La leggenda dei 150 giorni dell'aquila

Venerdì 6 marzo 2020, ore 17:40. La giornata volge al termine. Sono impegnato ad armeggiare con un vetro ma devo sbrigarmi perché alle 18:00 devo giocare a tennis. Al solito sempre tutto di corsa a 300 all'ora; alle 19:00 è il turno del calcetto con gli amici, non mi basta mai... poi, dalla mattina alle 7, posso finalmente tornare a casa e godermi con la famiglia, bicchiere di vino in mano, la fine della intensa settimana.

Un bacio a moglie e figli che vanno a nanna, stanchi anche loro e finalmente arriva il momento magico, l'incontro più atteso. L'incontro con la mia splendida, sensualissima amante. Finalmente, dopo un lungo giorno di astinenza, potrò rivederla.

Quanto la desidero! La penso tutto il tempo, è diventata un'ossessione, pura estasi fisica e mentale. Un'ossessione a cui mi abbandono quasi tutte le sere a fine giornata, una mezz'oretta tra le sue braccia prima di addormentarmi. Ci vediamo sempre un po' di nascosto, la notte, quando tutti dormono. Nel silenzio. Io mi apro una blanche, la accarezzo, lei mi sfiora... abbandono presto questo mondo terreno; abbandono presto l'imperfezione della materia e vado in paradiso.

Si chiama Clavinova ed è bellissima. Vi dirò di più, non parla ma ascolta soltanto. Non si arrabbia mai; è presente e disponibile solo quando voglio io. La mia amante, il sogno di ogni uomo.

Un attimo di distrazione ed il disastro. Un urlo bestiale. Urlo ancora, cazzo qualcosa è successo ma non capisco. La mano! Mi fa malissimo la mano sinistra. Porca troia, no! E' successo qualcosa di grave. Il vetro va verso l'alto ed incontra una trave di ferro che decide di non spostarsi e rimanere fortemente imbullonata ad altre, io avevo le mani lì sopra. Entrambe, fino a 5 secondi prima. Tolgo il guanto... urlo ancora. Sangue dappertutto... non capisco bene che è successo perché la vista scende. Vedo annebbiato, mi sento svenire ed ho conati di vomito. Grido ancora, l'adrenalina sale e mi stordisce. Guardo la mano ma non capisco se è partita tutta la mano, se mi sono sono tagliato un unghia, se non ho più due dita. Non vedo bene e non capisco, il sangue è dappertutto ed io sento un dolore atroce. Urlo soltanto. Cerco di mettere a fuoco ma non ce la faccio.

Chiedo aiuto. Mario è vicino a me, mi guarda la mano e capisco che è successo qualcosa di grave dal suo sguardo. Impallidisce, cambia espressione in volto e dopo aver calato giù tutti i santi del paradiso, raccoglie il guanto, mi mette una cintura a stringere sul polso e mi porta all'ospedale di corsa, a tutta velocità; i semafori rossi non esistono.

Totalmente sotto shock, penso immediatamente al mio caro amico Gianni. La mano sinistra è pietrificata dal dolore, con la destra tremante prendo il telefono e lo chiamo con la voce rotta dall'emozione. Lui, da proprietario di azienda artigiana di falegnameria, ha avuto un anno fa un grave incidente alle dita di una mano. Gianni mi consiglia di farmi trasferire immediatamente in eliambulanza all'ospedale regionale Torrette di Ancona dove c'è un centro d'eccellenza di chirurgia della mano e mi fa il nome di due dottori a cui far riferimento: Pierpaolo Pangrazi ed Andrea Campodonico.

Gianni non potendo venire a trovarmi causa restrizioni Covid, mi chiamerà spesso nei mesi che seguiranno, lui sapeva come mi sentivo. Grazie amico, e scusami... io invece, un po' per pudore, un po' perché pensavo di disturbare in un momento tanto difficile e delicato, forse non ti sono stato vicino a suo tempo quanto lo hai fatto tu.

Al pronto soccorso di San Benedetto, mi tamponano e disinfettano la ferita alla meglio e subito mi trasferiscono a Torrette. Il ragazzo dell'ambulanza mi parla, non so di cosa, ma io sento tutto ovattato, guardo il soffitto, entro in un mondo parallelo. Capisco che il disastro è vicino. Ho visto la mia mano, ho avuto la lucidità di fotografarla in ospedale. Ora ho la morte nel cuore. Le due falangi distali di medio ed anulare della mano sinistra sono saltate, cazzo. No, a me no. Non può essere. Penso solo a lui, al pianoforte. Cazzo, il pianoforte, senza più due polpastrelli alla mano sinistra. E' finito tutto. Sono disperato.

A Torrette mi accolgono i dottori Pangrazi e Campodonico, dottori con la D maiuscola, tanto a livello professionale, quanto a livello umano.

Ma la loro sentenza è atroce. L'analisi costi benefici per il reimpianto è assolutamente sfavorevole, l'algoritmo decisionale non mi lascia scampo: non c'è stato taglio netto ma schiacciamento ed avulsione dunque la probabilità di reimpiantare con successo i due pezzettini di falange distale del medio e dell'anulare è davvero minima. Mi promettono che tenteranno, visto la mia passione per il pianoforte. Ma sono chiarissimi e lo ripetono più volte, le chances sono minime, prossime allo zero. Parlano dell'un percento, ma solo per lasciarmi una porticina aperta; mi dicono, eventualità assai remota se non impossibile, che se miracolosamente in sala operatoria dovessero sussistere condizioni favorevoli al reimpianto, il complesso intervento di microchirurgia dovrebbe durare non meno di 7-8 ore. Praticamente tutta la notte. In caso diverso un paio d'ore.

Devo comunque esser operato d'urgenza perché la riuscita dell'intervento dipende molto dal tempo trascorso dall'infortunio.

Mi opera il dott. Campodonico. Entro in sala operatoria alle 9. Un ago nel braccio e l'anestesia generale comincia a far effetto. Prima di addormentarmi, con la voce strozzata dall'emozione e dalla tristezza supplico il chirurgo di far il miracolo. Mi sorride. Certo, loro i miracoli li tentano ogni giorno della loro vita. Sono abituati a fare miracoli, per loro è routine quotidiana.

Al brusco risveglio, non so dove sto. Totalmente disorientato a livello spazio temporale. Ma una cosa la ricordavo: la durata dell'intervento. Bisbiglio qualcosa e chiedo subito all'infermiera che mi è vicino che ore sono. Mi risponde, 23:30. Capisco tutto e mi crolla il mondo addosso. Delle lacrime scorrono sul mio viso.

L'infermiera carinissima lo capisce e mi tocca la spalla. Non ho più due falangi della mano sinistra: tutta la falange distale del dito medio e una buona metà di quella dell'anulare. Non ho più due polpastrelli, un dramma per un pianista; o meglio, per non offendere i veri pianisti di questo mondo, un dramma per un amante del pianoforte. Un velo di malinconia e terrore mi assale. Di terrore per quello che sarà.

Mi dimettono la mattina successiva. In condizioni normali sarei stato in osservazione un paio di giorni almeno, ma servono posti letto a Torrette, la situazione coronavirus può sfuggire di mano da un momento all'altro e dicono non sia buona cosa restare lì. L'ospedale è pieno di casi Covid e può diventare una bomba ad orologeria da un momento all'altro. E' Marzo, l'Italia sta per chiudere e del Covid ancora si sa ben poco: è una peste bubbonica con mortalità del 50% oppure una grave forma influenzale? Nessuno sa nulla, dobbiamo andar via dall'ospedale.

Esco da Torrette ancora mezzo frastornato ed incrocio Mario. Mi è venuto a trovare. Mario, ne ho la prova, anzi due, è un viaggiatore nel tempo: è stato nel '45 uno dei pochi soldati americani sopravvissuti alla carneficina dello sbarco nella spiaggia di Omaha Beach in Normandia (17a foto della seconda fotogallery del post relativo al D-Day) e solo 8 anni dopo, il 29 maggio 1953, il primo uomo a salire sull'Everest (ultima foto del post "... verso la Dea Madre dell'Universo") insieme allo sherpa Tenzing Norgary. Grazie Mario, ho apprezzato molto la tua visita.

Sabato 7 Marzo ore 9.00. Esco dall'ospedale di Ancona. Oggi è il mio giorno 0. L'alba di un nuovo inizio. Il morale è a terra. Mi sento indifeso, impaurito. Per la prima volta nella mia vita.

Appena torno a casa mi accolgono i bambini, riempiendomi di abbracci. Che gioia che mi danno Leonardo e Maya! Mi hanno preparato anche delle letterine, dei disegni...

Sono stanco, la notte ho dormito poco o niente, ho subito un intervento solo poche ore fa. Ho ancora i vestiti di ieri sporchi di sangue e le mani tremano ancora; il dolore è comunque sopportabile grazie al Toradol sublinguale, che per me, che non assumo farmaci per principio, è una vera e propria bomba. Ma il dolore fisico è il minimo. E' la testa ed il cuore che sono in frantumi. Mi siedo nella panca del pianoforte, abbozzo un arpeggio con la mano destra e mi viene da piangere ma non posso e non voglio farmi vedere dai bambini. Leonardo e Maya si avvicinano e mi abbracciano e Gaby immortala la scena con un paio di foto. Così vado in bagno e mi faccio una doccia.

Poco a poco comincio a realizzare tutto ed un senso di angoscia profonda mi assale. Non posso che pensare al pianoforte ed ad una passione che forse finisce qui. Come farò senza? Di passioni ne ho tante, forse troppe. Ma solo quando mi abbandono totalmente ai tasti bianchi e neri riesco a liberare la mia mente e la mia anima da quel senso di incompletezza, di costrizione che sempre mi accompagna e riesco a volare. Verso l'infinito ed oltre. Ora provo terrore, paura che venga a mancare questa colonna della mia vita.

Negli ultimi mesi avevo sviluppato un rapporto idilliaco, a tratti morboso col pianoforte; avevo da poco ripreso lo studio dei notturni di Chopin, il mio pianista classico preferito.

Nella mia testa inoltre da tempo covavo l'idea di realizzare un blog di viaggi, diverso dagli altri, sui generis. Non sapevo come e quale, ma nelle ultime settimane pensavo anche che il pianoforte avrebbe potuto avere un ruolo importante in tale sito e che avrei potuto già cominciare a registrare qualche pezzo. Purtroppo il tempo sempre limitato ed una vita frenetica non mi avevano mai permesso di dedicarmici seriamente. Il sogno di tale blog di viaggi e musica si spegneva forse per sempre. Non so se potrò più suonare, se ne avrò ancora voglia. Sono un perfezionista, non accetterei mai di suonare un pezzo limitato o semplificato.

Provo rabbia. Solo ed esclusivamente verso di me. Troppa. Dovevo dire basta ad una situazione sbagliata che si trascinava da tempo. Così non funzionava, inutile insistere. L'avevo anche fatto ma poi sono tornato indietro. Era il momento di cambiare e lanciarsi in nuove avventure. Perché sei tornato da quel vetro di merda? Sei un coglione, un cagasotto, un vigliacco. Un senza palle.

Esco dal bagno, sono venuti a trovarmi in molti, sono tutti a casa. Li sento parlare di soluzioni, prospettive, interventi futuri... le loro voci sono lontane, nel tempo e nello spazio. Io ancora sono in un altro pianeta, come in un'esperienza di premorte quando l'anima lascia il corpo e vede tutto dall'alto. Che carini tutti quanti a preoccuparsi per me! E' tutto più facile quando sei circondato dalle persone che ti vogliono bene ed a cui vuoi bene. Per lo meno parli, ti sforzi di esser socievole e non pensi. Ma poi le persone vanno via, poi si spengono le luci, fa buio e viene la notte. E resti solo con i tuoi demoni. Ogni notte, per mesi, solo con i miei demoni. Ti penso Gianni. Scusami amico.

Mando Gaby ed i bambini a dormire. Poverina, anche per lei sono stati due giorni intensissimi, lei come me non ha chiuso occhio la notte scorsa, ha dormito su una sedia vicino al mio letto d'ospedale. Un bacio e va a dormire distrutta. Si spengono le luci, chiudo la porta del corridoio e mi siedo nel divano della sala, nella penombra e nel silenzio... aspettando loro.

Arrivano presto. E' la prima notte dopo l'incidente ed io questi demoni, prima non li avevo mai visti. Sono impaurito, e non vedo altra soluzione che buttarmi tra le sue braccia; scusami Gaby ma non ce la faccio proprio a resistere. Ieri l'appuntamento con lei è saltato ed oggi ho un bisogno viscerale di rivederla. Ho bisogno di toccarla ed accarezzarla, di dirgli che anche se limitato non la abbandonerò...

Il mio pianoforte Yamaha Clavinova, la mia splendida e sensualissima amante ad 88 tasti bianchi e neri, è l'unica cosa al mondo che ora può consolarmi davvero. Ma io non sono più in grado. O forse sì. Qualche giro ed arpeggio abbozzato con la mano destra, poi il grande passo ed appoggio anche la sinistra indolenzita, contratta e tremante. Ma non ho paura di far danni perché con me la dottoressa Aquinati è stata severissima. Devo mobilizzare le articolazioni immediatamente, senza alcuna limitazione e restrizione nei movimenti; anche se fa male, soprattutto se fa male. Ai punti non accade nulla. Mi ha imposto di tornare a suonare da subito, ovviamente escludendo le dita traumatizzate.

Penso ad un pezzo che sia relativamente facile a livello di mano sinistra con estensioni limitate. Non posso aprirla completamente, dunque non posso prendere ottave, né ovviamente accordi quadriadi... arpeggi chiaramente manco a sognarli, la mano è contratta e si apre a malapena. E poi ho due enormi ed ingombranti ditali che danno fastidio.

Mi viene in mente il bellissimo pezzo "Following a bird" di Ezio Bosso, direttore d'orchestra e pianista diversamente abile a causa di una malattia degenerativa, che purtroppo morirà solo poche settimane dopo, a Maggio 2020. Un vero esempio di vita... ha saputo affrontare con un coraggio ed una forza davvero sbalorditive ed ammirevoli una malattia devastante che lo corrodeva da dentro poco alla volta.

Lui diceva spesso nei suoi concerti che la musica è una fortuna, che è la nostra vera terapia in grado di fermare, dilatare e rubare il pozzo nero della nostra esistenza, ovvero il tempo. E' proprio così maestro. Il pianoforte è la mia terapia, cura la mia anima travagliata, ferma e dilata il mio tempo portandomi su un'altra dimensione...

Ferma e dilata il tempo, come il tuo bellissimo brano "Following a bird", prima lento e triste, poi più rapido in un crescendo di inaudita bellezza che spezza il cuore per poi tornare a sfumare morendo nel romanticismo.

Capisco subito che la parte riguardante la mano sinistra posso suonarla, a fatica e con dolore, ma posso. E' però tutto diverso, devo suonare con indice e mignolo ciò che prima era esclusiva di medio ed anulare. Ma è possibile. Un paio di tentativi per sciogliere la mano. Al diavolo il perfezionismo. Come viene, viene. "Following a bird" di Ezio Bosso. Perdonami maestro. Non sono degno di te e della tua immensa grandezza. Il tuo pezzo è sublime, da brividi e sarà il primo brano di pianoforte di questo blog. Un piccolo insignificante omaggio da un moscerino come me per onorare la tua memoria. Giù il Toradol sublinguale. Appoggio le 8 dita tremanti sulla tastiera e mi abbandono totalmente tra le braccia della mia amante.

Termino di suonare, ora sono solo e posso piangere. Ora sì che posso sfogarmi, dopo due giorni di angoscia, emozioni a non finire e tristezza repressa. So che è cambiato qualcosa nella mia vita; in modo irreversibile, non si torna più indietro. No, non si può. So che il recupero fisico ed emotivo sarà lungo e doloroso. So che non potrò suonare più come prima.

E questo pensiero mi distrugge. Se accetterò un compromesso comunque potrò farlo, magari dovrò cambiare, modificare la tecnica, ricominciare a studiare, adeguare partiture e fare esercizi, gli odiatissimi esercizi di tecnica che mi fecero abbandonare lo studio del pianoforte da ragazzo. Dovrò esser sicuramente più buono con me stesso e meno severo, intransigente e perfezionista.

Il delirio Covid dei giorni seguenti

I giorni seguenti sono surreali. Mi sembra di esser dentro una pittura del mio amato Salvador Dalì. L'Italia chiude per Covid, terrore ovunque nei volti e nelle menti. E con paura i cervelli ragionano poco ed accettano misure che altrimenti mai avrebbero sopportato. Shock economy, il capitalismo dei disastri. Si parla solo di Covid. Sarà così per tantissimo tempo, addirittura anni. Non c'è null'altro al mondo che il Covid. Possono pure sparare in testa al Papa, niente da fare, in TV non compare. Seconda ondata, terza ondata, n-esima ondata, panico crescente, stampa vergognosamente catastrofista e persone che affollano gli ospedali per uno starnuto e due linee di febbre, caccia agli untori, divinizzazione, ma con poche validazioni scientifiche a sostegno, della santissima mascherina... roghi nelle piazze per bruciare i cadaveri, medici della peste col becco in televisione a terrorizzare il popolo, zombies imbavagliati con la museruola e fantasmi che si aggirano in città spettrali con i poliziotti come cecchini che fanno il tiro al bersaglio... comitati tecnico scientifici non si sa composti da chi (io lo so benissimo...) che rilasciano documenti supersegreti... supercommissari tuttologi guidati da superministri della salute laureati in scienze politiche ed al servizio delle case farmaceutiche. La dittatura sanitaria dei virologi improvvisamente divinizzati e balzati all'onore delle cronache, ognuno dei quali però smentisce ed insulta tutti gli altri colleghi: i San Burioni, i San Bassetti, i San Crisanti e Santa Capua di turno che dicono una cosa un giorno e la smentiscono il giorno dopo, senza mai metter in discussione ovviamente il santissimo protocollo di cura domestico a base di tachipirina e vigile attesa che ha ammazzato una marea di persone.

È sì, perché l'idrossiclorochina non funziona, lo dimostra lo studio rigorosissimo di The Lancet, poi rivelatosi un falso clamoroso. E nemmeno l'ivermectina ovviamente funziona: i medici in prima linea che urlano al mondo la grande efficacia e la totale assenza di controindicazioni o effetti collaterali di tale antiparassitario, anche ad alti dosaggi, sono pazzi da silenziare. Le prove certe non ci sono! Centinaia di studi scientifici, Review sistematiche e metanalisi rigorose non bastano per inserire l'Ivermectina (farmaco manco a dirlo, dal brevetto scaduto) nel protocollo ufficiale di cura, mentre un banale unico studio di fase 2/3, con soli miseri 1500 arruolati, pieno di errori clamorosi e soprattutto in vergognoso conflitto d'interesse, basta per autorizzare la criminale vaccinazione pediatrica in soggetti innocenti minimamente toccati dal problema.

Secondo il mainstream, mancano evidenze mediche per l'ivermectina e l'idrossiclorochina ma per i vaccini invece bisogna correre senza farsi troppe pippe mentali: non c'è tempo e la gente sta morendo. Due pesi, due misure. I vaccini Covid infatti, per chi non lo sapesse, sono approvati non tramite procedura classica che richiede fino a 5 anni di sperimentazione, ma secondo una procedura d'emergenza, con approvazione rapida e sperimentazione limitata: ciò è possibile, sia per FDA che per EMA, solo alla condizione che non esista nel mercato alcuna cura approvata e disponibile per la malattia in questione. E così la gente comincia a morire non solo di Covid (o molto più spesso “con” Covid), ma anche di malori improvvisi e “non correlazione”.

La verità è che c'è stata per oltre due anni, una precisa e criminale volontà di non curare la gente, mantenendo alto il numero di morti e di ricoverati e costante lo stato di emergenza, in modo tale da obbligare le persone a vaccinarsi con sieri genici sperimentali dei quali era ben nota a priori la pericolosità. Un vergognoso ricatto per riavere indietro le nostre libertà, un crimine contro l'umanità, uno sterminio programmato, per il quale mi auguro un giorno ci sarà una Norimberga nei confronti dei decisori e soprattutto dei giornalisti che hanno girato la faccia dall'altra parte.

La verità nuda e cruda è che cure valide, economiche e meritevoli di approfondimenti come clorochina ed ivermectina, nonostante le grandi evidenze mediche, sono sempre state osteggiate e bocciate in partenza dalle vergognose agenzie al servizio di Big Pharma che orientano le decisioni politiche, solo e soltanto perché in caso contrario non si sarebbero potute ottenere le autorizzazioni d'emergenza per i vaccini, i quali vaccini a questo punto dunque, non sono la soluzione ma sono essi stessi il problema impedendo la diffusione di cure alternative.

Ma tranquilli tutti, io sono solo uno sporco, lurido ed ignorante complottista. Le multinazionali del farmaco sono sempre state assai responsabili, vicende come il Tamiflu di Roche nel caso dell'influenza aviaria lo dimostrano. Nulla di cui seriamente preoccuparsi. E poi ci sono EMA ed AIFA che vigilano. Ovviamente in televisione un'opinione diversa dal pensiero unico non compare manco per il cazzo. La macchina vaccinale è partita e non si può arrestare. Tutti i vaccini del mondo funzionano alla grande, è il CEO di turno della multinazionale di turno a garantirlo! Grande attesa così per i salvatori della patria a -70 gradi Celsius che poi diventano magicamente i -15 di un comune freezer. Nel mentre, le economie nazionali vanno a puttane, scuole, teatri e palestre chiudono ed i guadagni di Pfizer, Amazon e company vanno alle stelle. Attenzione però. Tutti i vaccini del mondo funzionano alla grande tranne due: lo Sputnik russo e il Soberana cubano. No, quelli no, non funzionano. Quelli sono sporchi vaccini sovranisti. Forse pure fascisti. Dunque meglio starne alla larga.

Meno male però che c'è l'Europa magnanima della pace e della solidarietà tra i popoli che ci regala miliardi di euro con MES e Recovery Fund senza imporre alcuna condizionalità. Che buona che è Ursula! E quindi i canti dai balconi... già, tutti improvvisamente diventati patriottici e patrioti quando solo un mese fa, esporre una bandiera italiana dal balcone era sinonimo di sovranismo fascista antieuropeista. Ora inni di Mameli dappertutto. Quanta ipocrisia, dopo che per un paio di decenni si è pisciato in faccia ai concetti di patria e sovranità popolare. Il popolo, tra un DPCM e l'altro, non ci capisce più nulla. Ed il paese, come me, poco a poco muore dentro.

Non potevo nemmeno uscire per correre sul mio amato lungomare, la polizia era fuori a dare la caccia agli untori, ai runner, ai poveracci che nemmeno più una passeggiata invernale in riva al mare si potevano fare, una vergognosa criminalizzazione delle persone e privazione di sacrosante libertà costituzionalmente riconosciute. Nemmeno il conforto del mio mare potevo avere. Non potevo nemmeno più "andar di notte a cercar le parole". Polizia e carabinieri, ligi al dovere e cervello ben riposto nel comodino prima di uscire, attendevano con ansia gli untori ed i criminali che varcavano la soglia di casa, magari avvertiti da "responsabili" cittadini ligi al dovere ed alle regole.

La mano di Nathan Sawaya

Io mi ritrovo inevitabilmente in uno stato di totale solitudine, a parte l'angelo di mia moglie che mi è stata vicina come non mai, anche da infermiera perché è toccato a lei medicarmi ogni giorno. Una profonda solitudine emotiva ed anche lavorativa. Ora anche ideologica. Solo ideologicamente contro (quasi) tutti. Ero già ben abituato a questo, ma con la vicenda Covid e sostegno alla guerra imperialista USA-Russia in Ucraina, il conflitto con la massa è diventato davvero insanabile e la discussione ed il sano dibattito scientifico, pressoché impossibili. E' così e basta, secondo la massa, perché lo dice Burioni da Fabio Fazio, mentre il premio Nobel Luc Montagnier è un demente da silenziare.

La verità è che la repulsione verso il loro pensiero fascista, perbenista, politicamente e sanitariamente corretto, è diventata in me oggi troppo grande perché la mia famiglia in seguito, riceverà attacchi violenti e vergognosi che lasceranno un segno molto profondo. Con molte persone (anche a me purtroppo molto vicine), con quelli che mi hanno dato dell'assassino e del criminale, dell'irresponsabile, dell'egoista per non aver vaccinato me stesso ed i miei figli, con quelli che mi hanno guardato e mi guardano oggi schifati, semplicemente, preferisco non parlare più ed ignorarli. Ci penseranno gli effetti avversi da vaccino, a fargli (forse) cambiare idea.

Solo, mi trovo a riflettere, sotto choc per quanto accaduto. Non mi capacito di quanto successo. Come ho fatto a farmi male ora, quando è tutto fermo e bloccato? Ripenso continuamente all'incredibile catena di circostanze, eventi e situazioni, bivi presi, scelte alle quali invano mi sono opposto, che hanno portato all'incidente. Se avessi... ., se fossi... se, se, se... 10 milioni di se.

Capisco in ogni caso ben presto di esser stato miracolato. Solo 5 secondi prima avrei perso entrambe le mani. Sarei rimasto con due pollici, perché le avevo entrambe appoggiate per sorreggere quel maledetto vetro. Brividi. Se ci penso inorridisco. E ci penso spesso.

La notte non chiudo occhio, i demoni vengono a trovarmi ogni santa notte, ormai li conosco bene tutti e li chiamo pure per nome... sarà così per diversi mesi. Ripenso continuamente a quel vetro che mi trancia le due falangi, il dolore lancinante, il guanto tolto e la mano con qualcosa che manca... lo stridio del vetro su metallo è un suono che è entrato nel mio cervello e non va via. Mi ricorda il suono che meno sopporto, lo stridio delle posate che graffiano un piatto. Quando non ci penso è il dolore costante a ricordarmelo, h.24: sento come due lacci che stringono fortissimo le estremità delle mie dita. Scosse più o meno costanti che a volte mi fanno saltare in aria.

La cosa che più mi fa male emotivamente poi è sempre lì davanti a me. In sala, la mia amante, totalmente nuda e vogliosa di me, un fascino ed un'attrazione irresistibile. Ma io non posso, non come saprei, non come vorrei. Ora, che non potevo più averla come prima, la amavo immensamente più di prima.

Non so perché ma la mente torna spesso alla mano di lego di Sawaya nella bellissima mostra a Roma. Leonardo e Maya da piccoli erano appassionatissimi delle costruzioni lego, così li portai prima a Legoland a Billund in Danimarca e successivamente a Roma alla bellissima mostra di Nathan Sawaya, secondo la CNN una delle prime dieci del mondo. Decisamente sì, ne valeva assolutamente la pena!

Nathan Sawaya, che utilizza per le sue opere esclusivamente mattoncini lego, è ossessionato dalle mani. Diverse sue opere riguardano le mani perché l'artista ha l'incubo di perderle. Con l'opera “Hand”, una delle sue più importanti, lo scultore vuole esorcizzare la tremenda paura di perdere il suo principale strumento di lavoro. Se perdesse le mani, non potrebbe più creare le sue fantastiche opere. Mi rimase davvero impressa quella scultura, tra l'altro molto grande. Come fa uno ad aver paura di perdere le mani? Come fa a pensare a tale eventualità?

Eh sì, diamo tutto per scontato. Quante volte ho utilizzato acidi cloridrici e fluoridrici purissimi in clean room al CNR senza protezioni, per far prima e guadagnare tempo! Un solo errore e la mano intera era sciolta dall'acido. Quante volte nel lavoro ho utilizzato seghe circolari, smerigliatrici, trapani in condizioni di equilibrio precario... Quante volte ho lavorato senza guanti protettivi per migliorare la manualità e la presa!

Oggi capisco bene Nathan Sawaya, perché quel terrore lo ho anch'io. Ogni qual volta vedo un vetro, la cerniera di una porta e bambini nei paraggi, la portiera di una macchina che si chiude, un coltello o l'affettatrice in cucina, qualcuno che taglia il pane... Mi ritornano in mente quegli attimi, quell'orribile incontro tra vetro e ferro con la mia mano in mezzo, quell'orribile stridio che al solo pensiero mi crea forte dolore ai denti.

Tutti dicono la stessa cosa. Tu hai carattere forte, più forte degli altri, ti fa ridere questo incidente. Lo ripetono tutti all'infinito. Sì, è vero, pur nella mia atavica timidezza, ho un carattere forte e deciso. Quando vedo una meta e mi pongo un obiettivo, le cose sono due: o lo raggiungo o... lo raggiungo. Sono caparbio e per questioni di principio arrivo in capo al mondo. Ma stavolta, non so perché, non ne ho. L'incidente, l'Italia che chiude, la psicosi collettiva. Il lavoro che sento sempre più lontano ed estraneo, la consapevolezza che sono ad un bivio importante della mia vita.

No, non ne ho. Batterie scariche. Scrissi anche a Gianna Nannini, pianista anche lei che ha avuto lo stesso identico incidente mio ma nonostante questo è riuscita a diplomarsi al conservatorio... la sua testimonianza sarebbe stata per me preziosissima. Gli ho scritto due volte ma senza ottenere risposta alcuna. Figurati se le star si sporcano con il popolo.

Sono anche incazzato nero con me stesso, perché so che non merito di provare certi sentimenti. Ho davvero tutto dalla vita ed un tale stato d'animo è un insulto a chi invece sta soffrendo davvero, come ad esempio il ragazzo che mi ha lasciato il posto letto a Torrette, che ha perso in un'incidente stradale l'intero braccio destro.

Mi manca poi la mia naturale dose di oppiaceo, lo sport, gli sport. Ne faccio tanti, diversi e trovo grande gratificazione psicofisica quando porto il mio fisico al limite. Mi sento vivo quando il cuore mi scoppia nel petto, quando corro sotto la pioggia, sono fradicio di sudore e nel freddo del bagnasciuga continuo a correre affondando nella sabbia pesante.

Ora sto fermo. Sono obbligato dall'infortunio e dalle circostanze. La piscina vicino casa è chiusa per Covid, non posso nemmeno andarmi a fare una nuotata rigenerante. E poi se mi avvicino al lungomare o alla spiaggia i cecchini mi sparano. Ed i medici della peste col becco come San Burioni o Santa Capua, saltano dalla televisione, si materializzano improvvisamente nel mio appartamento e mi portano via. Magari mi bruciano vivo nei roghi delle piazze, come Giordano Bruno a Campo de' Fiori. L'Italia intera è ferma, chiusa in casa. E quando riapre, improvvisamente da San Benedetto del Tronto, ridente cittadina in paese democratico occidentale del primo mondo come l'Italia, mi ritrovo a Mogadiscio col coprifuoco la sera. Con i bambini che non fanno più sport e non vanno più a scuola. Tutto incredibilmente normale e giusto per il 99% degli italiani, bombardati e terrorizzati dal catastrofismo dei mass-media. Ah già... c'è la pandemia... dunque ogni misura anticostituzionale di annullamento delle sacrosante libertà fondamentali è giustificata, in nome del diritto alla salute. A proposito, ma la salute mentale delle persone non è ugualmente importante come la salute fisica? E le altre patologie non esistono più? Non si curano più?

Gaby si permette di scendere per fare con i bambini una passeggiata intorno casa per non impazzire ed è trattata malissimo da due carabinieri cerebrolesi che volevano multarla... poveri bambini, si sono anche impauriti... dopo quell'episodio non volevano più uscire a camminare. Costretti in casa, didattica a distanza e totalmente rincoglioniti dai dispositivi elettronici.

Sono triste per le mie dita, sono triste per i miei bambini, sono triste per l'Italia. Sono indignato da questa vergognosa dittatura sanitaria liberticida, messa in piedi tra l'altro proprio da quelli che la sanità in questi anni l'hanno devastata, spolpata, distrutta in nome dei diktat della UE, del liberismo e dell'austerity.

Il mio corpo doveva pagar pegno prima o poi. Ho rischiato la vita nel Ngozumpa Glacier verso Gokyo sull'Everest, in immersione alle Galapagos in grotta con sub totalmente inesperti quando non trovavo la via di ritorno, in Cambogia presi la dengue... potevo morire in un'incidente in autostrada a 130 km/h contro un camion, sono uscito illeso e con la macchina distrutta... Gaby dice che quando morirò il mio angelo custode tirerà sospiro di sollievo. Sì, troppe volte mi è andata bene. Razionalmente parlando però, anche stavolta mi è andata alla grande: il mio angelo custode ha fatto un altro mezzo miracolo visto che avrei potuto perdere entrambe le mani.

Forse è stato tutto anche un grande segnale. Dovevo rallentare. Andavo fisicamente e mentalmente a 300 all'ora. Sono 15 anni che non mi fermo mai, senza contare poi i tempi dell'università. Appena laureato entrai al CNR e cominciarono i viaggi, il lavoro e poi bellissimi imprevisti come Leonardo, la sistemazione dell'appartamento, il matrimonio ed il nuovo lavoro. Sempre di corsa, sport, sempre tanti sport... viaggi sempre di più e sempre più estremi, i bambini a cui non ho mai sottratto un minuto del mio tempo nonostante le tantissime passioni ed interessi extralavorativi... i finesettimana invernali a sciare con loro nel vicino Appennino, poi torno e vado a correre in spiaggia, mi chiamano per giocare a tennis, ma devo anche studiare pezzi di Chopin al pianoforte... poi immersioni subacquee e corsi tecnici GUE con l'obiettivo Haven ancora in sospeso, poi alpinismo e corsi di arrampicata su roccia... il calcetto con gli amici il lunedì sera... le richieste di uscite serali di amici che non posso mai soddisfare ed il sogno della missione della vita... la moglie che reclama giustamente tempo per lei e la voglia di impegnarmi in 10.000 altri progetti... e via, un altro aereo per un altro viaggio, perché arrivano le vacanze natalizie o estive oppure ho una settimana vuota nel lavoro... Basta, il motore stava fondendo. Anzi, ora è proprio fuso. Motore fuso e batterie a terra. Non riparto. Stavolta serve il carroattrezzi.

E la mano come sta nel frattempo? Il dolore alle estremità è sempre presente anche se le scosse improvvise si sono ridotte di molto. Purtroppo causa Covid, l'ospedale Torrette di Ancona è assolutamente blindato e non riesco più a contattare i dottori Pangrazi e Campodonico per sapere se, quando e come potrò operarmi di nuovo per migliorare la mia situazione.

Decido così di ascoltare altri pareri medici privatamente, cominciando anche a studiare il mondo e quell'altro sulle possibili tecniche di intervento. Ho gli strumenti per capire avendo una solida preparazione scientifica, e voglio capire, a maggior ragione ora che in gioco ci sono le mie dita. So bene inoltre che i chirurghi per deformazione professionale spesso tendono ad intervenire quando non dovrebbero; so bene anche che gli interventi di microchirurgia vascolare sono molto complessi e se affrontati da mani inesperte possono dare risultati disastrosi.

Vado così a trovare diversi specialisti, ad Ascoli, Roma, Torino e Modena; ognuno di questi mi prospetterà una soluzione diversa, ovviamente screditando l'opinione degli altri colleghi. Incredibile... confusione totale... E noi dobbiamo fidarci della scienzaaaa!

Il primo medico sosteneva con forza che la miglior soluzione possibile fosse un intervento di allungamento osseo con fissatori esterni metallici. Ma la cosa non mi convinceva affatto, per tutta una serie di motivi: in primis perché proposto soltanto da lui, probabilmente interessato più che a me, a realizzare quel tipo di intervento, assolutamente ardito, altamente rischioso e soprattutto sconsigliato da tutti gli altri; poi perché le tempistiche erano molto lunghe ed i risultati estetici e funzionali davvero mediocri e molto poco prevedibili. Soluzione scartata.

Altri proponevano lembi omodigitali ad isola neurovascolare in avanzamento, oppure lembi eterodigitali con doppio intervento e coinvolgimento del dito adiacente sano o del palmo della mano... a Torino invece sconsigliarono del tutto qualsiasi azione futura di ricostruzione microvascolare.

Un'enorme delusione è stato in particolare il medico nel quale riponevo le maggiori speranze, il Dott. Adani, il luminare dei luminari, presidente della SICM, la Società Italiana di Chirurgia della Mano. Dopo ben 8 ore di auto per vederlo e 250 euro spesi di visita, mi dedicherà 10 miseri minuti del suo tempo. E che minuti! Costante atteggiamento polemico, maleducato, scocciato, saccente, con fastidiosa aria di superiorità ed aggressività nei confronti miei e del ragazzo laureando prostrato in umile adorazione dinnanzi a lui... del tipo io sono io e voi due non siete un cazzo. Mah.

In generale la mia esperienza quarantennale, mi porta ad approcciarmi alla classe medica sempre con molta cautela, prudenza e circospezione. Posso dire nella mia vita di aver incontrato pochi dottori con un grande cervello e contemporaneamente un cuore ed un'anima: la loro grandezza e preparazione andava quasi sempre di pari passo con un'estrema umiltà ed integrità morale.

Non ho alcuna paura di sostenere invece, che nella maggior parte dei casi i medici sono soltanto palloni gonfiati pieni di sé, il più delle volte anche profondamente ignoranti... fieri e tronfi con lo stetoscopio sul petto in bella mostra quale simbolo di una loro presunta superiorità intellettuale.

Si sentono divinità. Si sentivano divinità già ai tempi dell'università, quando incapaci di fare uno studio di funzione o di calcolare un integrale, pagavano noi studenti di fisica 50 euro per passare l'esame di analisi matematica. Poi si laureano e tipicamente l'ascesa del loro ego diviene inarrestabile, super protetti da quell'associazione a delinquere super conservatrice che si chiama Ordine dei medici. E tipicamente più salgono in alto, più divengono macchine mangiasoldi perdendo umanità ed empatia col paziente (se mai l'hanno avuta). Giuramento d'Ippocrate e pensiero critico buttati nel cesso, sostituiti da giuramento di fedeltà incondizionata alle multinazionali del farmaco e pensiero unico sanitariamente corretto.

Oggi, dopo 3 anni di pandemenza, ho perso totalmente ogni residuo di stima e fiducia nei confronti della loro categoria: la maggior parte dei medici ha rifiutato a priori un'altra verità, ben più logica, scientifica ed evidente, oltretutto avvalorata da un'enormità di studi indipendenti e non in conflitto di interesse; hanno continuato a leccare il deretano a Big Pharma per non esser radiati dall'albo, arrivando a consigliare la vaccinazione a bambini, giovani e donne incinte, e nascondere gli effetti avversi del veleno genico. Questi pseudo-dottori mi fanno profondamente schifo. Onore e gloria invece a tutti i (pochissimi) medici come Vanni Frajese che si sono opposti con tutte le loro forze alle menzogne del mainstream, pagandone le conseguenze di persona.

Fortunatamente per me comunque, l'equipe di Ancona è eccezionale. Dopo pochi mesi riapriranno le prenotazioni e riuscirò nuovamente ad incontrare Pangrazi e Campodonico. Concorderemo un secondo intervento che farò ad inizio febbraio 2021: plastica migliorativa del dito medio e lembo omodigitale in avanzamento ad isola neurovascolare secondo Venkataswami all'anulare per tentare di restituire un polpastrello sensibile. Diventerò anche metà uomo e metà pesce, perché mi metteranno innesti di derma di squalo.

La leggenda dei 150 giorni dell'aquila

Poche settimane dopo l'infortunio quando lentamente stavo tornando alla normalità, accade un altro avvenimento emotivamente molto traumatico, addirittura più del precedente che mi spezza le gambe. Il mondo che avevo nella mia testa andava in frantumi e più cercavo di non abbandonarlo più lui si allontanava... capisco poco a poco quello che non volevo vedere da tempo. Dovevo uscire dalla mia zona di comfort e buttarmi. Dovevo reinventarmi, a 40 anni e nel momento peggiore della storia economica d'Italia, nel momento peggiore della mia vita, nel momento in cui mi sentivo più fragile ed indifeso.

Ero sul ciglio di un burrone. Un passo indietro: il compromesso, la stoica accettazione, l'annullamento totale della mia personalità, del mio estro, della mia fantasia, il ritorno in un ambiente che mi era lontano anni luce e la costante sofferenza per il ricordo di quanto successo. Un passo avanti: il volo verso la libertà, verso l'ignoto buttandomi tutto alle spalle.

Chiudo gli occhi, faccio un bel respiro profondo. Sento davvero di non avere più altra scelta possibile. Saluto tutti. Apro le ali, passo in avanti e spicco il volo, come una bellissima araba fenice.

All'inizio mi sentivo leggero, volavo, volavo. Felice ed emozionato del cambiamento, libero di indirizzare la mia vita dove volevo. Volavo felice, finalmente libero e senza pensieri. Solo io, ci sono solo io. Io e la mia bellissima famiglia, i miei splendidi bambini. Frega un cazzo di tutto il resto, tanto tutto il resto a te non ci pensa proprio.

Guardo in alto e sbatto le ali per guadagnare quota. Sopra, la luce, tanta luce. Luce e libertà. Guardo anche in basso e un po' di preoccupazione mi assale: una tempesta è in avvicinamento, nubi scure e nere che non promettono nulla di buono. Dopo lo slancio iniziale sto scendendo sempre più ed il buio e le tenebre si avvicinano. Cazzo, sempre più vicine. Guardo in basso, le ali non hanno quasi più forza, sono deboli ed appesantite. Vado giù come un'aquila ormai vecchia e stanca. Un orribile buco nero si avvicina. Non so cosa sia, ma ne ho tanta paura, ho sentito storie spaventose su di lui. Un errore e mi rendo conto che cado dentro, nell'oscurità dell'anima, nell'orrore dell'ignoto. Chissà se, quando e come ne uscirò; ne ho paura. No, non posso caderci dentro, ho una famiglia, dei bambini che hanno bisogno di me... Ma la luce in alto già è sparita, intorno a me comincio a vedere scuro, sempre più scuro ed io non ho più la forza per dare il colpo di ali necessario per risalire.

Così, mentre l'Italia usciva da uno scenario di guerra post nucleare e poco a poco si riapriva al mondo ed alla speranza, io viceversa entravo nel mio lockdown interiore. Un'ombra scende su di me.

Il mio corpo si era disallineato. Disequilibrato. La testa stava da altra parte, non so dove. Ma non era in questo mondo. Razionalmente avevo perso 2 stupide minuscole parti del mio corpo; io però mi sentivo dentro come se avessi perso due gambe. Lottavo contro questo pensiero, mi vergognavo di questo pensiero. Pensavo al pianoforte ma l'altra rottura traumatica mi lacerava dentro ancora di più. Mi ero spento. Non giocavo più a tennis, non volevo più giocare a calcetto con amici. Preferivo esser solo e pensare. Leggere. Mi chiudo al mondo.

L'anima sofferente si rifletteva su un corpo improvvisamente appesantito ed indolenzito. Io non ho la visione meccanicista del corpo umano tipica della medicina ufficiale. Credo ciecamente che il corpo e la mente siano un tutt'uno ed uno stato di malessere e squilibrio dell'uno si ripercuota inevitabilmente sull'altro e viceversa... Infatti, io avevo dolori dappertutto: spalle, petto, braccio, collo, dolori strani, nuovi, incomprensibili anche a me che ho avuto sempre una cura quasi maniacale del corpo, sempre portato al limite, allo stremo. Ora il motore era fuso...

Mi forzavo e controvoglia riprovai anche a giocare a tennis dopo mesi di inattività, un disastro. Più mi forzavo, più non avevo voglia. Ed i colpi ne risentivano. Ricordo un paio di partite dove io, che comunque gioco a tennis da una vita, non riuscivo a rimandare la pallina al di là della rete. Scioccato. Facevo il colpo, ma io volevo stare dappertutto tranne che lì, sotto gli occhi di tutti. Volevo scomparire, mi sentivo inadeguato, solo, perso. Braccio contratto, mente altrove e dolori dappertutto...

No, non dovevo forzare, soprattutto nel tennis, sport estremamente mentale dove la tranquillità emotiva è tutto. Prima dovevo curare la mente e poi tornare a dare il meglio di me in campo.

Una sera siamo a cena io e Gaby, non ci sono i bambini, sono con i nonni, dai miei genitori. Gaby nota il mio sguardo assente e perso. La butta lì. «Quanti anni hai? 42? Bene, se vuoi arrivare a 70, se vuoi toglierti altre soddisfazioni, se vuoi immergerti in tecnica sulla Haven, salire sull'Aconcagua, andare in Antartide, tentare la missione della vita (tanto lo so che ci pensi ogni giorno...), allora devi lasciare tutto. Prenderti tempo, ti servono i 150 giorni dell'Aquila».

Non capisco. E così Gaby mi racconta la storia dell'Aquila.

Secondo una leggenda popolare indiana, tale rapace può vivere fino a 70 anni ma intorno ai 40 deve prendere una decisione difficilissima per non morire. A questa età infatti, un becco troppo incurvato e fragile ed artigli oramai troppo lunghi e flessibili, non gli consentono più di afferrare le prede; le ali poi sono invecchiate ed appesantite perché le penne sono ingrossate ed incrostate dal tempo.

L'aquila a 40 anni è pesante e poco agile, con becco ed artigli quasi inutilizzabili; volare e cacciare, dunque sfamarsi, ormai è impossibile. La morte è vicina. L'aquila però ha un'alternativa, fisicamente ed emotivamente dolorosa. O questa o la morte. Una terza via non c'è. Un processo di rinnovamento lungo ben 150 giorni. Un ritiro ascetico, spirituale e fisico in un nido inaccessibile, su una parete rocciosa. Un lungo digiuno per alleggerirsi e meditare meglio. Ed un cambiamento fisico profondo, una metamorfosi.

L'aquila comincia a sbattere il fragile becco contro la roccia fino a staccarlo, un processo dolorosissimo ma necessario che richiede estrema forza di volontà e sopportazione del dolore. Dopo due settimane un nuovo becco è ricresciuto e grazie a questo l'aquila strappa tutti i suoi vecchi artigli, lunghi e fragili i quali ricresceranno ben presto corti e forti. Con i nuovi artigli ed il nuovo becco l'aquila strappa dal suo corpo una ad una tutte le sue penne lunghe ed appesantite dal tempo; anch'esse ben presto rinasceranno, pulite e leggere. La nuova aquila quarantenne, improvvisamente dimagrita e ringiovanita, bella come il sole, si può lanciare finalmente dalla parete rocciosa nel suo volo di rinnovamento.

L'aquila vivrà così altri 30 anni in piena salute.

Sì mi piace questa leggenda... Mi calza a pennello. Anche io sono sulla quarantina ed ho bisogno di un volo di rinnovamento: sono appesantito, la mente è in un altro pianeta... il corpo con motore fuso e batterie a terra. Mollo tutto e mi ritiro asceticamente. Spengo il telefono e divento un eremita. Il mio nido, la mia parete rocciosa inaccessibile diventa la mia casa ed un Dell XPS 15" lo strumento che prepara la mia rinascita attraverso la scrittura.

Avevo bisogno di una metamorfosi, innanzitutto estetica. Ma ho fatto il contrario di quello che ha fatto l'aquila: se lei si è strappata tutto, becco, artigli e piume, io al contrario invece di rasarmi a zero mi sono fatto crescere tutto, capelli e barba. All'inverosimile. Cast Away. Il Dell XPS 15" sarà il mio Wilson.

L'obiettivo era arrivare a livello dei saddhu indiani o nepalesi, ovvero al metro di lunghezza di barba. Purtroppo dovrò tagliarla a metà settembre perché Maya candidamente mi aveva confessato che il primo giorno di scuola delle medie si sarebbe vergognata di me. Tenterò la prossima volta l'assalto ai saddhu, magari proprio quando tornerò in Nepal sull'Annapurna, e sarò più convinto. Maya per favore però non mi ostacolare più eh? Ci sono ben altre cose di cui vergognarsi, non un babbo barbone!

E' cominciato da poco il mio periodo sabbatico di allontanamento dal mondo. Faccio sempre il contrario di ciò che fa la massa. L'Italia va in lockdown e si rinchiude? Io con autocertificazioni lavorative, ogni giorno esco, nonostante i cecchini pronti a spararmi, o i medici della peste col becco pronti a mettermi al rogo nelle piazze. Dei DPCM me ne sbatto altamente, le mie libertà costituzionalmente riconosciute vengono prima, sempre con le dovute misure di prudenza e rispetto verso gli altri. Sono in macchina da solo e non incontro gente. Anzi, la evito volutamente. Non voglio vedere nessuno. E cartelle cliniche in macchina, vado dappertutto, anche fuori regione se me ne va; come a Napoli ad omaggiare la mano (y el pie) de dios del grande Diego.

Poi l'Italia riesce, riaprono bar e ristoranti. Ed io mi rinchiudo in casa. Entro nel mio lockdown interiore. Anticonformismo allo stato puro, ma giuro, non lo faccio apposta.

Il buco nero è sempre lì, l'ombra non se ne va. Ma stavolta lotto. Reagisco. Ora che le forze stanno tornando, non mi farò inghiottire senza aver lottato. Inizio a battere il vecchio becco contro la parete. Accendo i motori. Forse... Il motore è ingrippato, ho preso peso per la prima volta nella mia vita, causa cecchini, medici della peste, eccesso di alcool da Covid, l'età che avanza e l'impossibilità di correre sul mio bel lungomare... mi rifugio nelle mie sicurezze, la famiglia ed il pianoforte.

Ormai posso muovere bene la mano sinistra e riesco, anche se non più come prima, a soddisfare sessualmente la mia amante Clavinova.

Quanto mi mancava... modifico la tecnica pianistica sostituendo poco a poco le dita centrali della mano sinistra che hanno estremità più corte e dolenti, con gli adiacenti indice e mignolo. Capisco che posso comunque suonare e togliermi soddisfazioni, che le quadriadi a volte posso prenderle utilizzando diteggiature particolari con la mano destra, che arpeggi posso farli passando il mignolo sopra al pollice anziché il medio come da standard. Tutto è diverso, più difficile, ma possibile. E la velocità poco a poco aumenta. Improvvisamente guardo in alto e rivedo la luce. Sono sempre nella penombra, in uno strano e scuro limbo ma ora perlomeno la luce la vedo. E' lì, lontana ma raggiungibile.

Un urlo pazzesco, un colpo di ali e riprendo quota. Non voglio finire in quel pozzo nero senza fondo. Ho intravisto a malapena quello che c'è sotto; solo pochi attimi, ma ho capito che è un orribile inferno. Se cado dentro, Dio solo sa che potrà succedere, se come e quando ne uscirò.

Faccio un digiuno integrale di 7 giorni, solo acqua e tè verde per depurarmi totalmente dalle scorie accumulate in questi mesi. 7 giorni solo acqua con 3 giorni di preparazione liquida prima e 3 giorni dopo. In totale tredici giorni abbastanza tosti: stavolta avevo mente e corpo intossicati e le reazioni eliminative sono state più intense del solito.

Ora però ho la consapevolezza che posso ancora suonare ed inizio a ragionare meglio: il 6 marzo è accaduto un incidente sì irreversibile ma comunque non totale ed invalidante. Potevo davvero perdere due mani, rimanere solo con due pollici. Ho perso pochissimo, il minimo davvero ma forse ne ho guadagnato molto di più. E se, pistola alla tempia, avessi dovuto scegliere due pezzettini di dita delle due mani da sacrificare, avrei scelto proprio quelli.

Poco a poco torno ad uscire di casa e veder gente. Scusatemi amici tutti, nessuno escluso, per la mia latitanza, ma avevo bisogno di star solo. Rivedo nuovamente il mio amato lungomare, sciolgo la ruggine dei muscoli ed i chili poco alla volta vanno via.

La famiglia sempre presente... La famiglia, vero ed unico pilastro della società, baluardo contro la deriva nichilista ed individualista del capitalismo. Grazie San Gaby da Guanajuato per la tua vicinanza sempre discreta; per non esser troppo gelosa della mia amante. Per la prima volta da quando ci conosciamo mi hai visto dentro casa tanto tempo... vedi Gaby che era meglio prima che non c'ero mai?

Programmiamo anche un viaggio per agosto, non potrà che far bene a tutti, Covid permettendo. Sempre il contrario ovviamente di quello che fa il mondo. Tutti a casa per il coronavirus? Terrorizzati? E noi quattro partiamo in camper per il nord Europa, in progressiva riapertura. Sì, lo so che lo pensate. Siamo noi gli untori e gli irresponsabili.

Nasce il blog viaggiepianoforte.it

Le mani poco a poco si sciolgono, ogni giorno sempre di più. Suono quasi come prima! Compro una rosa. La porto prima a mia moglie e poi alla mia amante. O forse il contrario, non ricordo...Va beh, ha poca importanza.

Cazzo, allora forse l'idea di un blog di viaggi ed anche pianistico non è del tutto tramontata! Forse qualcosa di carino potrò suonarlo! E poi in quanti suonano ad 8 dita? Forse il blog può nascere proprio dalle ceneri di questa sofferenza interiore, ingiustificata ed ingiustificabile lo capisco perfettamente, ma presente. Forse viaggiepianoforte può esser l'aquilotto di questi 150 giorni, il figlio naturale della nuova bellissima aquila quarantenne resuscitata dall'oltretomba...

Forse, proprio ora, in questi 150 giorni dell'aquila, potrei dedicarmici anima e corpo... anzi proprio ora devo farlo... ora o mai più... non avrò probabilmente mai più, tra infortunio, chiusure Covid e mesi sabbatici, tanto altro tempo nella mia vita da riservare ad un progetto del genere, così impegnativo. Sì, ora è il momento. Devo farlo. Sarà la mia medicina.

Poco a poco, nasce nella mia mente viaggiepianoforte.it; nasce il sogno di metter nero su bianco su monitor i tanti ricordi, le tante emozioni provate in giro, le persone incontrate e gli appunti di viaggio, i tanti pensieri e riflessioni (o deliri per molti, dipende dai punti di vista) sul mondo, l'uomo e la società. D'altronde ora i cecchini non ci sono più e posso andare in spiaggia, posso ora andare al mare "di notte a cercar le parole". Avrò bisogno di tante parole per questo blog. Ed il mare per me è una fonte d'ispirazione insostituibile.

Avevo giga e giga di foto e video dispersi in modo disorganizzato in cartelle e sottocartelle del pc, quaderni, fogli sfusi, addirittura appunti scritti in fazzoletti di carta o pezzi di cartone dove in viaggio immortalavo un evento, una persona, un pensiero o un'emozione. Alcuni appunti erano intatti, altri ingialliti e quasi illeggibili, corrosi dal tempo, dall'umidità e dalla salsedine... Anche le esperienze più intense svaniscono nella memoria se non le fermiamo subito, così io nei miei viaggi ho sempre scritto. Si trattava ora di riprendere tutto e con pazienza certosina riorganizzare tale sconfinato materiale cartaceo e multimediale. Un lavoro faraonico per il gran numero di viaggi che soprattutto nell'ultimo quindicennio avevo fatto. Poco a poco i ricordi riaffioravano e tornavano nitidi e sconvolgenti nella loro struggente malinconica bellezza. Persone, situazioni, incontri, occhi blu e sorrisi. Un turbine di emozioni.

Sì, il blog è stato indubbiamente la mia Sertralina, la mia miglior medicina in quei lunghi 150 giorni dell'aquila dove il fondo del buco nero era davvero vicino, la mia mente si era inviluppata in pensieri negativi da cui non usciva, i demoni notturni erano sempre con me e non mi lasciavano dormire.

Scrivere mi è sempre piaciuto ma non pensavo davvero avesse queste potenzialità terapeutiche! Avevo davvero bisogno in quei mesi di buttarmi a capofitto in un progetto così coinvolgente e coraggioso, di liberare finalmente la mia creatività, fare qualcosa come piaceva a me, senza che nessun altro potesse dire come e perché, imponesse regole, anteponesse l'ossessione del profitto alla felicità, alla libertà ed alla dignità, senza che potessi esser limitato da norme burocratiche, paletti o vincoli di qualsiasi tipo. Libertà assoluta, come quando sono in viaggio.

Il mare, il pianoforte anche ad 8 dita, Gaby ed i bambini, lo sport, il blog, il viaggio in camper che verrà ad agosto. Poco a poco rinasco. La mattina mi alzo presto per lavorare ininterrottamente fino a notte inoltrata, organizzazione di foto, appunti di viaggio, video, testi, registrazioni, organizzazione dei post, parte tecnica... Un lavoro immenso, che assorbe totalmente mesi interi sabbatici della mia vita. Stavolta è Wilson che rischia di fondere. Non io. Io ora ho messo sul turbo. Perché ho un'idea, un progetto, un obiettivo da raggiungere. Ricominciano le idee che generano a loro volta nuove idee ed opportunità. E voglia di viaggiare. Agosto è vicino.

Ma c'era un ultimo bellissimo imprevisto da superare prima della partenza. E' fine Maggio quando vengo a sapere che il 31 Luglio scadono le domande per il concorso ordinario scuola.

Cazzo, non ci avevo mai pensato, ma potrebbe esser davvero una bella opportunità... Mi ricordo all'università, in fisica ed in matematica ero bravo, il pomeriggio facevo spesso lezione ai compagni di studio, lavagna e gesso in mano: mi sentivo onnipotente quando riempivo la lavagna di formule... tutt'oggi faccio spesso ripetizioni agli alunni del liceo e mi piace... sì, all'insegnamento non avevo mai pensato! Lavorare con i giovani sarà superstimolante, sarà bellissimo poter contribuire a creare i cittadini del domani. Italiani, non europei, amici e fratelli di tutti i popoli del mondo.

Guardo i requisiti di accesso al concorso e cazzo no... non li ho... i fatidici 24 CFU... Ho 2 mesi di tempo soltanto per preparare 4 esami di antropologia, pedagogia, psicologia e metodologie didattiche, necessari per poter accedere al concorso. Devo correre. Ricomincio a correre. Correre mi piace proprio. La mia vita è una corsa. Muoio se mi fermo, come gli squali. Non è un caso che ora un po' squalo lo sono, visto che nel secondo intervento alla mano mi hanno messo un innesto di derma di squalo.

Testa bassa, blog momentaneamente messo da parte e torno a divorare i libri. In materie a me totalmente estranee, due mesi dopo prenderò quattro trenta e lode. E riuscirò ad iscrivermi al concorso per il rotto della cuffia. Inoltro la domanda sul portale SPID a fine luglio e perdo 5 kg di peso. Ce l'ho fatta!

Gli anni di ricerca con pubblicazioni ed il voto con lode dovrebbero darmi un bel punteggio di partenza. Comunque sarà difficilissimo, molto dipenderà anche dalla fortuna: nelle mie classi di concorso A27 ed A28 ci saranno in rapporto ben 16 candidati per un solo posto disponibile. Ma devo tentare. Testa bassa e via con lo studio. Otra vez.

Partiamo con Gaby e bambini per un incredibile viaggio in camper per tutto il nord Europa, fino alle Isole Orcadi in Scozia: sarà il mio volo di rinnovamento dopo i giorni dell'aquila di ritiro ascetico fisico e spirituale. Lascio il nido addossato alla parete rocciosa, la mia casa, dove mi sono rifatto becco, artigli e piume e mi riapro finalmente al mondo.

A Parigi visito il famoso cimitero di Père-Lachaise e mi imbatto nella tomba del mio pianista classico preferito, Chopin. Tornerò a suonare i tuoi notturni Frydryk, è una promessa.

Eh già. Le cose non sempre vanno come le programmiamo. Anzi, quasi mai. La vita spesso è assolutamente incomprensibile ed imprevedibile, un meraviglioso caos. Il tran-tran quotidiano ci convince che la nostra esistenza si muoverà in una certa direzione ma poi accade qualcosa di totalmente inaspettato che sconvolge i nostri piani, i nostri equilibri e le nostre convinzioni.

Spesso per superare tale evento è necessario cambiare totalmente il paradigma adottato fino a quel momento. La transizione tra due stati quantici della vita a diversi livelli è sempre inizialmente traumatica, ma senza tale doloroso processo di rinnovamento non potremo mai diventare ciò che vogliamo essere. Arriva un momento in cui si è spalle al muro e bisogna fare scelte dolorose; arriva un momento in cui si deve scegliere se provare ad esser aquile o rimanere passerotti, se fare un passo avanti con coraggio oppure indietro per paura.

Presi dall'emozione del momento, giudichiamo inevitabilmente troppo in fretta gli avvenimenti inattesi che accadono senza dare tempo al tempo: magari ciò che oggi ci sembra un dramma un domani sarà una benedizione allo stesso modo in cui, viceversa, episodi apparentemente fortunati potrebbero rivelarsi in futuro una grande sfortuna.

Appena un anno dopo quel brutto incidente e quella forte delusione personale che mi ha fatto dire basta e voltare pagina, sono ancora con la mano fasciata perché reduce da un secondo intervento migliorativo.

Guardo il duro lavoro di questi mesi. Tra ripetizioni di matematica e fisica, preparazione concorso scuola, blog, viaggi e sistemazione finalmente di vecchie questioni lasciate in sospeso, non mi sono mai fermato nonostante il difficile periodo attraversato. Sicuramente il più difficile della mia vita. Guardo le nuove e stimolanti sfide lavorative che ho di fronte e sono pronto.

Lo sgambetto che mi fece la vita un anno fa, all’epoca mi sembrava un dramma di proporzioni cosmiche. Me ne vergogno ora, ma in realtà me ne sono sempre vergognato perché ero ben consapevole di avere comunque tutto, troppo dalla vita e di quanta sofferenza al contrario ci fosse nel mondo. Quell'imprevisto si è rivelato essere una svolta necessaria per poter rinascere, per poter archiviare definitivamente una situazione oramai incancrenita che non si poteva più risolvere in nessun modo; una svolta necessaria per rimettersi in gioco ed in discussione, aprire nuove porte, rivangare competenze passate e migliorare un'importantissima relazione che sembrava compromessa e che solo la distanza poteva sanare.

I fantasmi ed i demoni del passato ogni tanto tornano, eccome se tornano. Inevitabile... ma ora so gestirli. E poi ho incontrato San Michele. Oggi suono quasi tutto, in modo diverso e questo secondo intervento che ha ridato un polpastrello sensibile all'anulare, mi dà ulteriori speranze di miglioramento. Ho una promessa da rispettare d'altronde: la promessa di Père-Lachaise.

6 marzo 2021. Ad un anno esatto dal brutto incidente che ha rischiato di farmi sprofondare in un orribile buco nero senza fine, viaggiepianoforte.it è online. Felicità.

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