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Un bacio portafortuna

El Callejón del Beso di Guanajuato

El Callejón del Beso, tradotto in italiano la “stradina del bacio“, è una delle più grandi attrazioni di Guanajuato, l'incantevole coloratissima cittadina coloniale nell'altipiano centrale del Messico: turisti e persone del posto, belli e brutti, buoni e meno buoni, pro vax (quelli sopravvissuti al buco) e no vax (sani come pesci e geneticamente integri), tutti rigorosamente romantici ed innamorati, fanno la coda per entrare. E' una viuzza molto stretta e caratteristica vicino Plaza de los Angeles, nella strada che dal teatro Juarez porta al Mercado Hidalgo.

El Callejòn del Beso di Guanajuato

Nel minuscolo Callejón del Beso esistono due case che si fronteggiano e quasi si toccano: secondo una leggenda del XIX secolo, Carmen, una ragazza di una famiglia benestante che lì abitava, promessa sposa di un vecchio nobile spagnolo, si innamorò invece di Luìs, un giovane minatore squattrinato, il quale per esserle più vicino possibile, decise di affittare segretamente l'appartamento di fronte dal cui balcone, a circa 3 metri d'altezza dalla strada sottostante ed a soli 68 cm di distanza da quello dell'amata, riusciva segretamente a baciarla. Il loro amore era ovviamente osteggiato dalle famiglie, in particolare dal padre di Carmen, un uomo autoritario e violento che desiderava che la figlia si sposasse in Spagna per diventare ancora più ricco. I due innamorati di nascosto continuavano a darsi appuntamento nel balcone per scambiarsi effusioni amorose dai parapetti. Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino però... e così un giorno furono scoperti dal padre, che accecato dalla rabbia, ebbe la bella idea di uccidere la figlia conficcandole un pugnale nel petto; il giovane, sconvolto, dopo aver vegliato la salma e baciato teneramente per ore la ormai fredda mano di Carmen, si suiciderà per raggiungerla nell'aldilà. Insomma, una tragedia di Shakespiriana memoria, una sorta di Romeo e Giulietta in versione messicana.

Quando si arriva sul posto, uno stuolo di simpaticissimi ragazzini locali ti chiedono di poter raccontare la storia: la sanno a memoria, non è d'altronde la Divina Commedia di Dante, e così per pochi pesos attaccano il disco, sempre identico e che non ammette variazioni di sorta. Mi raccomando però, non li interrompete mai con le domande perché non sanno rispondere, perdono il filo del discorso e ricominciano da capo... Si dice in ogni caso, che tutte le coppie che si baciano sul terzo gradino, abbiano 15 anni di felicità garantita, mentre quelle che passando nelle vicinanze non lo fanno, vivranno 7 anni di sofferenza e sfortuna.

Sono andato la prima volta in Messico nelle vacanze natalizie del 2006 per rivedere Gaby, che dopo la felice convivenza romana, già lavorava all'IMUG di Guanajuato. Il giorno del mio compleanno passeggiavamo per le stradine pittoresche della cittadina coloniale: lei oramai era abituata a certe visioni, per me invece era la prima volta. Rimasi letteralmente sconvolto da tanta bellezza concentrata, da tanto azzardo cromatico negli edifici, dagli scorci e dai dettagli, dall'atmosfera giovanile e bohemienne, dagli angolini e dalle piazzette incantate che trasudavano storia e cultura popolare.

Besito portafortuna al Callejòn del Beso nel Natale del 2006

Diretti verso il Mercado Hidalgo per due tacos economici ed una cerveza, per non saper né leggere e né scrivere, ci siamo fermati al Callejón del Beso. E come leggenda vuole, ci siamo dati un bacio nel terzo gradino proprio sotto al balcone degli innamorati. Un bacetto soltanto però casto casto: la degna conclusione della vicenda l'abbiamo rimandata alla notte, dopo una romantica cenetta.

Viva gli sposi!

E che dire... la leggenda è vera! La profezia infatti si è avverata... il bacio al Callejón del Beso nel 2006 è stato davvero portafortuna, perché dopo meno di due anni siamo tornati a Guanajuato a sposarci... Leonardo era nato e noi eravamo anche già uniti civilmente nel comune di San Benedetto del Tronto. Gaby è molto religiosa, devotissima come tutti i messicani alla Madonna di Guadalupe, e per lei il matrimonio in chiesa era molto importante... ho provato a rimandare il più possibile, a sparire in qualche abisso oceanico o esser risucchiato in qualche pompa da vuoto turbomolecolare del CNR, ma alla fine mi sono dovuto arrendere.

Mentre Gaby era impegnata nei preparativi, io sono andato due settimane a Cuba zaino in spalla, tornando in Messico quasi per miracolo, solo 2 giorni prima, impegnato la sera del 5 novembre a l'Havana in uno scontro di band rivali. Una storia lunga. Un'altra storia che un giorno metterò nero su bianco. Atterrai in Messico a Cancun; un giorno a Tulum in una capanna sul mare per rivedere una delle spiagge più belle del pianeta, un'immersione subacquea al Gran Cenote e via a Guanajuato con un volo diretto all'aeroporto del Bajio. Ero assolutamente impresentabile, con capelli lunghi e barba oscena. Faticarono a riconoscermi.

El Templo de San Josè y Señor Santiago detto anche "Hospital de Marfìl" nel quartiere Marfìl di Guanajuato, dove io e Gaby ci siamo sposati l'8 novembre 2008

Nello stesso giorno del matrimonio Leonardo viene battezzato

Viva gli sposi!

L'8 Novembre 2008, stesso giorno del battesimo di Leonardo, io e Gaby ci sposiamo in una delle chiese più antiche di Guanajuato, nell'antico Templo de San Josè y Señor Santiago, anche conosciuto come “Hospital de Marfil”, ovviamente coloratissimo, nell'omonimo caratteristico quartiere popolare del Marfìl nella parte alta e periferica della città, non lontano dalla centrale degli autobus. Per la terza volta nella mia vita, dopo laurea e matrimonio in comune, metto un vestito elegante che non siano jeans e t-shirt. E' sempre lo stesso, mi sta anche grande e non è neppure particolarmente bello. Mi sa che adesso però lo rivendo visto che non sono in programma altre lauree o matrimoni. Gaby in ogni caso non sarà da meno, perché non acquisterà il suo vestito da sposa, ma se lo farà prestare da un'amica. Come da tradizione, avrà tre bouquet: uno viene conservato, un altro verrà lanciato ai single durante la festa subito dopo il gioco del “serpente marino”, ed un terzo sarà offerto alla Madonna di Guadalupe a fine messa affinché consacri e protegga l’unione.

Giungiamo davanti l'altare ovviamente emozionati, camminando su un tappeto rosso, sul quale i paggetti tirano i petali dei fiori aprendoci il cammino. Patty Lopez e Mary Ines, amiche e testimoni di Gabriela, nel corso della cerimonia ci avvolgono nel lazo: è una tipicissima usanza messicana nella quale la coppia viene legata nelle mani con un filo d’oro ed uno d’argento, oppure avvolta nelle spalle e vincolata con un doppio lungo rosario, custodito dalla famiglia di generazione in generazione, simboleggiante l’unione indissolubile ed eterna tra marito e moglie. A questo rito devono esser presenti ben dieci testimoni, 5 madrine tutte da una parte e 5 padrini dall'altra, vestiti in modo più o meno simile, in modo tale che qualsiasi forza maligna cerchi di impedire il matrimonio, si confonda e desista dal tentativo.

Il rito messicano del "lazo"

Durante la messa donerò a Gaby, prima dello scambio delle fedi, anche un sacchetto con tredici monete d’oro, chiamate “arras”, augurio di fortuna e prosperità, che simboleggeranno davanti a tutti il mio impegno a mantenerla economicamente: impegno mantenuto, anche se a volte oggi ho la tentazione di disattivargli la carta di credito Fineco legata al conto Amazon, visto che un giorno sì e l'altro pure arrivano pacchetti di Jeff Bezos. E non è che mi stia molto simpatico Jeff, lo sapete.

Gaby piange durante la cerimonia. Ma non di tristezza, pensando al fatto che deve sposare uno che due giorni prima era a Cuba in Plaza de la Revolucìon a l'Havana, maglietta del Che, bandana in testa ed una barba simile a quella di Fidel Castro. No, no... tranquilli, è felice: il pianto della sposa nella messa è oltretutto di buon auspicio perché nelle tradizioni ancestrali indigene, le sue lacrime, le ultime prima della nuova vita da coniugata, nutrono la terra favorendo il prossimo raccolto.

Sei fritto, ti ho incastrato!

La Casa Colorada di Guanajuato, in alto vista da Plaza de Los Angeles

I giardini della Casa Colorata con vista pazzesca sui tetti di Guanajuato

Fiesta a tutta tequila poi alla “Casa Colorada”, un hotel boutique, ex residenza del presidente del Messico Vincente Fox, nella zona più alta di Guanajuato, con un immenso salone vetrato dal quale si ha una vista sulla cittadina semplicemente fantasmagorica. Tanto di giorno, quanto di notte.

Splendida vista notturna di Guanajuato

Se da noi i matrimoni sono essenzialmente cibo, cibo, cibo con 200 mila portate, in Messico l'aspetto culinario è assolutamente secondario e sostituito alla grande da quello alcolico e ballerino. Le uniche e sole porzioni servite a tavola nella nostra cena saranno una zuppa ed un altro semplicissimo piatto, ovviamente piccante, a base di riso, carne di pollo, fagioli e tortillas. E basta. Tutti ballano fin da subito, anche la vecchietta di 90 anni e l'atmosfera diviene presto incandescente. Il divertimento è assicurato con fiumi di tequila e giochi tradizionali come il “serpente marino“ in cui i festeggiati formano un arco con gli invitati, i quali a ritmo di musica via via sempre più veloce e tarantolata, vi passano sotto fino a che improvvisamente questa non viene stoppata ed il “tunnel” si abbassa. Il gioco si conclude con la sposa e lo sposo che lanciano rispettivamente il bouquet e la giarrettiera verso le donne e gli uomini single.

Immancabile, essendo novembre, l'altare dei morti, splendidamente realizzato nel nostro caso da Lulù e Caro con le foto dei defunti di famiglia; ed ovviamente, presenti anche i mariachi, i tipici musicisti messicani tradizionalmente vestiti che cantano e suonano ballate popolari con chitarre, violini e trombe. A me la loro musica non piace per niente, ma vi avverto... mai dire questo ad un messicano! E' una bestemmia, dall'impatto emotivo paragonabile ad una frase del tipo «La pizza o la pasta italiana fa schifo» detta ad un napoletano.

L'altare dei morti realizzato da Lulù e Caro

Contrariamente a quanto avvenne nel matrimonio civile, stavolta il fotografo, o meglio la fotografa, c'era. Per lo meno in teoria, perché la sua lucidità mentale e fisica durò pochissimo, il tempo di un paio di bicchieri. Si offrì una amica di Gaby, tal Marisol, simpaticissima, che cominciò anche bene, ma poi tra una tequila ed una cerveza, tra una cerveza ed una tequila, andò in una altra ed extraterrena dimensione: la qualità delle sue foto, a partire da subito dopo il tramonto, decadde in maniera direttamente proporzionale al suo tasso alcoolico. Si sbronzò alla fine come un'asina e quasi tutte le foto vennero sfocate, con teste e piedi tagliati e cose del genere. Sparì a metà festa col DJ, così anche la musica ad un certo punto terminò. Fantastico il Messico!

Si danza sulle note di "The heart asks pleasure first" di Michael Nyman

Prima di scatenarci nei divertenti balli di gruppo, ci siamo concessi un bel romantico valzer, anche con i rispettivi genitori. Non poteva nemmeno mancare un pezzo al pianoforte: scelsi il brano "The heart asks pleasure first" di Michael Nyman, indimenticabile colonna sonora del film Lezioni di Piano.

E poi, a fine festa, dopo che anche Roèl, il padre della sposa, ha offerto l'ultimo “bicchiere della staffa“, giustamente noi piccioncini ci ritiriamo nella suite presidenziale dando libero sfogo alla passione. Sseeeh, forse... magari... Gaby stava ben ciucca ed appena toccato il letto, andò immediatamente tra le braccia di Morfeo, raggiungendo la sua amica Marisol nell'ultramondo e lasciandomi solo davanti alla finestra a contemplare l'infinita bellezza notturna di Guanajuato.

El Pipila e la mitica Alhòndiga de Granaditas

Nel Natale del 2018, 10 anni dopo il nostro matrimonio e dopo ben 4 anni di colpevolissima assenza, torno a Guanajuato. Per un motivo o per l'altro, in Messico non ero più andato, al contrario di Gaby e dei bambini che un mesetto all'anno buono se lo sono sempre fatti. La cittadina incantata mi mancava da morire, come nessun altro luogo al mondo. E l'ho trovata ancora più bella, ancora più affascinante, ancora più irresistibile. Sì, non c'è proprio limite all'amore che provo per questo luogo magico del Messico. Vista la ricorrenza temporale, io e Gaby decidiamo, emozionati, di tornare alla Casa Colorada, stavolta anche con Leonardo e Maya, fermandoci a mangiare magari nella stessa strepitosa sala panoramica del nostro matrimonio.

Prendiamo la funicolare proprio dietro al teatro Juarez e saliamo al Pipila, la grande statua dell'eroe dell'indipendenza messicana, perfettamente visibile anche dal centro, che domina tutta la città dall'alto. Ci si può arrivare anche a piedi, inerpicandosi tra i vicoletti color pastello della cittadina, ma il trenino inclinato è comunque un'esperienza piacevolissima ed assai divertente, soprattutto per e con i bambini: man mano che si sale il panorama si apre ed appaiono gli edifici più importanti della città, come l'Università, il mercato e l'Alhòndiga, il teatro, le haciendas più famose e le miniere, con le brulle montagne sullo sfondo ad incorniciare un capolavoro visivo degno del miglior Picasso. E lo stupore poco a poco prende il sopravvento.

La statua del Pipila vista dal centro di Guanajuato ed in alto, alla sua destra la Casa Colorada

Il monumento si trova su una terrazza panoramica semicircolare con gli immancabili ristorantini e bancarelle alle spalle; il braccio alzato del Pipila si affaccia sull'intera città di Guanajuato, con la Casa Colorada che è poco più in alto, a poche centinaia di metri di distanza. La statua in sé per la verità non è un granché, anzi, direi proprio che è piuttosto bruttina. Forse, per uno degli eroi dell'indipendenza messicana potevano decisamente impegnarsi di più.

Monumento al Pipila, eroe dell'indipendenza messicana

La veduta sottostante invece è a dir poco eccezionale e lascia a bocca aperta. Il panorama è di indescrivibile bellezza, quasi commovente: rimani a contemplarlo che passano ore senza che tu te ne accorga... Una distesa di case multicolore che si inerpicano sulle pendici delle montagne, con gli edifici più importanti perfettamente riconoscibili: indubbiamente inserisco questa tra le 10 migliori vedute al mondo che ho avuto la fortuna di poter ammirare.

Fantasmagorica vista di Guanajuato dalla terrazza del Pipila

La grande e bruttina statua rosa che domina la città dall'alto, è strettissimamente relazionata alla Alhòndiga de Granaditas, un imponente edificio squadrato costruito ad inizio 1800 in stile neoclassico, di 75 metri di lunghezza, 68 di larghezza e 23 d'altezza, famosissimo in tutto il Messico in quanto testimone di avvenimenti storici assai importanti durante la guerra d'indipendenza.

La Alhòndiga de Granaditas

La Alhòndiga de Granaditas si trova nel centro storico di Guanajuato non lontano dal Mercado Hidalgo; nel 1800 era adibita a deposito del grano e del tabacco ma nel 1810, durante la guerra d'indipendenza, fu trasformato dagli spagnoli in fortezza, caserma e prigione.

Dopo il triplice Grito pronunciato il 15 settembre 1810 a Dolores Hidalgo da padre Miguel Hidalgo, le truppe rivoluzionarie del religioso e di Allende marciarono sulla città di Guanajuato. Gli spagnoli decisero, per difendersi ed organizzare meglio il contrattacco, di asserragliarsi dentro la Alhòndiga. Vista l'impossibilità di prendere la fortezza, davvero ben costruita e praticamente senza finestre, Hidalgo decise di bruciare il portone orientale in modo da permettere alle milizie indipendentiste di entrare. Fu un giovane minatore umile e coraggioso di nome Juan José de los Reyes Martinez, soprannominato El Pipila, che eroicamente, sfidando la morte, riuscì ad appiccare il fuoco alla porta della fortezza aprendo la strada al grande successo per le truppe rivoluzionarie e diventando uno degli eroi della nazione, consegnando se stesso all'immortalità. Tuttavia, nonostante questo successo, per l'esercito indipendentista, da Guanajuato in poi, furono solo disfatte e massacri. Verso la fine del 1811, i leader rivoluzionari Hidalgo, Allende, Aldama ed Jimenez furono presi e giustiziati. Le loro teste furono appese ai 4 angoli della Alhòndiga, e lì lasciate esposte per ben 10 anni come monito per gli aspiranti nuovi rivoluzionari, finché, dichiarata l'indipendenza del Messico, furono portate nella capitale e sepolte con tutti gli onori. E' proprio questo per l'appunto il periodo clou della storia del Messico raccontato nel museo regionale interno alla Alhóndiga de Granaditas, con affreschi piuttosto inquietanti ed anche cimeli storici tra cui le gabbie dove furono esposte le teste degli eroi. In corrispondenza dei 4 punti di posizionamento di queste gabbie, oggi compaiono 4 targhe, una per ciascuno dei leader rivoluzionari.

Sfortunatamente non sono mai riuscito ad entrare dentro la Alhòndiga: nel 2020 c'ero andato di proposito ma tutti i musei della città erano chiusi per un'epidemia mondiale di peste bubbonica, successivamente curata con sieri genici sperimentali di nuova generazione ad mRNA che però purtroppo hanno ucciso di “non correlazione” o comunque danneggiato buona parte degli under 50 che invece doveva salvare.

Ritorno 10 anni dopo alla Casa Colorada ed al Callejòn del Beso

Leonardo e Maya rimangono incantati dalla visione di Guanajuato dal Pipila. Ma credo che anche una scimmia in quel punto si emozionerebbe, quasi fino a piangere. Una breve camminata in salita e torniamo, dopo 10 anni dal nostro matrimonio, alla Casa Colorada. Il tempo sembra essersi fermato. Tutto è rimasto identico, anche se purtroppo è in atto un brutto progetto di ampliamento che ha interessato parte degli splendidi giardini di cactus circostanti.

Alla Casa Colorada con Leonardo e Maya, 10 anni dopo il matrimonio

Leonardo stile "Vincenzo Montella"

Nella suite presidenziale, 10 anni dopo

Torniamo anche nella suite presidenziale, dove io e Gaby abbiamo dormito (solo quello) la notte del matrimonio, ed i ricordi prendono il sopravvento... il viaggio a Cuba, il battesimo di Leonardo, la chiesa rossa al Marfìl con i cani randagi dentro durante la cerimonia, il gioco del serpente marino, i mariachi… i bambini ci ascoltano emozionati e felici, manco stessimo a raccontare una fiaba. Anzi, forse è stato tutto proprio una bellissima fiaba. Capisco sempre più quanto è importante l'armonia familiare nella crescita e nella salute psicofisica di ragazzini in crescita, sempre di più quanto è importante per loro una cultura fatta non solo di libri, ma di viaggi ed esperienze.

Nuovamente dentro la suite, nuovamente attaccati al vetro sbalorditi da tanta bellezza. Ma con due marmocchi, stavolta la privacy è ben diversa rispetto a 10 anni fa. Il risultato però è lo stesso, non cambia. In bianco oggi, in bianco anche nel 2008, perché come ricorderete, Gaby invece concedersi ed assolvere ai suoi doveri coniugali ricompensando il generoso marito di esser tornato dalla patria del Che per sposarsi in chiesa, luogo al quale è abbastanza allergico, beatamente decise di raggiungere nell'ultramondo la sua amica fotografa Marisol, che dopo aver scattato immagini da Word Press Photo con teste mozzate e fuori fuoco, era fuggita barcollando col DJ.

Scendiamo, raggiungendo nuovamente il centro attraverso i vicoletti stretti e colorati. Ogni passo, ogni sguardo, ogni respiro a Guanajuato, per me è pura emozione e felicità. Gaby lo sa bene. Anche i bambini se ne sono accorti. Leonardo e Maya alzano la testa e guardano: oggi, finalmente, hanno capito il motivo per il quale vado in estasi ogni volta che si parla di questa meravigliosa cittadina.

Sono piccoli, ma la loro particolare sensibilità d'animo gli consente di comprendere l'irreale bellezza di questo posto. E' proprio vero... come disse il principe Miškin del romanzo “L'idiota” del noto criminale filo putiniano Fedor Dostoevskij (morto 141 anni fa e nonostante questo ora addirittura bandito e censurato dalle università italiane), “solo la bellezza salverà il mondo”.

Discesa dal Pipila al centro attraverso le viuzze colorate di Guanajuato

Solo la bellezza salverà il mondo!

Un quarto d'ora circa di facile discesa a piedi, tra le viuzze incantate perse nel tempo e nel silenzio, con la tavolozza di colore di Guanajuato che esplode sulle pareti delle case, e siamo nuovamente in prossimità del centro storico. Poco a poco si cominciano a sentire i rumori delle persone, il rombo dei caratteristici autobus con l'immagine di Don Chisciotte, i mariachi con le chitarre ed i menestrelli con i mandolini.

Io e Gaby versione "Carmen y Luìs" sui balconcini vicini del Callejòn del Beso

Famiglia Cipolloni al completo sui balconcini del Callejòn del Beso

Come per magia, ci ritroviamo nella vietta dove tutto 14 anni prima era cominciato. Nel Callejón del Beso. Diamo venti pesos ad un ragazzino per farci raccontare nuovamente la storia, rigorosamente senza interromperlo. E ci avviamo verso il terzo gradino, rinnovando la “cabala” per avere altri 15 anni di felicità.