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La bufala della green economy

Io, ambientalista da sempre e fin da piccolo...

Sono sempre stato un ambientalista convinto, ai limiti dell'estremismo. Il perché è semplicissimo da capire: io sono profondamente innamorato di Madre Natura. E' così, ed è sempre stato così, fin da piccolo. Ricordo ad esempio quando i miei genitori mi portavano in vacanza in Trentino ed io ammiravo quegli splendidi paesaggi montani, emozionatissimo ed in totale estasi; nei trekking familiari ero sempre "la guida", col resto dei fratelli (ne ho 3) che invece non ne potevano più... ricordo perfettamente il senso di pace, serenità e comunione col creato che mi mettevano quei luoghi incantati, la voglia di perdermi nei boschi, l'emozione di incontrare un capriolo e la sensazione di piccolezza e nullità che provavo di fronte alla maestosa bellezza di una cima puntuta ed imbiancata come quella del Cervino.

Anche oggi, anzi, soprattutto oggi, a quarant'anni passati, io mi sento davvero bene e felice solo quando mi immergo totalmente nella natura stabilendo con lei un contatto intimo e profondo. Solo così torno alle origini, ritrovo la calma interiore ed il mio istinto primordiale, troppo spesso represso. Mi sento realmente appagato solo quando scalo una vetta col fiatone e lo sguardo perso verso l'orizzonte, quando esploro una foresta o una giungla tropicale, quando pinneggio negli abissi oceanici in qualche barriera corallina o tra gli anfratti bui di grotte o relitti... Quando sento il freddo pungente dentro un sacco a pelo a -20° in un rifugio himalayano, quando affronto spavaldo con ramponi e piccozza un ghiacciaio che gracchia oppure quando cammino scalzo nel bagnasciuga di una spiaggia immacolata di qualche paradiso tropicale. Ho una malsana predilezione per gli spazi aperti ed incontaminati, per i luoghi vergini, irraggiungibili, magari anche desertici ed inospitali. Nel grigiore della città invece intristisco, spengo il cervello e divento insopportabile, ancor più di quello che sono normalmente.

Per questo viaggio tanto. Per questo appena posso scappo e mi perdo nel mondo. A volte basta anche poco per rinascere e farmi tornare l'umore, magari una corsa in spiaggia a pochi metri da casa o una visita al volo al mio amico Fabrizio Amadio, che ha deciso di abbandonare un insoddisfacente lavoro bolognese per vivere nell'Appennino in zona Acquasanta, a solo mezzoretta di macchina da San Beach, facendo legna e formaggio, pascolando e mungendo vacche, svegliandosi ogni mattina con una vista strepitosa sulle bellissime montagne del centro Italia.

Nell'Appennino marchigiano: foto scattata (male) dal mio amico Ramon

Ammirando l'incredibile panorama di Gokyo nell'Himalaya nepalese

La passione per la natura mi portò a fondare con gli amichetti delle scuole elementari un'associazione di nome ASAN, Associazione Salvataggio Animali e Natura. Chiedevamo a tutti 1.000 lire per l'iscrizione e riuscimmo a racimolare ben 60.000 lire che inviammo come donazione al WWF. Sorpresa incredibile, il WWF ci rispose! Ci regalò un anno di abbonamento con ricerche ambientali sul campo da fare, dove coinvolgemmo tutta la classe elementare. Scrivevamo per l'associazione anche dei libricini sulla natura: utilizzavamo dei quaderni a quadretti e li riempivamo di disegni. Quanta passione ci mettevamo! Io mi sentivo come Indiana Jones, come il protettore della natura e di tutte le specie del mondo, un eletto che doveva salvare il pianeta dalla catastrofe, una specie di Greto Tumbergo (con la o, al maschile, all'italiana e senza asterischi, non me ne voglia Elly Schlein). Avevo una missione superiore e ci dedicavo ogni mio sforzo. E quando non lo facevo, correvo dietro ad un pallone o una pallina gialla.

Sì, l'ambientalismo è un sentimento che mi ha sempre accompagnato fin da piccolo. Inevitabilmente si è affievolito da adolescente, quando i casini in testa sono più grandi di ogni cosa e di ogni passione. Ma è rispuntato poi all'università.

La prima volta che toccai con le mie mani un modulo fotovoltaico fu in un laboratorio di fisica: dovevamo misurare le caratteristiche I-V di un vecchio pannello, di quelli arcaici, primordiali con il vetro totalmente ingiallito e le celle rotonde. Erano i primi anni del XXI secolo, eppure era molto difficile vederne uno da vicino: il famoso “conto energia” era ben lontano ed i prezzi della tecnologia erano esorbitanti in quanto ancora riservata ad applicazioni di nicchia. Rimasi folgorato nel vedere l'ago dell'amperometro collegato ai cavi posteriori che schizzava in alto appena il silicio veniva colpito dai raggi solari. Cazzo, energia elettrica dal sole! Un fotone colpisce la giunzione n-p di un semiconduttore drogato, ed accade un mezzo miracolo. Che poi miracolo non è, lo garantisco, avendo dedicato un intero anno di corso alla fisica dello stato solido, alla fisica molecolare, ai semiconduttori ed alle loro proprietà di trasporto.

In ogni caso, io, fin da quel momento avevo deciso che le energie rinnovabili sarebbero state il mio futuro lavorativo, o in alternativa lo studio dei cambiamenti climatici. Per questo, nell'ultimo anno di corso, abbandonai l'indirizzo scelto di fisica nucleare (mi piaceva ma mi avrebbe garantito lavoro solo nel campo della ricerca...), deviando verso quello di fisica elettronica/applicata con esami addizionali di fisica dell'atmosfera ed anche di economia.

Un vecchissimo pannello a celle tonde visto nel paesino di Gokyo sull'Himalaya

Andai anche a Siviglia per studiare da vicino i giganteschi impianti (non fotovoltaici) del solare termodinamico di Abengoa Solar, con gli enormi specchi parabolici che concentravano la luce in una caldaia posta in altezza, dove si produceva vapore che a sua volta attivava turbine per la produzione di energia elettrica. Ma c'era qualcosa del genere anche in Italia, anzi... è stato proprio il nostro premio Nobel Carlo Rubbia che ha inventato e perfezionato tale tecnologia! Mi recai così all'ENEA della Casaccia, dove era in piedi il “Progetto Archimede”, proprio da lui gestito, per chiedere la tesi sperimentale di laurea ed eventualmente il dottorato successivo. Impressionante davvero quella lunga fila di oltre 30 metri di specchi curvi lucidissimi colpiti dal sole... Ma non c'era “trippa pè gatti”. Niente fondi e finanziamenti, con un progetto che sarebbe morto da lì a breve.

Lavorai al CNR nel campo dei semiconduttori organici per 5 anni, rinunciando poi per varie vicissitudini ad un dottorato di ricerca a Venezia in "Scienza e gestione dei cambiamenti climatici". Lasciai il pubblico ed entrai nel privato nel settore ascensoristico nell'impresa di famiglia, passando quindi dalle nanotecnologie alle... macrotecnologie! Sono proprio un ossimoro vivente... Qui, tra le altre cose, fondai un ramo aziendale che si occupava di progettazione ed istallazione di impianti solari fotovoltaici e micro eolici, in modo tale da differenziare anche le attività lavorative mettendosi al riparo, per quanto possibile, dalle crisi del mercato, cicliche, inevitabili e connaturate al modello capitalista. Ho realizzato diversi impianti, sia aziendali che non, tutti bellissimi (perché secondo me l'efficienza delle energie rinnovabili deve andar di pari passo con la bellezza e la perfetta integrazione architettonica e paesaggistica), rifuggendo in ogni caso l'idea della quantità numerica per puntare sulla qualità, sulla perfezione dell'idea e l'italianità dei prodotti.

Il mio idealismo e la mia resistenza al compromesso, hanno sempre prevalso su tutto, a costo di schiantarmi contro i muri. Sono caratteristiche di cui vado orgoglioso e che non cambierei per nulla al mondo.

Il mio primo obiettivo comunque, entrando in azienda a fine 2008, è stato lo stesso identico di questo blog. Sì, sono un po' ossessivo nei miei ragionamenti. Se andate nella home page del sito, vedrete che viaggiepianoforte.com è ad emissioni totalmente nulle: l'unico della rete, e lo sforzo anche economico per arrivarci non è stato di poco conto.

Allo stesso modo, io volevo gestire un'azienda che fosse diversa da tutte le altre, che fosse da esempio. La sognavo fin dal mio ingresso, a reale e totale impatto zero. Avviai così una progressiva conversione del parco automezzi a gas metano, ottimizzai gli spostamenti al fine di ridurre al massimo l'uso del fossile per il trasporto, tentai invano, in alcuni casi selezionati, il passaggio a biciclette elettriche opportunamente preparate per le manutenzioni, resi energeticamente autosufficiente l'azienda mediante la costruzione di impianti fotovoltaici e micro eolici (connessi in rete ed anche off-grid), eliminai totalmente il gas passando a pompe di calore aria aria per il riscaldamento ed il raffrescamento degli uffici, progettai una riduzione, ottimizzazione e riciclo dei rifiuti prodotti. Infine calcolai rigorosamente e compensai le emissioni inevitabili ed ineliminabili dovute ai trasporti aderendo ad un progetto di riforestazione.

Io ero orgoglioso che l'azienda lavorasse a totale impatto zero, lo pubblicizzavo nel sito ed in fase contrattuale, cercando anche di sensibilizzare i potenziali acquirenti su questo tema, portandoli a scegliere la nostra impresa anche per questo motivo. Ma fondamentalmente di questo non fregava un cazzo di niente a nessuno, né alla proprietà, né ai dipendenti, né tanto meno ai clienti, e così il progetto ben presto andò a morire.

Io poi ero anche convinto che la riduzione dell'orario lavorativo ottimizzasse processi, costi e spostamenti, produttività e felicità delle persone. Ero appena entrato in azienda, poco più che trentenne e penso che mi guardassero un po' tutti come un alieno. Parlavo arabo. Non venivo capito. Non potevo esser capito in una ditta che da oltre 40 anni lavorava in pura logica capitalista, dove gli operai erano abituati a lavorare stanchi ed annoiati con l'orologio sempre ben in vista, senza farsi troppe domande, senza emozioni ed interesse, senza partecipare alla gestione aziendale con proposte ed assunzioni di responsabilità. Non potevo esser capito in una ditta dove l'unica cosa che contava erano profitto, stipendi e numeri crescenti, con l'ossessione tutta capitalista di una crescita infinita a prescindere da tutto e tutti, la quale però implicava anche crescita dei problemi, dei rischi, dello stress e degli insoluti, riduzione del tempo libero e della qualità finale del lavoro, maggior insoddisfazione e probabilità di infortuni... Dove contava la competizione sfrenata tra aziende concorrenti (e dunque la compressione costante dei costi di materiali e personale), non il riposizionamento sul mercato in base ad un'idea diversa di economia che alla lunga avrebbe premiato. Sì, mi sentivo un alieno, totalmente incompreso.

Difficili, a tratti difficilissime vicende personali e familiari, avvenute un po' tutte insieme in un ciclone violentissimo ed inarrestabile, la gestione assassina e criminale del Covid che ha sconvolto la vita della mia famiglia e turbato profondamente il mio intimo, la grande delusione provata nei confronti di tantissime persone vicine pronte a bruciarmi vivo se solo la propaganda nei primi mesi del 2022 avesse insistito soltanto un po' di più, la voglia di cambiare aria e la consapevolezza di una mia totale incompatibilità in certi ambienti dove le logiche sono totalmente diverse, mi hanno spinto a cercar nuove opportunità e rimettermi in gioco a 42 anni suonati. Non facile, ma possibile se hai il fuoco dentro. Ed io non ho il fuoco dentro. Io brucio.

Oggi, nel momento in cui scrivo, sono insegnante (abilitato per le classi A027 ed A028, ovvero per matematica, fisica, chimica e scienze naturali), fisico professionista iscritto all'ordine OCF dei Chimici e dei Fisici (rigorosamente dopo la decadenza dell'obbligo del battesimo col siero genico sperimentale che causa morti da non correlazione, in quanto la professione di fisico/chimico rientra nel campo di quelle sanitarie...), ed ho una ditta individuale in regime forfettario, la SOL (come “sole” in spagnolo e come la nota centrale del pentagramma musicale, nonché mio logogrifo): consulenza, progettazione, istallazione e pratiche burocratiche di impianti energetici a fonte rinnovabile. Tutto io, tutto da solo e chiavi in mano. Nel mio ufficio minuscolo, c'è tutto quello di cui ho bisogno: un PC (anzi due), una gigantesca carta geografica a tutta parete del mondo per sognare sempre nuove mete mentre scrivo o lavoro, tanti libri ed un pannello fotovoltaico antichissimo degli anni '70. E la bandiera di Cuba sopra la lavagna, regalatami da una suora. Appena fuori la porta c'è il mio pianoforte acustico Rosenbach, dove sfogo le mie mani quando non ne posso più del PC.

Bene. Tutto questo preambolo autobiografico, immagino probabilmente assai noioso, per dire cosa: come caxxo può un ambientalista integralista radicale come me che addirittura lavora nel campo delle energie rinnovabili, uno che potrebbe benissimo esser con una bandana in testa dentro una nave della Sea Shepherd a speronare baleniere e fare operazioni di "eco-terrorismo", scrivere un articolo così? Che si intitola "La bufala della green economy"?

Semplicissimo: il fatto è che io ho ben presto capito il nesso strettissimo tra benessere della collettività, felicità del singolo e tutela dell'ambiente, il nesso tra capitalismo, egoismo e devastazione della natura. Ho ben presto capito che la cosiddetta Green economy altro non è che puro e semplice greenwashing delle elite mondialiste che non modifica i rapporti di forze e lo status quo, un tentativo del capitalismo di sopravvivere alle sue insanabili contraddizioni, di reinventarsi mettendosi alla guida della transizione, continuando come sempre ad inquinare sfruttando l'uomo e la natura.

Lo dico io? Sporco complottista sovranista socialista e pure no vax? No, lo dicono loro stessi! Ad esempio ecco le parole di Larry Fink, Ceo di BlackRock, la più grande società di investimento del mondo con sede a New York: «Ci concentriamo sulla sostenibilità non perché siamo ecologisti, ma perché siamo capitalisti e siamo legati da un rapporto fiduciario verso i nostri clienti».

Negazionismo e capitalismo verde

Che disastro che sta avvenendo in questo mondo! Il riscaldamento globale per effetto serra genera scioglimento di ghiacciai continentali ed innalzamento del livello delle acque, provoca eventi atmosferici estremi, di intensità e frequenza sempre crescenti, ed acidificazione degli oceani che a sua volta porta allo sbiancamento ed alla morte delle barriere coralline... ma a tutto ciò si aggiungono anche l’inquinamento atmosferico, del suolo e delle acque con isole di spazzatura negli oceani grosse come interi stati, il degrado ambientale ed il dissesto idrogeologico, la deforestazione e la perdita progressiva di biodiversità, le contaminazioni genetiche con prodotti OGM, le desertificazioni inarrestabili...

Tutto ciò è evidentissima conseguenza del modello predatorio globalista e capitalista, la cui visione è essenzialmente antropocentrica, un po' come quasi tutti i credi religiosi in generale, chiesa cattolica ovviamente ben inclusa: l'uomo non è un anello del grande cerchio della vita, ma si colloca su un piedistallo superiore. Deve dominare l'ecosistema e sfruttarlo all'inverosimile, non farne parte. Non c'è alcuna considerazione e preoccupazione per esso perché conta solo la logica del profitto. Il capitalismo per l'appunto ha potuto prosperare per secoli solo perché ha considerato la natura come un pozzo senza fondo da cui attingere, come una fonte “inesauribile” di materie prime e risorse da trasformare in merci, come discarica infinita per lo stoccaggio di rifiuti domestici ed industriali.

I cambiamenti climatici hanno però un impatto devastante non solo sull'ambiente ma anche sull'uomo: milioni e milioni di persone sono infatti già gravemente colpite da questi fenomeni. Le isole maldiviane che sprofondano, i fiumi in secca, i deserti che avanzano inesorabili nel Sahel, le specie animali che scompaiono, i terreni che divengono aridi ed improduttivi, le piantagioni distrutte dall'invasione delle locuste in Africa, i cicloni, gli uragani e le inondazioni sempre più frequenti, le foreste che bruciano (dolosamente, per liberare campi da destinare agli allevamenti intensivi, oppure naturalmente, a causa di ondate di calore senza precedenti), generano infatti degrado sociale, miseria, povertà e disoccupazione. Generano guerre per accaparramento di risorse sempre più scarse e concentrate, conflitti etnici e migrazioni di massa per sfuggire a tali eventi catastrofici. E così ad i migranti economici, il capitalismo aggiunge anche i "migranti ambientali". Due piccioni con una fava. L'importante è avere più migranti possibili per creare un immenso esercito industriale di riserva di schiavi sradicati dal quale attingere ed estrarre sempre più plusvalore.

La cosa più tragicomica ed ingiusta del fenomeno è proprio il fatto che, manco a dirlo, il riscaldamento globale e le varie catastrofi naturali colpiscono soprattutto le popolazioni che non l'hanno causato e le classi sociali più povere. Al solito, cornuti e mazziati: il capitalismo privatizza i profitti e socializza i danni che provoca. Una piccola percentuale di persone super-ricche e privilegiate emettono la maggior parte della CO2 mondiale e sono ben al riparo nei loro lussuosissimi appartamenti in grattacieli di Dubai o New York, mentre miliardi di poveri subiscono l’impatto del loro insostenibile stile di vita pagando il prezzo maggiore.

Oggi sembra esserci un ampio consenso scientifico sul fatto che il cambiamento climatico sia legato al vertiginoso aumento dei livelli di emissioni di gas ad “effetto serra” nell’atmosfera prodotti dall’azione umana e che la capacità della Terra di “resistere” ai processi antropici eco-distruttivi sta raggiungendo il suo limite. O meglio l'ha già raggiunto da tempo.

Di fronte all'apocalisse preannunciato dal global warming, le elite turbomondialiste del capitalismo internazionale oscillano tra due strategie: negazionismo e green economy. Da un lato, si tende a negare l’evidenza scientifica dei cambiamenti climatici, presentati come ideologia indiscutibile della sinistra radical chic (un po' come l'ossessione vaccinale), oppure non si mettono in dubbio i cambiamenti climatici ma si nega la loro origine antropica: è la strategia adottata ad esempio da Trump (e dal suo partito repubblicano) negli USA e da Bolsonaro in Brasile, che fa leva su pochi studi scientifici sponsorizzati da un ristretto numero di scienziati e dalle grandi aziende del fossile, ovvero dai principali emettitori di gas climalteranti.

La loro posizione però mi ricorda tanto quella degli apologeti della scienza firmata Pfizer (non indipendente ed in enorme conflitto d'interesse) durante la pandemia, i quali decantavano le lodi di un siero genico sperimentale poi rivelatosi perfettamente inutile e dannoso: allo stesso modo, che credibilità può avere uno studio finanziato da Shell o da Exxon?

Dall’altra parte, c'è invece una strategia basata sul solito catastrofismo e bombardamento mass mediatico per imporre modelli economici da adottare, promossa dagli stessi grandi emettitori di "sinistra". E' il “capitalismo verde” del Partito Democratico in USA (ed Italia), dei leader politici dei principali paesi europei come Macron, Merkel, Draghi e via dicendo, dei vari “partiti verdi”; senza contare poi tutte le varie organizzazioni internazionali, dalle relazioni a volte piuttosto torbide con le stesse compagnie petrolifere e minerarie o con megacorporazioni come la Monsanto, che sotto la bandiera dell'ambientalismo, collaborano invece indirettamente al saccheggio delle risorse naturali.

Qual è la mia posizione? Credo che già l'abbiate capito. Io credo che negazionismo e “capitalismo verde” siano due facce nere come il carbone della stessa medaglia nera come la pece. Pur avendo da tempo capito che tutto ciò che ci viene imposto a livello mediatico in modo ossessivo e martellante il più delle volte corrisponde ad un clamoroso falso scientifico (la vicenda vaccinale per il Covid ne è la prova più evidente), pur avendo da tempo capito che la scienza, se non indipendente ed in conflitto d'interesse, è sempre e solo al servizio delle multinazionali e del padronato, nel caso dei cambiamenti climatici io credo davvero che l'evidenza di essi e della loro origine antropica sia schiacciante: la quasi totalità degli articoli scientifici mondiali sottoposti a revisione paritaria è d'accordo e convergente su questo.

In ogni caso, il beneficio del dubbio me lo riservo sempre: so bene che gli scienziati possono esser “indirizzati” e più o meno inconsciamente manipolati, ed essi stessi tendono, esattamente come la massa, ad esser conformisti. E' più facile, si vive meglio e ci si assicura carriera lunga e proficua. L' opinione controcorrente, lo studio che sconvolge i paradigmi e fuoriesce dal pensiero “scientificamente corretto”, al contrario crea problemi e viene sempre ostacolato e ridicolizzato dai baroni accademici fino alla sua demolizione.

E' perfettamente vero che il clima è sempre cambiato nel corso della storia, che ere glaciali si sono alternate a riscaldamenti globali, ma ciò avveniva in modo localizzato solo in alcune regioni del globo e soprattutto nell'arco di migliaia di anni. La rapidità e la globalità di quanto sta accadendo ora non ha precedenti e devono avere necessariamente una causa esterna che forza la variazione di temperatura: a tal senso, la relazione tra innalzamento termico medio ed aumento vertiginoso delle emissioni dal 1800 in poi che generano effetto serra, è matematicamente e graficamente palese. Ci sono pochi motivi per dubitare di questa semplicissima correlazione, anche se ripeto, il dubbio ed il dibattito anche infuocato, la messa in discussione delle idee più radicate, restano per me sempre il vero ed unico dogma della scienza.

E poi, banalmente mi faccio guidar spesso dalla logica. E dalla fisica. Conosco bene il terzo principio della dinamica: azione e reazione. E' assurdo pensare di violentare a ritmo vertiginoso la natura senza che questa non si adatti in qualche modo e cerchi di vendicarsi.

Conosco bene anche l'effetto serra: uno degli esperimenti più banali ma estremamente educativi ed emotivamente impattanti che ad esempio si fa nelle scuole superiori, consiste nel posizionare dentro due identiche caraffe di vetro capovolte ed illuminate alla stessa distanza da due identiche lampade a luce calda, due termometri assolutamente uguali accanto a due bicchieri, uno riempito con acqua pura, l'altro con aceto. Se si apre la campana di vetro dove è posizionato il bicchiere con aceto, gli si versa dentro del bicarbonato e subito dopo si richiude, si osserverà immediatamente notevole effervescenza: l'acido acetico CH3COOH reagisce chimicamente col la base NaHCO3 per produrre il sale acetato di sodio CH3COONa rilasciando anidride carbonica gassosa, la quale satura ben presto tutta l'atmosfera della campana. I due distinti sistemi per l'appunto simulano l'atmosfera terrestre chiusa irraggiata dal sole (la lampada), senza surplus di CO2 (dove si trova il bicchiere con acqua) e con surplus di CO2 (dove si trova il bicchiere con aceto e bicarbonato). Se si attende una ventina di minuti, si può vedere che il termometro della campana contenente concentrazione maggiore di anidride carbonica, è salito in temperatura, proprio per effetto serra.

Al di là comunque di questo banalissimo esperimento, io oggi, credo davvero che i cambiamenti climatici siano scientificamente innegabili e che abbiano origine antropica. Ma credo anche che la green economy sia per larga parte una enorme bufala ben studiata ed orchestrata. E che esista un solo unico responsabile del disastro, il moribondo direttore d'orchestra, Mister Capital, che sta cavalcando alla grande il problema da lui stesso creato per scaricare i costi esterni sulle masse, rigenerarsi, rinascere dalle sue ceneri e continuare ad agitare la sua bacchetta magica mortifera perpetuando il proprio dominio sul mondo.

E così, in nome della green economy si organizzano conferenze mondiali dove è già tutto deciso in partenza, si fanno accordi internazionali farsa, basati sul contentino e sempre rigorosamente improntati ideologicamente al neoliberismo ed alla globalizzazione dei mercati, accordi ovviamente descritti dalla stampa di regime totalmente asservita, in termini trionfalistici come rivoluzionari ed "epocali". Così vengono proposte prima, ed imposte poi, parziali e limitate riconversioni dei sistemi produttivi, in alcuni casi anche radicali (ad esempio l'auto elettrica). Si fanno campagne di sensibilizzazione, come riciclare, non usare plastica, muoversi in bicicletta... Quisquilie. Per carità, doverose e sacrosante, indispensabili a livello educativo, ma quisquilie. Qualche impianto a fonte rinnovabile qua e là per far felici tutti, ma sempre in ottica centralizzata e non diffusa sul territorio, rafforzando dunque sempre il modello di accumulazione e sfruttamento capitalistico. Quello non si può toccare, perché come la Thatcher insegna, "There is no alternative".

Ai padroni del mondo i cambiamenti climatici fanno comodo eccome! Il riscaldamento globale infatti impone una riconversione dell'economia che soltanto loro sono in grado di dominare detenendo i mezzi di produzione ed avendo il totale controllo della tecnologia, dell'innovazione e dell'informazione; genera disastri che obbligano a ricostruzioni successive, fabbricando, come nella peggior catena di montaggio, poveri e migranti ambientali che vanno ad aumentare la massa di disperati pronti a lavorare per pochi dollari; il global warming aumenta anche le guerre e le spese in armamenti, perché saranno sempre più necessari eserciti di soldati mercenari per difendere le poche isole di prosperità in mezzo ad oceani di miseria e degrado. Ed esattamente come la pandemia, fornisce l'alibi ideale per far accettare alla popolazione progressive misure di controllo digitale stile cinese, vero grande obiettivo dei demoni di Davos col loro Great Reset del 2030.

Per le grandi aziende inoltre, i cambiamenti climatici sono un'occasione unica ed irripetibile anche per ripulirsi la brutta immagine che hanno dandosi una bella spennellata di verde. Il cosiddetto “greenwashing”: tramite campagne pubblicitarie ben studiate, slogan ripetuti alla nausea, strategie di marketing, sponsorizzazioni strategiche, call to action e tanto altro, multinazionali della morte come Eni, Shell o Monsanto riescono a dare al consumatore la falsa percezione che il prodotto tanto desiderato sia realmente ecosostenibile e provenga da un'azienda che lavora eticamente e responsabilmente, nel rispetto dell'uomo e della natura.

Puttanate. L'obiettivo unico è solo quello di raggiungere fasce di popolazione più attente, scrupolose e sensibili a certe tematiche (ma totalmente ignare di altre...), di differenziarsi dalle aziende concorrenti e generare profitti sempre maggiori. Insomma, cambiar tutto affinché nulla cambi.

Ma sai che cazzo gliene fotte dell'ambiente a questi biechi e cinici evangelisti dell'eco-efficienza capitalista! Per vedere se una persona ha credibilità o meno, a mio avviso, basta semplicemente osservare i suoi comportamenti, confrontando ciò che dice e ciò che fa. I capitalisti che sputano parole verdi dalla loro bocca puzzolente, sono campioni mondiali dell'incoerenza e della falsità: hanno ville da sogno con consumi idrici che potrebbero soddisfare il fabbisogno di intere città africane, cenano a base di ostriche, caviale e champagne mentre a noi, ovviamente sempre per il bene supremo del pianeta, impongono insetti e farine di grillo, si spostano in jet privati anziché voli di linea con la scusa della sicurezza, hanno decine di macchinoni con consumi da 2 km al litro... e nessuna voglia di rinunciare ai loro privilegi ed ai loro sprechi. Si stima ad esempio che nel 2022, nella località svizzera di Davos dove si pianifica accuratamente la transizione transumanista, la riduzione in schiavitù ed il totale controllo digitale delle masse, siano atterrati oltre 200 jet privati al giorno per portare i potenti del mondo a parlare di clima! E poi 'ste teste di minchia colpevolizzano noi che abbiamo vecchie auto inquinanti di 30 anni fa e non le nuove fiammanti Tesla da 200.000 euro come impone il pensiero unico ecologicamente corretto.

La loro è pura e semplice propaganda ecologista per mettersi alla guida della transizione: hanno enormi interessi economici in tutto ciò, diretti oppure indiretti. Mister Capital direttore d'orchestra è un cadavere in putrefazione che pensa di nascondere agli occhi del mondo la sua faccia nera di carbone e spazzatura spacciandosi come il paladino dell'ambientalismo e della sostenibilità: la soluzione alla crisi climatica globale però, non può in nessun caso nascere dalle viscere puzzolenti dello stesso sistema che l’ha prodotta.

Il fenomeno Greta Thundberg

In tutto questo casino della Madonna, spunta dal nulla, una giovanissima attivista svedese, Greta Thundberg che ben presto occupa tutte le prime pagine dei giornali, viene celebrata come una star ed invitata alle maggiori conferenze dei capoccioni del clima, coccolata all'inverosimile da tutti i potenti del mondo, che addirittura le riservano il baciamani. Lei e solo lei evidentemente possiede la verità (come me da piccolo quando ero socio del WWF), manco fosse una viaggiatrice nel tempo con un messaggio per l'umanità.

Ma forse, Greta una viaggiatrice nel tempo lo è davvero... Guardate questa foto, conservata a Seattle, negli archivi dell'Università di Washington: è stata scattata addirittura nel 1898 e ritrae tre bambini cercatori d'oro nelle miniere d'oro del Klondike.

Ricordo nell'isola di Mafia in Tanzania, una piacevole ed accesa discussione all'Afro beach con due ragazzi italiani, Nico ed Elisa, che lavoravano ad Amsterdam. Simpaticissimi, colti, diciamo il volto buono, sincero ed inconsapevole della sinistra radical chic mondiale, ovviamente tifosi sfegatati di Greta Thundberg. Mi guardavano inorriditi ed increduli quando mi dichiaravo sinceramente ambientalista, ai limiti del radicalismo ma allo stesso tempo altamente scettico sul fenomeno "gretino".

Loro consideravano la ragazzina lentigginosa svedese il simbolo della rivoluzione, il bene contro il male, l'esempio da seguire, il Messia sceso in Terra per salvarci e magari pure immolarsi. Forse anche loro credevano Greta una viaggiatrice nel tempo che nelle miniere del Canada nord-occidentale aveva acceso la DeLorean di Doc di "Ritorno al futuro" e si era materializzata improvvisamente nella nostra era per illuminarci ed illuminare le tenebre nelle quali siamo caduti.

Anche loro erano ingenuamente caduti nella polarizzazione delle idee imposta dal mainstream: se dubiti un po', temporeggi, osservi e ti fai domande, se non santifichi all'istante e ti genufletti adorante davanti ad una attivista creata a tavolino dal sistema, allora sei un negazionista ambientale, uno senza cuore e senza cultura. Magari non da gasare nei campi di sterminio, sorte riservata solo ed esclusivamente ad un No vax, ma comunque da denigrare, screditare e bollare come devastatore del clima seguace di Trump. Guai a dubitare se un'adolescente con una cultura inevitabilmente limitata viene invitata a parlare alle più importanti conferenze mondiali sul clima al posto di scienziati con i coglioni che fumano che hanno dedicato una vita intera a questi temi. Guai a pensare che questa possa essere una colossale e ben studiata operazione di marketing.

Ma il punto è che io non avevo, e non ho nulla contro di lei, ci mancherebbe. Ce ne fossero di ragazzini che si battono per idee, giuste o sbagliate che siano... ma da qui a diventare divinità col grugno sempre in bella mostra alle quali i ricercatori di tutto il mondo con centinaia di pubblicazioni devono prostrarsi, beh, ce ne corre.

La verità è che Greta Thundberg, poraccia, è soltanto una ragazzina impaurita che sta affrontando un qualcosa di enormemente più grande di lei, una vittima inconsapevole degli architetti del globalismo che viene sfruttata, col consenso di ambiziosi genitori (nel suo caso sembra soprattutto la madre), da una enigmatica società di comunicazione chiamata "We do not have time", e manipolata senza pietà.

Tra l'altro lei conosce ben poco i temi di cui parla e non può che esser così: l'argomento è delicatissimo e richiede competenze multidisciplinari, nel campo fisico, chimico, tecnologico, economico, sociale e politico, competenze che una quindicenne non può avere. Quello che dice è scritto da altri: lei deve solo recitare una parte. E la recita anche bene.

Suvvia ragazzi, ragionate un po'... ma quale ragazzina di 15 anni, pur innamorata dell'ambiente, piange e si dispera per le decisioni dei potenti del mondo invece di pensare alla taglia del suo seno un po' asimmetrico, alla cellulite che sta cominciando a spuntare, al ragazzino carino della classe che non se la fila, ai conflitti con i genitori, all'insufficienza presa in matematica?

Greta in lacrime dice "ci state rubando il futuro", ma poi stringe istituzionalmente la mano ai mammasantissima di turno, i principali devastatori dell'ambiente, come ad esempio al premio Nobel bombardatore seriale Obama, e si fa baciare la mano, manco fosse il Papa, da quell'euroinomane di Bruxelles di nome Claude Junker... tragicomico. Lei ovviamente non ha colpe di ciò, perché non può minimamente sapere chi sono davvero queste bestie. Figurarsi, non lo sanno neppure gli adulti! Non può sapere che politici e loro rappresentanti sono solo dei burattini fedelmente obbedienti ad ordini superiori, perché non vede i fili invisibili di nylon trasparente che li legano ai burattinai che sono ancor più in alto. Non alza la testa e non la vuole alzare. Non la può alzare: è davvero troppo piccola, ingenua ed immatura per poter capire.

In ogni caso il ricevimento in pompa magna da tutti i potenti del mondo, prostrati dinnanzi a lei adoranti in religiosa (falsa) ammirazione e rispettoso silenzio, la gigantesca diffusione mediatica delle sue giuste ma banalissime parole con unico messaggio possibile da propagandare e la solita criminalizzazione e "fascistizzazione" del dissenso, dovrebbero far ben capire quali sono i rapporti di forza e la reale natura della protesta "gretina": Greta è l'anima bella e pura del mondialismo green, un prodotto in vitro del sistema, creata dal nulla per distrarre il popolo ed impegnarlo in un'altra battaglia guidata e funzionale allo stesso sistema, distogliendolo al contempo dalla madre di tutte le battaglie, ovvero dalla lotta di classe e spostando l'attenzione rispetto al vero ed unico problema, che non mi stancherò mai di ripeterlo, è il modello economico predatorio capitalista, imperialista, neoliberista e globalista di produzione e consumo.

Il ritratto di Greta Thunberg (in mio possesso) del grande artista messicano Ricardo Gomez Varela su un contenitore di strisce depilatorie; prezzo di vendita non trattabile, euro 10.000

Oltretutto pensateci bene, Greta non è minimamente criticabile. Per costruzione, si direbbe in gergo matematico. I burattinai del mondo la sanno lunga, stanno sempre metri davanti a noi: non mettono alla guida di un movimento ecologista uno scienziato che lavora da anni sul clima ed ha due palle grosse come una casa. Il topo da laboratorio si può deridere e confutare, gli si può distruggere la reputazione in qualsiasi modo come fatto ad esempio sotto Covid con Luc Montagnier, le cui previsioni invece, come ampiamente previsto e prevedibile, si sono rivelate tutte azzeccate; la povera ragazzina timida e lentiginosa, probabilmente un po' autistica, che si immola per il mondo, invece non si può giudicare. E' impossibile la critica, chi lo fa è spietato, senza cuore. Pensiero unico e comportamento unico: adorazione ecologista gretina. O questo, oppure al solito, fascismo, terrapiattismo, complottismo, ignoranza scientifica, cattiveria e bla bla bla...

Greta Thundberg è un enorme distrattore di massa, un Beppe Grillo politicamente corretto al femminile, un fenomeno mediatico creato a tavolino dalle elite che gestiscono non solo il consenso, mediante la martellante propaganda mass mediatica di una stampa totalmente asservita, ma anche il dissenso. Questa poveretta alla quale hanno rubato l'infanzia, è l'emblema delle finte rivoluzioni gestite dall'alto per l'alto. Ricordate che rilevanza mediatica hanno avuto le marce per il clima? Soltanto parole di giubilo da tutti i media mondiali, ricevimenti dai maggiori capi di stato, applausi a scena aperta, apoteosi della meglio gioventù. Pura propaganda capitalista, perché queste marce per il clima non sono altro che finti dissensi pilotati che piacciono al potere e servono a rafforzare l'ordine stesso; dunque vanno ben pubblicizzati, celebrati a reti unificate ed anche sostenuti economicamente.

Se riempi le piazze e protesti per questioni che non toccano minimamente i rapporti di classe, va tutto bene. Va bene protestare per il clima o per i diritti LGBTQ+xyz%&$ che non so più manco come cazzo si scrive visto che alla sigla aggiungono sempre nuove lettere. Sei un bravo ragazzo, sani principi e valori, quasi un eroe, così attento ai diritti civili e delle minoranze, a patto ovviamente che le minoranze non siano quelle No vax (no quelle no, quelle come già scritto, vanno mandate nei campi di sterminio). Al capitalismo piacciono le rivolte inoffensive di pecorelle belanti, che magari ben felici e sorridenti, belano un po' più forte delle altre in luoghi riempiti di bandierine arcobaleniche, dove la falce ed il martello sono però rigorosamente banditi.

I rivoluzionari alla Sankara o alla Che Guevara che lottano per i propri diritti, per le proprie libertà ancorando la lotta di classe a quella ambientale, non sono desiderati: i no vax, i gilet gialli, i vari movimenti operai che protestano per la libertà vaccinale e l'aumento salariale vengono manganellati senza pietà, respinti con violenza inaudita con idranti e fumogeni, circondati da blindati e cani antisommossa. Niente prime pagine, o prime pagine solo quando si possono isolare pochi facinorosi per screditare tutta la piazza, che magicamente passa da migliaia di persone pacifiche a poche decine di violenti spaccavetrine membri di Forza Nuova.

Una domanda. Ma contro chi cazzo scendono in piazza Greta ed i suoi fedeli? Io quando sotto Covid andavo in piazza con la maschera di Dalì della “Casa di carta”, avevo nemici ben precisi: Draghi, Speranza, il PD e la destra, il M5S, il CTS e tutto il governo ipocondriaco, "chiusurista", assassino (per le cure negate) e vaccinista; i giornalisti pennivendoli e tutte le italiche e belanti pecore con la museruola in bocca ed il cervello in off.

Per i gretini invece, chi è il nemico da combattere? Nomi e cognomi per favore! Nessuno. No, non ce ne sono. La colpa è di nessuno in particolare, dunque di tutti. Il capitalismo non redistribuisce evidentemente le ricchezze ma solo le colpe. E così i principali nemici dell'equilibrio tra uomo e natura divengono l'operaio che guida il pandino diesel sul GRA di Roma, oppure la coppia di pendolari di Tor Bella Monaca con un vecchio appartamentino di 70 mq in classe G in un quartiere dormitorio che a fatica arriva alla fine del mese. Il capitale gongola e si sfrega le mani perché così può scaricare le esternalità sulle masse facendo al solito pagare al poveraccio i disastri da lui provocati.

Greta non ha mai pronunciato in pubblico le parole capitalismo e neoliberismo, probabilmente perché non sa nemmeno cosa significano. Le sue lotte sono lotte borghesi originate da pensieri borghesi. Dai gretini mai una parola sul nesso tra capitale, globalizzazione, deflazione salariale e devastazione ambientale, mai una critica alla competizione economica sfrenata oppure alla mercantizzazione e mercificazione globale dell'esistenza, mai una messa in discussione del paradigma economico imperante ed imperiale, mai un dito puntato senza se e senza ma, in modo chiaro, netto e deciso, contro i responsabili di questa situazione: le grandi imprese, le multinazionali, le elite economiche ed i filantropi vari. Greta non ha mai detto in mondovisione che oltre il 70% delle emissioni climalteranti è prodotto da sole 100 aziende al mondo, come risulta dal Carbon Majors Report del CDP. No, nessun programma definito, nessuna strategia: solo denuncia, qualche pianto qua e là ed il solito grugno in bella mostra, giusto per far un po' di scena.

Per i gretini è soprattutto la tecnologia a dover risolvere i problemi, ovviamente però sempre in mano ai capitalisti; sposano idee pericolose come la carbon tax generalizzata ed imposte sui consumi che però inevitabilmente vanno a danneggiare soprattutto i settori popolari.

E' giusta l'idea che chi inquina paga? Nì, ovvero sì, ma con riserva: chi ha montagne di denaro spesso trova più conveniente pagare multe e sanzioni piuttosto che risolvere il problema alla radice. I principali emettitori mondiali sono le grandi multinazionali: sono loro che devono rimediare ai disastri provocati, senza se e senza ma; sono loro che devono riconvertire i loro processi produttivi ma senza scaricare i costi sulla collettività aumentando i prezzi dei prodotti di consumo. Nemmeno un centesimo. Le esternalità devono esser incluse in tutti i loro business plan, non socializzate come sempre.

E poi come affrontare la complessa questione delle diverse responsabilità temporali delle emissioni? Che peso dare alle emissioni storiche rispetto a quelle attuali? E' giusto che le economie in via di sviluppo che hanno inquinato molto meno nel corso del tempo come quelle dei BRICS siano penalizzate e debbano rinunciare alle stesse tecnologie a basso costo ed alto inquinamento utilizzate invece da sempre dai paesi occidentali per raggiungere il loro livello attuale? Non è forse una strategia ben precisa adottata dai paesi forti basati sul dollaro per tagliare le gambe in partenza ai competitor emergenti?

Gli eredi di Greta

Le questioni dunque da considerare sono davvero tante e complesse, non solo ambientali ma anche sociali, antropologiche e culturali: non possono esser affrontate in modo così semplicistico da una ragazzina teenager e dal suo seguito di tiktoker. E difatti a novembre 2022 Greta getta la spugna e consegna il megafono ed il testimone ad altri ragazzi imberbi, ancora più impreparati di lei, ancora più pilotati di lei, che hanno la bella idea di andar ad imbrattare nei musei opere d'arte di valore inestimabile per esser ascoltati.

Questi ragazzi non manifestano di fronte ai templi del capitalismo sporcando magari le belle vetrate a specchio delle sedi di ENI, Enel, Shell, Pfizer, Monsanto e dei palazzi del vero potere. Né bloccano le varie conferenze farsa sui cambiamenti climatici o si incatenano e scatenano a Davos, dove quel mostro umano di Klaus Schwab ogni anno riunisce la peggio feccia del mondo per il preparare il Great Reset ai danni del popolo e del pianeta Terra. No. Loro bloccano il GRA di Roma paralizzando una città intera ed indisponendo le persone che devono lavorare per arrivare a fine mese, oppure buttano colore sui girasoli di Van Gogh o sui quadri di Monet, incolladosi con attack alle pareti.

Immaginate se un'azione del genere fosse stata fatta per protesta da un No vax sospeso dal lavoro per non aver ceduto al ricatto vaccinale, che rilevanza mediatica avrebbe avuto! Come nel medioevo, l'avrebbero impalato vivo, portato in piazza come Giordano Bruno a Campo de' Fiori, e lì crocefisso, spellato vivo e poi dato alle fiamme, con il solito prete, magari Bergoglio in persona (il principale portavoce mondiale del siero malefico di Big Pharma), a buttare sul peccatore acqua benedetta (di nome Comirnaty e marca Pfizer), implorandone la conversione... l'avrebbero sbattuto sulle prime pagine di tutti i giornali per mesi e mesi fino allo sfinimento, al fine di imporre mediaticamente al popolo la solita indignazione radical chic di massa “eticamente corretta”.

Ah già... a proposito di no vax: dove cazzo erano 'sti ragazzi quando andava in onda nel pianeta Terra il più grande crimine scientifico e scempio costituzionale della storia dell'umanità? Ve lo dico io dove erano: zitti zitti e belli obbedienti al regime, erano in fila negli hub vaccinali a farsi bucare il deltoide, dando magari dei fascisti a chi invece protestava pacificamente nelle piazze.

Ed oggi magari hanno miocarditi, paralisi di Bell, sindromi di Guillain Barrè, strani malori improvvisi o quant'altro. Ma sono tranquilli, perché i pennivendoli di regime li hanno rassicurati che queste patologie non hanno alcuna correlazione con l'acqua benedetta di cui sopra.

Gli eco-kamikaze che la mattina vanno magari a devastare il MoMA e la sera stessa, totalmente impuniti, cenano con i facoltosi genitori nei ristoranti stellati di New York, vengono ovviamente non solo giustificati dal mainstream, ma anche santificati. Il sistema televisivo li glorifica minimizzando lo scempio di opere d'arte e l'attentato economico e culturale al bene pubblico. Sono improvvisamente loro la meglio gioventù: guai a toccarli, guai a zittire la loro rivolta. Guai se vengono bloccati ad azione in corso e portati in caserma: un semplice interrogatorio diviene violenta repressione, diviene... fascismoooo!!! Basta al solito questa solita parolina per metter a tacere la vicenda e qualsiasi opinione contraria. «Cinghiate della destra ai nostri figli» è l'ultima sparata di Concita De Gregorio nel momento in cui scrivo, gennaio 2023.

Al solito, due pesi due misure. Quando volavano manganelli sulle piazze pacifiche che protestavano per misure liberticide che non avevano la minima giustificazione medica, scientifica, sanitaria e costituzionale come green pass ed obbligo vaccinale, i sinistroidi radical chic di questo paese con Repubblica sotto al braccio sinistro ed Il Corriere del Siero sotto a quello destro, applaudivano con la bava alla bocca: i “no vax” complottisti e sovranisti andavano eliminati dalla faccia della Terra. Non una parola si è alzata dagli italici perbenisti su vecchi e donne brutalmente malmenati, su persone in ginocchio che pregavano con rosari in mano respinte con inaudita violenza utilizzando addirittura idranti, sul personale sospeso o licenziato per non essersi piegato, sui bambini fatti scendere dagli autobus, sui toni incredibilmente violenti del dibattito televisivo nei confronti degli eretici, del tipo “staniamo i sorci”.

A proposito, ma chi c'è dietro questi ragazzotti che si credono eroi? Chi finanzia tutte le loro iniziative, guarda caso sempre mediaticamente ben coperte? Per capire come va il mondo d'altronde, come diceva sempre Falcone, basta seguire il denaro...

Guarda caso, ma guarda un po', ma porcaccia paletta porca puzzoletta, anche qui si scopre, come per magia, esattamente come nel caso delle migrazioni e vaccinazioni di massa con rispettivamente George Soros con la sua Open Society Fundation e Bill Gates con la sua Bill & Melinda Fundation, che dietro ci sono sempre le solite ONG e fondazioni tax-free finanziate da filantropi ed aziende, addirittura anche petrolifere.

Come volevasi dimostrare, tutte queste buffonate sono studiate a tavolino ed orchestrate ad arte perché occorre dar sempre maggior pathos ad una battaglia che al contrario avrebbe riscontro emotivo limitato.

I ricconi evitano il pagamento di miliardi di imposte finanziando ONG che sono funzionali al loro stesso progetto. Come ad esempio la californiana Climate Emergency Fund: basta andar nel loro sito per vedere tutti i gruppi sostenuti economicamente (ad esempio Just Stop Oil ed Ultima Generazione), le tecniche di diffusione mediatica degli eventi, le modalità di preparazione degli attivisti imbrattatori di opere d'arte e le vagonate di denaro spese per la loro tutela legale.

La regola aurea nel modello capitalista è d'altronde sempre quella: corruzione della classe dirigente e persuasione delle masse mediante propaganda; una ristretta elite di persone, ricca sfondata all'inverosimile, usa i propri mezzi economici per metter pressione al decisore politico e rendere “gramscianamente” dominante nel popolo il pensiero della classe dominante.

Probabilmente in ogni caso, le intenzioni di questi ingenui attivisti sono davvero genuine. Avendo una cultura limitata e vivendo in un frame comunicativo, essi magari credono realmente di esser i nuovi Che Guevara che salveranno il mondo dalla catastrofe. Non sono minimamente coscienti di esser invece solo marionette in mano al capitalismo internazionale, che tra l'altro ha anche provveduto a “modificarli geneticamente” sforacchiandoli tutti col siero genico malefico.

Ma questi imberbi poco più che adolescenti, pensano davvero di convincere con le loro marce borghesi tutti i poverissimi e disperati di questo mondo? Sono mai stati in Africa in Burkina Faso, in Congo o in Niger? La maggior parte delle persone del pianeta non possono pensare a Madre Natura, non ne hanno né tempo né voglia, così impegnate nella lotta quotidiana per l'esistenza, perché il loro primo obiettivo è sfamare i figli o curarli da malattie come colera, malaria, febbre gialla (no, il Covid non c'è, spiacente). Il pescatore indonesiano, sa che per raccogliere una buona quantità di pesce per poter campare e mandare il figlio alla scuola privata, deve buttare bombe in mare e non ha né la cultura, né la voglia, né l'intelligenza per capire che sta segando il ramo nel quale è seduto.

I giovani che oggi scendono (giustamente) nelle strade di tutto il mondo per la “giustizia climatica” devono capire che l’unica possibilità realistica che hanno per affrontare la catastrofe è lottare per ancorare la lotta ambientale alla lotta di classe. In mondovisione, davanti magari a leader attoniti ed impietriti (come lo era Mitterand quando davanti a lui parlava Sankara), devono lanciare il messaggio fortissimo che devono essere i capitalisti, e non le masse popolari, a pagare la crisi. Solo in questo modo le piazze ambientaliste potranno riempirsi non solo di giovani radical chic in corso di Erasmus ma anche di ragazzi facenti parte della classe operaia. Non con la maglia di cashmere ed il foulard al collo ma con la tuta blu e le mani sporche di grasso.

Soluzione: socialismo o barbarie

Io credo davvero che noi tutti ci troviamo dentro ad un treno in corsa verso il burrone e nonostante ciò, continuiamo ancora a ballare e brindare nei vagoni come nulla fosse. Difficile invertire la rotta, perché l'inerzia termica del treno “pianeta terra” è notevole: esiste cioè un ritardo significativo tra le cause e le conseguenze osservate del cambiamento climatico. Quello che scontiamo oggi è il risultato di 50 anni di scelleratezze precedenti (fatte dai padroni, non dal popolo). Anche azzerando del tutto le emissioni sarà comunque difficile contenere l'aumento medio di temperatura sotto ai due gradi entro fine secolo.

Ma è imperativo tentare e fare il possibile per mitigare tale aumento termico: tutte le simulazioni mostrano infatti che per variazioni di temperatura inferiori al grado e mezzo l’adattamento sarebbe meno difficile, diminuirebbero l'intensità e la frequenza degli eventi estremi, migliorerebbero le chances di sopravvivenza di specie a rischio, ci sarebbero impatti meno negativi e distruttivi sulle risorse alimentari, sulla biodiversità, sugli ecosistemi e sulle varie attività economiche dell'uomo. Quali sono le soluzioni possibili? Poche chiacchiere.

Il primo indispensabile passo a mio avviso è la riduzione della popolazione mondiale, il cui aumento è da tempo fuoricontrollo e va di pari passo, guarda caso, con la crescita delle disuguaglianze. Ma attenzione, non fraintendetemi. Non sono un seguace di Klaus Schwab e company: questo è un obiettivo di lungo termine che va perseguito in senso socialista, non sterminando e sterilizzando le persone utilizzando sieri genici sperimentali spacciati come vaccini come stanno criminalmente facendo i demoni del WEF, ma puntando ad una progressiva riduzione delle disuguaglianze, con decrescita nei paesi occidentali e maggior benessere nei paesi poveri: come già spiegato nel post "Il capitalismo è il problema", povertà e natalità sono infatti direttamente proporzionali. Riducendo le disuguaglianze nel mondo, innalzando il tenore di vita dei poveri ed abbassando quello dei ricchi, inevitabilmente si avrebbe progressiva riduzione e stabilizzazione della popolazione. Dunque meno consumi e più equi, meno energia, meno inquinamento, meno guerre per l'accaparramento di risorse scarse.

E' imperativo anche eliminare le produzioni inutili e dannose che eviterebbero tonnellate di gas in atmosfera senza peraltro modificare il nostro stile di vita. Recentemente l'Università della California ha calcolato una stima delle emissioni dovute alla produzione del solo cibo che viene buttato: ebbene, udite udite, parliamo del 7% del totale mondiale, una quantità mostruosa. La FAO d'altro canto ha calcolato che i soli allevamenti intensivi producono bel il 14% delle emissioni, oltretutto essendo la principale causa di deforestazione in larghe aree del pianeta, Amazzonia inclusa, come ben spiegato nel post "Amazzonia e liberi battitori". Solamente agendo su questi due settori, spreco di cibo ed allevamenti intensivi, ottimizzandoli e rendendoli sostenibili, si potrebbero realisticamente abbattere le immissioni di gas serra in atmosfera di un buon 15-20%. Tantissimo.

Ma pensiamo anche alla produzione di armi ed alle guerre nel mondo. Ho cercato e cercato in rete ma scandalosamente, non esiste una sola cazzo di pubblicazione scientifica che tenti di quantificare la quantità di emissioni climalteranti causate dall'industria militare e bellica. Basterebbe d'altronde concentrarsi esclusivamente sul suolo dello Zio Sam visto che le guerre le fanno solo loro. Negli Stati Uniti le spese militari rappresentano il 5% del PIL del paese. E questa cifra riguarda solo la produzione di armi. Vogliamo considerare tutte le basi militari all'estero (oltre 100 solo in Italia)? Vogliamo considerare i cacciabombardieri B52 che volano e buttano bombe nei villaggi di tutto il mondo? Vogliamo considerare le guerre di aggressione imperialiste, le caserme, i trasporti, la logistica? E tutto l'indotto per la ricostruzione dei territori devastati ed il terrorismo che ne deriva? Capisco che un tale studio sia difficilissimo, ma magari qualcuno potrebbe anche tentare, magari stipulando prima una bella assicurazione per la vita e controllando il fondo della propria auto prima di ogni accensione in quanto potrebbe esser imbottito di tritolo.

Ma oltre alle armi ed alle guerre, come già detto, diretta ed ineliminabile conseguenza del modello capitalista ed imperialista, si potrebbero fare centinaia di altri esempi: tutta la pubblicità spazzatura inutile, l'obsolescenza programmata, la produzione del superfluo, la plastica, vera piaga dell'umanità, e così via...

Urge una decrescita dei consumi, l'abbattimento del paradigma consumista e materialista mediante il passaggio da un'economia lineare (estrai, usa e getta) ad una circolare (riutilizza, usa con criterio, ricicla) che azzeri alla fonte la produzione di rifiuti puntando sul riciclo, il riutilizzo e la riconversione. Sobrietà nei consumi, ma senza tornare al medioevo. Fuoriuscire dalla logica produttivista, vuol dire innanzitutto riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario: occorre lavorare meno per produrre meno e meglio, meno alienati, più felici e partecipi di un progetto comune.

E' necessario un ritorno progressivo ad un'economia di prossimità, mettendo in discussione la globalizzazione dei mercati. Una bestemmia per i neoliberisti, lo so bene, ma occorrono dazi ovunque per evitare inutili trasporti di merci da un capo all'altro del mondo: basta pensare che un semplice vasetto di yogurt sul nostro tavolo può aver fatto diverse migliaia di km. Un'assurdità. Le parole d'ordine dovrebbero esser sovranità energetica ed alimentare. Oltreché ovviamente politica e monetaria, primi indispensabili passi per esser liberi. Sì, lo so. Sono uno sporco e lurido sovranista. Orgoglioso di ciò. E' l'articolo 1 della costituzione che mi dà ragione. La sovranità appartiene al popolo, non ai mercati, anche se quelli del PD vogliono farvi credere il contrario.

L'industria energetica va dunque totalmente nazionalizzata per perseguire l'idea della totale autosufficienza, obiettivo tra l'altro assolutamente realistico per un paese come l'Italia che ha tutto: idrocarburi, sole, vento, maree, geotermia. La produzione elettrica e termica, basata su combustibili fossili deve essere integralmente sostituita da un mix intelligente di tecnologie completamente rinnovabili (sole, vento, maree, idroelettrico, geotermia...), passando dal modello centralizzato gestito dalle multinazionali dell'energia, ad un modello diffuso sul territorio, basato sul singolo cittadino produttore e per questo sensibilizzato sul tema ed attento al risparmio. In questo modo, i combustibili fossili sarebbero limitati esclusivamente al trasporto pubblico, da potenziare ed efficientare nelle emissioni con pesanti investimenti, alle eventuali poche grandi centrali energetiche d'emergenza (anche per garantire la stabilità della rete), e soprattutto al traffico aereo, dove non sono in nessun, e ripeto nessun modo, sostituibili. Checché se ne dica, non esiste altro modo che il kerosene per far volare un Airbus A380 con 850 passeggeri a bordo, a 1000 km/h per 15 ore di fila. Dove è necessaria alta potenza in poco spazio, il fossile è imbattibile ed insostituibile. Dunque, visto che è in esaurimento e sciaguratamente concentrato in pochi paesi, il suo utilizzo va razionalizzato, limitato il più possibile e solo dove è realmente indispensabile.

Dunque abolizione totale o quasi del fossile per la produzione di energia elettrica e termica. La tecnologia per questo già c'è da tempo ed oggi, questo radicale passaggio è solo una scelta politica; tecnicamente è perfettamente fattibile, a patto di cambiare il paradigma di crescita, puntando alla sobrietà, alla riduzione ed all'efficientamento dei consumi. Ben vengano dunque assolutamente fotovoltaico ed eolico diffusi ovunque nel territorio nel rispetto dei vincoli architettonici e paesaggistici, tecnologie eccellenti a bassissimo impatto che oltretutto creano lavoro giovane ed altamente specializzato.

Nucleare? Ma fatemi il piacere... Vanno progressivamente smantellate e messe in sicurezza tutte le centrali esistenti, e posta una volta per tutte una bella pietra tombale su tale pericolosissima e costosissima tecnologia in mano a poche multinazionali, basata su un modello arcaico e sbagliato di consumo e di produzione, ed oltretutto strettamente connessa al nucleare militare ed alla diffusione di testate atomiche: non potrà mai e poi mai esserci un mondo in pace finché si produrrà un singolo KWh con la fissione dell'uranio.

Nazionalizzazione e riconversione tecnologica non riguarderanno soltanto il settore energetico, ma tutte le industrie di rilevanza nazionale, in particolare le aziende di estrazione e dell'agroalimentare, metalmeccaniche, di trasporto ed ovviamente anche automobilistiche. La produzione di auto destinata al trasporto privato, da ridurre in modo massiccio, dovrà esser decisa non da pochi signori del mondo come gli Elkann, ma dallo stato che pianificherà e deciderà in modo lungimirante, guidato da un solo faro ideologico: il benessere della società e dell'ambiente.

A proposito dei mezzi di trasporto... oramai l'inganno delle auto elettriche, un po' come l'inganno vaccinale, è clamoroso ed evidente a (quasi) tutti perché l'inquinamento è semplicemente spostato dalla città alle centrali elettriche di periferia, le quali utilizzano principalmente combustibili fossili. Anzi: considerando l'intero ciclo di produzione delle auto elettriche, dall'estrazione delle materie prime, alle batterie, allo smaltimento finale, la maggior parte degli studi è concorde nel sostenere che questa modalità, sia tra tutte la più impattante. Senza considerare i prezzi alle stelle dell'energia elettrica. Senza considerare l'impegno di potenza per la ricarica notturna, abbastanza incompatibile con un modello di produzione rinnovabile diffusa sul territorio. Senza considerare poi le esternalità sociali di tutto ciò: decine di migliaia di piccoli schiavi, a partire dai 6 anni di età, scavano nelle miniere congolesi a mani nude il cobalto necessario per le batterie al servizio della "rivoluzione verde" (nonché per smartphone ed elettronica in generale), ad un paio di dollari al giorno. Non all'ora, porcaccia troia schifosa, ma al giorno! Molti si drogano per vincere la paura di infilarsi in cunicoli stretti e bui, molti muoiono a seguito di crolli ed incidenti vari. Noi tutti ce li abbiamo sulla coscienza questi poveretti quando cambiamo il nostro cellulare di un solo anno, perfettamente funzionale e funzionante, per l'ultimo modello, magari quasi identico al precedente.

Le multinazionali schiaviste del Coltan non hanno controlli e sanzioni di nessun tipo; le ONG stavolta non parlano più, i radical chic pariolini con vestaglia leopardata e sorrisi al botox non si indignano più mostrando il grugno dai loro attici innaffiati di coca e champagne. E noi, ben contenti, magari pure fieri del nostro ecologismo, mostriamo orgogliosi la nostra fiammante auto con batterie al litio, materiale per il quale sono stati fatti anche colpi di Stato, come in Bolivia.

Poveri cittadini ignari... sempre presi per il culo e sempre ci ricascano! Prima il martellamento di coglioni h24 sulle auto diesel grazie al quale Tizio, Caio e Sempronio si sono convinti a comprare a gasolio pure la microscopica Smart. E così oggi, novembre 2022, il diesel, combustibile che ha costi di produzione inferiori alla benzina, ha invece un prezzo di quasi 30 centesimi superiore. E le nostre città affogano nel particolato. Bella supposta nel di dietro... Imparata la lezione? Manco per il cazzo. Le supposte evidentemente piacciono ed arrapano. Dopo il diesel, ora tutti a comprarsi auto elettriche o ibride spinti dalla propaganda mass mediatica verde. Ed oggi, manco a dirlo, i costi dell'elettricità sono alle stelle. Ed i bimbi congolesi continuano a morire in miniera nell'assordante silenzio generale.

Io credo che la nostra unica vera intifada contro i combustibili fossili per i trasporti cittadini brevi, sia la bicicletta, fantastico e bellissimo oggetto che genera felicità e benessere. La maggior parte degli spostamenti delle persone è di soli pochi km, dunque urge ripensare radicalmente le nostre città secondo i modelli nord europei, con piste ciclabili ovunque. Andate ad Amsterdam o Copenaghen e capirete ciò di cui sto parlando. Nessuno o quasi ha l'auto e tutti, ma proprio tutti vanno in bici, anche d'inverno. Esistono addirittura parcheggi cittadini multipiano ed autostrade per sole biciclette con tunnel e piazzole di sosta.

Altre misure indispensabili e di assoluta primaria necessità sulle quali però non mi dilungo (in quanto affrontate in altri post di viaggio), saranno l'efficientamento energetico degli edifici, la lotta senza quartiere alla deforestazione, la riduzione drastica degli allevamenti intensivi, l'ottimizzazione dei processi agricoli, l'introduzione di una “Carbon tax” ai capitalisti (vigilando attentamente sul loro tentativo di scaricare i costi sul proletariato) e di una forte tassazione delle tecnologie inquinanti, ovviamente sempre fatta a monte (ovvero ai padroni) e non a valle (ovvero al popolo).

Ma torniamo sempre lì, torniamo sempre al capitalismo. Perché questo programma è evidentemente impossibile da realizzare all'interno di un contesto capitalista. Va spezzato infatti il potere dei colossi del fossile, del nucleare e delle banche che li finanziano, va sconvolta la logica consumista e produttivista. L'obiettivo primario dell'economica non deve esser più il profitto di pochi, ma il miglioramento generale delle condizioni sociali della popolazione.

Questo programma implica chiaramente più pubblico e meno privato, perché le scommesse di cui ho parlato non possono esser prese in nessun modo in carico dai privati, che mirano esclusivamente al proprio tornaconto. La natura umana è infatti intrinsecamente egoista, le persone tendono a voler sempre più, perseguendo il proprio ideale di benessere senza preoccuparsi delle future generazioni. Un industriale che sputa merda nel cielo attraverso le ciminiere della sua fabbrica non smetterà mai, neppure di fronte alla possibilità che i propri figli o nipoti possano morire di cancro a causa delle sue emissioni.

Più pubblico (al servizio della collettività) e meno privato (al servizio del suo egoismo) significa più stato e meno mercato col superamento dell'ideologia neoliberista, da metter fuorilegge equiparandola al nazismo per ferocia e morti provocati.

L'unica via possibile per salvare noi stessi ed il nostro divino contenitore, la Grande Madre Terra, è superare per sempre l'egoismo del capitalismo andando verso un unione internazionale ed internazionalista di stati socialisti, sovrani, indipendenti ed ambientalisti, con politiche estere improntate alla pace, alla collaborazione, alla cooperazione ed alla solidarietà tra i popoli. Gli USA vanno commissariati.

Sì, la cosiddetta green economy è una grande bufala, perché non mette in discussione il paradigma economico esistente ed universalmente accettato, vera unica causa dei problemi ambientali. Si vuole rovesciare il cubo, ma un cubo rovesciato sempre cubo rimane; la green economy resta pur sempre un'economia capitalista, liberista dunque imperialista, in mano a pochi eletti. E' tutto qui il grande inganno. Questo cercavo di far capire a Nico ed Elisa in Tanzania, ma non ci sono riuscito.

Lotta per l'ambiente e lotta di classe devono andar di pari passo perché ecologismo e socialismo sono due facce di una stessa medaglia. La rivoluzione socialista non è solo il sogno di tutti gli sfruttati di questo mondo ma anche una necessità dello stesso pianeta. Ecco perché io in sostanza mi definisco (come scritto nel post “Pensiero politico” di “Chi sono”) un eco-socialista.

Il presidente della felicità Thomas Sankara, che io non smetterò mai di ricordare ed omaggiare in questo blog, ci era arrivato 40 anni fa, in un paese come il Burkina Faso che era la quintessenza di tutti i mali del continente nero: lui diceva sempre che la lotta per difendere l'ambiente fosse prima di tutto una lotta contro l'imperialismo.

Per questo oggi, credo che l'ammonimento della rivoluzionaria polacca Rosa Luxemburg, sia più attuale che mai: socialismo o barbarie.