldo o del freddo, perché il clima è temperato tutto l'anno: siamo nell'altipiano a 2000 metri, così le estati sono sempre fresche senza bisogno del condizionatore, ma siamo anche sotto al tropico del Cancro, cosicché gli inverni non sono mai rigidi, e non c'è pertanto alcun bisogno del riscaldamento in casa.

Il paesaggio da lassù lascia senza fiato: uno spettacolo assurdo, un capolavoro, un'esplosione di colore nella quale sono perfettamente visibili tutti gli edifici più importanti della città, come il Teatro Juarez e l'adiacente Templo de San Diego che fronteggia la piazza centrale, la basilica gialla in Plaza de la Paz e l'Iglesia de San Roque, l'università ed il Mercado Hidalgo, il parallelepipedo rettangolo dell'Alhòndiga de Granaditas del Pipila, le haciendas più famose, la Mina de Rayas...

Il centro storico di Guanajuato

Il centro storico di Guanajuato è una bomboniera. El Jardìn de la Uniòn è il cuore ed il salotto della cittadina: è una gradevolissima e fresca piazza con un chioschetto al centro, totalmente immersa in fittissimi oleandri con le fronde incredibilmente lavorate e maniacalmente curate, dove potersi riparare dal sole nelle ore calde della giornata, godendosi una cerveza in totale relax; tutt'intorno, una miriade di localini, con turisti estasiati e mariachi con la chitarra in cerca di clienti. La piazza centrale, chiamata anche zocalo come in tutte le città del Messico, ha una forma stranamente triangolare in quanto originariamente era l'atrio della chiesa a tinte rosseggianti che gli sta di fronte, il Templo de San Diego, un bell'esempio di architettura "churrigueresca" (detta anche "ultra barocca"), tanto diffusa negli edifici religiosi della cittadina.

Su tutto svetta la costruzione più elegante ed esageratamente bella di Guanajuato, il suo simbolo indiscusso: il teatro Benito Juarez, inaugurato nel 1903 dal presidente Porfirio Diaz in persona, in occasione della prima opera inaugurale, l'Aìda di Giuseppe Verdi. Se fuori, l'edificio è così splendidamente appariscente, immaginate dentro, nella sala del palco e all'ingresso, cosa può essere. Il foyer (l'atrio) è in stile neoclassico con tocchi d'art nouveau d'ispirazione parigina, e tutto il mobilio è originale del 1900: il Benito Juarez è l'unico teatro in tutto il Messico ad avere questa caratteristica. Il portico che si affaccia sulla piazza, in stile dorico romano, protetto da due grossi leoni di ghisa, ha un imponente colonnato con una scalinata sempre stracolma di studenti e turisti, perennemente in attesa della partenza. Di un menestrello che dia il via...

El Jardìn de la Uniòn

Il favoloso teatro Benito Juarez di Guanajuato

Sala e palco del teatro Benito Juarez di Guanajuato

Il via a cosa? Ad una "callejoneada"! E' uno degli avvenimenti più caratteristici, tipici ed assolutamente imperdibili di Guanajuato, che avviene principalmente la sera, anche se si può formare spontaneamente in qualsiasi momento della giornata. Alcuni musicisti, chiamati "estudiantinas", vestiti di velluto nero con abiti dei conquistadores spagnoli, attirano gente in prossimità dello zocalo, del Templo de San Diego, ma soprattutto della scalinata del Benito Juarez, ed invitano a seguirli per le stradine della città, narrando a mò di cantastorie le leggende ed i segreti dei vicoletti della cittadina: Guanajuato si trasforma così immediatamente in una grande festa popolare. Spettacolo puro, felicità allo stato puro. Guanajuato è davvero incredibile. E' pura luce.

Ci sediamo nei gradini del teatro Juarez aspettando una callejoneada...

Estudiantines che raccolgono persone per la calleòneada

Scendendo verso Calle Luiz Gonzales Obregòn, opposta a Calle De Sopena, si va verso la grande Plaza de La Paz, con una grande fontana, i giardini con le siepi disegnate con la squadra ed il compasso, la solita miriade di locali e pub, il palazzo governativo del Municipio e la grande Basilica Colegiata de Nuestra Señora de Guanajuato che svetta su tutto, splendidamente pitturata di giallo ocra e rosso acceso.

Una basilica "romanista" di giorno, magica di notte quando è illuminata di bianco, ed altrettanto magnifica dentro, con incredibili ornamenti barocchi, lampadari, statue e pitture, che ne fanno una delle chiese più belle ed ammirate dell'intero Messico. La statua della Vergine presente all'interno, riccamente addobbata di gioielli, fu offerta dal Re di Spagna nel XVI secolo: oggi è la patrona della città e la protettrice dei minatori.

La Basilica Colegiata de Nuestra Señora de Guanajuato in Plaza de La Paz

Proseguendo, costeggiando una miriade di negozietti di artigianato, chioschetti e carretti sgangherati di street food, si va un po' dappertutto, dalla Plaza de Los Angeles da cui parte una vietta (callejòn El Patrocinio) che porta al famoso Callejòn del Beso, ai vari musei, dall'Alhòndiga de Granaditas ai "Jardines de la Reforma" che fronteggiano la grande costruzione del Mercado Hidalgo, un caratteristico edificio semicilindrico su due livelli, sempre stracolmo di gente. E' qui che si concentra il vero popolo della città delle rane.

Plaza de los Angeles vicino al Callejòn del Beso

Ingresso del Mercado Hidalgo

Al Mercado Hidalgo si va a comprare un po' di tutto: ci vengono i turisti incuriositi per acquistare magliette e gadget di Guanajuato, ci si viene a rinfrescare in giornate afose, a mangiare al volo dei tacos infuocati e bersi una cerveza, ci vengono i locali a comprar cibo, soprattutto carne, frutta e verdure, ma anche cavallette, le famose chapulines... scordatevi di trovarle il pomeriggio perché vanno letteralmente a ruba e già a mezzogiorno sono praticamente finite in quasi tutti i banconi.

"El carnizero" dentro al Mercado Hidalgo

A Guanajuato non serve una mappa per muoversi. Tantomeno Google Maps. Anzi, il cellulare va proprio dimenticato. Girare col telefonino è un insulto alla città, un offesa allo splendore del divino. Si vaga senza meta, scoprendo perle assurde senza neppure cercarle. E' così che ci si imbatte ad esempio nella minuscola e sempre piena di vita Plaza del Baratillo, così' chiamata perché un tempo era sede di un piccolo mercato popolare; oggi si possono trovare soprattutto fiori per l'amata, frutta e verdura a prezzi economici.

Plaza del Baratillo

Poco lontano dalla basilica, la splendida e multicromatica Plaza de San Roque fu costruita sul vecchio cimitero del Templo de San Roque, la chiesa barocca del 1700, restaurata nel 2017, che domina totalmente la scena. Questa piazza può esser considerata la culla del famoso "Cervantino". Il "padre" del Festival, Enrique Ruelas, andò nel 1936 a studiare diritto a Guanajuato e fu letteralmente folgorato dall'architettura coloniale della cittadina, tanto che decise di utilizzare questa come scenografia ideale di piccole, brevi e simpatiche rappresentazioni teatrali all'aperto.

Dopo vari anni trascorsi al teatro della capitale Città del Messico, l'Università di Guanajuato lo invitò a tornare per lavorare nella città delle rane: lui accettò e nel 1953 tornò a fare quello che faceva prima, cioè promuovere il teatro di strada cervantista, utilizzando per questo soprattutto la Plaza de San Roque. Le sue rappresentazioni con gli anni divennero sempre più popolari, richieste e conosciute, travalicando ben presto i confini nazionali e convertendosi prima in tradizione annuale e poi, poco a poco, nel festival di cultura popolare più importante del continente.

Iglesia San Roque di Guanajuato nella omonima coloratissima Plaza San Roque, prima e dopo la ristrutturazione del 2017

Una delle mie piazzette preferite, forse la preferita, è Plazuela de San Fernando che si incontra andando verso il Callejòn del Beso imboccando una stradina a destra: piccola, carinissima, coloratissima, sgarrupata ed elegante al tempo stesso, circondata di localini, artisti e musicisti di strada.

La mia piazzetta preferita, Plaza San Fernando

El Bossanova di Plaza de San Fernando per una cerveza gelata

Spesso mi rifugio lì. La attraverso tutta e vado fino in fondo, fino al Bossanova Cafè. E mi siedo nel tavolinetto di ferro pericolante, sotto un immenso albero con le fronde che quasi toccano terra, per riposarmi dopo i chilometri percorsi a caccia di bellezza e romanticismo. «Una cerveza por favor, bien fria, con un poco de limòn y Clamato a parte. Muchas gracias, muy amable amigo». E poi, spesso il bis. A volte ma non sempre, anche il tris. E via, più felice di prima, verso nuove perle.

Natale 2006, la mia prima volta a Guanajuato: la folgorazione

Amo Guanajuato. Non è retorica. Amo immensamente Guanajuato. Esplodo d'amore per lei. E' facilissimo perdere la testa per la città delle rane ed io l'ho persa subito perché la sua sensualità ti devasta il cervello. Una volta che la vedi, sei fritto, come Ulisse nell'Odissea con le sirene incantatrici. Se non ti legano ad un albero, impazzisci letteralmente e magari ti metti a correre per le viuzze sbaciucchiando focosamente le mura degli edifici o cercando di avere un amplesso con le panchine in ferro battuto color verde scuro o grigio antracite, distribuite nella città un po' dappertutto.

Le panchine in ferro battuto di Guanajuato, onnipresenti in tutta la cittadina

Un musicista di strada seduto su una panchina di Plaza de San Fernando

Scherzi a parte, quando io la vidi per la prima volta, nel lontano 2006, fu immediato colpo di fulmine. Ma mai avrei potuto immaginare che solo un anno e mezzo dopo, la cittadina fiabesca centro messicana sarebbe stata la mia dimora per mesi, che sarei stato ostaggio della sua immensa bellezza e sarei arrivato a conoscere ogni suo angolino più remoto. Non solo: mai avrei potuto immaginare che addirittura mi ci sarei sposato.

Io e Gaby ci sposiamo nel 2008 al Templo Hospital de Marfil con fiesta successiva alla Casa Colorada

A Natale del 2006, andai in Messico a trovare Gaby che già lavorava da psicologa all'IMUG. Ricordo che camminavo con la fotocamera in mano, e bombardato a 360° da tanta magnificenza, ero in grande difficoltà perché non sapevo dove rivolgere la mia attenzione. Non sapevo dove guardare. Non me lo aspettavo, soprattutto perché prima di allora, il nome Guanajuato manco lo avevo mai sentito nominare. Gaby voleva che io guardassi solo lei, ed invece io guardavo anche lei. Il primo colpo d'occhio è stato un flash, ma anche il secondo, il terzo, l'ennesimo per n matematicamente tendente a + infinito. Non ci si abitua mai a tanta bellezza concentrata e distribuita; io dopo 15 anni, ancora non mi ci sono abituato ed ogni volta è come se fosse la prima. A Guanajuato un fotografo letteralmente impazzisce. Sono contemporaneamente l'insieme ed il dettaglio che fanno impazzire. Guanajuato è una specie di Batu Bolong della subacquea: un trip di acido lisergico, un qualcosa di irreale e totalmente inaspettato.

E così nel 2006 passeggiavo tra le casette color pastello con lo sguardo in alto, ed a nulla servivano i tentativi di Gaby di scoprirsi o farsi più bella, provocante ed appariscente: niente da fare. Tacco a spillo e baby doll ma io guardavo invece la panchina... ero totalmente rapito dai giardini fioriti curati in modo quasi maniacale, dalle piazzette colorate con fontane di marmo e con le siepi perfettamente tagliate, dalle panchine in ghisa (aridaje co ssà panchina...) ed i balconi in ferro battuto, dai monumenti, dalle minuscole chiesette barocche e dalle grandi cattedrali. Camminavo per le strade in porfido del centro e nei vicoletti di periferia acciottolati senza tempo illuminati con vecchi lampioni di ghisa retrò-style, ed ovunque guardassi era magia, poesia e stupore. Tutto per la prima volta davanti ai miei occhi. Ogni tanto, incuriosito, osservavo la discesa verso gli inferi dove entravano auto coraggiose e pedoni. Non sapevo ancora che sarei arrivato a conoscere ogni metro di quegli infernali tunnel sotterranei.

Guanajuato è una meravigliosa follia alla Escher che racchiude capolavori ed incanti che si svelano poco alla volta. Tutto il centro è pedonale e quando si gironzola senza meta nelle sue stradine lastricate e super colorate, talmente strette a volte che ci si può baciare da balcone a balcone o si può passare da una casetta all'altra attraverso un ponte (come nella famosa "Cuesta del Tecolote" y "Puente del Campanero"), si passa sbalorditi di meraviglia in meraviglia e ad ogni angolo ti chiedi quale sarà la prossima magia, quale incanto si celerà dietro il vicoletto sconosciuto che prima non avevi imboccato.

E così ogni scusa è buona per un'altra passeggiata, senza meta, affidandosi solo ai capricci dei piedi ed al lavoro incessante della retina: a Guanajuato ci si stanca, perché si cammina tutto il giorno, gli occhi sono messi a durissima prova ed i neuroni cerebrali bombardati da troppe emozioni tutte insieme. Si passa dal micro al macro, dal minuscolo vicoletto con il vangoncino della miniera utilizzato come fioriera, alla maestosità squadrata della Alhòndiga, dalla piccola Katrina o "calavera" esposta in un negozietto artigianale alla vista delle montagne dell'altipiano dal Pipila.

Cultura e folklore popolare a Guanajuato

E così, mentre Gaby sbuffava perché a nulla valevano i suoi tentativi di seduzione (sempre la panchina guardavo...), io immortalavo ogni angolino della pittoresca cittadina coloniale accontentandomi per il momento dell'estetica e degli incredibili cromatismi. Ero totalmente ignaro della storia e della cultura che si celava dietro il primo sbalorditivo colpo d'occhio: la più bella, divertente, giovane e sbarazzina tra tutte le città coloniali del continente americano, è anche un altare alla storia del Messico perché qui sono state scritte importanti pagine della guerra d'indipendenza, illustrate nei post precedenti.

La Alhòndiga de Granaditas

E poi, che incredibile atmosfera intellettuale, retrò e fortissimamente bohemienne! Sembra di stare in una enorme Monmartre di Parigi... Guanajuato è infatti una città molto giovane, autoctona ed autenticamente messicana, con un'intensissima vita culturale ed ovunque nella città è possibile incontrare simpaticissimi artisti di strada.

Maya con un'artista di strada a Guanajuato, Natale 2020

Il motivo di ciò, oltre al suo irresistibile fascino coloniale, è presto detto: è presente qui una delle più importanti università del Messico, in uno splendido ed imponente edificio in marmo bianco e verde con guglie e strane lavorazioni ed una bellissima scalinata molto scenografica. L'università, uno degli edifici più belli e visitati, non è posta in periferia come nelle altre grandi città del Messico. No, è nel centro storico, proprio vicinissima a Plaza de la Paz, a simboleggiare che la cultura, a Guanajuato, è assolutamente centrale. E' tutto. Sulla scalinata, sempre piena di studenti, di viaggiatori, di cittadini e turisti in un fantastico melting pot popolare, socializzare è questione di secondi. Lo si fa all'istante, in un'atmosfera giovanile e cosmopolita dove non ci si sente mai stranieri.

L'edificio in marmo bianco e verde dell'università di Guanajuato

Il culmine dell'intensa vita culturale di Guanajuato è il festival Cervantino: nato ufficialmente nel 1972 come teatro di strada per celebrare l'opera cervantina dell'epico Don Chisciotte, dopo quasi 40 anni è cresciuto a dismisura, fino a diventare l'evento artistico e culturale più importante dell'intera America Latina. Ogni ottobre quasi mezzo milione di persone di tutto il centro Messico, in particolare della vicina e popolosa Leòn, assistono alle manifestazioni culturali, artistiche, letterarie, teatrali, musicali e cinematografiche che occupano piazze, giardini e localini in una maratona di folclore popolare che dura circa 3 settimane, attirando visitatori da tutto il mondo. Le strade della cittadina ed ogni angolino di isola pedonale si riempiono all'inverosimile con spettacoli di teatro, musica e danza, concerti musicali, incontri culturali, attività accademiche, presentazione di libri, dipinti o sculture, il tutto sia organizzato che totalmente improvvisato: 3 settimane di fuoco, a cui ho avuto il piacere di assistere ben due volte. Un flash nel flash della città. Troppe emozioni. Troppo di tutto. Come Batu Bolong. Non sei preparato a tanta roba. Strepitoso davvero, un pieno di cultura nella cittadina coloniale più bella del pianeta (sì, non ho paura di sbilanciarmi) che ha fatto guadagnare al Festival un posto al fianco degli eventi culturali più importanti del mondo.

Esiste anche il museo dedicato a Don Chisciotte, che insieme a quello delle mummie e quello della Alhòndiga de Granaditas, è uno dei più visitati, con sculture, pitture e disegni sulle tribolazioni dello sgarrupato personaggio di Miguel de Cervantes: una sorta di omaggio al cavaliere più letto del mondo, ma anche al più matto. La pazzia galoppante e l'anticonformismo di questo meraviglioso perdente che si lancia dietro un sogno impossibile a discapito dell'esame della realtà, è un monumento contro l'omologazione della società, un grido di speranza dell'umanità contro il pensiero unico imposto dal sistema. Oggi bisogna sognare. Bisogna volare alto. Bisogna credere che una nuova società, più giusta, più equa, più rispettosa dell'uomo e della natura, non solo è auspicabile, ma è anche possibile e realizzabile.

Maya e le sue pose plastiche davanti Don Chisciotte

Di sera callejoneadas e mariachi riempiono le strade con la loro musica. Perché è dopo il tramonto che comincia a prendere forma la seconda essenza della città. I fari sono puntati sui monumenti e gli edifici si illuminano con luci bianche, rosse, azzurre o giallo ocra. I colori esplodono, anche più rispetto al giorno: l'oscurità delle tenebre non può nulla contro lo splendore di Guanajuato che vive di notte forse ancor più che di giorno, con i suoi numerosissimi hotel, ristoranti e tipicissimi locali notturni. Attenzione però se girate soli ed un po' brilli a mezzanotte per le vie del centro, soprattutto nella zona tra i vicoli Cantarranas, Hidalgo e Plaza Hinojo perché potreste spaventarvi un bel po'... dicono che siano posti frequentati proprio nelle ore piccole dalla famosa "llorona", secondo la leggenda popolare messicana il fantasma di una donna indigena che in condizioni di estrema povertà e pazzia, uccise uno ad uno tutti i suoi numerosi figli per vendicarsi del marito spagnolo infedele. Diverse persone, sconvolte, giurano di aver visto e sentito lo spettro della sfortunata con uno strascico etereo bianco, sospeso a mezz'aria, piedi non visibili, capelli lunghi e volto terrificante, che fluttua velocemente tra vicoli e mulattiere, lamentandosi, piangendo e gridando disperatamente, cercando i figli che lei stessa ha ucciso. Io personalmente, fortunatamente non l'ho sentita mai la llorona, eppure in quelle zone a mezzanotte mezzo brillo ci sono stato parecchie volte... ma spesso ho sentito la sua canzone popolare entrando nei bar della città. Ripetitiva e lenta nella melodia ma incredibilmente romantica e triste, è oramai entrata nel folklore popolare, tanto che compare in chiave pop anche nel bellissimo film "Coco" del 2017 della Disney/Pixar. Qui sotto una magistrale interpretazione della splendida Angela Aguilar.

La leggenda della “llorona” in tutto lo stato di Guanajuato è fortissima ed addirittura nella strada che va da Dolores Hidalgo a San Luiz della Paz è stata costruita nel 1913 la sua tomba... infatti sembra che il suo spirito vagasse per la zona terrorizzando gli abitanti, così un sacerdote realizzò un esorcismo, benedì il sito e fece realizzare il monumento al fine di placare il fantasma della donna.

La cittadina comunque, llorona a parte, pullula di leggende popolari, a volte simpatiche, spesso inquietanti e macabre, e non c'è praticamente callejòn che non abbia associata una qualche storia.

Museo de las Momias (delle mummie)

Guanajuato è pura cultura e folklore. Di musei ce ne sono oltre 20, dalla casa di Diego Rivera, dove il più grande pittore e muralista messicano, compagno dell'altrettanto famosissima Frida Kalho, ha passato la prima parte dell'infanzia, al museo delle Cere, dalla Alhòndiga de Granaditas a quello di Don Chisciotte, fino a quello della "santa" inquisizione che esibisce tutti gli strumenti di tortura dello scellerato periodo ecclesiastico.

Il museo in assoluto più visitato di Guanajuato è quello delle mummie, uno spettacolo al tempo stesso macabro ed affascinante, una specie di bottega degli orrori... e non stupisce assolutamente un tale morboso interesse per il luogo da parte degli stranieri, dei turisti messicani e degli autoctoni, perché il rapporto con la morte in Messico è assolutamente unico, singolare e centrale nella vita delle persone, talmente unico, singolare e centrale che sarà meritevole di un post a parte, "El dia de los muertos".

Una mummia del museo de Las Momias di Guanajuato

Perché c'è un museo delle mummie nella città? A causa della particolare aria secca e soprattutto della composizione del suolo, ricchissimo di minerali e sale che drena i liquidi asciugando i tessuti, i corpi seppelliti nei dintorni di Guanajuato praticamente mummificano. Nell'edificio, sicuramente da evitare per gli animi sensibili e claustrofobici, sono esposte in atmosfera controllata, mummie perfettamente conservate, tra cui anche neonati e donne gravide.

Fine piuttosto brutta per un presunto vampiro...

Nel 1833 nel paese ci fu una grave epidemia di colera che uccise molte persone. La leggenda dice che per paura di diffondere la malattia ancora di più, il CTS messicano, il "Comitato Tecnico Scientifico" di quei tempi, guidato dal trio "Mario Dragones", "Roberto Esperanzas" e “Roberto Burionis”, decise che alcuni malati dovessero essere seppelliti vivi ed è proprio questo il motivo per il quale le mummie sono contratte in terrificanti smorfie e ghigni, ed hanno un volto di dolore e sofferenza. Mhmmm... meglio evitare che la triade neoliberista e guerrafondaia italiana di oggi, Draghi - Speranza - Burioni, visiti il museo delle mummie di Guanajuato perché potrebbe prendere ispirazione: tra 10 anni, alla duecentomilionesima ondata di Covid (ormai magari diventato lievissimo mal di testa da semplice aspirina), il CTS italiano, guidato ancora da loro, sempre ovviamente osannati a reti unificate dai Bruno Vespa e Fabio Fazio di turno, potrebbe prendere la stessa misura con i positivi no vax, decretando per legge di seppellire vivi, sempre ovviamente in nome della "pubblica sicurezza", gli eretici come me, includendo però nella categoria, non solo gli "eretici nudi e puri" geneticamente integri (eccomi qui, orgogliosamente presente), ma anche le persone "n-1 bucate" che non accettano l'ennesima siringata deltoidea (per n tendente matematicamente a + infinito) di siero genico, che nel frattempo magari avrà già sterminato la metà della popolazione mondiale.

Va bbò, torniamo alle mummie di Guanajuato e scusate la digressione, ma io non sarò contento finché non vedrò sbattuta in galera quella maledetta cricca di neoliberisti e nazisti criminali che in questi due anni hanno pisciato ripetutamente addosso alla Costituzione italiana, nel silenzio assordante del belante gregge italico. Continuerò a parlare, finché me lo permetteranno, perché io questa orribile storia, non la dimenticherò mai.

Il Museo de las Momias ha quasi 150 anni di storia: nel 1865 si trovò il primo corpo mummificato e ad oggi sono oltre 100 le mummie esposte... lo "spettacolo" diventa angosciante quando si incontra Agnacia Aguilar de Chirilo, una donna interrata viva (sperando nuovamente che Draghi, Speranza e Burioni non mi leggano e traggano ispirazione...) nel 1922 per un attacco di catalessia, detta anche morte apparente, erroneamente giudicata deceduta dai medici... si risvegliò sottoterra e dentro la bara. Che orrore, credo l'incubo peggiore che possa vivere una persona.

Camilito, la più piccola mummia del mondo, principale attrazione del museo de Las Momias di Guanajuato

La “star” indiscussa del museo, e sua principale attrazione, è comunque Camilito, un feto di appena 6 mesi di gestazione: è il corpo mummificato più piccolo del mondo, in ottimo stato di conservazione, con struttura ossea, pelle, incavi degli occhi, costole, colonna vertebrale perfettamente visibili e definiti.

Una città che vive anche sottoterra

Guanajuato riesce ad essere unica non solo di giorno, ma anche la notte. Non solo in superficie, ma anche sottoterra. Il suo suolo, assai ricco di minerali, è stato infatti sforacchiato in tutti i modi possibili: le montagne circostanti sono piene di miniere, molte abbandonate, poche altre ancora attive, quasi tutte in ogni caso perfettamente visitabili. Guanajuato è stata in passato un'importantissima città mineraria: fino al secolo XVIII°, qui si produceva la quasi totalità dell'argento mondiale e nella sola miniera di "La Valenciana", su una collina 5 km circa a nord del centro, si estraevano al culmine della sua attività, quasi i due terzi dell'intero metallo nobile del pianeta, oltre a cospicue quantità di oro ed altri minerali.

A fianco del sito d'estrazione, ancora oggi attivo sebbene con ritmo incomparabilmente inferiore rispetto al passato, si trova la famosa e bellissima chiesa barocca de "La Valenciana" detta anche di San Cayetano, con fregi, pale dell'altare, sculture e cornici di dipinti tutti coperti d'oro. Fu costruita per iniziativa del ricchissimo proprietario spagnolo della miniera: era il minimo d'altronde che egli potesse fare, in quanto da straniero stava sfruttando il filone d'argento più ricco e redditizio del pianeta che non gli apparteneva minimamente, oltreché ovviamente la manodopera locale impiegata in un lavoro estremamente pericoloso, con turni massacranti e paghe ridicole.

La Iglesia de la Valenciana o San Cayetano

E non ci sono solo miniere a Guanajuato, ma anche tunnel. Chilometri e chilometri di tunnel, in continua espansione e costruzione, che si incontrano e ridividono in un labirinto sotterraneo pazzesco, che costituisce una delle caratteristiche principali della cittadina, nonché oramai, grande attrazione turistica.

Famiglia Cipolloni davanti al tunnel vicino al teatro Juarez: entri, ma non sai se ne esci vivo!

I tanti tunnel di Guanajuato che sbucano nel centro

Geograficamente Guanajuato è costruita su un letto di un fiume che fluiva nelle gallerie sotto al paese. Con la costruzione della "Presa de la Olla", una diga nella zona alta di Guanajuato vicinissimo al vecchio IMUG dove lavorava Gaby, le acque sono state deviate lasciando spazio ad un'articolata rete sotterranea di tunnel, i quali, dopo esser stati illuminati e pavimentati, sono stati destinati al transito delle auto, liberando così quasi totalmente il centro storico dal traffico e lasciandolo fortunatamente come grande isola pedonale.

La città pertanto brulica di vita anche sotto terra: le strade compaiono improvvisamente mentre passeggi, ti scompaiono sotto al naso e tornano a riapparire, fondendosi e confondendosi con gli edifici adiacenti; dal buio degli inferi sotterranei, spesso anche belli e scenografici con archi e volte in mattoni, alla luce del paradiso della superficie coloniale. Uno spettacolo allucinante nello spettacolo, ma in auto l'incubo è assicurato e nessuno, ma proprio nessuno può garantirvi di uscirne indenni... fortunatamente si può lasciare la macchina in uno de tanti parcheggi sotterranei, risalire a piedi, oppure prendere uno dei caratteristici autobus con l'immagine stampata di Don Chisciotte.

Guanajuato, la più bella del reame sei tu!

Insomma, l'avrete capito: Guanajuato è un'incredibile connubio tra natura, cultura, ricchezza etnografica, storia, architettura coloniale e bellezza diffusa. Tutto da capire e studiare. Tutto da amare. Ecco perché la cittadina non conosce fiacca nel turismo, molto più locale in ogni caso che straniero: il flusso è costante ed incessante, e va di pari passo con lo stimolo culturale ed artistico. A Guanajuato non ci si annoia mai: il giorno per esplorare ed incontrare la storia, la notte per scatenarsi e conoscere persone, sperando sempre che non siano terrificanti spettri fluttuanti con i capelli lunghi che si lamentano e gridano.

Ogni volta che torno in Messico fuggo dalla bruttura urbana di Leòn, prendo la macchina ed in mezzoretta di autopista sono a Guanajuato. Ed il tempo come per incanto si ferma. Spengo il cellulare e mi perdo tra i sui romantici callejones pieni di storia e leggende; salgo al Pipila, torno in Plazulela de San Fernando per una michelada gelida, entro al mercado Hidalgo a caccia di persone, situazioni, incontri, odori e sapori... mi siedo nella scalinata bianca dell'università o nei gradini del Teatro Juarez osservando l'umanità in movimento e scambiando due chiacchiere con turisti, menestrelli e locali... sorseggio una "copa de vino tinto" in un barezito fuori dal centro vicino ad un asinello da soma legato ad un palo, tornando a casa rigorosamente prima della mezzanotte per evitare le urla inquietanti della "llorona".

Ovunque, faccio il pieno di grazia e splendore. Ed ogni volta, pur conoscendo ogni anfratto dell'incantevole cittadina, l'emozione è sempre la stessa. Anzi, sempre maggiore. Ogni volta Guanajuato mi abbaglia e mi sconvolge, riempendomi il cuore ed elevando la mia anima verso l'infinito. Ogni volta, ogni santa volta, dal quel Natale del 2006, Guanajuato m'illumina d'immenso.

Un bellissimo mural dentro un pub di Guanajuato con tutte le attrazioni principali della città

Sì, amo alla follia Guanajuato, indubbiamente il luogo del Messico a cui sono emotivamente più legato. E' lei la più bella del reame. E' lei la più bella cittadina coloniale del mondo, il luogo dove ogni istante ed ogni scorcio diventano eterna magia e poesia.

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