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Lampedusa

24 Settembre 2020: un economico volo diretto Blu-express della Panorama Airlines da Roma mi porta a Lampedusa, la maggiore delle Isole Pelagie. Appartiene amministrativamente alla provincia di Agrigento, ma è più vicina all'Africa che allo stivale: è distante circa 220 km da Porto Empedocle in Sicilia, 155 da Malta, 130 dalla Tunisia, oltre 350 dalla Libia.

Non è un viaggio di piacere il mio. Sono a caccia di verità, sono qui per studiare una delle peggiori, atroci e dirette conseguenze del capitalismo e del neoliberismo nel mondo: l'immigrazione di massa. Sono qui per verificare con i miei occhi, scoprire, fotografare, interrogare persone. Saranno 4 giorni molto intensi, fisicamente ed emotivamente.

Alla ricerca di un alloggio semplice ed una bicicletta in affitto, conosco subito il proprietario dell'isola. Sì, praticamente "Lampedusa è sua", una frase che sentirò spesso dire in giro. Tempo fa ha fatto un buco nel suolo ed ha trovato acqua dolce, l'unica fonte di oro blu dell'isola. Bingo, 13 al totocalcio, 6 al superenalotto. A quel tempo non esisteva il turismo né arrivavano senza sosta carichi di disperati da sfruttare su cui costruire un indotto economico: PD, ONG e filantropi ancora non esistevano. Scoperta così la gallina dalle uova d'oro, lui iniziò a vendere acqua preziosissima agli isolani per poi comprare terreni. Vendeva e comprava. Più vendeva e più comprava. E così oggi a Lampedusa è praticamente quasi tutto suo.

Si chiama Ettore Greco, è un personaggio decisamente pittoresco, panzone, atteggiamento da anfitrione con fortissimo accento siciliano, per me ai limiti dell'incomprensibile. Tutto deve passare per il suo controllo, la sua approvazione e la sua supervisione. Tutti mostrano grande riverenza di fronte a Don Ettore, il "mammasantissima" di Lampedusa. Se lo vedi però, sembra un isolano come un altro: ciambelle mezze sfondate, unghia incarnita, canottiera sudicia e sudatissima, panza ben in evidenza ed ascella fetida.

Arriva con una macchina mezza scassata e subito prende di mira un giovane di colore, probabilmente un migrante rimasto nell'isola a lavorare, facendogli un cazziatone assurdo, urlando e dicendogli cose incomprensibili. Il ragazzo rimane tutto il tempo immobile ed a testa bassa, umiliato ed impaurito, probabilmente senza nemmeno capire un cazzo di niente di quello che gli viene detto.

Don Vito Corleone mi dà le chiavi di un piccolo stanzino in un residence molto isolato in prossimità della baia di Mare Morto a nord-est del centro abitato. Mi invita ad affittare un motorino, sconsigliandomi la bicicletta per via delle distanze, del vento, dei saliscendi e del caldo infernale. «Cioè vogghiu capìri, si vinni insunu a ccà pe' faticà?» (traduzione: cioè fammi capire, sei venuto fino a qui per soffrire?) Ho quasi paura a contraddirlo, sia mai che caccia una lupara... ma gli faccio capire che non è una questione economica: lo faccio per impattare ambientalmente il meno possibile, viaggiare slow e contemporaneamente fare molto sport per allenarmi: non due, ma tanti piccioni con una sola fava! Seehhh, arabo per lui. Non capisce ovviamente e pensa che sono pazzo. Ma io d'altronde sono ben abituato alla gente che non mi capisce e vado dritto per la mia strada.

Lo saluto cordialmente, inforco la mia mountain bike e faccio la cosa che più mi piace quando arrivo in un luogo sconosciuto: pedalo per perdermi, conoscere e fotografare. A 35°C. Sole alto che spacca le pietre. Si muore, ma io, bandana in testa e tre litri d'acqua dietro, parto verso l'ignoto. Primo obiettivo, perdermi. Secondo obiettivo, il tramonto nel punto più a sud d'Italia.

La porta d'Europa

Lampedusa ha una forma a triangolo isoscele molto allungato, con altezza di circa 10 Km in direzione Ovest – Est e base di circa 3 Km e mezzo in direzione Nord – Sud, con uno sviluppo costiero di circa 36 km. Dal paese mi dirigo verso la Spiaggia dei Conigli e Capo Ponente percorrendo Via dei Dammusi, la quale prende il nome dalle tipiche costruzioni di pietra di un tempo disseminate un po' in tutta l'isola, oramai poco più che ruderi. Comunque, è tosta davvero andar in bici da un capo all'altro, magari controvento, col sole a piombo che picchia impietosamente e salite che spezzano le gambe e piegano la ferrea volontà e determinazione... come non bastasse, ci si mette pure un cambio malfunzionante, limitato praticamente a due soli rapporti. Ogni tanto, mi supera una scoppiettante Citroën Mehari colorata di giallo o verde, la tipicissima vecchia auto aperta stile "cabrio" di Lampedusa (meglio conosciuta come "spiaggina"), e gli occupanti mi guardano con aria compassionevole... Cazzarola, aveva ragione Al Pacino...

Ma non mollo, più che altro per non ammettere a me stesso che sto invecchiando anche io. Dopo aver fatto il giro delle Lofoten in Norvegia in bici pedalando sotto la pioggia un'intera notte pur di prendere il traghetto di ritorno, dopo aver pedalato 3 giorni nel Burkina Faso di Sankara con un autentico catorcio cigolante e rumoroso con le gomme quasi sempre a terra, dopo aver fatto il giro di mezza Cambogia con dengue finale inclusa, non riuscire a girare Lampedusa in bici ed affittare un motorino, vuol dire per me una sola cosa: stattene dentro casa, metti un paio di pantofole come dice tua moglie, vai a giocare a burraco nei circoli di carte e fatti pure crescere la panzetta. Mai, piuttosto crepo!

La bicicletta affittata per 3 giorni

Come programmato, sudatissimo ed ansimante, rosso come un'aragosta e pure un po' disidratato, dopo aver girovagato un po' ovunque, riesco a raggiungere al tramonto Punta Pesce Spada, chiamata anche Punta Cavallo Bianco. Si trova a meno di un chilometro dal centro abitato e ci si arriva facilmente percorrendo un sentiero che sale dal vecchio porticciolo, costeggia la pista dell'aeroporto inerpicandosi su una collina di pietre e sterpaglie, ed infine si tuffa letteralmente nel mare. Punta Pesce Spada costituisce l'estremità meridionale del Bel Paese; non dell'Europa come erroneamente si pensa, perché l'isoletta greca di Gavdos, una cinquantina di km sotto Creta, è a pochi decimi di grado di latitudine più a sud. Un giorno andrò anche lì, anche perché è brulla, desertica, vergine e quasi disabitata (ricordate sempre quando mi leggete e non capite, che io ragiono al contrario di come ragiona la massa): dalle norvegesi Isole Svalbard, vicino al Polo Nord, all'estremo sud dell'Europa nell'isola di Gavdos.

Appoggio la bicicletta per terra, già abbastanza stanco per le fatiche ciclistiche giornaliere, e mi incammino tra le rocce verso un vecchio bunker della seconda guerra mondiale. La fortificazione di difesa antiaerea ed antinavale è ben conservata, a distanza di quasi un secolo dalla sua costruzione. Vicino alla fenditura dove un tempo erano posizionate 4 mitragliatrici a perlustrare l'orizzonte, è appoggiata una vecchia corona, probabilmente deposta per qualche tragedia del mare.

Punta Pesce Spada (detta anche Punta Cavallo Bianco) vista dal mare

La casamatta della seconda guerra mondiale; altri due bunker si trovano nelle vicinanze, alla fine del molo del porto vecchio

Mi colpisce subito però un poster corroso dal tempo attaccato sulle pareti di cemento della casamatta: c'è la foto di Ilaria Alpi, la famosa Giornalista italiana (con la G volutamente maiuscola) assassinata il 20 marzo 1994 a Mogadiscio insieme al collega Miran Hrovatin, in circostanze mai (volutamente) chiarite. Un'eroina di fronte alla quale i pennivendoli di oggi, servi del potere e principali divulgatori di odio sociale e falso scientifico, dovrebbero impallidire di vergogna.

Illy stava indagando su loschi rapporti di corruzione tra politici locali ed alti vertici dei servizi segreti e delle istituzioni italiane: aveva scoperto un pauroso giro di tangenti che alimentava un incredibile traffico di armi, rifiuti tossici e persino radioattivi da intombare e dimenticare per sempre nell'Africa nera, in qualche porto o autostrada in costruzione, o peggio, da affondare in qualche carretta del mare come la Jolly Rosso.

Ovviamente a distanza di vent'anni nessun (vero) colpevole e mandanti sconosciuti, con indagini sempre ostacolate ed insabbiate, esattamente come per tutti gli omicidi di stato, Falcone e Borsellino in primis. Sotto l'immagine stilizzata della Giornalista (sempre in maiuscolo per distinguerla dalle pecore belanti ed obbedienti di oggi), è scritto: "Wanted eroe – Ilaria Alpi – colpevole di aiutarli a casa loro!".

A pochi metri dal bunker si trova la famosa scultura di Mimmo Paladino, chiamata "Porta di Lampedusa – Porta d'Europa". L'opera monumentale è alta quasi 5 metri per 3 di larghezza: fu inaugurata a fine giugno del 2008 e dedicata alla memoria delle migliaia di migranti deceduti in mare alla disperata ricerca di un futuro migliore. Per chi arriva dal continente nero compresso come una sardina a bordo di barconi fatiscenti, con persone a fianco magari già morte, costituisce la prima vista di terraferma dopo la navigazione in mare per ore ed ore. E' dunque la Porta d'Europa aperta verso l'Africa.

Costruita in ceramica ed acciaio, assorbe e riflette luce, anche quella della luna secondo il malandato pannello esplicativo che le è a fianco, divenendo così una sorta di faro visto dal mare. L'Italia finisce qui. Una casamatta della seconda guerra mondiale ed una Porta monumentale. Dopo c'è solo l'acqua salata del Mediterraneo. Paladino decorò la scultura con oggetti personali dei migranti che tipicamente si ritrovano nelle spiagge di Lampedusa dopo un naufragio: collanine, bracciali, scarpette, ciotole. Ma ci sono anche volti e numeri. Perché dietro ogni numero c'è un viso sofferente, una storia infernale, una speranza di salvezza e di una nuova vita.

La famosa scultura di Mimmo Paladino "Porta di Lampedusa – Porta d'Europa"

Certo però, se questa è la Porta d'Europa, quei poveri cristi dei migranti stanno messi davvero male... Arrugginita, corrosa dal tempo e dalla salsedine, la maggior parte dei pezzi staccati. Povera porta... ormai grottesca, inutile, quasi totalmente sgretolata dalla nebbia salina. Disperatamente sola nell'aspro, brullo e disperato paesaggio lampedusano. Dimenticata da Dio. Pure sfregiata e vandalizzata... La casamatta dopo quasi un secolo è perfettamente integra e conservata, mentre la scultura di Paladino è da buttare dopo pochi anni dall'inaugurazione...

Non posso, da progettista di impianti, che farmi una domanda: ma come caxxo si può costruire un'opera sul mare che dopo un decennio è già marcia? Si vuole utilizzare ferro e non alluminio anodizzato? Bene, scelta discutibile, ma come minimo è necessaria una eccellente zincatura a caldo e successiva verniciatura a fuoco con manutenzioni regolari! Solo in questo modo, anche in quell'ambiente fortissimamente aggressivo, la protezione dai fenomeni corrosivi può esser garantita per almeno un ventennio... mah. Sorvoliamo.

Immersioni a Lampione con gli squali grigi

Seduto sotto la porta di Paladino, guardo l'orizzonte. Il vento ed il mare si stanno alzando. La bonaccia di stamattina non c'è più ed il tempo è in peggioramento. Stasera probabilmente niente sbarchi, niente disperati che si aggiungono ai disperati già presenti. Se domattina però voglio fare immersioni devo andare subito ad informarmi nel diving center al porto prima che chiuda.

Le immersioni alle Pelagie sono fantastiche, quasi in ambiente semitropicale, con le due perle assolute della "Secca del Levante" e di Lampione: entrambi i siti sono spesso inclusi nella lista dei diving spots più belli d'Europa, anche se sono riservati a sub esperti date le profondità in gioco e la possibilità di correnti. A rendere ogni tuffo in acqua con maschera e bombole, assolutamente indimenticabile, concorrono una serie di fattori quali la posizione dell'arcipelago, proprio in mezzo al Mediterraneo, la grande varietà morfologica dei fondali che regalano sempre scorci favolosi, l'area marina protetta istituita nel 2002 che implica un'alta probabilità di incontrare grosso pesce pelagico ed infine l'eccezionale visibilità e trasparenza dell'acqua. Sembra davvero di star in piscina, con la differenza che tutt'intorno si hanno dentici, corvine, saraghi, orate, ricciole, trigoni giganti ed aquile di mare, tonni e barracuda, cernie brune e dorate di grossa taglia. Spesso si avvistano delfini e tartarughe ed a volte è possibile udire sott'acqua persino il canto lontano di megattere di passaggio.

Ho un unico giorno a disposizione per le immersioni perché il meteo non promette nulla di buono. Manco a dirlo, dunque, i miei obiettivi subacquei giornalieri sono due: la Secca del Levante ad est di Lampedusa, una vasta formazione rocciosa che sale fino a 16 metri di profondità da un fondale sabbioso di circa 45, e l'isolotto di Lampione, in posizione diametralmente opposta, ad una decina di miglia nautiche ad Ovest di Lampedusa.

Quest'ultimo è praticamente poco più che uno scoglio aspro ed arido a forma di panettone, con alte falesie erose da mare ed intemperie, abitato solo da gabbiani e lucertole. Lampione è un luogo magico ed incontaminato, per i romantici della subacquea come me: ci si ritrova soli a far bolle in un habitat incredibilmente ricco e vario pieno di vita bentonica e pelagica, con fondali a gradoni, franate con grossi massi, distese di posidonia, cigliate, anfratti, spaccature e grotte. Intorno a 30 metri un drop off sprofonda verticale verso un fondo di sabbia bianca a 50 metri.

Con la barca di subacquei verso l'isolotto di Lampione

Ciò che mi colpisce è la luce. Tantissima luce e l'acqua cristallina. La trasparenza dell'acqua è impressionante con visibilità che raggiunge i 40 metri. E pensare che oggi il mare non è nemmeno troppo calmo... Sì, se si è subacquei, andare a Lampedusa e non immergersi a Lampione è come andare all'arcipelago di Komodo e non immergersi a Batu Bolong.

La parete di Lampione punto d'inizio della nostra immersione

C'è un altro motivo per il quale le immersioni a Lampione sono indimenticabili: la presenza, assolutamente unica in tutta Italia, da luglio ad ottobre, di una colonia di squali grigi di circa una una quarantina di esemplari, lunghi fino a 2 metri e mezzo. E' una specie che predilige profondità relativamente basse e temperatura dell'acqua non inferiore ai 20°C per cui vive esclusivamente nelle acque tropicali e sub tropicali.

Qual è il motivo di quest’aggregazione estiva proprio in questo scoglio dimenticato da Dio nel bel mezzo del mare nostrum? E' un fenomeno molto raro nel Mediterraneo, con soli altri 3 pit stop sicuri ed accertati, in Tunisia, Turchia ed Israele: gli scienziati non sanno ancora dare una risposta certa, anche se si pensa che l'isolotto potrebbe essere una tappa di una rotta migratoria. In tutti i casi, comunque l'alta temperatura dell'acqua sembra il fattore decisivo per gli spostamenti del top predator.

Il mio compagno d'immersione è Daniel, un vigile del fuoco modenese, ormai da mesi in servizio a Lampedusa, che sarà in seguito, una preziosissima fonte di informazioni. Saremo fortunati e sfortunati al tempo stesso: avvisteremo infatti intorno alla quarantina di metri di profondità, una mezza dozzina di esemplari che nuotavano in cerchio; purtroppo però, erano nel blu, abbastanza lontani, e non avevo con me neppure la fotocamera subacquea, così non ho potuto immortalarli. Rimarranno fotografati in qualche anfratto della mia memoria: potrò sempre dire di essermi immerso con gli squali non solo ai Caraibi, alle Maldive, in Africa o nel triangolo dei coralli in Asia ed Oceania, ma anche in... Italia!

Il paese di Lampedusa

La vita di Lampedusa, come è facile immaginare, scorre attorno al porto, un'ampia insenatura delimitata da Punta Guitgia e Punta Maccaferri, che a sua volta si divide in due baie riparate dove si trovano il porto vecchio, più ad est e proprio a ridosso della pista di decollo ed atterraggio, e quello nuovo, più grande e recente, delimitato dai due moli Favarolo e Madonna. Un luogo davvero piacevole dove trascorrere del tempo, tanto di giorno, quanto di notte, con i suoi odori, il folklore popolare, i pescatori ed i pescherecci, i gabbiani, il pesce ed i ristorantini... ed anche i barconi fatiscenti dei migranti, nascosti alla buona agli occhi del pubblico.

Il porto vecchio di Lampedusa

Barconi di migranti nel porto vecchio di Lampedusa in attesa della demolizione

Via Roma a Lampedusa

Cala Guitgia di Lampedusa

Il corso principale del centro abitato e punto focale della movida, è invece Via Roma, su cui si affacciano numerosi bar, locali, pub e negozietti di artigianato locale. Alla fine della via, vicino alla strada che scende per andare al porticciolo, si trova l'archivio storico di Lampedusa, gestito da un'associazione culturale, con svariate foto d'epoca, storie improbabili e simpatici aneddoti. Quell'oretta serale trascorsa prima di cena dentro la saletta dell'archivio la ricorderò sempre con grande piacere: ero solo e con un magistrale sottofondo musicale del mio pianista classico romantico preferito, Fryderyk Chopin.

E così, tra un notturno e l'altro, scopro un sacco di cose interessanti sull'isola: ad esempio che un tempo, sindaci assolutamente bizzarri si distendevano dentro casse da morto con i ceri accesi, che i cani randagi non si potevano uccidere o catturare perché erano considerati animali sacri e l'accalappiacani un mestiere sacrilego, che una nave, la “Maddalena Odero”, affondata nella seconda guerra mondiale colpita a morte da un aereo inglese, incredibilmente si vendicò abbattendo sott'acqua un altro aeroplano inglese... Scopro anche che a Lampedusa una volta si batteva moneta: Maastricht e la trappola dell'euro ancora non c'erano.

La moneta di Lopadusa conservata nell'archivio storico

Via Roma è pulita e ben tenuta, interamente pedonale e totalmente lastricata. Basta allontanarsi un po' però e tutto cambia: un generale senso di abbandono, sporcizia e degrado prendono il sopravvento un po' ovunque. Poco importa, tanto i turisti si concentrano quasi esclusivamente in solo 4 punti dell'Isola: Via Roma, il porto vecchio e nuovo, l'incantevole spiaggia dei Conigli e Cala Guitgia, la più vicina al centro abitato e dunque letteralmente presa d'assalto.

La preoccupazione dei politici di tutti i colori a Lampedusa è dunque una soltanto: mantenere bene questi 4 punti e nascondere ai turisti danarosi l'orrore che avviene a pochi metri da loro: i migranti e gli sbarchi, a volte anche i naufragi ed i morti.

L'hot spot di Contrada Imbriacola

Nei giorni che hanno preceduto il mio arrivo, la stampa ha descritto come catastrofica la situazione a Lampedusa col centro d'accoglienza al solito, al collasso. E così uno si aspetta di atterrare nell'isola ed esser circondato da fameliche persone di colore, che urlano e tentano di scappare. Ci si aspetta un casino della madonna. Ed invece a Lampedusa domina il silenzio. Sembra un'isoletta paradisiaca come tante altre. La pace dell'isola stona davvero con l'inferno che c'è nel mare che la circonda.

Nessuno si accorge di nulla, né gli isolani, né tanto meno i vacanzieri in tintarella: i tempi in cui i profughi erano in numero uguale ai residenti e gironzolavano per il paese dormendo la notte in strada, sono lontani. Anche se il centro d'accoglienza straborda di migranti, nessun turista ne vedrà mai uno.

E' infatti molto raro che un barcone arrivi fin sotto costa, alla vista di tutti. A volte accade, come mi racconta anche Daniel il pompiere: il mese scorso, nella Spiaggia dei Conigli, mentre stava facendo il bagno e prendendo il sole, una decina di migranti sono sbarcati in mezzo alla gente, e nello stupore generale, hanno abbandonato la barca sulla sabbia e si sono dileguati tra le rocce scomparendo in pochi secondi. Ma tutto questo non è assolutamente la norma: le motovedette di Guardia Costiera, Guardia di Finanza e Marina Militare infatti, intercettano in tempo i migranti al largo e li scortano al porto. Qui vengono immediatamente caricati su furgoni per esser trasportati in un centro di accoglienza nascosto ed introvabile, assolutamente non segnalato, lontanissimo da qualsiasi sguardo indiscreto e curioso. Gli sbarchi avvengono tutti all'imbrunire quando la gente è a cena, ed i trasferimenti avvengono di notte. Nessuno vede, nessuno sente: vede solo chi vuole vedere; vede solo chi sa o vuole sapere.

Motovedetta della GdF utilizzata per il pattugliamento in mare ed il trasferimento migranti

Ed io appartengo, come oramai avrete capito, a quella categoria di persone che vuole sapere e vedere. Lo voglio vedere questo hot spot al collasso: se possibile, voglio anche entrare, fotografare ed intervistare anche qualcuno. Unico modo è spacciarmi per un giornalista di Repubblica, o anche l'Espresso o la Stampa. Posso dire di esser il nipote di Scalfari ed il figlio di Giannini e che ho dimenticato il badge in hotel. Devo trasformarmi: dunque r moscia, atteggiamento radical chic di amore infinito per lgbtq+xyz (non so più come cazzo si scrive), economisti neoliberisti, UE e NATO, migranti (li amo, prima che mi diate del razzista, ma amo tutti, non solo loro) e nazisti del battaglione Azov ucraino (no, perdon, loro no, non li amo), con contemporaneo schifo e sguardo storto di disgusto per gli onesti lavoratori del popolaccio, per operai e pescatori (ovviamente razzisti e xenofobi), per la Russia, per socialisti e comunisti, per i costituzionalisti, per keynesiani e marxisti.

I ricciolini alla Mattia Santori già ce li ho, il sorrisino meno perché sono sempre un po' pensieroso; ora devo assolutamente racimolare una tessera del PD ed indossare, ben in vista, una maglietta arcobalenica con scritto così: in prima riga, “Viva la pace ma viva anche le guerre della NATO e l'imperialismo USA perché funzionale ad esportare democrazia nel mondo”; poi in seconda riga “a morte il popolo e viva il clandestino che ci paga le pensioni e ripopola i nostri borghi abbandonati”; in terza riga “Salvini e Meloni fascistoni (ma non i soldati di Azov), Paragone buffone, Rizzo comunista mangiatore di bambini, anzi no, fascistone pure lui”; in quarta, “impicchiamo tutti i filorussi putiniani e impaliamo tutti i no vax del mondo, vacciniamo con quinta dose e quadruplo booster tutti i feti con un ago transplacentare a partire dal 3° mese di gravidanza, facendo però partire anche trials clinici sulla vaccinazione di embrioni subito dopo la trombata tra marito e moglie, anzi no tra marito e marito”; a seguire, “Viva Draghi salvatore della patria, cloniamo Elon Musk e Jeff Bezos, beatifichiamo Soros benefattore dell'umanità e tutti i filantropi alla Bill Gates che con i loro vaccini salveranno il mondo da catastrofiche epidemie”.

Non so se la trovo una maglietta del genere, magari faccio una scappata alla sede del PD di Lampedusa. Altrimenti, la faccio io con un pennarello: con questa t-shirt politicamente e sanitariamente corretta, sono certo, l'ingresso al centro è assicurato.

Trovare l'Hot Spot di Contrada Imbriacola in un'isola di pochi km quadrati, è stata un'autentica impresa. Ovviamente manca qualsiasi segnaletica; non sono indicate neppure vie e civici. Chiedo in giro, ed anche gli isolani mi danno indicazioni vaghe, confusionarie e contraddittorie. Vado a tentativi e per esclusione. Trovata la contrada, occorre imboccare un'anonima stradina in mezzo al nulla nel cuore più remoto dell’isola, tra rocce, agavi e sterpaglie bruciate dal sole. La via è costeggiata da una fila di alti lampioni, stranamente molto ravvicinati, che stonano parecchio in un luogo così isolato. Si passa di fronte allo scheletro della piscina comunale, un ecomostro di cemento mai completato ed ora coperto di carcasse di auto e rifiuti; si incontrano vecchi camion abbandonati e container su ruote. Dopo un bel po', la stradina muore in un anonimo cancello sorvegliato che costituisce l'ingresso ad un'area delimitata da una recinzione di filo spinato.

Ingresso dell'hot spot di Lampedusa in Condrada Imbriacola

E' il famoso hot spot di Lampedusa. Le strutture da qui non sono visibili perché sono sottoelevate e posizionate in una specie di conca: per vederle occorre salire su una collina alla destra del cancello. L'ingresso è presidiato e non è nemmeno possibile avvicinarsi. «Che fai qui ragazzo, devi andare via!», mi dicono. Ma al solito in viaggio sono fortunato. Proprio davanti al cancello d'ingresso, incontro Daniel che mi saluta calorosamente. Non mi aveva detto che lavorava proprio qui! «Tranquilli, è mio amico, è con me».

Le strutture dell'Hot Spot viste dalla collinetta che le sovrasta

E così posso rimanere con lui ed avventurarmi anche sulla collinetta per vedere gli edifici. L'ingresso mi sarà comunque negato, cosiccome le interviste, per le quali serve domanda ufficiale ed autorizzazione scritta. Purtroppo, corri di qua e corri di là, non ho avuto il tempo di fare la famosa maglietta arcobalenica radical chic politicamente e sanitariamente corretta che mi avrebbe aperto tutte le porte del paradiso. Nessun problema in ogni caso: sarà Daniel a farmi l'intervista perché lui ormai da mesi è qui e si rende ben disponibile a raccontarmi cosa accade. Lui parla, ed io scrivo, col mio taccuino che poi magicamente, si digitalizza sempre nei post di questo blog.

Il centro è blindato. Migranti liberi di entrare ed uscire un cazzo, come sostiene Pietro Bartolo nel suo libro Le stelle di Lampedusa. Nessuno può uscire. Sono prigionieri nell'hot spot e controllati a vista: tutto intorno c'è una recinzione di filo spinato alta un paio di metri e le colline circostanti sono presidiate da guardie armate h.24 in mimetica, perché i tentativi di fuga sono all'ordine del giorno.

L'obiettivo dei migranti non è stare in Italia, ma sparire nel nord Europa e l'ultimo ostacolo al loro sogno di libertà e lavoro è solo Contrada Imbriacola, un carcere nel carcere di Lampedusa.

In passato per fuggire molti hanno addirittura scelto la via medica, ingerendo chiodi o lamette, procurandosi ferite in modo tale da esser trasportati in ospedale sulla terraferma e sparire dopo esser stati operati. Rivolte interne sono all'ordine del giorno, cosiccome risse e sassaiole che i militari sedano sempre con manganellate senza pietà. Basta un niente per accendere la miccia. In un secondo si passa dal silenzio al delirio. I vigili del fuoco come Daniel, a Contrada Imbriacola sono indispensabili perché spesso i migranti appiccano anche incendi per crear confusione ed aver modo di scappare. Daniel mi racconta che proprio la settimana scorsa ne hanno domato uno bello grande e che solo un miracolo ha impedito che non ci scappasse il morto.

Un militare perfettamente mimetizzato che controlla l'area circostante per scongiurare eventuali tentativi di fuga

Il centro di Contrada Imbriacola è una struttura pensata per il tamponamento dell'emergenza, finalizzata ad identificare rapidamente, fotografare e registrare i migranti prendendone le impronte digitali; questi in teoria dovrebbero esser trattenuti al massimo solo pochi giorni, prima di esser trasferiti in strutture idonee, reimpatriati come prevede la legge, oppure in pochissimi e selezionati casi, accolti come rifugiati politici. Ed invece passano settimane, a volte anche mesi: complice soprattutto l'assenza totale di documenti, si entra in un buco nero legale, dove gli sventurati sono trattenuti ad oltranza in condizioni penose, fino a data da destinarsi. D'altronde, maggiore è la permanenza, maggiore è anche il guadagno di qualcuno, un po' come nei centri di detenzione libici.

L'hot spot poteva contenere fino a poco tempo fa solo 250 posti. Ora ne sono un centinaio in più: quisquilie in ogni caso, perché a volte ne arrivano 1000 tutti insieme come nella scorsa settimana, quando le condizioni ideali del mare hanno favorito decine di sbarchi: non sapendo che fare, sono costretti a metterli per terra con dei materassi di spugna gialla, puzzolenti ed umidi, accatastati fuori in pile alte e traballanti. Nei periodi estivi di bonaccia e massima affluenza dunque, la maggior parte dei migranti dorme fuori, per terra. In condizioni disumane, in perenne attesa che il buco nero legale si schiarisca un po'.

Materassi di spugna utilizzati per le emergenze

Oggi, una buona percentuale dei richiedenti asilo, è costituita da giovani e giovanissimi migranti economici provenienti soprattutto da Tunisia, Egitto e Bangladesh. Altri invece sono siriani, afghani o iracheni in fuga dalle guerre causate dall'imperialismo occidentale, mentre una minima parte proviene dall'Africa subsahariana, dai paesi più poveri del mondo come Mali, Niger, Costa d'Avorio e Burkina Faso: sono questi ultimi i veri disperati, i veri sconfitti della globalizzazione, del capitalismo e del neoliberismo. La propaganda dei criminali in Africa li ha convinti che da noi troveranno l'eldorado: non sanno invece che in Europa li aspetta solo tanta solitudine, follia, disperazione, miseria e schiavitù, ad esempio nei campi di pomodori per 2 euro l'ora. Hanno gli occhi pieni d'orrore, avendo affrontato un viaggio infernale attraverso il deserto, e magari, prima di aver vissuto la drammatica esperienza della traversata in mare, sono rimasti pure settimane intere bloccati in siti di smistamento libici, vere e proprie carceri dove hanno subito violenze, torture ed umiliazioni di ogni genere al fine di estorcere denaro ai familiari... Ho sentito personalmente storie pazzesche su questi centri di permanenza in Libia, davvero ai limiti della credibilità.

E tutta questa sofferenza dopo una vita d'inferno, con ricordi atroci e ferite indelebili nella mente che farebbero impazzire chiunque. Proprio recentemente ho conosciuto Samba, un migrante proveniente dal Gambia, arrivato a Lampedusa nel 2016 dopo un viaggio da incubo e ci ho trascorso un po' di tempo insieme; ora fortunatamente lavora a San Benedetto del Tronto insieme a mio cognato. Ha una storia talmente assurda che a lui dedicherò un intero post a parte di questo blog. Sì, il limite della sopportazione umana, in loro è spostato sempre più avanti. Non sono uomini, sono alieni.

Tutti i migranti in ogni caso, sfortunati e meno sfortunati, sono costretti per giorni, in alcuni casi anche settimane, all'incertezza del futuro, al fancazzismo ed all'apatia, alla paura di esser reimpatriati, vanificando così tutti gli sforzi fatti, tanto fisici e psichici, quanto economici. E così ogni tanto, qualcuno la fa finita, ovviamente nell'indifferenza generale più totale e disarmante.

Mi son sempre chiesto una cosa: ma perché i migranti sbarcano tutti a Lampedusa, sapendo che hanno alta probabilità di morire in mare, e di passare settimane se non mesi in infernali centri di detenzione libici tra torture ed umiliazioni? Capisco i tunisini che stanno di fronte all'isola, ma gli altri? Quelli che provengono dall'Africa nera centrale, orientale ed occidentale, perché non scelgono di intraprendere la via costiera arrivando in Europa dalla Turchia ed i Balcani oppure attraverso lo stretto di Gibilterra, ben più facile da attraversare? Evidentemente la rotta più pericolosa, deserto del Sahara - Libia - Mediterraneo, è anche quella più redditizia, l'unica possibile, l'unica offerta in patria ai migranti e quella sulla quale si lucra di più.

Possibile poi che dopo tutti questi anni, mai nessuna intelligence europea o d’oltreoceano sia riuscita a catturare un solo trafficante di uomini, nonostante tutte le informazioni raccolte dai sopravvissuti? Evidentemente manca la volontà di farlo perché il business è enorme, sia per i trafficanti di uomini che per gli affaristi del bel paese. Emblematica a tal senso una frase intercettata di Salvatore Buzzi nell'indagine di “Mafia Capitale”: «Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno...»

Domanda: chi gestisce oggi, settembre 2020, l'hot spot di Contrada Imbriacola? Direttamente lo stato italiano? Macché... il business dell'immigrazione irregolare è troppo grande. E' una gallina dalle uova d'oro e le coop rosse del PD ci sguazzano alla grande: la gestione del centro oggi è affidata alla Nova Facility, una Srl controllata in buona parte da CPL Concordia, il colosso cooperativo modenese dove gli scandali per infiltrazioni mafiose e camorristiche, per corruzione e tangenti al Partito Democratico (e quale sennò...) ci sono un giorno sì e l'altro pure.

La Nova Facility nasce da un intricato groviglio ed intreccio di società facenti capo alla famiglia Marinese, che tempo fa, fiutò l'affare e decise di reinventarsi nel sistema di accoglienza: così nel giro di qualche anno, la Nova ha cambiato completamente pelle, passando dall’istallazione di tubature per il gas, all’accoglienza massiva per i richiedenti asilo. In poche parole, dal gas ai Cas (acronimo di “centro di accoglienza straordinaria”). Niente male davvero per un'azienda trevigiana in difficoltà, il cui fatturato è magicamente esploso dopo aver preso l'appalto più succulento, ovvero Lampedusa.

Stranamente però, io dentro al centro, tanto meno fuori, non vedo alcun mezzo di questa azienda né personale privato di sorveglianza e sicurezza. Vedo solo mezzi militari e soldati dell'esercito italiano che pattugliano la recinzione esterna, talmente mimetizzati che almeno un paio di volte quasi ci vado a sbattere.

Eh già... mica sono scemi quelli di Nova! E' la regola aurea del capitalismo: privatizzare i profitti, socializzare le perdite ed esternalizzare i danni sociali ed ambientali. E così gli incassi della tratta degli schiavi 2.0 finiscono nelle casse delle coop rosse del PD che si ingrossano e si ingrassano, mentre i costi che non si può accollare l'impresa (altrimenti andrebbe in perdita) ce li mette lo stato, ovvero il singolo cittadino contribuente, il quale a sua volta è portato da politici di destra (vergognosa quanto e più della sinistra) come Salvini e Meloni a scaricare tutta la sua rabbia ed il suo odio non sui veri padroni del mondo, ovvero sui burattinai che muovono i fili, ma sui migranti, cioè sull'ultima ruota del carro. Niente da dire, tutto come da copione.

Un pulmino di Nova Facility nelle vie del centro di Lampedusa

Ora l'hot spot "ospita" circa 400 africani, con le operazioni di trasbordo che avvengono incessantemente a partire dal tramonto, quando i turisti già sono tutti a cena o in residence, in un'ala nascosta, recintata e non accessibile del porto vecchio vicino Punta Pesce Spada. Vado anche lì. Una motovedetta della Guardia di finanza, piuttosto piccolina, fa la spola con la nave quarantena GNV (da 2 milioni di euro al mese per il contribuente italiano secondo le informazioni di Daniel) che staziona al largo di Lampedusa.

Mi fermo quasi 3 ore, fino alle 10 di sera ad osservare i trasbordi. Ad un militare che mi chiede cosa sto facendo rispondo che sono un giornalista, che però ha lasciato tesserino in albergo. E così mi tollerano vicino ai migranti e le motovedette. Anche senza quella maglietta arcobalenica che volevo preparare. Assisto a ben 4 diversi trasbordi fino a notte inoltrata, chiedendo informazioni anche al capitano della GdF che sta controllando le operazioni. Sono quasi tutti giovani maschi tunisini. Ridono e scherzano col funzionario di colore di UNHCR, molti di essi hanno lo smartphone in mano. Donne e bambini non ce ne sono. Insomma, tutto il contrario di quanto dice la tv e scrivono i giornali.

Trasferimento di migranti in un'ala protetta del porto vecchio

La storia di Lampedusa secondo Angelo

A pranzo vado sempre al porto nuovo a comprare una vaschetta di frutta fresca. Sempre nello stesso chiosco vicinissimo al famoso molo Favarolo. E' di Angelo, un signore sulla settantina, lampedusano doc, che mi ha preso in simpatia: con i clienti ed i turisti è frettoloso e sbrigativo, ma con me si intrattiene e parla molto. Adoro parlare con gli anziani e forse lui se ne è pure accorto. Sono libri di storia viventi.

Angelo mi racconta un po' tutta la sua vita ed i segreti dell'isola, dandomi molte dritte. Non ha praticamente mai messo piede sulla terraferma, se non per pochi giorni: è nato a Lampedusa ed è cresciuto e vissuto sempre qui. Dell'isola sa tutto. Vita, morte e miracoli di chiunque. Ed io me la godo davvero a sentirlo, anche se ogni tanto qualche parola me la perdo, perché il suo accento siciliano è fortissimo.

Il porto nuovo

Quando era giovane, a Lampedusa c'erano soltanto 2 carabinieri e 2 finanzieri. Nessuno sbarco. L'isola era deserta e tranquillissima. L'aeroporto non c'era e nemmeno le grandi navi potevano attraccare. Tutto molto romantico. Poche case, una chiesa, il porto, i pescatori ed un campo da calcio, che calamitava tutte le attenzioni di giovani ed adulti dell'isola. La domenica, prima si andava al campo a urlare ed inveire contro l'avversario, magari dandosele di santa ragione, poi si correva tutti insieme in chiesa a pregare. Il sacro ed il profano. Il vento ed il mare. E tanta pace e silenzio.

Linosa e Lampedusa, le uniche abitate delle Pelagie essendo Lampione poco più che uno scoglio, hanno vissuto a partire dal dopoguerra un graduale abbandono, con disinteresse totale da parte del governo. Solo nei primi anni '70 furono costruiti il piccolo ospedale e la scuola. Sembra preistoria, ma parliamo di poche decine di anni fa. Migranti dall'Africa manco a parlarne.

La notorietà dell'isola fu data dal colonnello libico Gheddafi che per ritorsione contro gli Stati Uniti, il 15 aprile 1986 lanciò due missili Scud contro una base NATO situata nel lato ovest di Lampedusa, fortunatamente senza causare alcun danno, ma generando una grave crisi diplomatica tra Italia, Libia e Stati Uniti. Da quel momento in poi, l'isola balzò agli occhi del mondo; cominciò un timido turismo e il progressivo spopolamento si arrestò.

Angelo mi dice che il primo sbarco, rimasto comunque un episodio isolato, avvenne nel '92 e fu una sorpresa per tutti, un evento mai visto prima, impensabile. Meno di un centinaio di persone senza documenti giunsero a cala Guitgia dichiarandosi tunisini. Non esistevano centri d'accoglienza, uffici preposti o personale militare per gestire la situazione. Nessuno era pronto, non sapevano che fare: così, per uscire dalla situazione di stallo, tutti gli isolani, lui compreso, fecero una colletta per imbarcare i migranti nella nave per Porto Empedocle. Passarono altri 4 anni prima di rifar i conti col fenomeno, purtroppo con la prima tragedia del mare, il primo vero naufragio documentato: di una ventina di persone, solo 4 si salvarono riuscendo a nuoto a raggiungere la costa.

Angelo è chiaro e preciso: mi dice che è solo da una decina d'anni che il fenomeno dell'immigrazione è esploso. Lui non sa perché. Io invece sì, lo so bene. L'immigrazione clandestina di massa a Lampedusa è praticamente cominciata nel 2011, anno che casualmente, molto casualmente ovviamente, coincide proprio con lo scoppio delle insurrezioni popolari in molti Paesi africani, Egitto, Tunisia e Libia in primis.
Le rivolte della cosiddetta “Primavera araba”, secondo la stampa mainstream furono ovviamente assolutamente spontanee, con baldi giovani che si ribellavano in modo non violento e gandhiano a regimi opprimenti e sanguinari. Che bella favoletta che racconta sempre la stampa... che eroici i giovani, che sanguinari i dittatori! I giovani belli belli, studiosi studiosi ed eroici eroici che prendono il potere rovesciando sanguinari dittatori solo con preghiere e digiuni! Bello eh?

Io invece la vedo, al solito, in modo totalmente diverso: a prescindere dal carattere totalitario o dittatoriale dei governi o dei regimi nelle aree interessate, credo invece che questi movimenti di rivolta, ispirati tutti dal teorico delle rivoluzioni colorate Gene Sharp e dal suo Albert Einstein Institute, in strettissimi e dimostrati rapporti finanziari con CIA e governo USA, siano stati tutti preparati a tavolino nelle stanze dei bottoni americane.

Come? Solite modalità, le stesse utilizzate almeno altre 18 milioni e mezzo di volte dal dopoguerra in poi: finanziamento da parte di "filantropi" ed organismi governativi americani alla stampa locale ed a gruppi terroristici, corruzione di politici, inasprimento delle rivalità etniche, fomentazione odio sociale mediante attentati provocati, polarizzazione dell'opinione pubblica etc...

Insomma, dietro tutte le rivoluzioni floreali, colorate, primaverili, multigender e bla bla bla, rigorosamente dei buoni contro i cattivi, c'è sempre la dimostrabilissima “longa manus” degli americani, i quali agiscono sempre e solo per espandere il proprio dominio imperiale sul mondo. La “longa manus” degli americani e di sto caxxo di George Soros, onnipresente: il filantropo, l'idolo indiscusso della sinistra radical chic liberal-progressista. Filantropo un cazzo! Questa bestia è un essere immondo; è l'architetto di una moltitudine di colpi di stato e di tratte degli schiavi conseguenti, un turbocapitalista ricco sfondato autore di vergognose speculazioni finanziarie ai danni di interi stati (tra cui l'Italia nel 1992), un agente senza scrupoli al servizio del complesso militare ed industriale degli USA, secondo alcuni, addirittura con un losco passato da collaborazionista nazista. La sinistra, in meno di un ventennio è passata dall'idolatrare il Che a considerare come modello di virtù uno spietato capitalista come George Soros. Mah...

Oggi migliaia di turisti attratti dal mare cristallino convivono con i tantissimi militari, ONG ed operatori umanitari, la maggior parte di loro indubbiamente spinti da sincera passione, ottimi ideali e desiderio di aiutare il prossimo. Un via vai continuo che ha cambiato volto alla comunità semichiusa del secolo scorso. Indietro non si torna più e la “nuova” isola oggi deve far i conti con una nuova identità: metà turistica, metà tragica.

Angelo, Orazio Arena ed Cristian Riganò

Molto interessante parlare con Angelo. Io cerco sempre di riportare il discorso al fenomeno dell'immigrazione, mi interessa enormemente il suo punto di vista. Mi interessa molto di più il punto di vista di un lavoratore con i calli alle mani che si alza alle 5 di mattina per 800 euro al mese e vive ed ha sempre vissuto lì, che quello di un radical chic pariolino con la puzza sotto al naso e la maglietta “free-borders” che fa aperitivi solidali con compagni in vestaglia leopardata e compagne al botox ma un migrante non lo toccherebbe manco con una canna spezzata; porti aperti ma finestre dell'attico rigorosamente chiuse per silenziare ogni fastidioso rumore proletario proveniente dalla strada sottostante. Ma Angelo ha un argomento privilegiato e quasi non si schioda da lì: il calcio.

Era un ex stopper molto roccioso e quasi si commuove narrando le sue gesta calcistiche. No, no, non parliamo di serie A o Champions Leaugue, Liverpool contro Real Madrid, ma banali prime e seconde categorie, Lampedusa contro Linosa, con partite fra pescatori, muratori, falegnami e fruttivendoli, che attendono la domenica per darsele di santa ragione e far volare qualche rotula o legamento. Piedi a ferro da stiro. Le mirabili gesta calcistiche di cui parla Angelo, altro non sono che fallacci clamorosi, pugni in viso non visti dagli arbitri, gambe spezzate agli attaccanti che gli sgusciavano via nella polvere, risse negli spogliatoi, incontri di box serali post partita etc... sento tutto il suo orgoglio, la sua felicità quando ricorda un attaccante da lui marcato e bloccato, di caratura internazionale come Cristian Riganò, il bomber muratore di Lipari, che giocò in serie A con Fiorentina, Empoli e Messina e riuscì addirittura a segnare nella sola stagione 2006/2007 ben 19 goal nella massima serie. Angelo era a fine "carriera", già ultraquarantenne, ma sempre col coltello tra i denti ed i tacchetti affilati, mentre Riganò era un giovane del Lipari nemmeno diciottenne, che dopo la giornata in cantiere, tra cazzuole, cucchiare e cemento, andava ad allenarsi...

«Riganò con me non ha toccato palla ed è uscito dal campo storto, incazzato e zoppicante!» Lo dice sempre con grande orgoglio e con evidente nostalgia dei tempi ormai passati. Ogni volta che ci parlo, ricaccia questa storia ed io fingo di non averla mai sentita. Un po' come quando parlavo con mia nonna che ripeteva spesso episodi ed io fingevo di ascoltare interessato per farla parlare.

Mi racconta i tanti aneddoti della squadra di calcio locale, di oggi e del tempo che fu e c'è sempre parecchio da ridere... mi dice che il principale problema della squadra, oggi, come ieri, è un qualcosa che nessun'altra società italiana ha: sono costretti per giocare, o a volare, o a far volare la squadra avversaria: i costi sono chiaramente insostenibili per giocatori e staff, considerando che l'attaccante è l'operaio della pompa di benzina, il difensore è il pescatore, il centrocampista fa il cameriere part time in un osteria. Vincono molte partite all'anno senza giocare, perché le altre squadre sulla terraferma in provincia di Agrigento, hanno gli stessi problemi di budget e così preferiscono darla vinta 3-0 a tavolino.

Angelo poi si commuove quando mi parla del suo migliore amico, Orazio Arena, un omone di 2 metri che lavorava come carrozziere dell'isola, compagno di tante battaglie calcistiche all'ultimo sangue, morto a nemmeno 50 anni mentre era allenatore della squadra. Mi racconta che ci parlò al telefono proprio 10 minuti prima della tragedia. Orazio rimase folgorato toccando l'autoclave metallica: per terra era bagnato e manco a dirlo, negli impianti elettrici lampedusani, di differenziali salva vita e messa a terra, manco l'ombra... A lui hanno intitolato il campo di calcio dell'isola, quel campo, malandato e coperto di erbacce, situato a metà strada tra il porto vecchio e quello nuovo, dove la domenica, tutta Lampedusa si da appuntamento per sfogare la rabbia e la frustrazione della vita.

Ma i barconi... che fine fanno?

Dietro le porte del campo sportivo, sede di epiche battaglie tra Angelo, Orazio Arena e Cristian Riganò (poraccio, chissà quante botte avrà preso...), sono perennemente accatastate le bagnarole dei migranti perché al molo Favarolo non sanno più dove metterle. Ora però non c'è nulla ed il piazzale è totalmente libero: per terra solo un po' di cenere e qualche pezzo di legno mezzo bruciacchiato, a distanza di quasi 4 mesi dall'accaduto.

Accaduto cosa? E' proprio Daniel, il pompiere sub, a raccontarmi la vicenda, perché quel giorno era lì in servizio. A giugno degli ignoti hanno appiccato il fuoco ad una cinquantina di carrette del mare buttate lì alla buona, in attesa di uno smaltimento costantemente rimandato. Fiamme altissime e colonne di fumo nero hanno avvolto l'isola in una cappa infernale e per i vigili del fuoco è stata davvero dura riuscire a domare l'incendio, senza feriti e minimizzando i danni alle strutture.

Cenere e pezzi di legno bruciato ancora visibili dietro le porte del campo sportivo

Per barconi e barchini il viaggio della speranza, come facilmente intuibile, è di sola andata. Sono imbarcazioni a perdere, perché non torneranno mai indietro, dunque sono carrette del mare, senza alcun valore economico. A loro viene affidata la vita di decine di disperati.

Di cimiteri di barconi ne esistono tanti a Lampedusa: un po' al porto, un po' nell'entroterra, un po' dappertutto. Dovunque sia possibile nasconderli alla vista dei turisti e sia possibile rimandare le costose operazioni di bonifica, demolizione e smaltimento. Alcuni li incontro facendo fuoripista con la mountain bike, proprio nel centro dell'isola.

Si trovano barche spiaggiate anche in calette molto carine, poco conosciute e ancor meno frequentate perché un po' difficili da raggiungere, come ad esempio a Cala Pulcino, non distante dall'Isola dei Conigli. Ci arrivo al tramonto con una breve trekking di circa 40 minuti attraverso un bellissimo sentiero in discesa in un canalone in mezzo alla macchia mediterranea. E' praticamente l'unico luogo dell'isola coperto di bella e rigogliosa vegetazione: un paesaggio unico, che non mi aspettavo di trovare a Lampedusa, con il mare che dal canyon appare in lontananza come un triangolino dalle mille sfumature di blu. Si arriva in una spiaggia di sabbia mista a ciottoli levigati: l'imbarcazione è lì, incagliata tra le rocce, oramai mezza sfondata e pericolante.

I barconi ed i barchini che hanno avuto la fortuna di arrivare e non finire in fondo al mare, in genere comunque sono mantenuti temporaneamente al porto in un'ala non accessibile del molo Favarolo, in una zona militare dove però riesco ad intrufolarmi di nascosto, prima di esser scoperto e cacciato. Una trentina di carrette sono mezze affondate e spiaggiate, con indumenti ed oggetti dei migranti ancora dentro ben visibili.

Barconi da demolire accatastati alla buona in una zona nascosta al pubblico del Molo Favaloro

Ogni tanto una nave le carica e le porta nella parte estrema ovest dell'isola, a Capo Ponente dove in teoria dovrebbero esser demolite. In pratica invece, vengono qui accatastate all'infinito a formare il vero cimitero dei barconi di Lampedusa. Daniel mi dice che si trova in zona “Sprizzando”, un locale piuttosto isolato vicino alla base NATO, senza però conoscere il punto esatto. Chiedo a diverse persone, ma nessuno conosce il luogo perché l'area non è accessibile.

Dopo diversi tentativi, riesco comunque ad identificare il posto tanto segreto. Non può che esser qui: ho di fronte una vecchia area militare dismessa, recintata con filo spinato. Divieto d'ingresso e sorveglianza armata, almeno così è scritto. Ma me ne frego ed entro, perché non c'è nessuno e tutto è in totale stato d'abbandono: ci saranno cecchini nascosti a spararmi? Per cosa? Per andar a vedere un cimitero di barche e far due fotografie?

Pochi colpi di pedale in mezzo a capannoni, torrette di controllo, caserme abbandonate da molto tempo, pericolanti ed infestate da erbacce, e mi trovo di fronte ad uno spettacolo raccapricciante: decine e decine di barconi con scritte arabe sono ammassati e buttati senza soluzione di continuità, uno sopra l'altro. Qua e là salvagenti a ciambella, ciabatte e scarpette piccole, calzini, jeans ed indumenti, zainetti rosa da bambina.

Rifiuti ovunque accanto a giubbotti di salvataggio ormai distrutti da salsedine ed intemperie. Le immancabili bottiglie di plastica di Coca Cola, deformate dai raggi solari col rosso che è quasi diventato arancione. Vite umane e spazzatura. Vite umane come spazzatura, per la gioia di filantropi vari e della ipocrita, neoliberista, europeista ed filoatlantista sinistra radical-chic progressista che oramai schifo sempre di più con tutto me stesso.

La piscina di Dio

La spiaggia dei conigli nel lato sud dell'isola, è indubbiamente una delle spiagge più belle del pianeta Terra, regolarmente in cima alle classifiche italiane, europee ed addirittura mondiali, come nel 2013 e 2022. Non esistono (fortunatamente) punti di ristoro e chioschi: è un luogo totalmente vergine e per arrivarci è necessario percorrere a piedi un ripido sentiero di terra e sassi, una mezzoretta circa di cammino in totale estasi, abbagliati dalla magnificenza di un panorama a dir poco mozzafiato.

Si tratta in effetti di una autentica meraviglia della natura in uno scenario da sogno: la sabbia dove vanno a deporre le uova le tartarughe caretta caretta è soffice come il borotalco ed è baciata da un’acqua la cui trasparenza e limpidezza è ai limiti dell'irrealtà. All'estremità sud-est della piccola insenatura, a chiusura di un panorama fantasmagorico, poco distante dalla riva, c'è la piccola Isola dei Conigli, regno del gabbiano reale, ben raggiungibile anche a piedi, con acqua profonda solo poche decine di centimetri.

Uno strano, raro ed assai affascinante fenomeno permette ciclicamente all'isolotto di ricongiungersi alla spiaggia mediante la formazione di un istmo sabbioso di una trentina di metri: l'ultima volta sembra sia accaduto nel 2008.

All’origine del nome di questo angolo incantato di paradiso, sembra esserci un errore di trascrizione, perché qui, a quanto pare, di conigli non ne hanno mai visti, anche se a dir il vero, una leggenda popolare narra che molto tempo fa, una colonia di queste bestioline raggiunse l’isolotto proprio nel momento in cui esso era collegato alla terraferma, rimanendo poi intrappolata quando il ponte di sabbia sparì e riproducendosi a più non posso. Molto più probabilmente invece, il nome del luogo è dovuto all'errata traduzione di Rabit Island, assegnato da un ammiraglio inglese nel XIX° secolo, con Rabit che in arabo significa “collegamento”, facendo per l'appunto riferimento al banco sabbioso che univa ciclicamente l’isola alla costa: l'errata aggiunta di una B nelle cartografie successive, trasformò Rabit in Rabbit che in inglese significa per l'appunto coniglio.

Ovviamente, questa spiaggia, essendo tra le calette più belle del mondo, è sempre presa d'assalto. Da maggio ad ottobre è praticamente sempre molto affollata e così inevitabilmente, il luogo perde molta della sua magia e della sua poesia. Io ci sono stato in una domenica di fine settembre ed ero totalmente, ripeto totalmente, solo. Come è stato possibile? Semplice: il meteo mi ha aiutato. Tutti vanno in spiaggia con il sole? Ed io ci vado quando piove!

Domenica 27, verso le 11 di mattina comincia a piovere a dirotto. Fa caldo, molto caldo, ma il cielo è nero, con nubi cariche e minacciose. Tutti rientrano a casa o si rinchiudono in albergo; ed al solito, il mondo fa una cosa, io faccio la cosa opposta. Il mare è bellissimo anche e soprattutto col tempo brutto e poi so bene che la pioggia non durerà a lungo: quando il tempo si aprirà ed uscirà il sole, gli scorci saranno meravigliosi e non ci sarà comunque nessun altro in spiaggia, né le persone rischieranno di affrontare l'impervio sentiero col tempo incerto!

Così prendo la bici e pedalo, divertendomi tantissimo sotto al diluvio... Mi sento vivo e felice! Adoro la pioggia... lo sanno bene i miei figli a cui, appena piove, chiedo sempre di accompagnarmi a correre sul lungomare... E così, mi ritrovo in paradiso in totale e beata solitudine, in una delle spiagge più incantevoli del pianeta, a mollo in un'acqua che non ha perso nulla della sua trasparenza e limpidezza, anche col sole coperto.

Mi colpisce tantissimo una villa che è a pochi metri dalla spiaggia, in posizione da sogno. Incredibile ma vero. L'unica presente. E rimarrà l'unica perché tutta l'area oggi è riserva naturale.

Era di Domenico Modugno: il famoso cantautore acquistò negli anni '70 il precedente fabbricato che si affacciava sulla spiaggia, oramai quasi rudere, per farne una dimora da sogno e proprio qui trascorse gli ultimi giorni della sua vita; la villa è perfettamente inserita nel panorama e minimamente impattante, perché perfettamente mimetizzata col paesaggio e costruita secondo lo stile dei tipici dammusi isolani: bassa, tetto piano con archi e volte, tutta in pietra e legno.

Mimì era letteralmente innamorato di Lampedusa, in particolare proprio della baia dei Conigli che lui chiamava "la piscina di Dio". Oggi la villa è di proprietà di una società immobiliare che però, pur avendola ristrutturata, per svariate ragioni preferisce non venderla, anche perché, data la posizione, il prezzo sarebbe astronomico: l'obiettivo sembra esser quello di farci un museo, abbandonando ogni intento speculativo. Staremo a vedere. Io in ogni caso, per non saper né leggere né scrivere, la mia offerta l'ho fatta, anche perché dentro al salone ancora c'è il pianoforte a coda che suonava Modugno: Euro 50.000. Di più non posso. Ma credo che servano almeno 3 zeri in più.

3 Ottobre 2013: la più grande tragedia dell'immigrazione

La più grave catastrofe marittima della storia del Mediterraneo, è accaduta proprio di fronte all'Isola dei Conigli il 3 ottobre 2013: un inferno nell'angolo di paradiso più bello di Lampedusa.

Un barcone con centinaia di somali ed eritrei si stava avvicinando alla costa, immaginando già di toccare terra. Qualcuno ebbe la pessima idea di incendiare una coperta per segnalare la posizione del natante che aveva i motori in avaria, incurante del gasolio che per terra era ovunque. Le fiamme si propagarono all'istante sul ponte dove giacevano più 500 persone; molte si buttarono in mare per cercare di salvarsi ma senza saper nuotare. Tutti gli altri, in preda al panico, si spostarono dal lato opposto facendo così rovesciare l'imbarcazione.

Fu una carneficina: i morti ufficiali ed accertati furono 368, molti dei quali donne e bambini piccoli. Le motovedette ed i pescherecci accorsi in soccorso riuscirono a salvare 155 persone.

Fu una tragedia nella tragedia, perché tutto avvenne in pochi secondi, quando ormai il viaggio era concluso, a poche centinaia di metri dalla costa. I cadaveri furono chiusi in sacchi di plastica con cerniera di fronte agli occhi scioccati dei pochi turisti presenti nell'isola e deposti per terra sul molo Favaloro che si trasformò improvvisamente in una grande camera mortuaria a cielo aperto, per poi esser trasferiti in un hangar dell'aeroporto. Tra loro, diversi bambini piccolissimi, anche di due anni: militari, medici ed operatori guardavano in lacrime quei corpicini senza vita, vittime innocenti delle guerre imperialiste e della povertà estrema causate dal turbocapitalismo occidentale.

Proteggere le persone, non i confini... Io penso invece che occorra proteggere entrambi

Dopo la strage di migranti, l'Italia avviò per un anno l'operazione Mare Nostrum, con pattugliatori, fregate, elicotteri e centinaia di militari, nella speranza di ridurre i morti in mare. Tentativo indubbiamente lodevole ma che paradossalmente servì a poco o nulla. Anzi, peggiorò le cose.

A causa infatti di politiche immigrazioniste più permissive, controlli più laschi e maggior pattugliamento del mare, i trafficanti smisero di utilizzare i barconi di legno, più stabili e costosi (nonostante fossero solo carrette del mare), in favore di gommoni cinesi ben più leggeri, ma caricati comunque all'inverosimile con decine e decine di disperati, a cui bastava una semplice onda per spezzarsi, bucarsi con il legno utilizzato nelle pedane, rovesciarsi ed affondare.

Risultato, aumentarono le partenze, i naufragi ed i morti con annessa e connessa proliferazione di navi ONG che operavano ai limiti delle acque territoriali, ed ai limiti della legalità: diverse operazioni furono piuttosto losche e dubbie con dimostrate e dimostrabili connivenze con scafisti e trafficanti di schiavi. Ma guai a metter in dubbio la buona fede delle ONG di Soros! Si è tacciati immediatamente di xenofobia...

Tutto ciò dimostra, ancora una volta se ce ne fosse bisogno, che se si vuole risolvere davvero un problema, bisogna andare alle cause (da me affrontate negli ultimi capitoli del post), non alle conseguenze. Ogni altra soluzione è inutile e solo temporanea. Serve a tamponare l'emergenza, nient'altro.

In via Roma, vicino all'archivio storico è presente la sede del Comitato “3 ottobre”, che internamente ospita il "Museo della fiducia e del dialogo del Mediterraneo". All'interno trovo ragazzi volenterosi, ci mancherebbe, ma altamente impreparati a livello economico, storico e politico, credo spinti più da ideali indotti dal mainstream e spirito d'appartenenza alla falsa sinistra progressista e globalista, che da una reale cultura personale, da un serio studio, riflessione ed approfondimento di tematiche così complesse. Non solo impreparati culturalmente ma anche eccessivamente ipocondriaci, così ossessionati a 35°C dall'inutile e dannosa museruola (la mascherina chirurgica o FFP2 anti Covid per chi ancora non conoscesse il mio gergo...) che appena questa ti cala un po' sotto al naso cominciano a strillare terrorizzati manco stessi squartando qualcuno. Ma d'altronde gli idoli di questi ragazzi non sono i Fidel Castro, i Salvador Allende, i Thomas Sankara che manco conoscono... sono Draghi, Speranza e Burioni!

Questi ragazzi si credono “di sinistra” senza aver capito cosa è diventata la sinistra nell'ultimo ventennio, e sfoggiano la tipica aria di superiorità dello pseudo intellettuale radical chic che non ha mai letto nella sua vita manco una riga di Marx o di Gramsci. Pensano che il loro nemico sia il folcloristico leghista salviniano un po' ignorantello, razzistello e cattivello, e lisciano invece il pelo a quel sistema di potere che li renderà precari a vita.

Dentro al Comitato, si respirano solo doveroso ma sterile buonismo, pietà e compassione, ma è assente qualsiasi impeto, qualsiasi slancio finalizzato al cambio di paradigma ed al rovesciamento dello status quo, qualsiasi tentativo di andar oltre la tragedia e capire perché questa è accaduta. Nessuno di questi baldi giovani si è mai chiesto il perché esistono i flussi migratori di massa; si limitano solo, con nuovissimo MacBook Pro in mano, sorrisino e ricciolini alla Mattia Santori, a gridare viva UE, viva le ONG ed i filantropi come Soros che le finanziano, approvando paradossalmente allo stesso tempo le bombe della NATO su Tripoli (con la complicità italiana) ed il rovesciamento di Gheddafi, che ha destabilizzato la Libia facendo esplodere l'immigrazione verso il nostro paese; si limitano ad organizzare cortei in memoria dei poveri migranti morti, dando del fascista a chi non la pensa come loro; guardano con sdegno ed aria meravigliata chi prova a fargli capire, che i responsabili delle tragedie del mare sono proprio i politici e gli opinion makers che loro idolatrano, i quali portano avanti idee e sponsorizzano modelli economici criminali che generano disuguaglianze e conflitti.

Pittura dell'iraniana Ilireza Pakdel dentro al Museo della fiducia e del dialogo del Mediterraneo

Il museo in sé, non ha praticamente nulla di realmente interessante. E poi, di opere d'arte senza senso ne ho viste tante ma nessuna come quella di Rosellina Avoscan. Con la sua istallazione "3 ottobre" lei intende commemorare le vittime di quella tragedia. Con una rete da pesca secondo lei. La quale simboleggerebbe "la negligenza delle nazioni [...] in un'Europa attraversata dal crescente dilagare di correnti nazionaliste". Mah, evito di commentare. Non capisco cosa caxxo c'entri una rete da pesca con la negligenza. Illuminatemi! E poi le correnti nazionaliste! Vi prego, no! Ma sì dai, svendiamo gli ultimi scapoli di sovranità che ci sono rimasti ad elite transazionali turboliberiste! Abbasso i sovranismi! Sono loro che causano le sciagure nel Mediterraneo!

L'incomprensibile scultura di Rosellina Avoscan dentro al museo

Dentro la sede di questo comitato, io ho visto francamente solo perbenismo ed ip-ip-urrà al PD che bombarda la Libia, senza alcun coraggio nel proporre soluzioni, senza alcuno sforzo nell'individuare i veri colpevoli, i veri mandanti delle stragi, senza indicare chi ci guadagna sopra e ci specula, come ad esempio le coop rosse a Contrada Imbriacola. Insomma, il solito modus operandi della sinistra progressista con la puzza sotto al naso, rigorosamente pro bombe NATO che generano migrazioni di massa, pro capitalismo che genera povertà diffusa e guerre imperialiste, pro neocolonialismo che genera schiavitù e perenne sottomissione di mezza Africa a pochi stati come la Francia.

Esco dal centro francamente un po' nauseato. Se questi ragazzi rappresentano il futuro, stiamo messi male davvero. L'unica cosa che mi è piaciuta e che valeva la pena vedere dentro al museo è il video di Michele Cirillo con la porta di Lampedusa rovesciata. Toccante e commovente, con immagini e filmati scioccanti. Ma anche lì, solo pietà. Sacrosanta per carità. Doverosa. Il problema è che manca sempre tutto il resto: manca totalmente il fuoco della condanna; manca totalmente l'ardore della rivolta per un sistema che schiaccia cittadini autoctoni e migranti stranieri costringendo le persone ad abbandonare tutto per cercare fortuna e sopravvivenza altrove.

La sera prima di cena, alla manifestazione “Lampedus' Amore” in Piazza Castello, alla premiazione del concorso giornalistico “Cristiana Matano 2020”, conoscerò anche il famoso medico dei migranti, Pietro Bartolo. Anche lui, quella maledetta notte era al molo Favarolo, ad accertare inorridito la morte di donne, ragazzi e bambini piccoli che incessantemente venivano scaricati sulla banchina.

Caro Bartolo ti scrivo

Sono le mie ultime ore però a Lampedusa; domani, lunedì 28 ho il volo di rientro. Torno a Roma. Sono stati giorni davvero intensi, fisicamente ed emotivamente. Ho conosciuto il Don Vito Corleone di Lampedusa, mi sono immerso a Lampione con gli squali grigi, ho girato l'isola in lungo ed in largo in bicicletta anche sotto il diluvio ed incontrato tante persone interessanti che mi hanno dato molte informazioni preziose, ho visitato l'hot spot ed i cimiteri dei barconi, nuotato in calette incantate e visitato archivi storici ascoltando Chopin, ho partecipato a manifestazioni e premi giornalistici... sono anche entrato dentro improbabili musei a vedere improbabili opere d'arte e discusso animatamente con le nuove leve "free borders" telecomandate dal PD... Il modo migliore per congedarmi da Lampedusa non può che esser una bella cenetta con una bottiglia di buon vino locale!

E così, esausto ma felice, entro in un ristorantino del porto vecchio con il mio migliore amico che ho sempre con me quando gironzolo per il mondo: un libro. Ed il libro di questo viaggio, non poteva che essere "Le stelle di Lampedusa", proprio del medico dei migranti Pietro Bartolo, conosciuto pochi minuti prima.

Comincio a leggere il libro alle 8. Il livello della bottiglia di vino ordinata scende sempre più, i pensieri ed il tasso alcolico salgono sempre più mentre i piatti ordinati spariscono in un battibaleno perché ho una fame da lupi.

Buono l'antipasto misto crudo-freddo ed il risotto di finocchietto selvatico, specialità di Lampedusa... Buono tutto per carità ma come "se magna" il pesce a San Benedetto del Tronto, spiacenti, ma non ce ne è per nessuno. E lo dicono gli stessi lampedusani...

A mezzanotte, libro e bottiglia sono finiti. La testa vola ed i pensieri pure.

Degna conclusione del mio viaggio a Lampedusa

Io non ho peli sulla lingua caro Pietro, e non ho alcuna paura di scrivere che il tuo libro mi ha deluso, prendendomi magari pure del razzista dai ragazzini del comitato 3 ottobre. Semplicemente perché so di non esserlo minimamente, nel pensiero e nell'anima. Io voglio andar alle cause dei problemi per risolverli, e non piagnucolare e basta. Il libro mi ha commosso in diversi punti, ma complessivamente è da me bocciato, perché non mi aspettavo da te, (ex) uomo di trincea, di prima linea, la solita solfa politicamente corretta infarcita di luoghi comuni. Per quella mi basta comprare Repubblica o accendere la televisione.

Grande umanità e passione per carità, evidenti in ogni riga: mi sono commosso leggendo le vicende di Anita, di Carla, di tanti disperati che ogni giorno sbarcano a Lampedusa. Belle storie, struggenti, come d'altronde ce ne sono milioni, se non miliardi al mondo.

Ho letto molta critica e condanna da parte tua sulla disumanizzazione del fenomeno da parte della classe politica e mediatica del paese. E sono ovviamente, totalmente d'accordo con te: la cosa più triste dell'immigrazione a Lampedusa è proprio che ormai ci si è abituati ed assuefatti alla morte: i morti, ogni estate, sono talmente numerosi che non fanno più notizia.

Un barcone stracolmo in mezzo al mare diventa un'identità collettiva, un oggetto unico, un pezzo di legno marcio con dei puntini umani. Ma dietro ogni puntino che scompare per sempre in fondo al mare e viene rapidamente sgranocchiato dai pesci, c'è una storia, un'anima, un cuore pulsante ed un cervello pensante. Ci sono emozioni, paura, terrore e rabbia, speranza e rassegnazione. C'è una mamma che piange disperata e muore dentro insieme al puntino.

D'accordo su tutto Pietro. Bene, ma ora andiamo oltre: un politico ha l'obbligo di allargare la propria veduta, di andare al di là delle singole tragiche esperienze, per indagare le cause e proporre valide soluzioni. Deve esser lungimirante ed aver il coraggio di adottare scelte forti, radicali, a volte impopolari, per il bene di tutti, autoctoni e migranti.

Ed invece nel libro solo tante chiacchiere buoniste e perbeniste, giuste e doverose per carità, ma senza alcun tentativo di identificazione dei veri colpevoli, senza alcuna condanna se non al popolo rozzo, ignorante e razzista. La solita solfa. Troppo comodo. Al solito, si incolpano tutti per non incolpare nessuno. Chi meglio di te invece sarebbe in grado ed avrebbe grande autorevolezza, nel denunciare ed attaccare un sistema in putrefazione (quello capitalista ed imperialista di cui i tuoi amichetti del PD sono i massimi esponenti e portavoci) che genera povertà diffusa, guerre ed immigrazione di massa? Chi avrebbe il coraggio di contraddire il medico dei migranti?

Nel tuo libro invece, il pensiero della sinistra arcobalenica radical chic da salotto pariolino domina incontrastato. E non poteva esser altrimenti. Hai abbandonato la trincea per entrar in politica e "battere i pugni in Europa" come dicevi questa sera in piazza. Credendo pure magari che quel mostro irriformabile dell'UE sta a sentire a te... La domanda sorge spontanea: ma come caxxo hai fatto a candidarti col PD, col partito che il problema non lo vuole risolvere ma cronicizzare, rendendolo permanente e strutturale? Anzi, col partito che non vede l'immigrazione di massa come un problema sociale, umano ed anche ambientale, ma addirittura una risorsa economica per il paese? Ma come hai fatto ad entrare in quel covo di iene della UE, sede e causa di tutti i problemi migratori con le loro politiche antidemocratiche, neoliberiste ed ammazza popolo? Come fa un uomo integerrimo ed eroico come te, che tante persone ha salvato ed altrettanti morti annegati ha visto, bambini compresi, a passare dalla trincea alle stanze dei bottoni, proprio dalla parte del diavolo? Come fai a sederti a fianco di Ursula o di Macron che a ventimiglia i migranti li respinge con gli idranti? Perché quando parli dei disperati che muoiono in mare provenienti da Mali, Niger, Burkina Faso e Costa d'Avorio, ovvero dalla poverissima Africa subsahariana, non condanni le politiche neocolonialiste di Macron attuate nella "Franciafrica" mediante l'imposizione del franco CFA, causa principale di povertà e tentativi di migrazione? Perché non cacci le palle e denunci i veri colpevoli? Solo perché i padroncini poi ti tirano le orecchie e la stampa mainstream ti distrugge mediaticamente? Spiacente, non è una giustificazione valida. Una volta eri un eroe, un leone nell'inferno del molo Favarolo! Continua ad esserlo anche oggi in quegli inutili e dannosi carrozzoni di Strasburgo e Bruxelles! Denuncia i burattinai, denuncia gli “incappucciati della finanza”! Oramai sei anziano e puoi permettertelo senza mandare all'aria una carriera che hai già fatto e la sicurezza economica che già hai ottenuto! Salva l'onore e passa alla storia come i veri grandi, esci da questo stato ipnotico indotto dalla frequentazione dei servi del Bilderberg, abbandona questi mostri al loro destino, alza la testa e comincia a denunciare i crimini contro l'umanità da loro commessi!

A Bartò, so che non lo farai mai. Bocciato. 5 in pagella, media tra 10 e zero paccato, voti che assegno alla tua eroica vita prima dell'ingresso in politica, quando eri in guerra, e dopo, con la scellerata adesione al PD. Spiacente, ma lo zero paccato quando hai abbandonato il molo Favarolo, te lo meriti tutto: ti sei alleato con i capitalisti, con i neoliberisti e gli imperialisti filo NATO. Ti sei alleato con quelli come Saviano ed Erri De Luca che auspicano nuovi migranti che ci pagheranno le pensioni perché gli italiani nei campi a 3 euro l'ora (giustamente) non vogliono più lavorare.

A Bartò, nel tuo libro hai criticato un po' tutti, ma non i veri responsabili. Hai dato anche, ed in diversi punti, dei razzisti ed ignoranti agli italiani. Offensivo. Ingiusto.

Spiacente ma la soluzione, in un paese privato della sovranità monetaria e schiavo dei mercati, non può essere l'accoglienza indiscriminata a prescindere di tutti i migranti perché lavoro e welfare per tutti non è obiettivo realistico. Sarebbe possibile, forse, con un'attenta ed oculata gestione degli ingressi, in uno stato socialista, sovrano ed indipendente, con propria moneta, libero keynesianamente di attuare politiche economiche espansive orientate allo stato sociale. Ma mi sembra, dimmi caro Bartolo se mi sbaglio, che non sia questo un modello economico a cui tende il tuo bel partito, che parla solo di cessioni di sovranità alla UE, moneta unica intoccabile, austerity, inflazione zero, progressiva riduzione del ruolo dello stato nell'economia, tagli a sanità, istruzione e pensioni, privatizzazioni e liberalizzazioni: in due parole soltanto, per fare una sintesi estrema del pensiero piddino, costituzione merda.

Salvare persone in mare ovviamente è fuori discussione, ci mancherebbe. Ma è sbagliata l'idea dell'accoglienza indiscriminata a prescindere, senza distinguere giovani maschi migranti economici da disperati in fuga da guerre e miseria.

La soluzione non può essere quella di riempire i paesini italiani, che si svuotano per la crisi economica provocata dai tuoi padroncini con l'adesione sciagurata ai diktat dell'UE, con migranti musulmani che costruiranno moschee facendo girare l'economia e ci pagheranno le pensioni, perché in questo modo, in un paio di generazioni, va a puttane tutta la nostra cultura, le nostre tradizioni, la nostra storia.

La soluzione non può esser spender soldi per formare giovani italiani nelle università e poi esportare manovalanza altamente qualificata, importando allo stesso tempo una massa di disperati semianalfabeti da mantenere o da sfruttare lavorativamente all'inverosimile, facendoli competere con i lavoratori autoctoni in una guerra tra poveri e depauperando i paesi di partenza del futuro.

Parli di un 7% di immigrati nel nostro paese, sbalordendoti per tanto rumore. Il problema è che questo 7% non è assolutamente ben distribuito: in Italia ho visto personalmente paesini riempiti di immigrati, con percentuali della popolazione vicine al 25%, persone purtroppo spesso nullafacenti ed a zonzo per il paese. E' inevitabile che l'accettazione sociale del fenomeno sia bassa e credo che il razzismo, pur indubbiamente a volte presente, c'entri molto poco.

Ma soprattutto, in merito a quel 7%, occorre tener presente che quello che accade oggi è nulla in confronto a quello che accadrà domani, perché l'Africa è un continente sempre più dilaniato da guerre e miseria, desertificazione indotta da cambiamenti climatici, e soprattutto in costante esplosione demografica perché natalità e povertà, nel mondo sono direttamente proporzionali. I fenomeni migratori esploderanno, per la grande gioia di Kalergi.

A Pie', stammi a sentire: mandali al diavolo quelli del PD. La prossima volta che vai in parlamento a Strasburgo o Bruxelles, fatti una bella foto come quella che ho messo io con i miei bambini nella sezione "Una foto un viaggio": corna in cielo e diti medi di fronte ai palazzi del potere. Appena vedi Macron, fagli una bella pernacchia in viso, sventolandogli la banconota insanguinata di 2000 franchi CFA. Te la do io, ce l'ho nel portafoglio. Alzati in piedi nell'emiciclo ed urla a voce alta: «Giustizia per la morte del comandante Thomas Sankara. La Francia e gli USA paghino per l'assassinio del grande leader socialista burkinabè. Se fosse vivo lui, il problema dell'immigrazione di massa africana probabilmente non esisterebbe più! Lui aveva la soluzione e l'avete ucciso!»

Dai sù! Comportati così e giuro che ti invito a cena a San Benedetto del Tronto. Perché come si mangia il pesce a San Beach, in nessun'altra parte del mondo.

Carl Marx e la questione irlandese

Un domanda a bruciapelo. Vi siete mai chiesti il perché le elite borghesi sono tutte a favore dell'immigrazione di massa? Loro, che spesso hanno la sensibilità di una pandegana e non si fanno scrupoli nel licenziare, delocalizzare, metter sulla strada onesti lavoratori? Capitalisti senza scrupoli per i quali conta solo il dio denaro e che per qualche milioncino di euro in più nel conto corrente ammazzerebbero un genitore? Che quando passa un vu cumprà in spiaggia, lo guardano schifati e girano la faccia dall'altra parte? Persone che non toccherebbero un migrante manco con una canna spezzata? Perché queste persone sono animate da tanta filantropia?

Perché uno squalo della finanza senza scrupoli come George Soros dovrebbe investire 500 milioni di dollari (avete letto bene) a favore dell'immigrazione? Quali enormi interessi ci sono in gioco? Perché armatori e fondatori di ONG sono tutti personaggi legati in qualche modo al padronato cosmopolita? A lobbies economiche e militari, a gruppi politici dagli interessi loschi che spingono per “bombardamenti umanitari”?

In poche parole, perché al capitalismo predatorio internazionale l'immigrazione, possibilmente di massa ed incontrollata, piace? Semplicissimo da capire. Innanzitutto loro non sono minimamente toccati dal fenomeno: vivono in villoni ai Parioli, nelle zone più care ed esclusive delle città, mica a Centocelle o Tor Pignattara, mica nelle periferie delle città del nord invase da extracomunitari! Saviano pontifica di accoglienza dall'alto del suo attico newyorkese... non hanno mai lavorato sopra un'impalcatura in un cantiere edile dove non si parla più italiano, non hanno mai scaricato con un muletto un camion dove non vedi un autista italiano da anni. Non hanno mai lavorato fianco a fianco con extracomunitari (io sì e posso parlare) cercando a fatica di capire la loro paga, per poi comprendere che sono in nero a 700 euro al mese. Non sono mai stati licenziati perché al datore di lavoro un immigrato costava meno della metà...

E poi i capitalisti traggono un enorme vantaggio dall'immigrazione di massa. Perché ne traggono enorme vantaggio? Tre a mio avviso le ragioni principali.

  • In primis l'immigrazione è funzionale alla creazione di quello che Marx chiamava esercito industriale di riserva, una massa extra di lavoratori che inevitabilmente spinge verso il basso i salari e comprime diritti e tutele.
  • In secundis, la regola aurea sempre utilizzata dalle classi dominanti in ogni contesto possibile (Covid docet) è il famoso “divide et impera”, ovvero dividere il popolo mettendo in competizione lavorativa gli ultimi (i migranti) contro i penultimi (lavoratori salariati autoctoni), smantellando così poco a poco, i diritti acquisiti in decenni di lotte sindacali ed allo stesso tempo “orizzontalizzando” la lotta di classe (schiavi contro meno schiavi anziché schiavi e meno schiavi insieme uniti contro i padroni).
  • Last but not least, la distruzione dell'identità culturale di un popolo: l'immigrazione e la globalizzazione sono entrambi funzionali a creare masse di individui individualisti, sradicati, senza storia, cultura e tradizioni che si rifugiano nei piaceri illusori del materialismo per affogare la propria alienazione consumista e lavorativa.

Karl Marx nel primo libro de Il Capitale, introdusse il concetto di “esercito industriale di riserva”, ovvero una massa di disoccupati che in un'economia capitalista è funzionale alla riduzione dei salari e dei diritti. Più disoccupati, più competizione, meno salari e meno diritti. Semplicissimo da capire, anche uno del PD potrebbe farlo. Non a caso il grande filosofo utilizzò un gergo militare: la disoccupazione non è qualcosa da combattere per i capitalisti (come previsto ad esempio dalla nostra costituzione che tende alla piena occupazione), ma un'arma potentissima nelle loro mani per spezzare sul nascere la lotta di classe.

La più estesa trattazione del fenomeno dell’immigrazione, Marx la fece comunque non nella sua opera magna, ma in una lunga lettera del 1870 a due suoi collaboratori negli Stati Uniti: sbalordisce davvero come una trattazione così completa e rigorosa, sia totalmente ignorata da tutta la sinistra mondiale, anche quella vicina all'ala comunista più estrema.

L'argomento principale del suo scritto era la “questione irlandese”, ovvero gli effetti micro e macroeconomici dell’immigrazione irlandese in Inghilterra. Marx osservò giustamente, che l’afflusso dei migranti irlandesi sottopagati forzava verso il basso i salari dei lavoratori nativi ed accusava la politica inglese verso l’Irlanda di essere basata principalmente sugli interessi economici delle elite borghesi inglesi, che avevano tutto l'interesse a trasformare l’Irlanda in terra da pascolo per avere carne e lana a basso prezzo, spopolandola per avere al contempo manodopera molto economica in patria. Due piccioni con una fava.

Marx scrisse questi passaggi quasi 150 anni fa: oggi non è cambiato nulla. Semplicemente perché non è cambiato il capitalismo. Ed il capitalismo non è cambiato (se non in peggio con una progressiva ed incontrollabile finanziarizzazione dell'economia), semplicemente perché non è cambiato l'uomo, la cui natura è intrinsecamente cattiva ed egoista. Basti pensare a quanto accade nel Mediterraneo, oppure oltreoceano negli USA, i quali hanno imposto alle nazioni del continente americano accordi di libero scambio (il famoso NAFTA) che hanno letteralmente spazzato via i piccoli produttori degli stati più poveri come Messico e Guatemala, spingendo così milioni di sfollati a cercare lavoro sottopagato negli Stati Uniti.

Un giovane e più anziano Karl Marx, il grande teorico della demolizione scientifica del capitalismo

Tempo fa mi capitò sotto mano un articolo di Luigi Ippolito sul Corriere del Siero (non è un errore) che mi fece rabbrividire. Il titolo è: "La piena occupazione? Nella Gran Bretagna post Brexit è un problema". Riporto un solo abominevole e repellente estratto, in quanto l'articolo è facilmente reperibile in rete: «La Gran Bretagna ha praticamente raggiunto la piena occupazione: i senza lavoro sono scesi al 4 per cento e si tratta di un livello considerato fisiologico per un’economia avanzata. Una buona notizia? Fino a un certo punto: perché in realtà molte industrie ora stanno facendo fatica a trovare dipendenti e questo spinge verso l’alto i salari, intaccando i profitti delle aziende. Un meccanismo perverso, che rischia solo di essere esacerbato dalla Brexit». Cioè, secondo Luigi Ippolito, la piena occupazione è un meccanismo perverso.

Ma basta d'altronde ascoltare le esternazioni di qualsiasi opinion maker della sinistra, come ad esempio Erri de Luca, che in un articolo apparso su Repubblica (e dove sennò) dal titolo “Il razzismo spiegato a Salvini”, scrive: «In economia la rinuncia all'impiego di manodopera immigrata a basso costo è un atto di autolesionismo […] In Italia il supplichevole slogan “Prima gli italiani” non riesce a convincere la nostra manodopera a lavorare nei campi a 3 euro all'ora dall'alba al tramonto». Caro Erri, invece di sparare queste cazzate, vai a lavorare tu nei campi a 3 euro l'ora, se mai hai preso una zappa in mano. Vai, dai tu l'esempio e noi tutti ti seguiremo!

Da inorridire francamente. Insultano Salvini definendolo razzista e xenofobo e poi loro stessi descrivono braccianti agricoli e badanti secondo una logica prettamente coloniale giustificando economicamente un sistema violento di sfruttamento basato sullo stesso pregiudizio razziale che ogni giorno criticano e condannano. A mio avviso la frase più razzista che può esistere la pronunciano proprio loro, chiamando i migranti, risorse: non sono esseri umani, ma servono in quanto risorse. Se non lo fossero sarebbero carne da buttare.

Il mantra unico è: «i nostri campi hanno bisogno di braccia, il paese si spopola, apriamo i porti, perché abbiamo bisogno di migranti per fare lavori che gli italiani non vogliono più fare. Occorrono 50 milioni di immigrati in Europa in pochi anni per sostenere il nostro welfare...»

Domanda: visto che serve manovalanza, perché allora non farla arrivare per vie legali? Offrendo garanzie, tutele diritti? Pagandogli un biglietto aereo di sola andata anziché mandarli al macello? Eh no... salterebbe tutto il giochino! E' interessante osservare infatti come queste persone, i capitalisti del free borders e porti aperti, siano sempre preoccupati dell'accoglienza, ma mai dell'integrazione, della regolarizzazione contrattuale successiva, mai delle tutele lavorative con un salario dignitoso al pari di tutti gli altri cittadini. A loro interessa che arrivino, perché poi al resto pensano i padroni del mondo. Molto meglio irregolari d'altronde perché lo status giuridico di "illegalità" svolge un ruolo cruciale nella determinazione dei livelli salariali: i migranti vivono sotto la costante minaccia dell'espulsione dal paese dove sono faticosamente arrivati ed ovviamente questo per il capitalista è un'arma di contrattazione salariale potentissima, che genera un rapporto totalmente sbilanciato a favore del datore di lavoro.

Ma c'era una questione che Marx considerava addirittura “la più importante di tutte”: l'immigrazione per lui era funzionale alla creazione di “una classe lavoratrice divisa in due campi ostili”. Marx fa notare che ogni centro industriale e commerciale in Inghilterra possiede ora una classe operaia spaccata in 2, proletari inglesi e proletari irlandesi. I primi odiano i secondi perché li vedono come concorrenti che rubano il lavoro e comprimono il loro livello di vita. L'inglese si considera un cittadino della nazione dominante e nutre pregiudizi razziali, etnici e religiosi contro l’operaio irlandese, diventando così inconsapevolmente, il principale strumento di dominio della borghesia capitalista contro se stesso. L’irlandese di contro, vede nello schiavo inglese che sta vicino a lui nell'alienante catena di montaggio e lo guarda in cagnesco, il principale responsabile del dominio dell'Inghilterra sull'Irlanda.

Per Marx, questa inevitabile guerra tra poveri, questo antagonismo sapientemente creato, tra ultimi e penultimi, costituiva la vera gallina dalle uova d'oro delle classi dominanti, il vero segreto dell’impotenza di tutta la classe operaia, che impediva ai lavoratori di unirsi, organizzarsi per combattere, intraprendendo un percorso di lotta di classe. Il ben famoso "divide et impera".

Carlito il barbuto poi scrisse giustamente che tale antagonismo era fomentato ed accresciuto da tutti i mezzi tipicamente utilizzati dalle classi dominanti, ovvero la chiesa, la stampa, i giornali umoristici. Lo vediamo benissimo anche oggi, dove la propaganda immigrazionista televisiva non fa che ripetere e propagandare il verbo unico dell'accoglienza indiscriminata: chiunque osa dissentire e proporre una visione diversa, più complessa ed alternativa, intelligente e ragionata, automaticamente è un fascista xenofobo che brucerebbe vivo un bambino migrante.

La propaganda immigrazionista

La semplificazione dei fenomeni e la polarizzazione in schieramenti opposti e belligeranti che non ragionano più, oramai in totale dissociazione cognitiva, è sempre stata una grande arma del mainstream. L'abbiamo visto d'altronde in questo paio d'anni: guai a porsi domande sulla reale efficacia e sicurezza di vaccini di nuova generazione immessi nel mercato senza validi studi, perché diventi automaticamente un complottista antiscientifico. Guai a porsi domande sulla guerra Russia-Ucraina ed uscire dallo schema Putin merda - Zelensky santo, andare alle cause dell'invasione o farsi domande sulle svastiche, saette e soli neri nazisti di soldati di battaglioni ucraini, descritti invece in tv come colti ed avidi lettori di Kant. Da sbellicarsi dalle risate: svastiche tatuate, saluto nazista con una mano e “Critica della ragion Pura” di Kant nell'altra.

Così in tema di immigrazione, due, sempre due e soltanto due, sono stati gli schieramenti ed i pensieri possibili in Italia: o accogliamo tutti i migranti, anche a milioni nel nostro paese, o bruciamoli tutti in mare prima dell'arrivo ed affondiamo le loro bagnarole cariche di bambini. O xenofili, sostenitori dell'accoglienza indiscriminata senza se e senza ma, fregandosene di tutto il resto, o xenofobi e razzisti del tipo "morte al migrante".

Per la stampa e l'opinione pubblica, chi osa fuggire da questi due poli obbligati, chi osa proporre una visione ben più complessa del mondo, con soluzioni e rimedi, affinché più nessun migrante muoia in mare e possa vivere preferibilmente nel suo paese, con i suoi affetti, una vita dignitosa degna di esser vissuta, è automaticamente un nazista xenofobo.

Molte persone hanno capito perfettamente l'inganno, in ogni contesto. Immigrazione, Covid, guerra, lavoro etc... , ma per loro è difficilissimo uscire da questo schema ed emanciparsene. Ci vuole coraggio, capacità di controbattere, avere pensiero critico e libero. E soprattutto accettare la gogna mediatica, esser disposti a litigare con tutti ed anche isolarsi.

In una tavolata che insulta all'unanimità i no vax equiparandoli a terroristi assassini, ci vogliono le palle per alzarsi in piedi e dire: «Io sono no vax, avanti. Parliamo di scienza se volete, sarò ben lieto e felice di mostrarvi un altro, scientifico e rigoroso punto di vista sulla vicenda». Quanto è più facile andar a favore di corrente che contro!

La menzogna immigrazionista è spesso reiterata e costante. Addirittura si avvale di falsi e dimostrabilissimi allarmismi, vicende pompate all'inverosimile dalla tv con immagini di repertorio decontestualizzate nello spazio e nel tempo, naufragi inventati di sana pianta (che sono un enorme insulto a quelli veri che hanno generato migliaia di morti nel corso degli anni), con video farlocchi di ONG che poi vengono smentiti dalla Guardia Costiera... il tutto per far breccia, in modo criminale, sui cuori sensibili e sulle menti facilmente pilotabili dell'opinione pubblica.

L’imperialismo 2.0 per riuscire a deportare schiavi moderni senza più catene ai piedi, ha bisogno oggi di mostrare un volto umanitario. Per questo si avvale di ONG paladine dei diritti umani, con navi riempite di baldi giovani volontari e volenterosi che ci mettono davvero cuore ed anima, sinceramente animati da nobili ideali, ma totalmente ignari di esser alla fin fine "utili idioti", autisti e soccorritori di una tratta degli schiavi, pedine inconsapevoli di un disegno perverso pianificato a tavolino molto, ma molto più in alto.

La propaganda poi, quando si parla di immigrazione, utilizza un altro bel trucchetto: mette sempre tutti nello stesso calderone, senza distinguere due categorie tra loro totalmente differenti, ovvero i pochi disperati (donne, bambini ed anziani in fuga da guerre, dittature, carestie e povertà estrema), ed i tanti clandestini irregolari, ovvero i migranti economici. Sono due categorie totalmente diverse ed uno stato socialista che si rispetti, che ha la nostra costituzione, che vuole tutelare il lavoro dei suoi cittadini e la coesione sociale, ed allo stesso tempo rispetta ogni essere umano in quanto tale (sia autoctono che migrante), inevitabilmente deve trattarli in modo diverso. Questo stato socialista ed internazionalista, ha il dovere morale di accogliere ed integrare i primi ma non i secondi, i quali saranno soggetti ad una selezione in partenza che si basa su una rigorosa pianificazione degli ingressi che tiene conto di basilari principi, non solo economici ma anche socioculturali. E' quello che fa ogni paese evoluto del mondo, come Australia, Giappone, Svizzera etc... e nessuno si sogna di tacciare di razzismo i loro governi.

Oggi, secondo i dati del Viminale, il rapporto di queste due categorie è approssimativamente 1 a 10: il 10% dei migranti potrebbe presentare domanda di asilo internazionale, mentre il restante 90% sono immigrati economici, spesso senza formazione, documenti, né alcun motivo per richiedere asilo. Moltissimi di loro hanno anche precedenti penali. Si tratta di immigrazione clandestina. Punto. C'è poco da discutere ed il razzismo, spiacenti, ma non c'entra un cazzo di niente.

Migranti in attesa del trasferimento in un'area protetta del porto vecchio di Lampedusa: sono quasi tutti giovani maschi tunisini

La propaganda martellante, tramite costante denigrazione del dissenso ed utilizzo di opinion makers costruiti a tavolino e lautamente pagati che orientano l'opinione pubblica (Burioni o Bassetti vi dicono qualcosa?), tramite il controllo ideologico ed economico assoluto di università, centri di ricerca, stampa, fondazioni, Chiesa e quant'altro, è addirittura riuscita nell'incredibile impresa di portare ideologicamente dalla parte dei padroni tutto il popolo inconsapevole. Proprio le persone che più dovrebbero odiare il sistema e lottare per costruirne uno migliore, più rispettoso dell'uomo e dell'ambiente, sono così spinte ad accanirsi con odio e rabbia contro chi la pensa in modo diverso e prova a farli ragionare, spalancandogli le porte della conoscenza, dello spirito critico e del libero pensiero (Russia-Ucraina, vax - no vax, immigrazione sì/no/nì etc... etc...).

Gli schiavi sono così diventati i più fedeli soldatini degli schiavisti. E' il famoso concetto di egemonia attuata non con la forza (impegnativa, onerosa e controproducente), ma tramite il consenso, a cui erano arrivati sia Gramsci nei suoi “Quaderni del carcere” che anche Marx nella sua opera “L'ideologia tedesca”: le idee dominanti sono sempre le idee della classe dominante.

Chepeau. E' questo indubbiamente, il capolavoro più grande del capitalismo. I capitalisti sono geni, l'ho sempre detto e sempre lo dirò. Sono pochissimi, ma controllano il mondo intero perché sono incredibilmente organizzati, consapevoli di ciò che vogliono e di come ottenerlo.

Cari geni del male, vi odio, ma riconosco la vostra immensa grandezza ed intelligenza.

Immigrazione e neoliberismo; identità, sovranità e confini nazionali

Bisogna sempre ricordare poi che capitalismo, globalizzazione, neoliberismo, colonialismo ed imperialismo sono facce diverse di una stessa medaglia (dove è stampata la sigla PD). La libera circolazione di uomini, capitali e merci è un dogma intoccabile del neoliberismo; il lavoratore per il capitale non è un uomo da gratificare e valorizzare, il migrante non è un essere da accogliere ed integrare e pagar bene per permettergli di contribuire al benessere morale e materiale della società, ma è merce da sfruttare per estrarre plusvalore. E come una merce, si paga poco, si muove (e ci si muove) dove costa meno ed il profitto è maggiore.

Aprire i porti è dunque il verbo principale del mainstream politicamente corretto: il mondo intero dovrebbe diventare un enorme centro commerciale deregolamentato dove la circolazione di qualsiasi oggetto, animato ed inanimato, è libera. Più è libera, più la gente circola, più la gente circola più gli individui perdono la propria identità culturale e si sradicano. Più si sradicano, più circolano e più consumano senza farsi tante domande. Tutti uguali, tutti consumatori compulsivi, possibilmente infelici, perché più sono infelici e più consumano affogando la propria frustrazione nel materialismo.

Il capitalismo predatorio sa bene che i suoi più acerrimi nemici sono da sempre lo stato socialista, l'identità culturale dei popoli, ed i concetti di solidarietà, comunità e famiglia.

E come gli stati e le costituzioni nazionali sono gli ultimi baluardi a difesa del cittadino (motivo per il quale i nostri politici parlano continuamente di cessioni di sovranità ad elite transnazionali non elette), così le identità culturali personali sono le ultime roccaforti di resistenza contro la mercificazione dell'esistenza.

La sinistra radical chic fa sempre l'apoteosi di un finto multiculturalismo per giustificare e dare un tocco di classe ai fenomeni migratori che invece per le persone sono emotivamente drammatici, in quanto devono abbandonare tutto per l'ignoto. Il multiculturalismo tanto caro alla sinistra arcobalenica è una cosa bellissima, ma non è da confondere con l'omologazione! Esso può esistere solo e soltanto se esistono le singole identità culturalmente differenti, in dialogo pacifico e costruttivo tra loro, cosa possibile solo se le migrazioni sono fisiologiche e numericamente limitate, nel tempo e nello spazio.

Il mondialismo invece vuole distruggere le identità fingendo di valorizzarle, un po' come avviene nelle pubblicità della Benetton dove si mostrano bambini con il colore della pelle diverso, ma vestiti tutti allo stesso modo e con la stessa firma occidentale: i globalisti del PD (ed i suoi cagnolini scodinzolanti del M5S) sono riusciti poco a poco a far passare l'idea che la tutela delle identità equivale a xenofobia e nazionalismo, che la tutela della famiglia è sinonimo di omofobia ed arcaico patriarcato. Mah...

Insomma, free borders un cazzo. I confini nazionali sono un concetto imprescindibile per la definizione stessa di Stato. Bisogna lottare contro la globalizzazione; vanno tutelate le identità culturali dei popoli, la lingua, le tradizioni. Perché è tutto incredibilmente bello e le diversità non devono e non possono scomparire. Oggi la lotta per l’autodeterminazione dei popoli passa attraverso un sacrosanto ed intelligente controllo dei confini: attuare adeguate politiche migratorie significa sia tutelare le identità e le culture nazionali dalla globalizzazione omologante, sia difendere il diritto delle persone di poter continuare a vivere nel paese che amano di più: il paese in cui sono nati.

Una scultura che simboleggia il migrante, trovata in una strada di Honfleur in Normandia

Un'ulteriore spunto di riflessione: per risolvere il problema dell'immigrazione in modo etico e rispettoso di tutti, in primis dei migranti, non si può prescindere in nessun modo dal recupero della sovranità monetaria e legislativa. Con la scellerata adesione all'euro (unica moneta al mondo senza stato e senza popolo, privata e transnazionale) ed a quel mostro neoliberista irriformabile che si chiama UE, l'Italia, già colonia USA a tutti gli effetti, è perennemente sotto ricatto dei mercati e costantemente stritolata da interessi sul debito; i vincoli di Maastricht e del Fiscal Compact impongono costanti riforme (leggi tagli) al welfare state, per cui politiche espansive non sono più possibili.

Lo stato Italia, privato della leva monetaria, in un contesto di competizione globale tra ultimi e progressiva deflazione salariale causata soprattutto dalla moneta unica, se vuole sopravvivere e tutelare lavoro e welfare dei cittadini, non può che attuare, suo malgrado, un rigido controllo delle frontiere (anche sui capitali): lavoro e coesione sociale sono incompatibili con frontiere spalancate e capitali liberi.

In un contesto socialista mondiale, cosa che io personalmente auspico, potrebbe (forse) farne a meno. Il punto è che in un contesto del genere, l'immigrazione non esisterebbe proprio perché non esisterebbero le cause dell'immigrazione, ovvero guerra, imperialismo, colonialismo e sfruttamento del lavoro.

Foto di un migrante seduto al molo del porto vecchio, conservata nel Museo della fiducia e del dialogo del Mediterraneo

Ma anche se lo stato d’arrivo, ad esempio l'Italia, disponesse di tutti gli strumenti (legislativi e monetari) per garantire la piena occupazione e possa trarre il massimo profitto possibile dal processo migratorio, questo sarebbe giusto ed etico? No che non è giusto. No che non è etico perché gli stati di partenza rimangono comunque piegati dal dramma dell’emigrazione di massa che li priva di forza lavoro, giovane e potenzialmente rivoluzionaria. Questi paesi, magari già vittime di pesanti politiche imperialiste e neocoloniali, vengono pure depauperati del futuro, dell’unica ricchezza e certezza rimasta a loro disposizione.

Tutti i grandi leader socialisti africani, realmente sovrani e non fantocci dell'occidente ancora non assassinati dalla Francia, quasi tutti sankaristi (perché hanno ucciso un uomo, ma mai potranno uccidere le sue idee), tutti i più famosi panafricanisti come Seba e Konarè, la pensano esattamente così, ovvero al contrario rispetto agli immigrazionisti del PD.

Sono proprio loro che invitano i governi europei a chiudere i porti e scoraggiare gli arrivi, sono proprio loro che chiedono di respingere e reimpatriare i loro migranti economici, dando segnali forti ed inequivocabili per scoraggiare ulteriori partenze. Questi leader sono totalmente contrari all'emigrazione dei loro figli verso altri paesi: lo considerano un furto a tutti gli effetti. Un furto del loro futuro. Vogliono che quelle energie giovani lavorino in Africa e questo è possibile solo costruendo, anche grazie a loro, un sistema che dà alle nuove generazioni reali speranze ed opportunità.

Il ruolo criminale della Chiesa nell'immigrazione

Se si vuole risolvere il problema dell'immigrazione di massa incontrollata ed incontrollabile, che minerà nei prossimi decenni la stabilità economica e la coesione sociale dei popoli del mondo, è comunque imperativo affrontare seriamente la questione delle questioni, la più importante di tutte: l'esplosione demografica del continente nero, a cui va messo urgentemente un freno.

In ultima analisi, questa è una diretta conseguenza del modello capitalista dell'economia (e dunque a cascata neocolonialista, neoliberista ed imperialista), in quanto tale modello predatorio genera povertà diffusa ed irragionevole accumulo di ricchezza nelle mani di pochi e come è ben noto, natalità e povertà, per svariate ragioni, sono direttamente proporzionali.

Il tasso di natalità africano è irragionevolmente alto: una donna fertile partorisce in media dai 5 ai 7 figli! Figliare come conigli a questo ritmo folle e scriteriato metterebbe in crisi anche stati ricchissimi come Norvegia o Svizzera, creando nel lungo periodo recessione economica e devastazione ambientale. Mi rendo conto che è brutto dirlo perché il grembo materno è sinonimo di vita e gioia, ma in Africa, gli uteri femminili, sono essenzialmente una fabbrica incessante di povertà, di disperazione e di morti in mare. Mentre noi decidiamo se accogliere o respingere un migrante, ad di là del Mediterraneo, altre centinaia ne nascono e sono pronti a partire.

Credo che il primo atto d'amore incondizionato, il primo gesto umanitario ed anti-razzista che ogni occidentale dovrebbe compiere nei confronti di un africano, debba esser quello di guardarlo negli occhi e dirgli a muso duro: «Basta a trombare senza protezioni! 1-2 figli e stop!»

E' fondamentale dunque iniziare a fare campagne di contraccezione, sensibilizzazione ed educazione alla sessualità. Con una precisazione doverosa, prima che qualcuno fraintenda: io non sono assolutamente contro la vita, pro sterilizzazione e pro aborto. Assolutamente no. Sono per una sana, ambientalmente rispettosa e fisiologica natalità. Se si è poverissimi, è impensabile metter al mondo altri 10 bambini che soffriranno come bestie per poi morire in mare tentando giustamente la fuga. Molto meglio metterne al mondo solo uno o due, dandogli al contempo più opportunità e benessere.

La Chiesa cattolica nell'esplosione demografica africana, a mio avviso ha un ruolo assolutamente criminale. Sia ben chiaro: ho un rispetto totale ed incondizionato della fede, alla quale mi sto anche avvicinando, poco a poco, a piccoli passi, a modo mio. Ma la Chiesa, intesa come istituzione, è parte del problema, una parte a mio avviso non inconsapevole ed in buona fede, ma consapevolmente colpevole. Con dolo.

Storicamente la Chiesa è stata sempre funzionale al controllo delle menti dei fedeli, sempre al servizio del capitale, sempre al servizio degli imperialismi, come ad esempio nel caso della colonizzazione spagnola delle Americhe, macchiandosi anche di crimini ed atrocità inimmaginabili. La Chiesa non ha mai condannato le politiche schiaviste coloniali e neocoloniali dell'occidente, di ieri e di oggi, che hanno creato povertà diffusa e sentimenti d'inferiorità ed impotenza, se non in maniera timida e senza disturbare mai troppo il vero potere. Ha sempre contribuito a creare nelle persone povere una mentalità assistenzialista con aiuti umanitari, carità, missionari, donazioni di ricconi sfondati che si mettono in pace la coscienza privandosi di un miliardesimo del loro sconfinato patrimonio. Per carità, tutto giusto, ma i poveri restano tali e la povertà cresce sempre di più a ritmo incessante: questo dovrebbe far capire che l'approccio è totalmente sbagliato. E lo è per un motivo semplicissimo: perché non si batte per le cause della povertà, ma cerca di mettere pezze alle conseguenze.

La Chiesa ha sempre soppresso nelle masse ogni spirito di ribellione, bloccato sul nascere ogni slancio rivoluzionario condannando di fatto i popoli alla subordinazione ed allo sfruttamento costante, tanto poi c'è la giustizia nell'aldilà. La violenza mai! Per carità! Possono utilizzarla soltanto i padroni contro gli schiavi, oppure gli ecclesiastici quando devono mandar al rogo eretici come Giordano Bruno o torturare brutalmente persone innocenti come nella Santa Inquisizione. Al contrario la rivolta armata del proletariato verso i padroni per rovesciare lo status quo non è mai giustificata. Nemmeno quando i coloni belgi di Re Leopoldo II in Congo tagliavano mani e piedi ai bambini neri di fronte ai missionari in silenzio, perché avevano raccolto poco cotone (si veda in tal senso l'atroce fotografia pubblicata nel post “La terra degli uomini integri”).

E poi, soprattutto, la Chiesa ha criminalmente sempre ostacolato la contraccezione in Africa, paragonandola addirittura ad infanticidi ed aborti, pianificando così a tavolino un vero e proprio sterminio (anche attraverso l'AIDS), con tragedie incalcolabili, destabilizzazione dei paesi d'arrivo dei flussi migratori e proliferazione di movimenti fascisti e xenofobi.

Bertrand Russell predisse tutto addirittura negli anni '50: «Sarà impossibile ridurre la diseguaglianza globale se non raggiungeremo popolazioni numericamente stabili [...] Se si vuole evitare che l’Africa e l’Asia travolgano il mondo con immense popolazioni in estrema povertà, esse dovranno imparare a mantenere popolazioni numericamente stabili. E se non impareranno a controllare questo, allora inevitabilmente perderanno la loro giusta rivendicazione di eguaglianza economica».

Pernacchie fragorose e considerazioni finali

Politici europei ed africani, trafficanti, polizia, milizie locali e guardie costiere africane conniventi, faccendieri, ONG finanziate da filantropi senza scrupoli, criminali comuni affiliati a gruppi terroristici, capi tribù e chi più ne ha più ne metta, hanno messo insieme uno dei più grandi e scandalosi traffici mai visti sul pianeta, la nuova tratta degli schiavi 2.0, una vera e propria deportazione neocolonialista di massa attuata con navi private nuove di zecca oppure con fatiscenti barconi a perdere.

Una volta gli schiavi si andavano a prendere, oggi con vomitevole retorica, si fa finta che siano loro a voler venire, abbandonando tradizioni e famiglia. E si fanno pure arrivare a costo zero. Un mercato multimiliardario che si basa sul terrore, sulla propaganda massmediatica e sull'immancabile retorica buonista politicamente corretta.

Di fronte a questa indicibile tragedia che si consuma giornalmente d'estate in questa remota isoletta italiana c'è una sola, unica coppia di responsabili: UE e NATO, in poche parole il sistema capitalista, neoliberista, neocolonialista ed imperialista che ha causato tutte le guerre in Africa e nel Mediterraneo e che continua a seminare povertà e disuguaglianze nel mondo, sfruttamento delle classi lavoratrici ed oppressione dei popoli. Il tutto con l'appoggio incondizionato e la complicità della vergognosa pseudo sinistra radical chic mondiale.

L'unico modo a mio avviso per trattare temi così complessi come quello dell'immigrazione, è fare un netto salto di qualità logico matematico, abbandonando una visione locale ed induttiva in favore di una globale e deduttiva. Questi a mio avviso i punti fermi da cui si deve partire:

  • Occorre innanzitutto fuggire dallo schema duale xenofilo - xenofobo, imposto al solito dal mainstream, funzionale a bloccare in partenza ogni ragionamento e discussione.
  • Aver ben chiara la logica sfruttato-sfruttatore; andar oltre il singolo tragico episodio inquadrando il tema da una prospettiva più ampia, che non può che essere a mio avviso, marxista: combattere dunque lo sfruttamento, non l’immigrazione.
  • Avere ben chiare le cause dei fenomeni migratori (povertà e guerra), le quali sono figlie delle politiche neocoloniali, neoliberiste ed imperialiste occidentali.
  • Avere chiaro il concetto che l'immigrazione incontrollata è un obiettivo ed un desiderio del capitalismo internazionale, che danneggia anche i paesi di partenza, privati dei giovani e dunque del futuro.
  • Avere chiaro il concetto che la libera circolazione di uomini, capitali e merci è un dogma del neoliberismo. Certo, la cosa ha anche i suoi lati positivi perché i rampolli e figli di papà delle classi abbienti possono fare l'Erasmus in giro per l'Europa senza problemi di visto e presentando carta d'identità anziché passaporto... ma andiamo oltre queste considerazioni per favore...
  • Ricordare sempre che il modo di agire delle elite è sempre lo stesso: creare un problema con menzogne reiterate per poi semplificarlo, polarizzare l'opinione pubblica tramite propaganda e proporre (o meglio imporre) la soluzione. Prima dunque destabilizzano il continente africano con “bombardamenti umanitari”, indebitamento mediante riforme neoliberiste con piani decennali di FMI e BM, neocolonialismi ed imperialismi, e poi impongono la loro soluzione, ovvero immigrazione incontrollata ed accoglienza, che altro non significano che sfruttamento lavorativo senza pietà.
  • Capire che inevitabilmente il fenomeno migratorio in un contesto di crisi perenne e tagli costanti al welfare a causa dell'adesione a scellerati trattati internazionali, crea scarsa accettazione sociale. Non è questione di razzismo, è semplicemente una lotta per la sopravvivenza, ovvero mi rendo conto, una cosa che la borghesia non può minimamente capire perché in certe situazioni non ci si è trovata mai (ad esempio non aver denaro per sfamare i figli o pagare bollette o esigenze elementari di qualsiasi tipo). Il tema lo affrontai anche nei due post “Dar Es Salaam” (quando incontrai Jaguar, un padre di famiglia senza lavoro) ed “Il più grande successo dell'euro”, quando mi addentrai nei quartieri malfamati di Atene.

Dunque? Conclusioni? Tante chiacchiere soltanto? Qual è la mia soluzione al problema dell'immigrazione? Andando alle cause e non alle conseguenze, la mia non può che esser una soluzione di lungo periodo e non può prescindere anzitutto dal recupero immediato della sovranità nazionale, monetaria e legislativa, al fine di avere gli strumenti per aiutare più persone possibili, ma gettando le basi affinché le migrazioni si arrestino. Fuoriuscita dunque immediata da Euro, UE e NATO, senza se e senza ma, per ripudiare le guerre imperialiste, riacquistare la libertà e riappropriarci della nostra splendida costituzione improntata al socialismo.

Fondamentale, prima di procedere oltre, prima di corciarsi le maniche e ricostruire il paese stabilendo solide relazioni internazionali con i paesi non allineati, fermarsi un attimo. Le gioie della vita sono poche e questa le supererà tutte, ma proprio tutte tutte: un doveroso minuto di silenzio.

Dopo esser usciti dalle gabbie infernali di Bruxelles e patto atlantico, un minuto di silenzio in tutto il paese con collegamento televisivo a reti unificate, affinché ogni cittadino italiano possa fare una grande, lunga, immensa, fragorosa pernacchia in faccia ai Biden, ai Romano Prodi, ai Mario Monti, ai Mario Draghi, ai Letta, ai Napolitano ed ai Mattarella, ai Renzi, ai Macron, alle Ursula, ai Grillo, ai Di Maio, ai Salvini e Berlusconi ed a tutti i servi traditori che in questo ventennio scellerato hanno scientificamente demolito il paese più bello del mondo.

La pernacchia si deve sentire fino in cielo, fin sulla Luna. Che tutti i pianeti del sistema solare sappiano che la costituzione italiana non sarà più violentata da nessuno, che d'ora in avanti saremo liberi. Non più servi dei franco tedeschi né colonia degli americani.

Foto di un barcone di migranti conservata nel Museo della fiducia e del dialogo del Mediterraneo

Ok, andiamo avanti. Ora dopo la pernacchia, possiamo farlo. Torniamo all'immigrazione. Soccorso in mare ovviamente garantito, senza se e senza ma, per tamponare l'emergenza. Accoglienza e massima integrazione possibile, sostegno totale ed incondizionato a profughi e migranti in fuga da guerre e povertà, ma contemporanea regolamentazione e pianificazione rigorosa dei flussi d'ingresso per tutti i migranti economici, anche e soprattutto mediante accordi con i paesi di provenienza, improntati all'amicizia, alla legalità ed al rispetto. Costruzione di un mercato del lavoro paritario tra migranti ed autoctoni, non duale, ma coerente con l’obiettivo socialista e keynesiano della piena occupazione. Gettare le basi, attivando la diplomazia internazionale, affinché non ci sia più quest’esodo di massa che contribuisce alla crescita di fenomeni negativi come razzismo, intolleranza, deflazione salariale, distruzione progressiva della cultura di un popolo. Dunque stop alle guerre nel mondo, stop alla globalizzazione dei mercati, dazi dappertutto per favorire il più possibile economia locale a km0.

Divinizzazione assoluta, santificazione religiosa, beatificazione nei secoli dei secoli amen, di un immenso leader africano, Thomas Sankara, che per primo, 40 anni fa, aveva capito come arrestare i flussi migratori dal suo paese, il più povero del mondo. A lui ho dedicato ben due post di questo blog per rendergli omaggio, promettendo di tornare in Burkina Faso, a festeggiare col popolo burkinabè, il giorno in cui sarà fatta un minimo di giustizia per il suo omicidio.

Messa fuorilegge dell'ideologia neoliberista di Milton Friedman, da equiparare a quella nazista in quanto a crudeltà e morti provocati. Messa fuorilegge di Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale. Bombe a grappolo o in alternativa missili Scud, in un giorno non lavorativo e con uffici deserti perché sono un non violento e non voglio alcuno spargimento di sangue (su Draghi, Speranza e Burioni però mi riservo di rifletterci un po' meglio sull'ultima frase), su palazzo Berlaymont di Bruxelles e sulle sedi del parlamento UE di Strasburgo. Ok ok ok... mi sa che me ne sono passato un poco... Va bo', credo però che abbiate capito a grandi linee il mio pensiero.

Un mural da me incontrato ad Ancona in zona Baraccola

Scusatemi, torno ad esser serio e concludo finalmente questo lunghissimo post, che tanto tanto tanto mi ha appassionato, ed a cui ho dedicato un paio di settimane buone di lavoro, tardo pomeriggio, sera e notte in un convento di suore di Todi in provincia di Perugia (una lunga storia, una storia di amore assoluto, speranza e rinascita), con il mio fedele cagnolino Rio a farmi compagnia.

L'immigrazione incontrollata (non quella sana, fisiologica, limitata nei numeri e nell'impatto) terminerà solo quando terminerà lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. E questo accadrà solo quando i popoli di tutto il mondo, prenderanno coscienza della loro condizione ed adotteranno una prospettiva internazionalista unendosi contro gli sfruttatori.

L'immigrazione incontrollata terminerà e con essa tutto il carico di sofferenza e morte che si porta dietro, solo quando il capitalismo sarà abbattuto e dalle sue macerie nascerà un mondo più equo e giusto, più rispettoso dell'uomo, della società e dell'ambiente. Perché il problema non è l'immigrazione. Il problema è il capitalismo.