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Storia della mia vita

L'infanzia e la spensieratezza

Che sarei diventato socialista lo si capì subito fin dalla prima foto della mia vita, quando avevo solo otto giorni: in braccio a mia madre, democristiana come d'altronde mio padre, manina sinistra alzata col pugno chiuso... Il buongiorno si vede dal mattino.

Ad 8 giorni di vita con mia madre e mio padre

Che bella infanzia che ho avuto! Una famiglia unita e serena in una casa popolare di Via Mattei a San Benedetto del Tronto, in un quartiere a quel tempo abbastanza malfamato e pieno di tossici che veniva chiamato il “Bronx”.

Mia madre Maddalena (non si offendano i sostenitori del PD se la chiamo mamma e non genitore 1 o 2) era insegnante. Anche se ora è in pensione, lo è tuttora e lo sarà sempre: una passione sconfinata la sua per l'insegnamento, che ha sempre visto come una missione... tutt'ora capita di vederla in giro impazzita fermando passanti e spiegando loro la Divina Commedia oppure correggendo persone sconosciute per errori di grammatica.

Non provate mai a sbagliare un congiuntivo davanti a lei perché la vedrete inorridire, trasalire, diventare rossa come un peperone per poi trasformarsi in un mostro tentacolare: la sua ira si abbatterà su di voi senza alcuna pietà!

Sì, lei non sopporta gli errori di grammatica... povero me, la prima volta che leggerà questo blog saranno guai! Scritto di getto, pieno di parolacce, tutte le sere del maledetto anno 2020 dalle nove a mezzanotte, riletto una sola volta prima della pubblicazione... chissà quanti strafalcioni ci saranno! Mi farà l'elenco degli errori e dovrò ascoltare almeno un'ora di spiegazione... Va beh mamma, dammi un minuto. Un respiro profondo e sono pronto. Puoi chiamare.

Mio padre Giuseppe (come sopra, me ne sbatto delle regole arcobaleniche dei radical chic) è perito industriale, quando le industriali equivalevano ad una laurea in Ingegneria attuale, il classico uomo tutto “casa e lavoro” che si è fatto da solo partendo dal nulla; una famiglia povera alle spalle e spaccandosi la schiena è diventato qualcuno... tutt'ora lavora come se non ci fosse un domani. In realtà lui non lavora, si diverte, appartenendo a quella ristretta e fortunatissima cerchia di persone che hanno fatto del loro lavoro la propria grande passione: quando questo succede non si può che esser felici ed aver successo.

Grazie di cuore ad entrambi: anche se spesso siamo in disaccordo, soprattutto oggi, dopo 3 maledetti anni di pandemenza che hanno cambiato radicalmente le persone ed il mondo, vi sono enormemente riconoscente per quello che mi avete dato in termini materiali ed affettivi facendomi diventare uomo. Ora da padre, so che quello del genitore è il mestiere più difficile del mondo. Spero di esser bravo almeno la metà di quanto lo siete stati voi.

Che belli gli anni '80... Forse i più felici della tanto travagliata storia d'Italia. Prima di Maastricht, prima delle crisi economiche e sanitarie, prima degli smartphone e dei social. Che nostalgia...

Era l'epoca del boom economico italiano, della povera liretta, quando c'era ottimismo e fiducia nel futuro, quando due onesti lavoratori potevano andare in vacanza due volte l'anno, a Natale ed agosto, comprare una casa per loro ed i loro figli ed una macchina senza grossi problemi. Erano i tempi dell'Italia quarta potenza mondiale, nonostante tutto, quando la disoccupazione reale era bassa ed un milione di lire erano... "un milione di lire", tanta roba.

Sono il secondo di quattro figli. Sì, prima si figliava, i giovani si sposavano presto, andavano a vivere fuori casa, avevano un lavoro stabile e facevano figli. I cittadini amavano il loro paese e non la lontanissima Europa o gli ancor più lontani Stati Uniti, il patriottismo era ancora un valore di sinistra mentre oggi l'informazione mainstream lo ha trasformato in becero "sovranismo fascista e populista" in barba all'art.1 della nostra bellissima Costituzione socialista, patriottica ed antifascista.

Come diceva sempre nonna, la buonanima di mia nonna Gina, si stava meglio quando si stava peggio! Scusatemi, non ce la faccio proprio a non parlare di politica ed economia... Perdonatemi. Cercherò da qui in avanti di darmi un contegno.

Di foto da piccolo ne ho pochissime, si contano sulle dita di una mano, le ho scansionate e messe in fotogallery. Sono le uniche che ho. Che valore che hanno! Mia madre chiamava il fotografo e ci faceva mettere tutti e 4 in posizione sul divano: dice sempre che era una missione quasi impossibile perché puntualmente, quando era tutto pronto per il magico click, noi fratelli impazzivamo. Più tardi infatti acquisterà una mitica kodak Retina a rullino, anche per i nostri viaggi.

Oggi invece grazie al digitale scattiamo in maniera ossessiva compulsiva, senza pensare, dieci scatti al secondo per una stessa foto tanto poi si cancellano... e poi però le foto non le cancelliamo ma non le rivediamo più, riempiono i nostri hard-disk scomparendo in cartelle e sottocartelle perdendo così ogni valore. Il digitale non ha fatto altro che ammazzare la poesia ed il romanticismo. In ogni campo.

Infanzia serena con mio fratello Massimiliano oggi insegnante di Italiano, e le mie due sorelle Roberta, un vulcano in costante eruzione, e Daniela, oggi giornalista di Rai3 (ovvero mainstream che più mainstream non si può, dunque questo blog non lo leggerà mai).

Ho trascorso molto tempo con i miei nonni materni Mimì e Gina, perché vivevano proprio sopra il nostro appartamento. Ero davvero legatissimo a loro anche se quando le combinavamo grosse, ci menavano con la scopa. Sono entrambi scomparsi poco prima del Covid: il momento giusto per evitare di vedere e di conoscere il peggio delle persone sfuggendo a quel delirio... Se mi avessero impedito sotto pandemia di entrar in ospedale per potergli dare l'ultimo saluto, credo che sarei andato in galera. A loro due dedicherò dei post di questo blog: sul Nepal per nonno, su Lourdes per nonna.

Da dx a sinistra: il complottista, l'insegnante, il vulcano, il mainstream

Estati lunghissime passate al mare a due passi da casa. Pochissima televisione, Lady Oscar, Pollon e Bim Bum Bam ad orari prestabiliti e poi via sotto al porticato ed al giardino del condominio, che mi sembravano giganteschi, ad inventare i giochi più assurdi con Manuela, Florinda, Ilenia e tanti altri bambini del "Bronx" che venivano da noi... non esistevano cellulari, tablet e diavolerie elettroniche spegni-cervello ed ammazza-fantasia.

Spesso ci si annoiava e questo stimolava invenzioni, incontri, scorribande per il quartiere, risse e quant'altro... Si stava meglio quando si stava peggio.

Con mio fratello e mio cugino Stefano Capriotti (al centro, eja!)

Ricordo un pupazzetto, una specie di coniglio rosa, mio fratello Massimiliano l'ha ritrovato recentemente intatto e quasi piangevo dalla commozione! Io e lui ci sedevamo per terra, uno davanti all'altro: la mia porta era il mobile della televisione, a quel tempo uno scatolone grigio grande e pesante a tubo catodico e con lo schermo bombato, la sua l'intero divano. Cominciavamo a prendere a pugni 'sto coniglietto come se fosse una pallina per fare goal... divertimento infinito assicurato per ore! Ogni tanto qualche vaso saltava e volavano scapaccioni...

Che gioia poi quando veniva a trovarci nostro cugino Stefano Capriotti dalla Sardegna! Io, lui e mio fratello Massimiliano eravamo e siamo tuttora molto legati. Eja!

L'amore per la natura

I miei genitori avevano due auto mitologiche, ferro puro e zero elettronica: mio padre lavorava con una ritmo diesel furgonata, mia madre invece aveva una fiat 500 blu che quando camminava scoppiettava tutta.

Oggi sarebbero messi in croce dal mainstream, impalati vivi quali responsabili dei cambiamenti climatici del pianeta. Loro, umile famiglia italiana in una casa popolare di 90 metri quadri, non le 100 multinazionali che producono da sole il 70% delle emissioni climalteranti, non i paperoni che volano intorno al mondo con jet privati ed hanno ville da centinaia di stanze con consumi idrici che potrebbero soddisfare il fabbisogno di intere città africane.

Va beh, non divaghiamo. Tornando alla vecchia Fiat 500, non so davvero proprio come fosse possibile, ma tutti noi riuscivamo ad entrare dentro quella vecchia e minuscola scatoletta di latta a forma di topolino con 4 ruote piccole e sbilenche, spesso anche con altri bambini (Manu ed Ilenia ve lo ricordate?), thermos per il cibo, zaini per la piscina pomeridiana, ombrellone e sdraie sul tettuccio... via così al mare per trascorrere le lunghe giornate estive nella spiaggia libera dello chalet Alex che a suo tempo era una semplice baracca di legno di nome "Le ondine". E vi assicuro che, nonostante la propaganda dei catastrofisti del clima, i 3 mesi di giugno, luglio ed agosto erano caldissimi ed afosi, esattamente come oggi.

Al mare di San Beach nei mitici anni '80

Per noi maschietti non ancora adolescenti, il mare significava una sola cosa: il pallone. Ve lo ricordate il Supertele? Un'icona indimenticabile del tempo che fu... costava 500 lire dal giornalaio, era leggerissimo e dunque il vero terrore dei portieri per le traiettorie impossibili che assumeva soprattutto nei giorni ventosi. Appena si poteva allora lo si sostituiva con il più solido Super Santos arancione, buono anche per la pallavolo... il top del top rimaneva però l'inarrivabile Tango, che quando era sgonfio però diventava una pietra.

Tutto il giorno a giocare in spiaggia, alternando partite al cardiopalma contro i tanti turisti a tuffi al mare. E così, già a fine giugno avevamo la pelle nera come il carbone. La crema solare non sapevamo nemmeno cos'era! Per l'appunto era il colore della pelle che distingueva noi bambini locali (di mare) dagli altri bambini turisti (di città), arancioni come aragoste e perennemente ustionati (oltreché imbranati in bicicletta...).

Ad Agosto, quando San Beach si riempiva all'inverosimile di turisti, andavamo in vacanza con la Ritmo diesel in Trentino.

Di quei viaggi ho un ricordo in particolare, nitido ed indelebile: nel sedile posteriore, tra una scazzottata e l'altra con i miei 3 fratelli, ammiravo estasiato dal finestrino le vette innevate che ci circondavano mentre la radio della macchina passava una bellissima canzone di Albano e Romina Power, “Libertà”, ovviamente in musicassetta visto che non esistevano né CD, né penne USB né musica online.

Bene, tutt'oggi, ogni volta che penso alla montagna, ogni singola volta che ricordo i panorami pazzeschi delle Alpi, dell'Appennino, delle Ande, dell'Himalaya, mi ritorna sempre in testa questo pezzo... "Libertà...quanto hai fatto piangere...senza te, quanta solitudine...fino a che...avrà un senso vivere, io vivrò per avere te"....

Questa canzone, triste ed assai romantica, mi fa venire i brividi ogni volta che la ascolto perché volo letteralmente con i ricordi. Finestrino appannato, vette innevate, boschi infiniti e "Libertà" di Albano e Romina... per me bambino piccolo, la sicurezza della famiglia unita, la felicità del contatto con la natura. L'amore per la montagna, per gli spazi aperti ed incontaminati è nato indubbiamente da lì. Mare e montagna. Libertà. Entrambi sempre con me, sempre parte di me.

La passione per la natura mi portò addirittura a fondare a soli 10 anni, con due amichetti della scuola elementare, Fabio e Maurizio, un'associazione dal nome ambizioso ed impegnativo, l'ASAN (Associazione Salvataggio Animali e Natura). Io ero il presidente, Fabio il segretario, Maurizio il tesoriere. Che ideali, che sogni, che splendida meravigliosa ingenuità! Credevamo davvero di poter spaccare il mondo e metterlo sottosopra, obbligando le multinazionali del petrolio ad abbandonare ogni attività estrattiva, i bracconieri a cambiar lavoro, le persone ad usare la bicicletta...

Foto della mia classe elementare con la maestra Silvana Carini: io in basso al centro, Fabio alla mia destra, Maurizio in basso a sinistra

Riuscimmo addirittura a racimolare 60.000 lire chiedendone 1000 a persona per l'iscrizione all'associazione (cara bella liretta!). La maestra Silvana bonanima, fu la prima socia dell'ASAN. Inviammo tutto il ricavato al WWF, pensando così di riuscire a salvare davvero qualche tigre o qualche orso polare dall'estinzione.

Ed incredibilmente, il Panda rispose, ringraziandoci e proponendoci l'iscrizione come soci per un anno. Cominciava così, a soli 9 anni il mio attivismo ecologista.

Quanto ho cercato quella lettera del WWF! Quanto ho cercato le tessere di appartenenza all'ASAN... ricordo che le facevamo con dei cartoncini incollando nel lato posteriore le famose figurine Panini con gli animali. Ogni tessera aveva un animale diverso: Fabio aveva il cavallo di Przewalski, io se non ricordo male il lupo appenninico. Ero convinto di aver conservato ogni cosa ed invece no...

A post pubblicato, decido di mettermi alla ricerca nel web di Fabio Sgolastra, che non vedo e sento da una vita per "sbloccargli" questo bel ricordo. Vedo una sua foto all'università di Bologna: è proprio lui, l'ex segretario dell'ASAN! L'ho trovato! Oggi è docente universitario. Gli invio il link del post e mi risponde immediatamente, felicissimo ed emozionatissimo.

Incredibilmente lui ha conservato la lettera di risposta del WWF battuta a macchina (bei tempi senza pc!); ha anche una foto della sua tessera dell'ASAN, ed un disegno col loghetto dell'associazione fatto da una nostra compagnetta di classe di nome Armida. Nonostante i tanti anni trascorsi, ricordavo tutto alla perfezione... una lacrimuccia di commozione scorre sul mi viso.

Fabio scherzando, mi bacchetta sostienendo che fosse lui il presidente ed io il segretario... ma io sono ultraconvinto del contrario! E così decidiamo di redimere la questione a San Beach davanti ad un bel boccale di birra gelata: al quinto giro sicuramente troveremo l'accordo.

Ora nel momento in cui scrivo, siamo anche alla ricerca di Maurizio Piunti, il tesoriere (a meno che anche lui non si ricordi di esser il presidente...) per un reincontro del triumvirato fondatore dell'ASAN.

Io in quegli anni attaccavo gli adesivi del WWF ovunque possibile, nelle macchine, nelle porte di casa, nei quaderni e nei libri. I miei genitori se la ricordano bene tale fase della mia vita. Vedevo ogni documentario naturalistico possibile, compravo i libri di Fulcro Pratesi e li divoravo, sognando un giorno di diventare come lui il presidente italiano del Panda e risolvere così tutti i problemi ambientali del mondo, dei quali io e soltanto io, ingenuamente, a 10 anni, detenevo la soluzione. Tutti gli altri non capivano un cazzo. Beata gioventù!

L'appartenenza al WWF non era comunque solo formale: avevamo dei compiti ben precisi, ovviamente non obbligatori ma facoltativi, come ad esempio far iscrivere nuove persone all'associazione, sensibilizzare in ogni luogo e contesto, addirittura condurre ricerche ambientali sul campo, come ad esempio l'analisi dell'acqua e della flora presente nel fiume Tronto, con vere e proprie escursioni dove coinvolgevamo le famiglie ed anche la classe.

Io mi sentivo come Indiana Jones, come il protettore della natura e di tutte le specie del mondo, un eletto che doveva salvare il pianeta dalla catastrofe, una specie di Greto Tumbergo (con la o, al maschile, all'italiana e senza asterischi, non me ne voglia Elly Schlein). Avevo una missione superiore e ci dedicavo ogni mio sforzo. E quando non lo facevo, correvo dietro ad un pallone o una pallina gialla.

Io, Fabio e Maurizio avevamo anche scritto a mano (ancora i PC nelle case non c'erano!) dei libricini, che chiamavamo tomi, sulla natura, che per noi erano vere e proprie enciclopedie, assolute opere d'arte! Sei in totale, due a testa. Edizione limitata, anzi unica... Niente foto, gli smartphone non c'erano e le stampanti a colori erano difficili da trovare: facevamo disegni. E che disegni! I due libricini miei, col la foderina verde del WWF, li ho ritrovati proprio pochi giorni fa, ingialliti dal tempo ma ben conservati.

Sì, l'ambientalismo è un sentimento che mi ha sempre accompagnato fin da piccolo. Inevitabilmente si è affievolito da adolescente, quando i casini in testa sono più grandi di ogni cosa e di ogni passione. Ma è rispuntato poi all'università.

In ogni caso, io già da bambino, avevo capito il nesso strettissimo tra benessere della collettività, felicità del singolo e tutela dell'ambiente, il nesso tra capitalismo, egoismo e devastazione della natura.

Oggi non so se con un cellulare in mano, a 10 anni, avrei potuto avere tutti quegli interessi, fondare l'ASAN, innamorarmi così tanto della natura e fare tutte quelle esperienze. Credo di no. Sarei rimasto incollato al piccolo schermo come un ebete vedendo uno youtuber adolescente che pubblica cazzate su Tik Tok. Prima invece i ragazzini erano liberi di pensare perché avevano una marea di tempo; per forza di cose ci si annoiava e quindi si diventava creativi.

La testa era sempre alta a guardar l'orizzonte, non bassa a fissare stralunati uno stupido display, che indirizza passioni e veicola i messaggi del sistema. Io potevo disegnare, suonare il pianoforte, uscire a fare a botte con i bulli di quartiere... potevo annoiarmi e decidere così di fare anche belle cazzate, tipo andare a rubare qualcosa nei centri commerciali vicini con gli amici, per vedere chi la faceva più grossa... tanto poi ci pensava la scopa di nonna a rimettermi sulla retta via.

Senza la distrazione di quell'alienante oggetto tra le mani che ci hanno imposto per vivere e lavorare, potevo correre dietro un pallone dalla mattina alla sera, o giocare a nascondino al buio per imboscarmi con qualche ragazzina, col cuore che batteva a mille dall'emozione. Sembra preistoria, ma parliamo di solo 30 anni fa. Altri tempi, a mio avviso migliori, più spensierati. Le depressioni giovanili, i disturbi alimentari, il disagio e la solitudine di oggi erano ben lontani.

La passione per il calcio e lo studio del pianoforte

Le Ragnoliadi, che ricordi...una specie di olimpiade del quartiere Ragnola a cui ero e sono legatissimo. Appuntamento irrinunciabile di ogni estate. Tanto calcio per i maschietti e pallavolo per le femminucce, poi gare d'atletica e castelli di sabbia al mare, una festa popolare bellissima dove lo sport nel senso più nobile del termine e soprattutto i bambini sono al centro. Grandioso... Ancora oggi è così, vi partecipano i miei figli ed io mi diverto a fare l'allenatore. Come prima, ancora calcio per i maschietti e pallavolo per le femminucce, per lo meno finché le teorie trans-gender e femministe oramai sempre più diffuse ed in voga, lo permetteranno... alle Ragnoliadi 2030 magari ci saranno danza classica per i maschi, pugilato per le femmine e qualche sport “neutro” per i “non binari”; medaglia d'oro automatica invece per tutti i bambini che hanno farmacologicamente cambiato sesso, aiutati e spinti in questo magari da genitori, scuola, Stato e Chiesa.

Io da piccolo avevo una passione sfrenata per il calcio. Non ero sicuramente un fenomeno ma me la cavavo, diciamo pure che ero bravino. Piccolo, rapido, molto tecnico ed estroso, con la palla tra i piedi mi sentivo onnipotente. La mia discreta bravura nel calcio era anche un modo per esser più "popolare" tra i ragazzi del quartiere del "Bronx", per esser introdotto nella ristretta cerchia dei bulli di quartiere senza ogni volta dover esser massacrato di botte e soprattutto un modo per rimorchiare di più, visto che con le ragazzine non ci sapevo fare un granché, anzi, direi proprio che ero un'assoluta frana.

Alla prima Ragnoliade ho conosciuto Augusto Feliziani, buonanima di Augusto, a quel tempo allenatore delle giovanili del Ragnola calcio. Buon passato da semiprofessionista in serie D, era il Maradona del quartiere, al quale assomigliava anche fisicamente. Piccolo, tarchiatello, 38 di piede. Un sinistro divino. Panzone ma con talento cristallino e piede telecomandato. Palla al piede faceva quello che voleva, i suoi calci di punizioni erano fucilate alla Roberto Carlos.

Appena mi vide giocare si avvicinò e mi disse: «Tu vieni con me al Ragnola, ti voglio in squadra!». Ero felicissimo, anche se ci rimasi male sul ruolo che voleva darmi perché non capivo e temevo mi mettesse in difesa, dove noi bambini relegavamo invece quelli che avevano i piedi quadrati tipo Riccardo Palmioli, mio compagno di squadra in seguito anche al Porto d'Ascoli (bambino alto coi capelli castani al centro della foto, fila in piedi... bella Riky!). Io bambino, dividendo i giocatori in due categorie, attaccanti tecnici (tipo me) e difensori muratori con i piedi a ferro da stiro (tipo Riky), pensavo di esser attaccante mentre lui sosteneva, assolutamente a ragione che non fossi attaccante, ma regista centrale...

«Perché vuoi fare l'attaccante? Vedi il campo, giochi di prima e dribbli bene, superi l'uomo, sei veloce e tecnico, ti piace il lancio e l'assist finale mentre non segni manco a porta vuota... tu devi stare in mezzo al campo e fare il regista!» Sì, effettivamente era quello che senza saperlo, avevo sempre fatto...

Augusto era un uomo molto buono, davvero un pezzo di pane e per me aveva un debole: mi consegnò la fascia di capitano. Che felicità! Mi elogiava e mi rimproverava severamente, spesso mi cacciava dal campo o mi sostituiva quando non rendevo come lui voleva, bastone e carota per cacciare il massimo dal bambino che ero.

Con la fascia blu di capitano del Ragnola, a fianco del mister Augusto Feliziani

Purtroppo Augusto non aveva fatto i conti con mia madre che da insegnante non vedeva di buon occhio la mia sfrenata passione per il calcio... nonostante vincessi senza fare grandi sforzi ogni anno il premio di miglior studente dell'istituto, ogni volta per andare al campetto era una lotta... mia madre, pensando che un giorno potessi abbandonare gli studi per tentare di "sfondare", di calcio non voleva proprio sentir parlare ed ingaggiava con lui battaglie dialettiche epiche in cui entrambi (soprattutto lui però...) arrivavano allo sfinimento.

Io piangevo quando non mi mandava a giocare perché ero il capitano della squadra. Augusto poi mi consolava e mi coccolava sempre. A parte i miei genitori, penso sia stata la prima persona che mi ha fatto sentire importante ed ha creduto in me. Al suo funerale, ancora giovane ma oramai alcolista, obeso e depresso, piansi. Si era lasciato andare... era in carrozzina senza più due gambe, amputate a causa del diabete, quelle gambe che una volta tiravano fucilate e gonfiavano la rete. Addio Augusto e grazie di tutto. Che la terra ti sia lieve.

La fortissima squadra allievi del Porto D'ascoli

Crescevo ma continuavo a vedere solo calcio nella mia vita; un pallone tra i piedi e mi sentivo felice. Purtroppo salendo di livello al Porto d'Ascoli incontrai altri allenatori che si intestardivano, nonostante le mie richieste, a farmi giocare da attaccante, spalle alla porta, ruolo che non sentivo assolutamente mio... volevo giocare al centro del gioco, a centrocampo come mi chiedeva Augusto. Così, con la pressione dei gol che non arrivavano e limitato nell'iniziativa, in partita non rendevo quanto in allenamento, le gambe le sentivo pesanti ed avevo paura di giocare e toccare palla...

Cominciarono gli infortuni, due gravi a 16 e 17 anni che mi costrinsero ad operazioni successive ai legamenti delle caviglie. Nelle poche partite che riuscivo a giocare rendevo davvero poco: in allenamento volavo, il partita l'emozione mi bloccava e problemi fisici come tra le altre cose, pubalgie dolorosissime chiaramente di origine psicosomatica, mi facevano puntualmente saltare i match importanti e giocare mezzo zoppo gli altri. Una manciata di presenze in prima squadra e poi infortuni ed università mi fecero desistere da ulteriori tentativi. Due caviglie oramai erano andate distrutte dai campi sterrati di periferia: passai praticamente, dai 17 ai 19, due anni interi con le stampelle tra operazioni e ricadute.

L'amore per il calcio metteva poi sempre in secondo piano altre due grandi passioni, il tennis ed il pianoforte. Anche nel tennis non ero un fenomeno ma me la cavavo... il problema è che questo sport è davvero mentalmente troppo difficile per un quindicenne in preda a crisi adolescenziali e con in testa solo il pallone! Ho ripreso la racchetta in mano a 30 anni, tornato a San Benedetto dopo la laurea e le esperienze da ricercatore ed è risbocciato magicamente l'amore. Oggi gioco più o meno regolarmente un paio di volte la settimana e progetto sempre di allenarmi di più e meglio per tornare alle competizioni agonistiche... purtroppo il tempo è sempre più limitato.

Sono tornato anche a giocare a calcio: ormai le caviglie operate vanno alla grande ed a 40 anni, allenandomi tutti i giorni, ho la salute e la forma fisica che da ragazzo non ho mai avuto! Stavolta però gioco nell'erba sintetica. Basta davvero campi sterrati duri come la pietra con tombini di ferro e ciuffi d'erba improvvisi! Tipo lo Squarcia... sì, c'era ad Ascoli, penso ci sia tuttora, un campo che si chiama Squarcia, di nome e di fatto. Ti squarciava! Quando cadevi praticamente dovevi mettere in conto un trapianto di pelle.

Oggi quarantenne mi accontento di qualche torneo di calcetto ogni tanto e di partitelle infuocate con Edo, Nando, Cicco, Bibo, Andrea, Francesco, Roby Di Marco... amici, ma solo fuori dal campo perché dentro ti spaccherebbero le gambe in due senza ripensamenti e sensi di colpa successivi.

Ed il pianoforte? Cominciai da piccolo, con la buonanima del Prof. Salvatore Pettini, mio primo, unico ed ultimo insegnante. Due mani gigantesche alla Rachmaninov, un occhio di vetro e l'altro quasi fuori uso. Era praticamente cieco. Si ficcò da solo una matita nell'occhio da piccolo discutendo con il fratello. Tira di qua e tira di là, il fratello molla la presa ed accade il disastro... incredibile davvero come poteva suonare. Ricordo doveva mettersi con l'unico occhio che aveva a 2 cm dallo spartito per riuscire a vedere le note.

Mi voleva bene! Ricordo un paio di volte di nascosto, di averlo sentito parlare di me e dire che avevo un bel talento... voleva farmi iscrivere al conservatorio e mi stava preparando privatamente per questo. Si trattava dunque di fare il salto di qualità con virtuosismi, tecnicismi, studi trascendentali di Liszt, ore ed ore giornaliere ad esercitarsi ma io non provavo più nessuna emozione... studio della tecnica, scale noiosissime, io invece da inguaribile romantico, amavo la poesia struggente e malinconica dei notturni di Chopin, gli adagi di Beethoven o le atmosfere surreali di Satie ed avevo già compreso che la maggior parte della musica classica non mi piaceva, non mi emozionava. E senza emozione non suonavo. Altro che ore giornaliere, non suonavo quasi mai, sempre al campo Ciarrocchi di Porto d'Ascoli a correre dietro un pallone e spaccarmi le caviglie. La gran parte dei brani mi facevano cagare ma il prof. Pettini era bravissimo a farmi studiare la tecnica indirettamente, mettendola senza che me ne accorgessi, in pezzi di mio gradimento che lui stesso scriveva. Ma lo studio comunque latitava. Ero preso da altro, dallo sport, dal calcio in particolare che assorbiva ogni neurone del mio cervello, da problemi stupidi che a quell'età sembrano insormontabili come difficoltà con le ragazze ed incomprensioni coi genitori...

E poi non sopportavo il calo di prestazioni quando mi trovavo davanti al pubblico nei saggi, le mani sudate e bloccate, il cuore a mille... Tutti mi dicevano che comunque suonavo bene ma io sono sempre stato severissimo con me stesso. Sempre. Troppo. Il professor occhio di vetro, giustamente mi diceva che saper suonare il pianoforte ma non farlo in pubblico condividendo e mettendo a disposizione di tutti tale talento artistico, è come non saperlo fare. Come un pittore che tiene le proprie opere chiuse in cantina a marcire, solo per lui. E' vero. Assolutamente vero.

Lasciai il piano e non lo ripresi più. Scusa caro prof. Pettini, so di averti deluso ma a 14-15 anni, in piena inquietudine adolescenziale, con un cervello ed un carattere ancora non ben definiti, non si capisce davvero un cazzo. Oggi, tornassi indietro, non lascerei mai lo studio del pianoforte. Scusami occhio di vetro e grazie di tutto! Ci vedremo in un'altra vita e tornerò a studiare con te...

Ripresi il pianoforte solo dopo diversi anni, oramai ultratrentenne, letteralmente stregato dalle melodie incantate dei minimalisti contemporanei, in particolare di Yann Tiersen. Che errore che feci da ragazzo! Mi ero concentrato sulla tecnica e lasciai ben presto il re degli strumenti perché non provavo più emozioni, come se queste fossero direttamente proporzionali alla complessità del pezzo...

Oggi ho capito che tecnica ed emozione non sempre vanno a braccetto, che a volte una manciata di semplici accordi suonati con delicatezza, intensità, passione e gestualità possano egualmente incastonare nel cuore un piccolo diamante... che sono l'immortalità, la pelle d'oca, la malinconia a rendere grande un'opera a prescindere dalla sua difficoltà di esecuzione.

L'arte deve emozionare, altrimenti è sport ed esercizio fisico. Ringrazio gli studi giovanili che mi hanno dato una discreta impostazione, ma oggi suono ciò che più mi piace: oggi non è più la difficoltà la discriminante della scelta del pezzo ma solo la magia e la poesia.

Gli anni del liceo

La mia passione per le scienze e la matematica mi indirizza a 13 anni verso il liceo scientifico, dove incontro molti amici che frequento anche oggi, come Stefano Pezzoli e Fabrizio Amadio, quest'ultimo mio attuale più fedele “compagno appenninico” di scorribande montane.

Sono gli anni dell'adolescenza, quando ancora non sai chi sei, che vuoi dalla vita, qual è il tuo ruolo nel mondo... e così vivacchi tra scuola, amici ed i perenni impacci e difficoltà con le ragazze che non ti cagano di pezza.

Incontro professori mediocri ed altri eccezionali come Saverio Ciarrocchi, un maestro di vita più che un insegnante. Oltre alla matematica amavo tanto anche scrivere temi. Alle medie vinsi diversi concorsi di scrittura. Saverio mi lasciava a briglie sciolte senza cercare di correggere stile o contenuti ed andavo alla grande: il mio modo di scrivere con periodi brevi, frasi senza verbo, testo un po' irriverente e polemico, gli piaceva tanto...

Poi le cose cambiarono quando arrivò altra insegnante bacchettona che invece a me proprio non mi sopportava, a me e al mio stile. E viceversa.

Continuavo a scrivere ma con le catene al piede. I temi tra l'altro ora riguardavano la noiosissima e spaccapalle letteratura italiana e non l'attualità o esperienze personali... Ed io con le catene, limitato nell'iniziativa e nei contenuti, imbrigliato nell'estro e nella fantasia, rendo pochissimo. Mi deprimo. Sperimentato più volte anche nel lavoro. Rendo al massimo quando ho carta bianca e libertà assoluta. Quell'insegnante invece mi deprimeva. Così i voti, altissimi sempre in scienze, matematica e latino, diventarono sufficienti, al massimo discreti in Italiano e materie umanistiche. Persi la passione per la scrittura. La ritrovai viaggiando.

I diari nel frattempo si trasformavano in mattoni stile elenco telefonico, con incollati ricordi di ogni tipo, disegni e dediche dei compagni, cazzate varie... che gioia quando una ragazza carina della classe ti faceva qualche dedica! Oggi i diari non esistono praticamente più perché i ragazzi ricevono i compiti su piattaforme online. La tecnologia ha fatto fuori pure il sacro diario di scuola. Pazzesco.

Il liceo comunque scorre veloce. Oltre che nelle materie scientifiche, andavo fortissimo pure in latino, che altro non è che logica matematica nella costruzione della frase; lo studio del pianoforte poi, mi aiutava tanto nella lettura in metrica: Tityre, tu patulae recubans sub tegmine fagi... ancora mi ricordo la cadenza della prima bucolica di Virgilio!

All'esame di stato passai gran parte del tempo a svolgere l'esame di matematica agli altri (vero Alessio?) e mi resi conto solo all'ultimo che avevo poco tempo per il mio... preso dal panico e dalla fretta sbagliai dei calcoli banali e così a malapena presi la sufficienza... No! Incredibile ma vero, ho toppato l'esame di matematica, il mio forte! L'insegnante di matematica non ci voleva credere... disastro all'esame di stato! Compito d'italiano anch'esso appena sufficiente: in commissione c'era la mia cara amica e l'argomento d'esame mi faceva letteralmente cagare. Stimolo ed ispirazione zero. Stimoli ad evacuare tanti. Un'orribile colonna e mezzo di foglio di protocollo. Penso sia stato davvero il testo più brutto della mia vita... Se sono ispirato, l'argomento mi interessa e coinvolge, scrivo di getto con grande rapidità e passione. Se inizio a pensare, ripensare a cosa scrivere, perder tempo, rileggere e via dicendo, con molta probabilità uscirà fuori una schifezza. E schifezza fu.

Avevo fatto tra l'altro in quinto liceo la bellezza di 80 assenze... salate, marinate, come le chiamate? Prima erano possibili perché i genitori non potevano saper nulla: non avevano il controllo della situazione con ClasseViva! Così rubavamo in presidenza i libretti delle giustificazioni e li firmavamo noi. Tra me e Stefano Pezzoli oramai era diventata un po' una gara a chi batteva il record di assenze... Un po' al mare, un po' in biblioteca a recuperare lezioni perse, un po' a cazzeggiare nelle sale giochi del centro e passavamo le mattinate...

Ma la mia amica insegnante di italiano ci stava aspettando con molta gioia ed un bel sorrisino in commissione d'esame per farcela pagare... E ce la fece pagare cazzarola! Il voto finale non fu basso ma comunque non era in linea con la media che avevo. Ci rimasi un po' male, ma direi che me lo meritavo ampiamente.

La scienza e la ricerca

A 18 anni dopo il diploma ed il cazzeggio adolescenziale venne però il tempo delle scelte importanti. Di quelle che possono indirizzare davvero tutta la tua vita. L'università. La scelta universitaria era in realtà facilissima per me. Matematica o Fisica, direi molto meglio Fisica, leggermente più pratica e meno teorica... forse. Così, se il mio primo decennio della vita è stata la spensieratezza, ed il secondo il calcio, il terzo è stato indubbiamente la scienza e la ricerca.

Mi iscrissi a L'Aquila, ad un centinaio di km da casa perché avevo ancora la remota speranza di tornare a giocare con la squadra della mia città; inoltre, essendoci l'INFN sotto al Gran Sasso, il capoluogo abruzzese aveva una delle migliori facoltà di Fisica d'Italia e pensavo di prendere all'ultimo anno proprio l'indirizzo di fisica nucleare.

Da queste facoltà tostissime mediamente si usciva non prima dei 27-28 anni. I tempi sono leggermente cambiati. Anche la città è decisamente cambiata. Prima del 2009 era la Bologna del centro, universitari dappertutto. Dopo il terremoto invece una città fantasma. La casa dove abitavamo io e Gianpaolo Silveri a Santa Barbara non c'è più. Solo un cumulo di macerie. Ancora oggi è così, a distanza di anni.

Già, perché per ricostruire una bellissima città storica come L'Aquila, uno Stato in teoria sovrano come l'Italia deve chiedere il permesso ad euro burocrati non eletti dal popolo e fare spesa pubblica brutta, cattiva ed improduttiva la quale genera debito pubblico brutto e cattivo. Lo stato ex-sovrano Italia si deve mettere a pecorina e chiedere ciotola in mano, da sporco e lurido mendicante, il permesso ai nazisti di Bruxelles ben rappresentati da quel “vile affarista”, “incappucciato della finanza” (come dissero rispettivamente il presidente Cossiga ed il compianto Prof. Federico Caffè) che prende il nome di Mario Draghi; ed i nazisti di Bruxelles, magari acconsentono pure, ma a patto di... ”fare le riforme”, riforme che oramai pure il radical-chic più indottrinato ha capito cosa significano.

Perdonate la digressione politica... ma sto nero! Proprio nel momento in cui scrivo 14 febbraio 2021, il vile incappucciato innominabile diviene Presidente del Consiglio, l'ennesimo non eletto dal popolo ma imposto dalla governance europea (con l'aiutino del “Bomba”), a capo dell'ennesimo governo tecnico di larghissime intese e praticamente senza alcuna opposizione; resta un mistero come faccia un neoliberista ex Goldman Sachs, membro e garante degli interessi delle organizzazioni massoniche elitarie più antidemocratiche come Bildelberg, Trilaterale, G30, Aspen Institute e chi più ne ha più ne metta, a fare gli interessi del popolo italiano seguendo i dettami della costituzione. Io so perfettamente ciò che ci aspetta e perché lui è stato messo lì, in piena pandemia: è il dittatore perfetto per instaurare nel paese un'orribile dittatura sanitaria vax-delirante. Vedremo se il tempo mi darà ragione.

L'università scorre più o meno veloce, studio quello che mi piace, il cervello vola, divoro i libri ed equazioni differenziali con facilità e voracità. Grandi amicizie ai tempi dell'università, che continuano tutt'ora anche se con le famiglie ci si vede sempre meno. Ciao Fabio, ciao Gianpaolo, tranquilli, non mi faccio sentire per mesi a volte ma vi voglio bene. Che bei ricordi ho con voi!

I voti sono altissimi, ma non è che io sia un granché intelligente... sono semplicemente, da sempre portato per le scienze e la logica. Molti docenti mi dicevano che sostenevo esami non normali, fuori dal comune, di laurearmi e contattarli immediatamente per dottorato e carriera successiva.

Avevo tutto in testa, le dimostrazioni più assurde e tante le ho tuttora a distanza di anni. Avevo quasi tutti 30 e lode tranne uno. Rifiutai un 27 per uno screzio in sede d'esame col professore. Ma avevo ragione io, soprattutto in quel passaggio dove lui in classe aveva clamorosamente toppato; confrontai i suoi risultati con altri libri, rifeci i passaggi decine di volte e no... avevo ragione io e lo dimostrai. Non ci poteva passare ed ad un esame eccellente non mise il voto massimo. Io rifiutai il 27 per una semplice questione di principio. Se ne parlò all'università per tanto tempo perché questo esame non riusciva a passarlo nessuno e bloccava studenti per anni. Molti ragazzi avrebbero pagato oro per avere un semplice 18 ed io rifiutavo un 27.

E' un mio grande limite, un mio enorme difetto che spesso mi ha creato problemi nella vita. Io per questioni di principio mi andrei a schiantare contro muri di cemento armato. Così sono. Sono fatto male. Al secondo tentativo mi mise 26. A vedere quell'esame c'era il mondo e quell'altro e l'aria si tagliava con un coltello. Per forza di cose mi dovetti accontentare ed andar avanti.

Il weekend tornavo a casa a San Beach per lavorare un po'. Servivo e pulivo al ristorante del circolo nautico, continuamente insultato e deriso da alcuni cafoni rivestiti super snob proprietari di barche per i quali il solo possesso di un natante parcheggiato al molo turistico e frequentazione dei ricconi della borghesia locale era giustificativo per trattare un umile cameriere dall'alto in basso... E così ho capito ben presto nella mia vita che quando si incontrano bassa cultura, ignoranza e ricchezza, spesso ne esce fuori una miscela esplosiva da cui è meglio stare ben alla larga.

Facevo anche l'operaio in un'impresa di pulizie ed il parcheggiatore in discoteca. E così Simona la mia bella e dolce fidanzata di quel tempo che potevo vedere solo il fine settimana, perdeva le staffe... giustamente poverina! 6 anni insieme... ma eravamo troppo diversi e troppo giovani per durare. Ciao Sim, scusami se ti ho fatto soffrire, spero te la passi bene!

Appena potevo poi, via al mare a passeggiare o correre con il mio cane, un bellissimo pastore tedesco di razza di nome Whisky, a cui ero davvero molto affezionato. Ricordo le sue feste quando tornavo dall'università! Impazziva e si metteva a piangere, poi coi i suoi 40 kg di pura potenza muscolare prendeva la rincorsa e mi saltava addosso leccandomi tutto il viso! La sua gioia era davvero incontenibile...

Alla facoltà di Fisica sono un po' un marziano essendo circondato solo da sgobboni con lenti a fondo di bottiglia e mezzi disadattati sociali. Di "normali", se di normalità si può parlare, eravamo praticamente due, io e Nadia, ragazza biondissima e carinissima, la più ambita tra i ragazzi del corso. Passavamo tanto tempo insieme tra libri, passeggiate romantiche sotto i portici e sbornie nelle enoteche e birrerie del centro.

Tutti un po' mi cercano per studiare ma io invece mi allontano sempre di più da tale ambiente perché capisco esser pericoloso. Facilissimo rinchiudersi in un microcosmo di formule vivendo totalmente fuori dalla realtà in un mondo parallelo alienante fatto di alienati e matrici, quadrivettori, teorie comprensibili a poche persone al mondo. Poi però Nadia mi chiamava... « Stè ci andiamo a fare due tazze?» , e ci pensavano le sbornie al Boss a farmi ritornare nel mondo reale.

Sì, mi rendo conto che non si può esser normali se si sceglie di studiare la Teoria della Relatività Ristretta di Albert Einstein, la Teoria delle Perturbazioni o l'Elettrodinamica Quantistica e passare giornate intere su una singola riga di un passaggio matematico di un'equazione differenziale alle derivate parziali. Molti esami richiedevano un intero anno di preparazione ed il libro di testo era magari solo poche pagine... Giampaolo ti ricordi il libro Giusti di Matematica? In poche decine di pagine, incredibilmente era condensato un intero corso di Analisi Matematica e vi assicuro che non mancava nulla! Su una singola riga magari stavi una settimana. Che invidia quando gli amici del liceo mi dicevano che in due giorni preparavano un esame! Alcuni lo facevano in una notte, alcuni addirittura con test a crocette...

No, la verità è che se scegli facoltà come Fisica e Matematica qualche rotella fuori posto devi averla per forza. Nemmeno Ingegneria e Medicina sono paragonabili, perché sono enormemente più pratiche ed il ragionamento e la capacità di astrazione sono meno spinte ed esasperate. Oggi posso dire che le buone capacità di “problem solving” che possiedo nei campi più disparati le ho sviluppate proprio grazie alle ore passate a pensare e ragionare su concetti super-astratti all'università.

L'ultimo anno di corso inizio ad esser stanco dell'infinita teoria un po' sterile e fine a se stessa ed inizio a cercare altro. Nel mio percorso di studi mi veniva data la possibilità di sostituire una coppia di esami complementari dell'ultimo anno con altri due di una facoltà totalmente diversa. L'interesse nella mia vita per le scienze economiche comincia proprio dagli esami di Micro, Macroeconomia e di Organizzazione aziendale sostenuti all'università.

Esami conclusi!!! Tutto finito? Macché. Era richiesto almeno un anno, un anno e mezzo di tesi di laurea sperimentale per laurearsi in Fisica! Ma a L'Aquila nessun argomento attirava particolarmente la mia attenzione. Così decisi di guardar altrove. E guardai proprio nel punto giusto al momento giusto.

Al CNR di Roma conosco Francesco De Angelis, giovane fisico ricercatore post-doc in ascesa, davvero una gran bella mente. Francesco all'Istituto di Fotonica e Nanotecnologie aveva preso da pochissimo in mano il filone di ricerca sui semiconduttori organici per applicazioni microelettroniche, sensoristiche e fotovoltaiche. Tutto stava nascendo proprio in quel preciso momento. Bingo. Parliamo e subito c'è grande sintonia ed intesa, negli intenti e negli obiettivi. I superiori e supervisori Luigi Mariucci e Guglielmo Fortunato, dei quali ho davvero un ottimo ricordo, accettano volentieri di avermi in organico e si parte!

Francesco voleva ottenere risultati importanti prima possibile per pubblicare ed ottenere finanziamenti importanti; era solo ed aveva bisogno di aiuto. Io invece volevo laurearmi, fare esperienza ed entrare nel mondo della ricerca. Sarà lui il mio mentore ed insieme faremo grandi cose. Nascerà anche una bella amicizia che continua tutt'oggi anche se purtroppo ci vediamo pochissimo, io a San Benedetto del Tronto, lui a Genova. Bella Franz. Perdonami, è un anno che prometto che salgo a trovarti! Anche perché, lo sai, mi piacerebbe tanto immergermi in tecnica sul relitto della Haven ad Arenzano...

Il giorno della mia laurea

Mi laureo nel 2004 a pieni voti, unico in quella sessione, con lode e pubblicazione della tesi su Applied Physics Letters. Bella soddisfazione davvero anche perché prima i voti erano diversi e contavano qualcosa. Le università facevano un po' a gara per esser più selettive, dure ed appetibili. Oggi con la scellerata riforma Berlinguer del 3+2, c'è stata una proliferazione assurda di esami e corsi di laurea con contestuale riduzione dei programmi per accorciare i tempi ed notevole innalzamento generale dei voti per attirare studenti. Le università, come tutte le scuole superiori, stanno diventando praticamente aziende: il pubblico deve poco a poco scomparire in favore del privato, in piena logica neoliberista.

Di quegli anni universitari e post-universitari non ho purtroppo praticamente foto... parliamo di solo una quindicina di anni fa ma è bene sempre ricordarlo perché oggi sembra preistoria: internet era agli albori, gli smartphone con le fotocamere performanti di oggi non erano ancora arrivati e le macchine fotografiche analogiche e digitali erano poco diffuse, in ogni caso utilizzate solo dagli amatori della fotografia. Ebbi il mio primo cellulare a 25 anni, un solo anno prima della laurea: era il mitologico ed indistruttibile Nokia 3310, display in bianco e nero senza fotocamera, con la batteria che durava settimane ed il famoso gioco dello snake. Incredibile come il mondo sia cambiato in solo due decenni.

Ingresso nel mondo del lavoro. Ora sì che sono cazzi. Per un neolaureato in Fisica il passaggio logico inevitabile è un dottorato di ricerca, 3 anni, comunque retribuiti, ancora dentro l'università. Il mio anticonformismo vince però ancora una volta.

A L'Aquila avevo diverse possibilità, molti professori mi volevano con loro ma io sentivo di dover cambiare ambiente e fare nuove esperienze. Volevo Roma, la capitale, pochi anni di ricerca e poi buttarmi in altro, magari andar all'estero. Da innamorato dell'ambiente e della natura, il mio sogno era lavorare sulle energie rinnovabili ed il cambiamento climatico. Sì, le energie rinnovabili, sono sempre state un mio pallino, fin da quando misurando all'università le caratteristiche I-V di un modulo fotovoltaico al silicio cristallino, vedevo l'ago dell'amperometro impennarsi quando le celle solari erano esposte al sole... Magia? No, puro e semplice effetto fotoelettrico einsteniano applicato alla giunzione n-p di semiconduttore drogato.

E così, attendendo il dottorato giusto che mi calzasse a pennello, pensavo di buttarmi sul silicio o sui materiali innovativi per applicazioni fotovoltaiche, dunque sul microscopico/nanoscopico. Oppure sul macroscopico degli enormi specchi parabolici del solare termodinamico del premio nobel Carlo Rubbia.

Puntai in alto ed andai da Rubbia al centro ENEA della Casaccia sulla Cassia... appena vidi quella lunga fila di oltre 30 metri di specchi curvi lucidissimi colpiti dal sole ebbi una folgorazione e capì che quella poteva esser la mia strada. Andai anche in Spagna a Siviglia per vedere con i miei occhi gli impianti solari giganteschi da 50 MW elettrici di Abengoa Solar.

Mi scontrai presto però con la dura realtà. A Roma non c'era proprio "trippa pe' gatti"... diversi ricercatori addirittura quarantenni erano da stabilizzare, i fondi erano terminati ed il progetto Archimede procedeva a singhiozzo. Bene che andava mi sarei trovato di fronte 10 anni di precariato. Con molta probabilità avrei avuto accesso ad un dottorato di ricerca ma sicuramente sarebbe stato senza borsa, non retribuito. E comunque avrei dovuto aspettare mesi per il bando.

Così cambiai direzione passando dalle macro alle nanotecnologie. Sì, come al solito niente mezze misure. Vinsi il concorso al CNR e tornai a lavorare con Francesco. Ma lui era in partenza, avendo ricevuto un'offerta economicamente ben più allettante altrove. Così rimarrò solo, con tutto il know-how sui semiconduttori organici. Tutto ora era sulle mie spalle. Una bella sfida, una palestra incredibile. Il massimo. Subito belle responsabilità, appena laureato e totale fiducia da parte dei superiori: condizioni ideali per mettermi alla prova e rendere al massimo.

A lavoro al CNR

L'idea era di restare all'IFN un paio d'anni, tre al massimo, il tempo che mi ero dato per completare (povero illuso...) il lavoro sul pentacene, per poi iscrivermi ad un dottorato di ricerca di prossima attivazione alla Ca' Foscari di Venezia. Sì, l'avevo trovato. Era lui che volevo. Una ricerca però tirava l'altra, un risultato richiedeva il successivo, una pubblicazione necessitava di ulteriori studi ed approfondimenti, l'esperienza, i viaggi e le conoscenze crescevano sempre di più cosiccome il rispetto e la considerazione nei miei confronti dei colleghi di lavoro, l'ambiente era sereno e stimolante... e così, gli anni di ricerca al CNR a Roma diventarono ben 5. Indubbiamente uno dei periodi più belli della mia vita nel quale tra le altre cose scopro anche la bellezza del viaggiare solo.

Ritrovo anche Gianpaolo, esuberante ed eccentrico caro amico degli anni universitari, unico uomo al mondo capace di sposarsi in completo rosso fuoco entrando in chiesa con la musica di Sweet Child of Mine dei Guns N' Roses a tutto volume. Anche lui dopo la laurea in Matematica si trasferisce a Roma.

Andammo a vivere insieme io, lui e Marzio in Via San Polo dei Cavalieri, occupando un gigantesco ex centro di fisioterapia in stato di abbandono da tempo... Non mi chiedete come sia stato possibile, ma tutto è accaduto davvero... chiunque entrava lì ne rimaneva sbalordito! 500 metri quadri, noi tre baldi ragazzi e due dita di polvere dappertutto in zona Stazione Tiburtina... un anno senza pagare un euro di affitto! Tanto era grande che dentro a volte ti perdevi: in alcune stanze giocavamo addirittura a racchettoni o tennis... Costruimmo un bagno, una cucina, ci adattammo alla meglio.

In precedenza vivevo da solo a Piazza Bologna in un monolocale di 20 metri quadri con un cucinino a due fuochi dentro un armadio... ora, in questo enorme centro dismesso di fisioterapia devo ricordarmi la strada per andare dal bagno alla camera! Al solito niente mezze misure...

Io dormivo nella sala “manipolazioni vertebrali” ed ogni tanto mi faceva compagnia la sera (e la notte) una dolcissima messicana tutto pepe, sale e tequila conosciuta nella capitale. Gabriela.

Gaby è psicologa, a Roma studiava un master e contemporaneamente lavorava in un call center di Fastweb. La sera ci faceva il resoconto di tutti gli insulti coloriti che prendeva nelle telefonate. Guadagnava poco, solo il fisso, perché per prendere provvigioni doveva fare contratti ma questo significava dover mentire spudoratamente su condizioni e prezzi; lei non era in grado ma ci raccontava divertita le mirabolanti invenzioni telefoniche del suo amico Valentino mentitore seriale, lui si che guadagnava bene!

Gaby venne ben presto a vivere con noi, troppo alti gli affitti a Roma e noi poi avevamo spazio in abbondanza! Furono mesi grandiosi, spensieratezza e libertà totali. Io, Gianpaolo e Marzio andavamo già molto d'accordo, Gaby fu l'ulteriore collante del gruppo; cuoca provetta ed iper sociale. Così la sera, dopo la giornata di lavoro, cominciava la fiesta perché per i messicani ogni giorno è fiesta. E noi ci adeguammo.

Terminato il master però anche per Gaby arriva il momento delle scelte. Riceve una chiamata importante dal governo, una chiamata che attendeva da un anno ormai: le offrono il posto che aveva sempre sognato all'IMUG, l'istituto governativo della donna di Guanajuato, la più bella cittadina coloniale dell'intero Messico. L'istituto si occupa di prevenzione e formazione delle donne relativamente al problema della violenza nei loro confronti essendo il machismo, nel centro-sud America, un problema fortissimo.

Gaby è in crisi perché a Roma sta bene, ma sa che deve partire. E' il lavoro che ha sempre desiderato. I treni nella vita passano una volta sola e lei sa che deve prendere quel treno. La bacio, la abbraccio e le prometto che a Natale, tra solo 3 mesi, andrò a trovarla. Come si dice? Se sono rose, fioriranno...

La sera prima dell'aereo per Mexico City non volava una mosca in casa. Lei non parlava. Era emozionata per la nuova sfida lavorativa ed il posto che sognava da tempo, ma allo stesso tempo tristissima, consapevole che probabilmente la nostra storia terminava lì. Da domani tutto cambiava. Finiva la giovinezza e cominciava l'età adulta. Cominciavano le responsabilità, il lavoro vero, si tornava a casa.

Anche per me era tempo di cambiamento. Avevo oramai 28 anni, quasi 29 e sentivo che dovevo fare un ulteriore salto.

Il momento di cambiare arrivò quando la spending review obbligò il nostro istituto ad un accorpamento con l'IMM, Istituto di Microelettronica e Microsistemi con relativo trasferimento nel centro di ricerca di Roma 3 Tor Vergata.

Cazzo, anni a metter a punto processi replicabili, a fare oltre ai ricercatori anche gli elettricisti, i muratori, i tornitori, gli idraulici per metter a punto complessi apparati in clean room ed ora si doveva ricominciare da capo! Minimo un anno intero per il trasferimento e la rimessa a punto di macchine, processi e metodi...

Tutto inoltre all'IMM era più burocratizzato, lento e dispersivo. Avevo uno scarso feeling e compatibilità lavorativa con la nuova collega. E poi c'era lui, un ricercatore pallone gonfiato iperlogorroico, tronfio e pieno di sé alla Matteo Renzi, uno di quelli che amava spararle grosse e lodarsi all'inverosimile; non perdeva mai occasione per rompermi il cazzo. Devo fare il salto. Ho quasi 30 anni ed un discreto bagaglio di esperienza e pubblicazioni. O adesso o mai più...

Via, spicco il volo, non prima di aver mandato affanculo, chiaramente e con enorme gioia e soddisfazione, Matteo Renzi. La mia vita da ricercatore praticamente finisce così. Con un vaffanculo a Matteo Renzi. Direi che sono uscito dalla scienza e dalla ricerca davvero in bellezza.

La famiglia, i viaggi, lo sport e la riscoperta del pianoforte

E' il momento del dottorato che mi calza a pennello, a Venezia, quello che ho atteso per 4 anni dopo la laurea: "Science and management of Climate Change", in collaborazione con il CMCC e soprattuto l'IPCC, l'Intergovernmental Panel on Climate Change, il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici. E' molto selettivo, ma ho tutti i titoli necessari per accedervi, laurea con lode e già 4 anni di ricerca pieni all'attivo. Allora ero decisamente più ingenuo rispetto ad oggi: avevo ancora piena fiducia e stima di questi enti internazionali...

Il dottorato è tutto in inglese, il che non mi dispiaceva affatto perché era anche l'occasione per approfondire la conoscenza di una lingua sempre un po' trascurata. Voli pindarici con la mente alle Isole Svalbard o in Antartide a studiare lo scioglimento dei ghiacciai... Ma la vita per me aveva in serbo tutt'altra strada. Inizio ad informarmi per l'iscrizione a Venezia quando Gaby dal Messico mi manda una mail con un allegato.

Panico. Mi siedo. Panico. Un bicchiere d'acqua. Cazzo! Silenzio... Leonardo, la più bella sorpresa della mia vita, era in arrivo ma io quel momento ero su altra dimensione. Totalmente impreparato. Non immaginavo...

Beh, c'è poco da pensare Stè... è ora di diventare grandi. Lascio tutto, CNR, Venezia, voli pindarici alle Svalbard e quant'altro. Sistemo un appartamento a San Benedetto del Tronto con l'idea di tornare a vivere nel mio luogo natale ed aiutare nell'azienda di famiglia in rapida crescita. E parto per il Messico.

Leonardo si presenterà per la prima volta ai miei occhi con l'ecografia dei 3 mesi: la sua testolina e la spina dorsale perfettamente visibile, il corpicino rannicchiato già tutto formato. Che emozione assurda. Ti ho amato fin da questo giorno, Leonardo.

Mi trasferisco un po' in Messico per aiutare Gaby nel lavoro. Era impegnativo! Preparazione delle conferenze ed incontro con gli uffici stampa, ore di macchina per raggiungere i paesini più sperduti nell'altipiano messicano, incontri molto forti con le persone del posto e consulenze psicologiche gratuite con i casi umani più gravi da cui Gaby usciva emozionalmente provatissima. Ritorno all'IMUG e report finali...

Tutto sembrava una meravigliosa favola. Gaby veniva chiamata dai colleghi “la formica atomica” per via della sua infinita energia nel piccolo corpo: al governo era benvoluta e coccolata da tutti, a maggior ragione ora che era incinta. Ho un bellissimo ricordo in particolare delle sue dolcissime e simpaticissime superiori Caro e Lulù che ogni volta che entravo all'IMUG mi accoglievano manco fossi il papa... Ciao Caro, ciao Lulù! Grazie ancora, vi voglio bene!

Leonardo nasce il 21 Agosto del 2008 a Leòn, in un giorno dove sembrava cascasse il cielo. Mai vista una pioggia così intensa. Secchiate d'acqua. Il diluvio universale. Prendo mio figlio in braccio per la prima volta e piango come un bambino, scaricando in quel pianto tutto l'incredibile turbine di emozioni degli ultimi mesi vissuti a 300 all'ora.

Un bacio portafortuna al Callejon del beso, e l'8 Novembre 2008, stesso giorno del battesimo di Leonardo, ci sposiamo al Templo Hospital de Marfil... fiesta a tutta tequila poi alla Casa Colorada di Guanjuato, in un salone vetrato dal quale si ha una vista dall'alto semplicemente fantasmagorica sulla distesa di casette coloniali tutte colorate che si inerpicano modo irregolare sulle pendici delle brulle montagne circostanti.

A Leonardo si aggiungerà ben presto Maya, la mia patatina, una forza della natura, una Gaby in miniatura. Una formichetta superatomica! Anche lei, come Leonardo, è nata in Messico.

Così, se il primo decennio della mia vita è stato solo divertimento e spensieratezza, il secondo il calcio, il terzo la scienza e la ricerca, il quarto è stato indubbiamente la famiglia ed i figli, il nuovo lavoro che mi ha permesso di compiere incredibili viaggi per il mondo, molti dei quali raccontati in questo blog, e lo sport, anzi sarebbe meglio dire la bulimia sportiva, perché tra tennis, calcetto, montagna, subacquea, corsa, nuoto e sci non mi sono proprio fatto mancare niente.

Nella stazione sciistica vicino casa (la più sgarrupata dell'universo...) di Monte Piselli con i miei figli

In un match di tennis

In ferrata con il mio amico Fabrizio Amadio

Durante il mio esame GUE, vicino ad uno dei migliori subacquei tecnici del mondo, Claudio Provenzani (a sx con i guanti blu)

Di fronte sua maestà l'Everest

Torno anche a suonare il re degli strumenti musicali grazie a quel genio assoluto della musica contemporanea che prende il nome di Yann Tiersen. Vedo un film, “Il favoloso mondo di Amélie”, ed i suoi brani uno ad uno mi entrano nel cervello. Mi trapanano il cervello. Ricompro un pianoforte, ovviamente elettronico e non acustico vivendo in condominio: le mani inizialmente rigide come la pietra, poco a poco si sciolgono e ben presto, dopo anni di pausa tornano a volare sulla tastiera bianconera, regalandomi emozioni indescrivibili che da piccolo non ricordo di aver mai provato. Come si dice? Impara l'arte e mettila da parte!

Al pianoforte nel ristorantino del mio amico chef Pier Cestini

Dalle nanotecnologie alle... macrotecnologie!

Ed il nuovo lavoro? Qual è? Nel 2009 entro ufficialmente nell'azienda fondata da mio padre, un'impresa ascensoristica ben avviata e radicata nel territorio. Da un eccesso all'altro: dai cristalli di pentacene visibili solo con raffinatissime tecniche di microscopia, cresciuti in clean room in condizioni sterili e con processi in UHV (ultra alto vuoto), ai montaggi degli ascensori nei cantieri, sporco di grasso e polvere all'inverosimile... dalle nanotecnologie nel settore pubblico della ricerca scientifica alle macrotecnologie nel settore privato... bel balzo, niente da dire!

Il mio sogno era plasmare progressivamente la ditta a mia immagine e somiglianza, rendendola diversa da tutte le altre, anticonformista e rivoluzionaria. Volevo un'azienda che fosse da esempio, che segnasse la via, che sconvolgesse il paradigma capitalista ed abbracciasse la logica della... felicità “sankarista”, lavorando nel pieno e totale rispetto dell'uomo, della società e dell'ambiente.

Non desideravo l'azienda più grande e dal fatturato maggiore. Era l'ultimo dei pensieri... la volevo piuttosto più efficiente, più pulita, più colta, più consapevole, più piccola e snella con dipendenti partecipi della gestione aziendale con proposte ed assunzioni di responsabilità.

Meno capitale “immobilizzato” e più liquido. Meno apparenza, col rifiuto della folle, inutile e dispersiva certificazione ISO9001, e più essenza. Meno conformismo e più consapevolezza orgogliosa della propria “diversità”. Meno contratti ed altamente selezionati, in modo da abbattere il cancro mai risolto degli insoluti e delle cause legali conseguenti, snervanti e logoranti, oltretutto con un'altissima probabilità di insuccesso perché la legge italiana tutela molto più il delinquente rispetto all'onesto.

Ho sempre rifiutato l'ossessione bulimica tutta capitalista di una crescita infinita a prescindere da tutto e tutti, perché questa implicava anche crescita esponenziale dei problemi, dei rischi, dello stress e degli insoluti, prezzi stracciati e materiali mediocri, riduzione del tempo libero e della qualità finale del lavoro, maggior insoddisfazione e probabilità di infortuni.

Non capivo neppure, da ex studioso della teoria dei giochi di Jhon Nash, la logica della competizione sfrenata che c'era tra aziende concorrenti che costringeva ad un pericoloso gioco al ribasso dal quale tutti avevano da perdere.

Io invece volevo sposare, ovviamente in modo graduale, un'idea diversa di economia che alla lunga avrebbe premiato, puntando sulla qualità, sulla perfezione dell'idea e l'italianità dei prodotti.

Ero poi anche convinto che la riduzione dell'orario lavorativo ottimizzasse processi, costi e spostamenti, produttività e felicità delle persone.

Tanta formazione, anche extra lavorativa, con incontri settimanali di cultura generale, politica, economia e varie tematiche d'attualità. Insomma, una specie di “soviet capitalisti”.

Sì... non ce l'ho mai fatta nella mia vita a scindere il lavoro dal mio essere, dal mio pensiero anche più radicale: il mio idealismo e la mia resistenza al compromesso, hanno sempre prevalso su tutto, a costo di schiantarmi contro i muri. Sono caratteristiche di cui vado orgoglioso e che non cambierei per nulla al mondo. Non è un caso d'altronde che oggi io lavori totalmente solo, con una ditta individuale.

Fatto sta che, poco più che trentenne ed in punta di piedi, ero appena entrato in azienda e mi guardavano un po' tutti come un alieno. Per le mie idee ma non solo... ero un imprenditore assolutamente fuori dal comune, nel pensiero e nei comportamenti.

Avevo la macchina più scassata di tutti gli operai ed andavo anche in cantiere a lavorare nei montaggi quando gli altri avrebbero pagato oro per occupare il mio ruolo in ufficio, di gestione, progettazione, supervisione e controllo. Un dirigente che sa progettare impianti ed anche installarli utilizzando ogni sorta di strumento ed utensile di lavoro, con ottime capacità manuali e forza, non credo infatti che si veda spesso... ma a me d'altronde il lavoro fisico e manuale è sempre piaciuto di più rispetto all'attività di ufficio.

Da appassionato qual ero della tecnologia fotovoltaica, ho sviluppato anche un ramo aziendale nel settore delle energie rinnovabili del quale mi occupavo soltanto io: progettazione ed istallazione di impianti solari e micro eolici. In questo modo differenziavamo anche le attività lavorative e le competenze dell'impresa, mettendola maggiormente al riparo, per quanto possibile, dalle crisi del mercato, cicliche, inevitabili e connaturate al modello capitalista.

Per un periodo, circa un paio d'anni, sono riuscito addirittura a rendere la ditta a reale e totale impatto zero: avviai una progressiva conversione del parco automezzi a gas metano, ottimizzai gli spostamenti al fine di ridurre al massimo l'uso del fossile per il trasporto, tentai invano, in alcuni casi selezionati, il passaggio a biciclette “cargo” elettriche opportunamente preparate per le manutenzioni, resi energeticamente autosufficiente l'azienda mediante la costruzione di impianti fotovoltaici e micro eolici (connessi in rete ed anche off-grid), eliminai totalmente il gas passando a pompe di calore aria aria per il riscaldamento ed il raffrescamento degli uffici, progettai una riduzione, ottimizzazione e riciclo dei rifiuti prodotti. Infine calcolai rigorosamente e compensai le emissioni inevitabili ed ineliminabili dovute ai trasporti aderendo ad un progetto di riforestazione.

Io ero orgoglioso che l'azienda lavorasse a totale impatto zero, lo pubblicizzavo nel sito ed in fase contrattuale, cercando anche di sensibilizzare i dipendenti ed potenziali acquirenti su questo tema, portandoli a scegliere i nostri impianti anche per questo motivo. Ma fondamentalmente di questo non fregava un cazzo di niente a nessuno, né alla proprietà, né ai colleghi di lavoro, né tanto meno ai clienti, e così il progetto ben presto andò a morire. L'unica cosa che contava era il prezzo finale.

Difficili, a tratti difficilissime vicende personali e familiari, avvenute un po' tutte insieme in un ciclone violentissimo ed inarrestabile, la gestione assassina e criminale del Covid che ha sconvolto la vita della mia famiglia e turbato profondamente il mio intimo, la grande delusione provata nei confronti di tantissime persone vicine pronte a bruciarmi vivo se solo la propaganda nei primi mesi del 2022 avesse insistito soltanto un po' di più, la voglia di cambiare aria e la consapevolezza di una mia totale incompatibilità in certi ambienti dove le logiche sono totalmente diverse, mi hanno spinto a cercar nuove opportunità e rimettermi in gioco a 42 anni suonati. Non facile, ma possibile se hai il fuoco dentro. Ed io non ho il fuoco dentro. Io brucio.

No, non era decisamente l'azienda di famiglia la mia strada. Non così.

La morte e la rinascita

Il mio 2020 è cominciato alla grande, anzi alla grandissima, in vetta ai quasi 6000 metri del Kilimangiaro, con due pezzi di polmone sputati per arrivare in soli 5 giorni fin lassù, nel tetto d'Africa, a -25°, dove osano solo le aquile. Ma, vogliate perdonare il “matematichese”, l'Uhuru Peak non era un punto di flesso ascendente a tangente orizzontale della mia esistenza, ma solo il vertice V (-b/2a, -Δ/4a) di una parabola concava: cominciava per me una lenta discesa personale verso l'inferno.

Il vertice della parabola concava

La mia vita è cambiata drasticamente il 6 marzo 2020. Non è solo l'inizio del folle lockdown italiano e del successivo triennio di isteria collettiva, ma anche un giorno che mi segna nel profondo per via di un brutto incidente, 5 minuti prima della chiusura totale dell'azienda per Covid. Una cazzata per molti, capisco. Io, pianista perfezionista, l'ho vissuto invece come un dramma. Si era rotto qualcosa dentro di me. Nulla aveva più senso.

Da quel momento in poi, la mia vita è stata un crescendo di episodi traumatici, tutti insieme uno dietro l'altro, un ciclone violentissimo e sconvolgente, a tratti inarrestabile e quasi ingestibile.

Le spiacevoli vicende che sono seguite a quel giorno, la delusione, l'incredulità ed il disincanto provato nei confronti di tante persone e colleghi, insieme alla grande rabbia verso l'incomprensibile ai miei occhi comportamento dell'ipocondriaco popolo italiano, in totale stato di ipnosi ed incattivito all'inverosimile dalla propaganda e dalla paura, determinano un mio progressivo distacco emotivo e sociale che mi portano ad isolarmi ed a rinchiudermi sempre più nei miei cupi pensieri.

Capisco presto che ero arrivato ad un punto di non ritorno col lavoro: da tempo non mi soddisfaceva più, da tempo non mi permetteva più di esprimermi al meglio. Non ne vedevo più il senso. Era il momento di cambiar strada, di ribaltare il paradigma, di buttarmi verso l'ignoto con coraggio ed un pizzico di lucida follia. E come sempre ho fatto nella mia vita, anche stavolta ho scelto la strada meno banale, meno comprensibile agli occhi di tutti, la più difficile ed impegnativa.

No, non ero io l'erede al trono in azienda come pensavo, come tutti pensavano, e molti (ma non tutti) volevano. Non ero il classico imprenditore bulimico di contratti e denaro, ossessionato dal concetto di crescita numerica di vendite e fatturato, di investimenti, rischi e debiti, ma uno scienziato ricercatore ed un sognatore, un idealista socialista con forti influenze marxiste, un minimalista perfezionista ed un rivoluzionario con una miriade di interessi extralavorativi, che utilizzava, nella vita come nel lavoro, logiche diverse, non comprese e non comprensibili in un'impresa tradizionale. Ero nel posto sbagliato. Io non appartenevo più a quel mondo. Ormai lo sentivo lontanissimo, a maggior ragione dopo quel maledetto incidente.

Questa consapevolezza e presa di coscienza non è stata però affatto indolore. Mi ha totalmente destabilizzato. Il 2020 è stato così un anno di grande sofferenza interiore: mi sono ritrovato solo ed indifeso, perso, senza il conforto di Dio in quanto mezzo ateo, mezzo agnostico... ed in quanto no vax, pure attaccato ferocemente, o peggio, letteralmente ignorato come si fa con un pazzo. Io, che ero già ferito a morte nell'anima da un vetro che non doveva essere lì, da un lavoro che, dopo un decennio buono di investimento professionale e tanti sacrifici, non avevo più, e da persone di cui mi fidavo che invece mi avevano tradito.

Ero in una profonda crisi personale, umana, relazionale e lavorativa, ora anche “pianistica” per via dell'incidente... proprio nel momento peggiore della storia d'Italia, in cui tutto sembrava venir giù. Psiche mia compresa.

Intuivo che una voragine spaventosa, che non avevo mai visto e conosciuto, si stava aprendo dentro di me. Voleva risucchiarmi ed annullarmi. Per salvarmi e reinventarmi “nel mezzo del cammin della mia vita”, avevo bisogno di buttarmi a capofitto in un progetto grande e folle, più grande e più folle di me, che catalizzasse ogni energia e goccia di sudore del mio corpo, che assorbisse ogni secondo del mio tempo, che mi appassionasse all'inverosimile come mai nessun'altra cosa aveva fatto.

Per la rinascita sono stati necessari 150 giorni dell'aquila di ritiro ascetico e spirituale, seguiti da un lunghissimo viaggio in camper di quasi due mesi in Nord Europa per sfuggire alla prigionia vax delirante italiana e poter mantenere un minimo di libertà e salute mentale.

In quei mesi di lockdown interiore nei quali stavo sprofondando in un orribile buco nero senza fine, mi sono totalmente isolato per partorire la mia creatura, la mia “opera magna” di vita, che mi ha sostenuto come una stampella quando la mia psiche zoppicava: questo blog.

Viaggiepianoforte mi ha salvato: mi ha salvato l'incredibile potere terapeutico della scrittura, mi hanno salvato i tanti ricordi messi nero su bianco degli incredibili viaggi fatti per il mondo, le foto ed i video da rivedere e riorganizzare, gli appunti ingialliti dal tempo da trascrivere...

Scrittura, materiale multimediale e ricordi sono stati per l'appunto le corde, i moschettoni ed i chiodi da parete che mi hanno permesso di scalare, a mani nude e sanguinanti, quel pozzo nero profondissimo e riconquistare poco a poco la luce.

Sono morto, sono andato all'inferno e sono poi risorto dalle mie ceneri, come la più bella delle Arabe Fenici. Sono risorto fortunatamente proprio nel momento in cui più servivo alla mia famiglia, che da lì a poco sarebbe stata investita da un uragano. E serviva tutta la mia forza morale ed intellettuale, tutta la mia capacità di guida e di esempio da pater familias, per poter affrontare i momenti terribili che stavano per arrivare. Serviva tutto il mio io, tutto il mio “potere” decisionale, tutto il mio integralismo ideologico, per imporre “obtorto collo” a moglie e figli un NO secco al veleno genico. Senza la minima possibilità di discussione.

La pandemenza e la lotta

Anche se fortemente provato da vicende personali, fin dall'inizio della pandemenza, io avevo capito che nulla tornava della narrazione ufficiale. Tanti, troppi indizi, troppe omertà, troppe falsità e notizie totalmente antitetiche rispetto all'evidenza dei fatti, troppo accanimento nei confronti della diversità d'opinione, troppo lassismo nei confronti di farmaci sperimentali ed ostracismo più assoluto invece nei confronti di cure certe ed a basso costo come plasma iperimmune, clorochina, invermectina, eparina ed antinfiammatori, troppo bombardamento mass mediatico finalizzato al catastrofismo, alla polarizzazione e radicalizzazione delle posizioni facendoci diventare responsabili della vita degli altri, dunque potenziali assassini... tutti chiari indici di presenza di spin doctors dell'informazione e tanta, tanta, ma tanta propaganda per impaurire e spingere al siero genico killer.

Ma chi conosce le tecniche del mainstream, chi conosce chi, come e soprattutto perché, fabbrica dal nulla l'informazione mondiale, chi conosce la storia e le bufale clamorose dei decenni passati, non abbocca alle puttanate del sistema. E poi, come dico sempre ai miei figli, la regola aurea per sapere la verità su un qualsiasi argomento è facilissima: bisogna prendere l'esatto contrario di ciò che è scritto su Repubblica. Repubblica spinge al vaccino? Allora bisogna starne ben alla larga!

Ma giornali spazzatura a parte, qui gli indizi erano davvero troppi ed oltretutto clamorosamente evidenti. Non vedere per me era davvero impossibile, significava non voler vedere. E poi, dopo le vicende Tamiflu, dopo le pseudo pandemie inventate di sana pianta come l'influenza aviaria e suina, nessuna fiducia poteva esser data all'industria capitalista più corrotta del mondo. Con le bestie di Kano, alias Pfizer, con quelli che nel corso di una sperimentazione non autorizzata in Nigeria hanno ammazzato e reso invalidi bambini ben sapendo di farlo, serviva maggior, anzi massima cautela. La storia e soprattutto la logica la consigliavano caldamente! D'altronde si stava imponendo a tutto il mondo un siero genico con una tecnologia totalmente nuova e mai utilizzata in precedenza, con una sperimentazione ridicola di soli pochi mesi, e sulla base delle sole affermazioni trionfalistiche dei CEO di multinazionali senza scrupoli... senza un solo straccio di prova, senza una sola pubblicazione, senza uno storico ed un solo dato su cui la comunità scientifica potesse ragionare.

I giornalisti invece di fare i cani da guardia delle multinazionali, dei vergognosi organi di controllo come EMA ed AIFA, dei pifferai magici e dei decisori politici, sono stati i loro cani scodinzolanti da riporto per guadagnare un misero ossicino e due crocchette.

Fatto sta che in Italia ben presto parte l'isteria di massa con una propaganda martellante h24 che manco Goebbels, a buttare ogni giorno sempre più benzina sul fuoco: l'obiettivo era terrorizzare il popolo. Perché un popolo impaurito non ragiona più e diventa totalmente controllabile e manipolabile. I lupi (non quelli purosangue però...) divengono magicamente mansueti agnellini.

E via così al delirium tremens... Ricerca spasmodica di museruole, elicotteri che cacciano runners in spiaggia, vicini che denunciano spiando dalla finestra chi esce di casa, terapie intensive vuote che appaiono in TV piene stracolme, ovviamente solo di no vax e negazionisti, autopsie negate per coprire la strage di stato, l'amuchina che diventa introvabile, file chilometriche davanti alle farmacie per i tamponi, gare a chi sta più distanziato e rispetta di più le regole, gare serrate tra virologi in TV a chi spara più minchiate, attesa messianica con eccezionale enfasi televisiva di un vaccino che non serviva palesemente a nulla, perché a pandemia in corso il virus cambiava troppo velocemente...

Il siero genico sperimentale a base di mRna, improvvisamente viene visto e descritto come l'unica salvezza possibile dalla morte certa. Veniva silenziata brutalmente ogni forma di dissenso. Veniva negato, anzi criminalizzato il fondamentale diritto della persona di decidere se sottoporsi o meno ad un trattamento sanitario in mancanza assoluta di dati certi ed inequivocabili sulla sua efficacia e sicurezza. Veniva pubblicata in letteratura medica ogni sorta di spazzatura non indipendente ed in evidentissimo conflitto d'interesse, che però per la scienza prezzolata ed il giornalismo scientifico pennivendolaio, diventava magicamente verità assoluta. Chi dissentiva, andava al rogo. Come Giordano Bruno. Con la benedizione della Chiesa cattolica.

Io sono un combattente di natura, sono nato ribelle, rivoluzionario ed anticonformista. Ed ho reagito con rabbia, come un toro in una corrida, ferito da più lance, da più lati e da più persone. Mi sono esposto pesantemente nei mesi in cui tutti avevano paura a parlare e pronunciare una parolina fuori posto.

Ho fatto la guerra al mondo intero. Discussioni a non finire, ogni giorno e con chiunque, prima più o meno pacifiche, poi via via sempre più infuocate quando hanno iniziato a toccare diritti sacrosanti anche dei miei figli: discussioni con i professori, i quali non hanno esitato a far entrare i carabinieri nella classe di mio figlio per far portar via un eroico bambino che non respirava più e si rifiutava categoricamente dopo 6 ore di scuola di continuare a portare la mutanda in bocca... discussioni nelle orribili chat di classe dove regnavano solo insulti coloriti verso i no vax e paure ingiustificate, con i genitori che arrivano a gareggiare sul rispetto delle regole, vantandosi addirittura di aver rinchiuso settimane intere i figli nelle loro camere... discussioni con i dirigenti ed allenatori di vergognose società sportive che dopo le solite solfe politicamente corrette sull'importanza dello sport e l'inclusività, hanno vietato la pratica dello sport a bambini perfettamente sani ma sprovvisti di QR Code da battesimo genico... discussioni con gli autisti di autobus e treni, con ristoratori e negozianti inflessibili che mai hanno rispettato le regole in vita loro ed ora vietavano l'ingresso alle persone senza green pass... con gli (ex)amici che improvvisamente non ti salutano più, con la maggior parte dei miei familiari in costante collegamento giornaliero con Fabio Fazio per l'aggiornamento morboso del bollettino dei morti inventati, con i sacerdoti che potevano e dovevano capire la guerra spirituale in corso ma non l'hanno fatto, per i quali la nuova Santissima Trinità da adorare era ora rappresentata da Burioni, Draghi e Speranza, e così hanno chiuso le chiese, limitato gli accessi, vietato la comunione in bocca, tolto acqua benedetta e fomentato dai pulpiti odio e divisione sociale.

Libero dal lavoro che non c'era più e totalmente impegnato a curare la mia anima e la mia mente per sfuggire al buco nero che stava per risucchiarmi nell'ultramondo, ho studiato notte e giorno, letto pubblicazioni scientifiche, archiviato documenti, raccolto testimonianze di danneggiati da siero genico (ovviamente nessuno dei quali ha denunciato l'effetto avverso ad AIFA), scritto testi nel blog e saggi che non ha letto nessuno per principio preso, partecipato a manifestazioni dove ho raccolto solo manganellate e sputi della gente...

Una volta, portai anche i miei figli ad una grande manifestazione a San Giovanni in Laterano, per far capire loro che c'era un mondo là fuori che si opponeva alla dittatura sanitaria, che non eravamo soli, che non ero l'unico pazzo a sostenere il contrario rispetto al pensiero unico dominante. Ma soprattutto per far capire loro che quando vengono toccati diritti sacrosanti ed inalienabili, quando viene toccata la costituzione, allora bisogna ribellarsi: per dirla alla Bertold Brecht, «quando l'ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere».

Con i miei figli alle manifestazioni no vax

Leonardo e Maya erano gli unici bambini in piazza, insieme ad Agata ed Andrea, figli del mio amico Stefano Pezzoli, uno dei leoni di questa pandemenza, sempre attivo e battagliero, mai un passo indietro, mai un compromesso. Tanta stima Stè! Giù il cappello per lui, come per tanti altri amici che hanno lottato strenuamente in questi anni, esponendosi in ogni occasione senza alcuna paura. Ne voglio nominare solo alcuni perché la lista è lunga: i tennisti Domingo Cianciarelli e Giò Medori, la maestra Caterina Desideri da Ripa, Giovanni Marucci, Valentina Vallesi e Giovanni Todaro, Filippo Vallesi, Illy e Pier, Fabrizio Amadio, i padroni del mitico Rebel Giovanni e Lavinia che mai mi hanno negato una birra senza green pass e museruola...

Gli unici bambini alle manifestazioni no vax!

Più nei locali, nei circoli sportivi, negli hotel e nei mezzi di trasporto mi facevano sentire “cane ed ebreo”, più mi caricavo come una molla di odio e rabbia nei confronti del mondo. Rabbia per quel vetro di merda, rabbia per il lavoro che sentivo lontanissimo ed al quale avevo dedicato moltissime risorse, rabbia per gli ex colleghi a cui ho costantemente cercato negli anni di aumentare stipendio e ridurre il carico di lavoro, ed ora erano tutti magicamente spariti e volatilizzati, rabbia per l'Italia e gli italiani, rabbia per i miei figli così violentati da isolamento e lockdown, con confinamento in un appartamento di 80 mq, con i vicini che denunciavano chi usciva, che denunciavano se vedevano bambini giocare al parco. Rabbia per sacrosanti diritti costituzionalmente garantiti, che ora invece diventavano, nel menefreghismo generale, gentili concessioni governative previo possesso di green pass e certificato vaccinale completo. Ma ficcateveli nel didietro green pass e siringhe geniche! A me ed alla mia famiglia non mi avrete mai!

La stretta vaccinale e la persecuzione era arrivata nel 2022 a livelli insostenibili, con forte inasprimento dei decreti legge ed una propaganda giornaliera pesantissima che spingeva alla radicale criminalizzazione del dissenso, inclusa la radiazione dall'ordine dei medici eretici (signori e signore, ecco a voi la scienza!). Chi eroicamente si opponeva, veniva letteralmente massacrato e doveva accettare lo stigma sociale, la lettera scarlatta nel petto. I no vax erano praticamente i cani e gli ebrei degli anni '40. L'odio sociale è stato esattamente lo stesso.

E così io stavo seriamente programmando di lasciar il paese: Messico o Florida le due opzioni.

Errore madornale ho fatto... Sarei dovuto partire subito, già a fine 2020, inizio 2021 quando mi era chiarissimo ciò che sarebbe successo. D'altronde in Messico noi abbiamo anche casa, i ragazzini sono sempre stati abituati a viaggiare e conoscono bene le lingue... Invece sono rimasto come un coglione a combattere contro i mulini a vento e vedere la mia famiglia ammalarsi poco a poco.

Anche col lavoro ero in una fase di stallo... in quel clima di fortissima incertezza normativa l'unico modo per poter mantenere libertà decisionale e sovranità sul proprio corpo, senza obbligo di tamponi multipli, museruole e vaccini era diventato aprire una partita IVA. E questo avevo intenzione di fare, anche per tornare totalmente padrone del mio tempo: volevo fondare una ditta individuale tutta e solo mia di Energie Rinnovabili, fotovoltaico soprattutto. Progettazione, vendita, pratiche burocratiche, installazione, con un servizio chiavi in mano.

Da pochissimo tra l'altro era nato l'Ordine dei Chimici e dei Fisici al quale avrei potuto iscrivermi addirittura senza neppure sostenere l'esame di stato per via del regime transitorio e della mia esperienza pregressa come dirigente nel privato e come ricercatore scientifico nel pubblico. Il problema era che la professione di Fisico ricadeva porcaccia puzzona, nell'elenco delle professioni sanitarie soggette ad obbligo vaccinale... dunque niente. Espulsione immediata. E senza iscrizione all'ordine avrei dovuto affidarmi ad ingegnere esterno per curare la fase progettuale, rimangiandomi così gran parte del guadagno nelle vendite. Niente da fare, i no vax dovevano morire!

Più eravamo attaccati, più reagivo con rabbia. Più manifestazioni, più tentativi di sensibilizzare l'opinione pubblica in ogni luogo e contesto. Più manganelli ancora. Più insulti e sputi dalle finestre dei palazzi romani quando passavamo con i cartelli “GIU' LE MANI DAI BAMBINI”.

E più prendevo manganelli, sputi ed insulti, più vedevo donne e vecchi colpiti con violenza, più vedevo stroncato in partenza ogni tentativo di dibattito, silenziata qualsiasi voce di dissenso e criminalizzata la diversità d'opinione, più vedevo gente che piangeva per aver perso il lavoro o che doveva subire la violenza carnale del siero genico per poter mandar avanti la baracca, più incontravo persone giovani disperate perché danneggiate pesantemente dalla proteina spike, e più mi convincevo che eravamo dalla parte giusta della storia. Che era la nostra guerra, che era una guerra santa (ma con la Chiesa schierata, manco a dirlo, dall'altra parte). La madre di tutte le battaglie, da combattere fino alla fine. Ad ogni costo. E con la massima del comandante della felicità Thomas Sankara sempre in testa: «Lo schiavo che non organizza la propria ribellione non merita compassione per la sua sorte [...] La libertà può essere conquistata solo con la lotta».

Il 90% buono del popolo italiano io non lo capivo più. Ogni giorno, nonostante l'intensa e martellante propaganda, diventava sempre più clamorosamente evidente l'inefficacia del siero genico con inversione della protezione dopo solo pochi mesi (chiaro indice di crollo del sistema immunitario), infezioni multiple e contagi incontrollabili nei vaccinati, e tanti, ma tanti morti di Covid dopo 4 dosi, grazie anche al grande aiuto fornito da “tachipirine e vigili attese” e dalla somministrazione di ossigeno ad alta pressione ai malati in terapia intensiva.

Diventava soprattutto evidentissima, ogni giorno sempre più, l'estrema pericolosità della nuova tecnologia ad mRna, con un chiaro ed inequivocabile eccesso di mortalità e contemporaneo crollo della natalità direttamente proporzionale al tasso di vaccinazione della popolazione dei paesi del mondo, esplosione incontrollata di effetti avversi quali malori improvvisi, paralisi di Bell, sindromi di Guillain-Barrè, fuoco di Sant'Antonio, cardiopatie come pericarditi e miocarditi, ictus, turbocancri e chi più ne ha più ne metta. Soprattutto nella fascia d'età giovane under 50.

Eppure gran parte degli italiani continuavano imperterriti nel loro stato di ipnosi e dissonanza cognitiva. Iniziavo a provare un profondo e fastidioso senso di repulsione verso di loro.

Questo popolo di pecore ha prima accettato senza la minima opposizione (anzi... viva il PD!!!) la cessione di ogni forma di sovranità all'UE ed alla NATO (in primis legislativa, politica, monetaria e militare), ora addirittura lotta strenuamente per cedere a Big Pharma ed all'OMS del filantropo, l'ultima sovranità rimastagli. La più importante: quella del proprio corpo e della propria anima.

Ma soprattutto io non capivo gran parte della mia famiglia: genitori, fratelli, zii, cugini... gli antifascisti di una volta che ora giravano la faccia di fronte ad autentici scempi costituzionali e falsità scientifiche clamorosamente evidenti, i paladini del politically correct che ora giustificavano ogni forma di discriminazione e violenza verbale e fisica verso i no vax. Perché tutte le minoranze vanno tutelate, migranti e gay in primis (giustissimo), ma quando si tratta di no vax, allora questi devono crepare.

Potevo anche comprendere ad inizio pandemia nel 2020, quando la paura dominava e si brancolava nel buio. Ma dopo ben 3 anni oramai passati, francamente, questa diabolica perseveranza nel sostenere tesi assurde, contro ogni logica ed evidenza empirica, non era più accettabile!

Ancora oggi nel momento in cui scrivo, agosto 2023, non hanno capito. Frustrante davvero... Ossessionati (giustamente) dal cibo biologico e dal salutismo, poi si sono iniettati nel corpo ogni sorta di spazzatura genica senza porsi domande di nessun tipo, rifiutando aprioristicamente l'idea di esser stati cavie gratuite della più grande, (mal)riuscita e criminale sperimentazione medica di massa della storia. E lo comprendo anche per carità... immagino che sia durissimo da accettare e che l'autostima crolli proprio a zero. Oggettivamente vai dritto dritto in psichiatria quando e se capisci che non solo sei stato inculato pesantemente... no, sei stato inculato con il tuo consenso più incondizionato ed intransigente, oltretutto pure criminalizzando e ridicolizzando la controparte “complottista” che ti voleva salvare.

Io però ho provato disperatamente ed in ogni modo ad avvertirli dell'enorme pericolo che stavano correndo, delle menzogne che il mainstream stava propagandando ricevendo indietro solo pernacchie. Un muro invalicabile. Chiusura totale ad ogni forma di dialogo. Perché era così e basta. Perché «lo dice la scienzah!». Perché Fabio Fazio e Burioni in TV hanno detto che...

Sono arrivati, ormai totalmente posseduti dal demone di Albert Bourla e di Katalin Karicò, a bucare ripetutamente con il siero genico sperimentale addirittura bambini under 12 che non erano per nulla obbligati all'inoculazione e mai hanno corso col il Covid pericoli di nessun tipo. Aivoglia a parlare Stè... per loro serviva un'esorcista. Un'esorcista specializzato in “demoni farmaceutici”.

Neppure un minimo dialogo era più possibile. E difatti, il dialogo ad un certo punto si è pure interrotto, ed i rapporti sono cambiati. Ci rimettevo solo la salute, mentre loro avevano già deciso di perderla iniettandosi ripetutamente quella merda. Le posizioni erano troppo distanti, inconciliabili. Io parlavo italiano “partigiano”, loro tedesco “nazista”.

Loro consideravano me e mia moglie degli “pazzi irresponsabili” perché non vaccinavamo noi stessi ed i nostri figli, ed addirittura abbiamo preferito farli ammalare di proposito piuttosto che iniettargli il marchio della bestia. Noi consideravamo loro “pazzi ingenui” perché si sottoponevano gratuitamente ad una pericolosissima sperimentazione, e soprattutto criminali perché i loro bambini innocenti non c'entravano nulla con il loro delirio ipocondriaco e vaccinista.

Partigiani e nazisti non possono parlarsi più, anche se fanno parte di una stessa famiglia. Ed il capolavoro dei mostri del WEF è così completo: non solo l'Italia è divisa in due fazioni belligeranti in piena logica “divide et impera”, ma anche le stesse famiglie vengono spaccate sulla base del nulla: genitori contro figli, fratelli contro fratelli, nonni contro nipoti. Ne ho viste davvero tante di coppie che si sono sfasciate a causa del siero... addirittura mamme che hanno vaccinato a tradimento i figli creando rabbia e dolore insopportabile al padre con successiva inevitabile separazione... Che schifo.

I teologi sostengono che gli strumenti preferiti del diavolo sono il caos e soprattutto la divisione. Fin dalla sua caduta dal Paradiso infatti, Satana cerca di dividere tutto e tutti: prima Adamo ed Eva nell'Eden, poi gli angeli, poi l'umanità e poi il rapporto del singolo uomo con Dio. D'altronde il termine greco “diabolos” può esser tradotto in “separare, dividere, spaccare, scagliare contro”. Beh, se questo è vero, il Covid indubbiamente è stato l'opera magna del diavolo, in cui è riuscito magistralmente a metter tutti contro tutti. Ed il popolo non ha minimamente compreso quanto di satanico è accaduto e sta accadendo tuttora nel mondo. Ma d'altronde, se non lo capiscono gli stessi preti, figurati se può farlo la casalinga di Voghera!

Persone che si volevano un gran bene prima del Covid, dopo non si sono parlate più. Parlo anche, anzi soprattutto, per esperienza personale: tutt'oggi, dopo 4 anni dall'inizio della pandemenza, io sto lavorando pesantemente su di me per superare un fortissimo blocco interiore che mi impedisce di tornare alla spensieratezza di prima con la mia famiglia così ossessionatamente vaccinista; ma non è facile per niente. Anche perché io considero gli ignavi ed indifferenti in questo triennio di follia collettiva come veri e propri complici del crimine. Dunque colpevoli, al pari dei veri carnefici.

Sì, purtroppo non ho alcuna paura né remora a dirlo: la mia più grande delusione in tutta la vicenda pandemica è stata la mia famiglia materna e paterna (quasi tutta), che ha totalmente ed aprioristicamente rifiutato il dialogo ed abdicato ad ogni sorta di minimo pensiero critico, logico, libero ed indipendente, consegnandosi a braccia aperte, anzi a deltoide spalancato, al proprio carnefice, giustificando sempre i peggiori scempi costituzionali e le più clamorose bufale del mainstream. Anche perché tra l'altro, io il peggior mainstream ce l'ho proprio in casa.

Hanno continuato a bersi menzogne spaziali, una dietro l'altra, nonostante le evidenze empiriche mostrassero il contrario. Più si bucavano, più si ammalavano, più dosi booster gli erano richieste. E più dosi booster facevano, più si ammalavano e più continuando a ripetere a pappagallo «meno male che abbiamo fatto 4 dosi, sennò saremmo morti!!» Tossici del buco. Tossici del siero genico... finché non c'è scappato pure il morto. Malore improvviso poco dopo il terzo sforacchiamento. Ovviamente, manco a dirlo, nessuna correlazione.

Ci hanno definito disertori, sorci, gente da gasare, opportunisti, egoisti, irresponsabili, ignoranti, populisti, fascisti, negazionisti, untori, complottisti, criminali... e chi più ne ha più ne metta. Alla lunga però abbiamo vinto noi. Ogni cosa che abbiamo detto e preannunciato si è avverata. Perché noi conosciamo la scienza e la storia. Conosciamo la logica corrotta del capitalismo e della politica al suo servizio. E prima di berci le minchiate di chi ci ci ha mentito in precedenza centinaia e centinaia di volte, contiamo fino a 10.

Oggi siamo reduci di una guerra orribile e siamo più uniti, forti e numerosi che mai perché ai pochi che eravamo, si è aggiunta una miriade di persone devastate dagli effetti avversi, più o meno invalidanti, che ha cambiato casacca.

I politicanti, i medici prezzolati, i pennivendoli sparacazzate senza la minima preparazione scientifica e tutti gli altri servi del sistema, hanno perso. In realtà, non hanno solo perso: hanno fatto una figura di merda colossale perdendo per sempre ogni forma di credibilità futura. Penso ad esempio a tutti i giornalisti pronti a farsi “il bagno nel vaccino” che si sono strappati i capelli giurando sull'assoluta sicurezza del siero ad mRna e mettendoci la faccia... oggi risulta ed è accertato, che quel siero che tanto propagandavano, è il farmaco più pericoloso dell'intera storia della farmacologia.

Domanda: quanta gente con le loro trasmissioni menzognere hanno convinto a bucarsi? Quanta gente dunque hanno ammazzato, reso invalida e malata cronica? Quanti suicidi hanno istigato? Un minuto di silenzio su... alziamoci in piedi e facciamo loro una bella standing ovation.

Se mai avranno un minimo di onestà intellettuale per capire i loro errori madornali e pentirsi, vivranno con il rimorso e la vergogna a vita di quanto fatto. Un domani, dovranno render conto dei loro crimini, di fronte al Padre Eterno. Auguri di cuore.

La prima bocciatura

In tutto questo delirio, ho anche sostenuto un concorso lampo per docenti, un rapidissima anticipazione del concorso ufficiale completo che si sarebbe tenuto l'anno seguente, fatto in fretta e furia per i soli candidati STEM da immettere con estrema urgenza al fine di coprire le cattedre vacanti di matematica e fisica, con immissione diretta in ruolo a settembre 2021. L'occasione era d'oro, entrar subito nella scuola dopo poco tempo dalla perdita del mio lavoro, senza attendere l'anno successivo. Ancora tra l'altro non c'era l'obbligo vaccinale per i docenti.

Era la speranza, la rinascita possibile dopo tanti mesi di lockdown, legislativo ed interiore. Ho sempre desiderato d'altronde lavorare con giovani e ragazzi!

Il concorso scritto fu una farsa assoluta, con tanti quesiti sbagliati (con conseguente pioggia di ricorsi, per la gioia degli avvocati...), logica cervellotica, programmi ministeriali non rispettati e tempo assolutamente insufficiente: un'ora e mezza per 50 problemi complessi a risposta chiusa, ognuno dei quali però, soprattutto per matematica e fisica al liceo, richiedeva pesante svolgimento analitico per arrivare al risultato. Non erano nemmeno richiesti i 6/10 ma addirittura i 7/10 di punteggio.

Ad esser bravissimo e rapidissimo, considerando anche l'emozione del momento, se ne potevano risolvere una trentina al massimo. Gli altri 20 andavano tirati a caso tentando la sorte per mancanza di tempo. Una formula assolutamente folle per selezionare la futura classe docente, ma tant'è. Sostanzialmente l'esame era una corsa contro il tempo e sotto stress che tutto poteva accertare tranne la reale preparazione delle persone.

Figuratevi che l'anno successivo andrà addirittura peggio: non solo l'esame sarà ben più difficile e con errori nei quiz ancora maggiori, ma alcune commissioni (tra cui la mia...) senza alcuna uniformità a livello nazionale, vieteranno non si sa per quale motivo, l'uso di carta e penna per svolgere i problemi e tutto andava fatto a mente... equazioni differenziali, statistica, calcolo integrale e meccanica quantistica a mente. Candidati tutti increduli... Se non l'avessi visto e vissuto coi miei occhi, giuro, non ci avrei creduto.

Come facilmente intuibile, allo scritto della classe di concorso A027 (matematica e fisica) su una trentina di candidati fummo tutti bocciati, me compreso. Alla classe di concorso A028 invece, matematica e scienze, su un'altrettanta trentina di persone, tutti bocciati tranne io ed altra ragazza. In totale praticamente due promossi all'orale su sessanta partecipanti. Un flop assoluto, denaro pubblico speso per nulla. Servivano docenti di matematica e soprattutto fisica da immettere con urgenza, invece hanno segato tutti. Ma questi concorsi d'altronde vengono fatti per obbedire ai diktat dell'UE... l'Italia poi ha tutto l'interesse a mantener precari gli insegnanti ed il livello di assunzioni sempre sottosoglia.

Orale a quel punto pura formalità? Leggete, leggete e non abbandonatemi...

Cominciai il power point senza mutanda in bocca, immaginando che non fossi tenuto ad averla, visto che stavo esponendo, le finestre erano spalancate, i commissari erano molto distanti in fondo all'aula, ben terrorizzati, a due metri l'uno dall'altro e con 4 museruole alla Hannibal Lecter in un viso che non si vedeva praticamente più, c'erano 40 gradi di temperatura esterna ed avevo un bel pezzo di carta formato A4 in bella mostra che accertava la mia negatività al Covid. Non possedevo infatti il Green Pass su smartphone, una cosa molto mal vista in un mondo conservatore come quello della scuola, ma soltanto (!) un tampone cartaceo negativo, che praticamente già mi identificava agli occhi di tutti come no vax.

Fatto sta che, appena presi a parlare, un membro della commissione, lo stesso che mi aveva pesantemente richiamato nel piazzale all'aperto perché tenevo la mutanda abbassata col naso scoperto, credo fosse proprio la presidente, si innervosì in modo irragionevole ed ebbe quasi una crisi isterica. Orrore! Sacrilegio! Stava vedendo la mia bocca ed il mio naso, dai quali uscivano orribili germi che potevano sterminare tutti i presenti in un solo nanosecondo. «Come pretende lei di insegnare nella scuola se nemmeno riesce a rispettare le regole in fase di esame!» Mi dirà... E secondo voi mi sono stato zitto? Certo che no, ben sapendo che a prescindere da come e cosa avessi discusso, il mio destino era già segnato.

L'esito dell'esame potete ben immaginarlo: dei 30 minuti di discussione obbligatori, i miei furono solo una decina, di cui il primo paio abbondanti passati a dovermi giustificare del mio orribile crimine da untore di peste bubbonica. Atteggiamento fortemente ostruzionistico da parte dell'ipocondriaca docente, continue interruzioni, critiche, polemiche e tentativi di sviamento dalla presentazione. Bocciato da docenti che a malapena sapevano risolvere un'equazione di primo grado, per essermi rifiutato di indossare una mascherina, prima all'aperto, poi al chiuso in fase di discussione.

L'argomento estratto della mia UDA (Unità di Apprendimento) riguardava le Scienze Naturali: l'alimentazione. Lo trattai, o meglio provai a trattarlo, perché non mi fecero praticamente parlare, in modo assolutamente sui generis, fuori standard: l'idea era quella di far capire agli studenti che noi siamo quello che mangiamo e il cibo può arrivare ad esser una medicina, addirittura arrivare guarire malattie, anche gravi. Molti collegamenti interdisciplinari: avrei parlato dei legami fra cibo e global warming, cibo e deforestazione, cibo e sport, cibo ed economia, cibo e medicina, cibo e cultura popolare... una trattazione completa ed appassionata che indubbiamente avrebbe acceso l'attenzione dei ragazzi. Figurarsi... arabo assoluto per la commissione, nessuno neppure conosceva il ricercatore italiano Walter Longo né l'oncologia integrata. Si misero quasi a ridere quando dissi che il cancro aveva molte più possibilità di cura anche in fase terminale con un approccio sinergico, affiancando alle classiche armi della medicina ufficiale (chemio, radio e chirurga) anche altre tecniche (fitoterapia, ipertermia, digiunoterapia, tecniche di meditazione, fede religiosa etc...) in cui l'alimentazione in ogni caso occupava una parte da leone. Un approccio del genere, da me consigliato alla mia famiglia inizialmente scettica, ha salvato mio padre, malato di tumore al quarto stadio con pochi mesi di vita.

Ma non c'era la minima voglia di ascoltarmi perché avevano già deciso in partenza che all'unico candidato no vax andava tagliata la testa.

Ero l'ultimo a discutere. L'ipocondriaca commissione era stanca e con le palle girate. Porte chiuse e nessun testimone... feci un accesso agli atti successivo per vedere fino a che punto avessero mentito in un documento ufficiale. Scioccato! Griglie di valutazione scritte assolutamente irreali, con temi mai trattati, domande inventate di sana pianta, conoscenze di pedagogia e psicologia valutate scarse quando nessuna domanda era stata fatta (avevo tra l'altro da pochissimo superato 4 esami all'università di antropologia, pedagogia, psicologia e metodologie didattiche dei famosi 24 CFU, tutti e 4 con 30 e lode!), 7-8 minuti di discussione continuamente interrotta anziché 30 obbligatori: da denuncia penale, se non fosse che non avevo prove di quanto accaduto.

L'occasione di entrar subito nella scuola era sfumata per una mascherina chirurgica. O meglio, un minimo di onestà intellettuale Stè... per la mia incapacità più totale di scender a compromessi e di piegar la testa facendo “buon viso a cattiva sorte”. Lasciai perdere, ben sapendo che l'anno successivo ci sarebbe stato concorso ufficiale, a me ben più congeniale perché tra l'altro venivano valutati anche titoli quali esperienze di ricerca scientifica, pubblicazioni e certificazioni linguistiche: avrei così avuto maggiori probabilità di poter occupare i pochi posti disponibili sui tantissimi candidati. E così effettivamente andò.

Ma l'amarezza per l'ingiustizia subita era però fortissima e si sommava all'amarezza per la costante discriminazione giornaliera per la mia diversità di pensiero e al ricordo dei tristi eventi passati col vecchio lavoro, che mai mi abbandonavano. Era proprio un periodo no della mia vita... ed i veri problemi dovevano ancora cominciare.

La dura battaglia di Maya col fantasma di “Ana”

L'alimentazione mi boccia dunque. Non mi hanno lasciato neppure il tempo per poter trattare i disturbi del comportamento alimentare (DCA), argomento al quale avevo dedicato una discreta parte dell'UDA... Incredibile segno del destino, perché me ne occuperò per tutto l'anno successivo con mia figlia Maya, facendomi un'incredibile cultura non teorica ma pratica, sul campo. O meglio in ospedali e centri di recupero.

Maya è stata sempre una bambina talentuosa, vulcanica e molto allegra. Grande intelligenza e spiccata sensibilità, grande testardaggine, forza interiore e purtroppo, tendenza marcata al perfezionismo in ogni campo, nella scuola, nello sport, nell'aspetto fisico. Inutile tra l'altro, perché lei è bravissima e bellissima! Grande sportiva, con predilezione per danza, ginnastica e pattinaggio artistico. Combinazioni pessime e pericolose.

Maya si fida ciecamente di suo padre, ha interiorizzato e soprattutto capito le sue idee. Lei è rivoluzionaria nel carattere e no vax nell'animo. Ad 11 anni era a Roma in Piazza San Giovanni lottando per la libertà, e senza paura mi seguì con una maschera di Salvador Dalì della Casa di Carta fin sotto la polizia schierata in tenuta antisommossa, che preparava da un momento all'altro la carica con caschi e manganelli verso inermi e “pericolosissimi” cittadini. Era abbracciata a me, quasi divertita, mentre io gridavo a mani alzate ai poliziotti di rinsavire e passare dalla parte del popolo.

Dopo quelle settimane, però poco a poco la mia patatina si spegne. Scende un'ombra su di lei. Irriconoscibile. Così allegra, sempre iperattiva ed espansiva... dopo aver battagliato anche lei contro il mondo e resistito eroicamente a tutto il sistema (familiari compresi) che la bombardava di messaggi totalmente antitetici ai miei spingendola alla vaccinazione ed all'obbedienza, poco a poco si chiude in se stessa ed intristisce. Troppo stress per una bambina così sensibile, anche se così forte di carattere, come lei.

La persecuzione verso i no vax raggiunge a fine 2021 - inizio 2022 livelli di follia estrema e la criminalizzazione della diversità di pensiero è spietata. Cominciano i problemi in famiglia. La mamma vacilla... assalita da mille dubbi, isolata e discriminata in un clima di orribile caccia alle streghe che manco ai tempi del nazismo con gli ebrei, ad un certo punto cede e cambia casacca (leggete oltre). Il padre mai. Morirebbe per quell'idea. La famiglia si disunisce. Maya segue il padre. E si spegne poco a poco come una candela a cui manca l'ossigeno vitale. Preferisce spegnersi piuttosto che rinnegare le mie scelte.

Scusami patatina, questa era la nostra guerra, non la vostra... scusami amore di babbo... Tu volevi e dovevi solo danzare e pattinare...

Maya sprofonda poco a poco nel baratro dell'anoressia nervosa e della depressione giovanile raggiungendo in pochi mesi picchi assurdi, con addirittura anche due ricoveri per alimentazione forzata mediante sondino naso gastrico. La mia patatina non c'è più, sostituita da uno zombie, un manico di scopa con le ossa sporgenti, il viso spento, bianco e scavato, lo sguardo assente. A 12 anni.

Un dato su tutti per capire la gravità della malattia: il 10-15% delle pazienti muore per problemi agli organi interni o suicidio, il 40% guarisce totalmente, il 45-50% cronicizza (cioè è malata a vita) oppure evolve in altri DCA come bulimia e binge eating. Statistiche alla mano, nel vastissimo panorama delle psicopatologie, nessuna è mortale ed invalidante come l'anoressia. Nessuna di esse ha come diretta conseguenza la morte.

Malattia terribile. Tanto terribile, quanto amata dalle ragazzine perché viene vissuta come una sublime virtù, come uno stato di grazia e di elevazione anziché un disturbo psichiatrico vero e proprio: le adolescenti che ne soffrono, tipicamente tutte super intelligenti, sensibili, sportive e perfezioniste, si sentono elette e ne sono irrimediabilmente sedotte ed attratte. Loro non vogliono guarire: ecco perché la risoluzione della patologia è così complessa.

Per un anno intero io lascio tutto. Tutto significa tutto. Comincio a girare come una trottola, tra centri di recupero per DCA come quello (vergognoso) di Todi, ospedali, psicologi, nutrizionisti, specialisti (veri e falsi) anche all'estero e visite di controllo. Il cuore in gola, sconvolto ed incredulo da una così rapida progressione della malattia. Un uragano, in pieno stile Maya. Un anno di inferno, tra piccole conquiste e drammatiche ricadute.

Spesso sono stato completamente solo con tutto il peso sulle spalle, con la baracca da mandar avanti ed un altro figlio da accudire e proteggere, perché neppure mia moglie Gaby per un po' di tempo è stata bene. Tutto in quel periodo maledetto... un periodo in cui ho volutamente scelto di isolarmi da tutte le persone che la pensavano diversamente, a prescindere dal loro livello di tolleranza ed aggressività verso i no vax: i vaccinisti, gli ipocondriaci, gli ignavi ed i menefreghisti, anche se tolleranti, erano ai miei occhi comunque complici inconsapevoli, dunque colpevoli, del più grande crimine della storia.

Sapete cosa mi ha tenuto in vita in quei mesi? L'amore ed il perdono cristiano? La tolleranza, il bene, la speranza che la gente rinsavisse e bla bla bla? No, non sono un santo ma un peccatore. Mi ha tenuto in vita l'odio totale verso il sistema, verso la società civile con QR code in bella mostra, 10 museruole in viso, 20 vaccini sparati in vena, Repubblica sotto al braccio, amuchina sempre in mano, occhi ed orecchie sempre incollati alla propaganda televisiva; l'odio verso il popolo meno ligio alle regole del mondo, ora invece così rispettoso di quei fascisti ed incostituzionali decreti legge che facevano ammalare i miei figli.

L'odio mi ha tenuto in vita, insieme alla consapevolezza che ero uno dei pochi “eletti” ad aver capito: dovevo dunque salvare, legalmente o illegalmente, quanta più gente, quanti più bambini possibile. Mi sentivo un po' come Oskar Schindler.

Cresceva tra l'altro ogni giorno sempre di più il disprezzo più totale verso il pensiero di gran parte dei membri della mia famiglia, con i quali già da tempo non parlavo più. Arriveranno a dire che sono stato io la causa dei problemi di mia figlia e della mia famiglia: bastava un vaccino d'altronde, bastava piegare la testa e tutte le porte del paradiso magicamente si sarebbero spalancate!

E' stato quello un periodo di enorme solitudine e stress emotivo in cui, lo dico con grande orgoglio, sono tuttavia riuscito a dare il meglio di me. Soltanto un genitore che ha conosciuto l'anoressia di un figlio sa che cosa si vive, a che punto di esaurimento e sfinimento si arriva. E' una montagna russa continua: tocchi il fondo, poi risali la china con molta fatica, con tantissimi sacrifici e piccolissime conquiste giornaliere... e quando prendi un po' di fiducia e speranza perché le cose sembrano andar meglio, ripiombi sparato all'inferno, peggio di prima con il fondo che si abbassa sempre di più.

Maya il giorno del suo arrivo a Todi

Al Palazzo Francisci di Todi siamo entrati il 06 06 2022, con già alle spalle un ricovero in ospedale con sondino naso gastrico per alimentazione forzata. La data, numericamente parlando non lasciava presagire nulla di buono... E così fu.

Dopo mesi di iter burocratico pazzesco per l'accettazione della bambina tutta spesata e coperta dal SSN, il centro di Todi, dopo non aver mai risposto né al telefono né a richieste di informazioni per mail, aveva preso a far problemi perché Maya aveva già compiuto 12 anni e doveva esser vaccinata! Da no vax avrebbe messo a rischio la vita del personale e delle altre pazienti del centro, tutti ovviamente ben sforacchiati. Da sbellicarsi dalle risate: plurivaccinati (e pluriammalati) che sostengono con forza (anche se contro ogni evidenza empirica e scientifica) che il loro amato vaccino protegga totalmente dalla malattia grave, dal contagio e dalla trasmissione, e che invece hanno paura di una non vaccinata che invece non ha la minima paura di loro...

E così, mio malgrado, ho dovuto discutere anche lì per far valere nostri sacrosanti diritti. Dopo un bel tira e molla sul quale non mi dilungo, la spuntiamo noi: il centro acconsente all'ingresso, mettendo nero su bianco l'obbligo per Maya di sottoporsi a tamponi interni (a loro carico) ogni 2 giorni. Tamponi che però nessuno gli farà mai...

Io credo sinceramente che se la fossero segnata al dito e che stessero aspettando solamente il primo momento utile per farla fuori. Cominciavamo in ogni caso davvero ma davvero male...

Ho comprato anche un cagnolino, Rio, per aiutare Maya nel percorso di guarigione (idea di Gaby grandiosa!) e con lui mi sono trasferito a Todi in un antico monastero del 1600, accompagnandola ogni mattina alle 8 nel centro e riprendendola la sera alle 9, quando cominciavamo insieme al cuccioletto il giro della cittadina medioevale a piedi per smaltire l'ansia della cena appena fatta.

Le serate di Todi dopo l'uscita di Maya dal centro

Mezzoretta di camminata più o meno “agitata” per le viuzze lastricate di sampietrini, e poi Maya si tranquillizzava e cominciava a ballare scalza in piazza o far spaccate e verticali, addirittura a scalare pareti di mattoni a mani nude, perché dentro al centro DCA da regolamento non poteva muoversi e le altre ragazzine facevano la spia... e poi il bar in piazzetta per il bicchierino di vino finale prima della nanna, le discussioni con i vecchietti ed i politici locali conosciuti... dopo una settimana praticamente a noi due ci conoscevano tutti. Infine il rientro in convento con la notte che avvolge tutto. Un bacio alla mia bimba no vax in crisi e via a nanna. Entrambi nelle nostre camerette singole ma comunicanti, entrambi soli con i nostri fantasmi, soli con i nostri demoni da scacciare con Rio cuccioletto nella veste di San Michele Arcangelo.

Bellissima cittadina medioevale Todi. Mi ci sono quasi affezionato... Ho scritto tanto (molti post del blog sono figli di quelle settimane), letto altrettanto, corso per mantenermi un minimo in forma e sfogare frustrazione e rabbia nel vedere la mia piccolina ridotta in quel modo... un mese intenso. Ma la verità è nel centro di Palazzo Francisci non ci siamo trovati bene per niente.

Tralascio la vergognosa gestione della sicurezza delle pazienti soprattutto nel momento più critico della loro giornata, il dopo pasto, quella mezz'ora nella quale sono talmente sconvolte e fuori di sé che sono capaci di fare qualsiasi cosa... e loro hanno la splendida idea di metterle al terzo piano con finestre aperte sul vuoto senza grate e protezioni di sorta. E senza personale a controllare... Dico solo che mia figlia oggi è viva per miracolo e due volte in quel mese è finita in ospedale a far lastre. Quel povero polso lo ha distrutto a forza di cazzotti contro il muro dopo aver mangiato... Perché Maya è una cavalla di razza, con un carattere dolcissimo ma molto forte, e per domarla bisogna avere due palle grosse così. Nella sua malattia, ci è riuscita solo la dott.ssa Svarca del Salesi, una cavalla di razza come Maya: e difatti le due si vogliono un gran bene.

A Todi invece, io ho visto solo tanta negligenza, tanta faciloneria, tanta incompetenza e presunzione. Tanto personale giovanissimo, totalmente impreparato per affrontare pazienti dalla patologia così complessa. Una direttrice del centro che non si vede mai e mai interagisce con i familiari. Personale vaccinato magari sì, preparato assolutamente no: ingannato costantemente da ragazzine super intelligenti e super sensibili con un QI triplo del loro che escono con parte della cena tutta dentro ai pantaloni senza che si accorgano di nulla. Maya si divertiva quando la riprendevo la sera e mi cominciava a cacciare il pane dappertutto, nei risvolti dei pantaloni, in mezzo ai capelli tra le orecchie... «bah, guarda un po' che ho qui e qui e qui... non si accorgono di nulla! Con la dott.ssa Svarca al Salesi non riuscivo nemmeno a pensare una strategia che subito lei mi sgamava al volo... lei sì che sapeva tutti i trucchetti... qui è davvero troppo ma troppo facile ingannare il personale! Andiamo a fare il solito giro a piedi per il paese? Ci fermiamo al bar col vecchietto di ieri con cui stavi a discutere di politica? Ha mangiato bene Rio? Tu che hai fatto tutto il giorno? Posso riscalare quella parete di mattoni di ieri?».

Usciamo da Todi dopo un solo mese contro i 3 minimi preventivati. Un colloquio finale surreale di mezz'ora con uno degli psicologi del centro, perché la direttrice Dal Torto (come la chiamava Maya), noi in quelle 4 settimane non l'abbiamo mai vista. Sostanzialmente avevano deciso di sbatter fuori la bambina perché testuali parole, «manifesta troppa ansia nei confronti del cibo». Un centro di recupero per disturbi alimentari. Giuro, tutto vero.

Ovviamente invece, era una clamorosa cazzata per evitare di dire due verità: primo, «non siamo d'accordo che vostra figlia non sia vaccinata; questa è la nostra vendetta sottile dopo le discussioni pregresse, per avervi fatto entrare», secondo «accettiamo solo pazienti facilmente gestibili, collaborative, non difficili, non impegnative come Maya».

Non ci metto la mano sul fuoco, ma secondo me avranno pensato così: «Ormai il SSN ha autorizzato i 6000 euro di spesa. Ormai devono entrare. Facciamogli fare un mese soltanto e li mandiamo a casa non autorizzando la spesa successiva».

A Todi nessuno resta meno di 3 mesi. Noi no vax uno soltanto. Un caso?

Maya rimase profondamente turbata e molto rattristata dalla decisione del centro. Credeva di rimanere a Todi almeno un altro paio di mesi. Pianse molto quando le comunicammo, anche noi assai delusi, che invece tornavamo a casa. Mai scorderò il suo viso in quel momento. Per lei era un bocciatura. Anche se quel centro non lo amava per niente, comunque per lei rappresentava una sicurezza, la sicurezza dell'obbligo di mangiare. Che poi lei provasse in tutti i modi a non farlo era un'altra storia. Fuori invece c'era l'ignoto, l'inferno, il burrone. Lei era terrorizzata: aveva veramente paura di lasciarci la pelle. Le anoressiche non possono controllare la loro fobia del cibo. E' una sorta di possessione.

Mai scorderò l'inflessibilità più totale di Palazzo Francisci, la chiusura radicale ad ogni dialogo possibile per prolungare di un solo mese la permanenza e metterla alla prova. Ci hanno abbandonato, ben sapendo che in quello stato, Maya aveva una sola strada possibile: il ricovero coatto in ospedale. E così infatti fu.

Se siete in dubbio, state ben alla larga da questo posto. Maya, dopo l'ingresso a Todi è solo peggiorata, con maggior ansia nei confronti del cibo ed addirittura due ulteriori kg persi. Come è possibile questo, dopo aver inviato la propria figlia in un centro di recupero per DCA rimane un mistero. Come se entri in un centro per alcolisti anonimi e tutte le sere esci sbronzo. Mah...

Sarà stata in ogni caso ben felice la direzione di aver perso l'unica paziente no vax, che incredibilmente però, contro ogni previsione, non ha sterminato nessuno con il suo orribile aerosol. Ma tanto a loro il lavoro non manca: dopo il Covid i disturbi alimentari sono letteralmente esplosi. Forse gli scienziati del centro, anziché continuare a difendere l'indifendibile, ovvero la gestione della pandemia da parte del governo italiano che ha aumentato a dismisura i disagi psichiatrici nei giovani, dovrebbero porsi qualche domandina. O forse non gli conviene: più delirio vaccinale, più malate e più lavoro per loro.

Todi è un centro che a mio avviso vive del blasone di un tempo passato. Magari siamo stati sfortunati noi ed abbiamo fatto un'esperienza negativa, però statisticamente lo ritengo improbabile: non ho incontrato un solo genitore nel paese soddisfatto dell'esperienza avuta e con miglioramenti evidenti successivi dei figli. Di altre residenze come Pontremoli, Villa Miralago, la Gruber a Bologna, invece ho sentito parlare decisamente meglio.

Maya dopo Todi era diventata uno scheletro. Era praticamente quasi impossibile fargli mangiare qualcosa di sostanzioso. Giorni interi con solo due fragole. I pasti potevano durare anche ore con continui patteggiamenti, promesse, tentativi di nascondere pezzi di cibo, sminuzzato fino a livelli subatomici. Praticamente vedevo gli atomi di cibo, le orbite di Bohr degli elettroni intorno al nucleo. Il delirio non era tanto durante, quanto dopo. L'oretta dopo. E così dovevamo inventarci le strategie più assurde per controllare la sua infinita angoscia. Spesso la mettevo a disegnare ed in soli 5 minuti cacciava fuori inquietanti opere d'arte di questo tipo...

Maya nonostante tutto, dopo l'uscita dal centro di Todi, senza aver più ballato per molti mesi, riesce a preparare in pochi giorni lo spettacolo di fine anno con la sua fantastica scuola Danzasia. Ancora non lo so dove ha trovato la forza di arrampicarsi verso il cielo come una scimmietta su per quel telo...

A proposito Maria Pia, Maria Sole e Gracielle... grazie infinite per la vostra vicinanza, così discreta, così costante, così sincera! Siete state 3 angeli scesi sulla terra... A voi sempre riconoscente, sempre grato. Senza la stampella della danza, Maya non ce l'avrebbe fatta.

Dopo il saggio, partimmo tutti e 4 per la Grecia, un po' di giorni al mare in totale relax tra Santorini e Milos, nel tentativo di cambiar in meglio le cose ed invertire la rotta. Purtroppo però, a nulla servì: poche settimane dopo, ad agosto 2022, Maya si ricovera per la seconda volta al Salesi. E' nel picco della sua terribile malattia e non riesce più a mangiar nulla. Sono necessarie ben 3 settimane di sondino naso gastrico in cui il cibo è sostituito da integratori liquidi come Fortimel, Ensure e Resource a più non posso... nomi che tutte le ragazzine con anoressia conoscono bene.

Selfie strappato da Maya al Dott. Severini

Meno male invece che nel centro Disturbi Alimentari del Salesi di Ancona abbiamo incontrato un'equipe davvero validissima, con medici tanto preparati quanto umani: col Dott. Severini, col Dott. Mazzone e la Dott.ssa Svarca Maya ha immediatamente legato e stabilito un bel rapporto di fiducia e collaborazione reciproca. Tutt'oggi andiamo lì per controlli mensili regolari.

Tornando indietro, oggi non avrei mai fatto i salti mortali per entrare a Todi. Al di là dell'esperienza negativa, credo che questi centri servano in realtà a poco o niente. Non esistono statistiche e pubblicazioni che nei DCA attestano la superiorità dei trattamenti residenziali e semiresidenziali in strutture di questo tipo (dove i ragazzi vivono e pernottano oppure vivono tutto il giorno uscendo solo la notte per dormire) rispetto ai classici ambulatoriali, con semplici visite di controllo ad intervalli regolari, vita classica in famiglia e psicoterapia domestica e familiare.

Oggi io credo che l'unico vantaggio dei primi rispetto ai secondi sia quello di permettere ai genitori di rifiatare un minimo. Perché l'anoressia porta allo sfinimento ve lo assicuro. Si va all'inferno ed il malato fa sempre ammalare tutta la famiglia, in quanto a differenza di tutte le altre malattie, lui non vuole guarire.

Nelle residenze, questi i ragazzi magari trovano pure il loro equilibrio, ma poi puntualmente tornano punto ed accapo quando ne escono e riprendono la vita reale di prima nel loro contesto naturale. E' lì invece, nel loro ambiente, che volenti o nolenti, vanno risolti tutti i problemi.

Per carità, non è il mio lavoro, non sono uno psichiatra. Questa è l'idea che mi sono fatto in base alla mia esperienza ed agli incontri fatti con altri genitori, e che ritengo giusto condividere nel mio blog, affinché possa esser d'aiuto ad altre persone e spunto di riflessione.

Sono anche giunto alla conclusione che ogni approccio medico, a parte ovviamente il ricovero forzato quando si è a rischio vita, sia totalmente sbagliato. Palesemente inadeguato, se non controproducente. La medicina ufficiale nei confronti dei DCA fondamentalmente non sa dove sbattere la testa e l'unica cosa che sa e può fare è imbottire i pazienti di farmaci, soprattutto benzodiazepine, antipsicotici ed antidepressivi, mantenendoli il più possibile nel tempo.

La ragazza è malata? Cominciamo col minimo dosaggio utile del protocollo. Peggiora? Aumentiamo la dose. Peggiora sempre più? Cambiamo tipo di farmaco. Peggiora lo stesso? Aumentiamo la dose arrivando al massimo tollerabile. Continua a peggiorare in modo costante? Manteniamo i farmaci ed i dosaggi al massimo perché senza, andrebbe sicuramente peggio... Migliora? Allora è merito dei farmaci dunque non possiamo minimamente pensare di ridurre. Guarisce? Non possiamo toglierli perché sarebbe a rischio ricaduta... Beh, a mio avviso, pura follia. Una follia tra l'altro senza il minimo straccio di giustificazione scientifica, senza alcun minimo rapporto di causa-effetto tra dosaggio farmacologico e progressione o regressione della malattia. Ma tant'è.

Giudichereste valido d'altronde un protocollo medico in base al quale, il 10-15% delle pazienti muore, il 40% guarisce completamente, l'altro 45-50% cronicizza? Io no, ma d'altronde, la gente ritiene efficace un vaccino, che non è un vaccino ma un siero genico pericolosissimo con pesantissimi effetti avversi, con il quale ci si ammala ripetutamente, si contagia e si finisce pure in terapia intensiva. Crepando pure.

Per carità, nella fase acuta della malattia dove è anche alto il rischio suicidio, i farmaci probabilmente sono indispensabili per ridurre depressione, crisi d'ansia e pensieri ossessivi.

Ma poi? Credo che facciano solo danno, in primis perché sono pura spazzatura che creano forte dipendenza psichica e dei quali sono totalmente ignoti gli effetti a medio e lungo termine, soprattutto in cervelli in crescita, mancando totalmente studi indipendenti che abbiano un minimo di credibilità. E poi interferiscono pesantemente con la psicoterapia. Non c'è nessuna ma proprio nessuna prova che nel lungo periodo diano un minimo di beneficio rispetto al non far nulla.

A posteriori, credo anche che siano il più delle volte sbagliate certe forme di psicoterapia che tendono eccessivamente a vittimizzare il paziente senza responsabilizzarlo. Forse occorre capovolgere il punto di vista e sfruttare magari la stessa malattia per uscire dalla malattia. Combattere l'anoressia è come combattere un cancro terminale. Perdi, a meno che non te lo rendi amico. Se lo combatti, lui si incattivisce e ti uccide.

Mi sono sfiancato di corse sul lungomare e sul bagnasciuga con Maya, fatto passeggiate eterne a Todi, discorsi eterni, a base di logica e tentativi di persuasione. Ma il disturbo alimentare è totalmente illogico e per scardinarlo, occorre ribaltare il paradigma: le adolescenti che sono vittime dell'anoressia, amano la propria malattia e non vogliono abbandonarla. La chiave di volta sarebbe trovare il modo per fargli odiare la loro amante “Ana” mettendole di fronte alle loro palesi contraddizioni. Come non lo so. Non è il mio lavoro. Ma so ad esempio che l'approccio della “psicoterapia breve strategica” di Giorgio Nardone qualche risultato positivo con Maya lo ha dato. Come indubbi risultati positivi sono arrivati dalla psicoterapia familiare (meno da quella individuale) in cui non è la malata il focus della discussione, ma i singoli membri della famiglia.

Forse combattere ferocemente l'anoressia è totalmente inutile e la malattia, quando la ragazza non è a rischio vita, deve fare il suo decorso. Difficilissimo da accettare per due genitori, mi rendo conto. Ma è una lotta contro i mulini a vento e più si lotta, più si dà alla malata la totale sensazione di controllo e dunque di piacere. Perché l'anoressia è la malattia del controllo: del peso, del corpo, della fame, delle emozioni, delle pulsioni. Una forma di ascetismo religioso in cui tutto è portato al limite: più le condizioni fisiche peggiorano più l'asticella si alza; più peggiorano più si sentono forti nel resistere e godono di questa sensazione di onnipotenza.

E' impossibile dire a due innamorati di separarsi... bisogna attendere che si rompono le palle l'uno dell'altro o sostituire l'amante con un altro positivo. Ecco la ragazza anoressica deve sostituire un Dio falso (il loro corpo e la percezione del suo corpo) con un altro Dio. Forse dunque la malattia va affrontata anche a livello spirituale. E' alla fine una forma di ossessione, di possessione. Chi lo sa... forse l'incontro con Dio può davvero riuscire dove invece la medicina alza le mani. Avrei detto follia un anno fa. Oggi non più.

Poveri giovani adolescenti, massacrati da Covid e social... indubbiamente le vittime maggiori della pandemenza. Dopo il 2021 i suicidi, i disturbi alimentari, i disagi psicologici e psichiatrici, sono esplosi all'inverosimile nei giovani, con l'età media di insorgenza dei sintomi, soprattutto nel caso dei DCA, che si è abbassata clamorosamente di un paio di anni, arrivando agli 11-12 anni (come Maya) ed anche meno.

Intorno a me vedo solo ragazzi depressi, persi, malati, con grossi problemi e fortissima dipendenza da psicofarmaci e dispositivi elettronici.

Minimamente toccati dal problema Covid che per loro era un banalissimo raffreddore il più delle volte asintomatico, questi poveretti sono stati isolati e confinati in casa (perché bisognava salvare i nonni giusto?) davanti a schermi LCD, in balia di social media e propaganda sanitaria, in didattica a distanza per ben due anni, costretti quelle poche volte che si faceva lezione in presenza, a portar museruole in viso per 5-6 ore consecutive manco fossero rottweiler e mantenersi distanziati, senza poter fare sport, senza occasioni di incontro... criminalizzati in TV se si abbracciavano, se stavano insieme e si divertivano. Vi ricordate?... «E' tutta colpa della scuola, bisogna chiudere le scuole, i ragazzi sono totalmente irresponsabili, finché le scuole saranno aperte non ne usciremo etc...» Quante volte abbiamo sentito dai pennivendoli televisivi frasi di questo tipo?

Tutto ciò ha inasprito o fatto esplodere patologie pregresse, scatenato disagi latenti e donato loro solo tendenza al ritiro sociale, ansie generalizzate e pessima preparazione scolastica delle quali subiranno pesanti conseguenze negli anni a venire... il vomitevole mainstream li ha divisi in due fazioni belligeranti, hanno dovuto assistere alla perdita del lavoro dei genitori ed a forti litigi familiari, divorzi inclusi (ne ho visti diversi ed oltretutto ci sono andato vicino anche io...) in nome di uno stupido farmaco dai pesantissimi effetti avversi; sono stati costretti ad iniettarsi un veleno di cui non avevano alcun bisogno che probabilmente li segnerà farmacologicamente a vita.

Alcuni di essi, dopo esser stati magari pure convinti con un semplice gelato, sono morti di malore improvviso. Come Camilla Canepa, autopsia alla mano, morta di vaccino. Per AIFA invece, morte naturale e nessuna correlazione perché il fatto è accaduto poco dopo i fatidici 14 giorni dalla puntura assassina. Come tantissimi altri giovanissimi sportivi, senza patologie pregresse che il mainstream vuol far morire di “morte naturale”. Morte naturale a 12 anni. Ripeto, morte naturale a 12 anni... E finisco qui il capitolo, altrimenti comincio a dire parolacce.

2020-2023: un triennio difficile... con un incontro inaspettato

Cazzo, è dal 2020 che comunque non gira bene... un problema dietro l'altro, senza un minuto per rifiatare... Da quel triennio di delirium tremens ne siamo usciti effettivamente tutti e 4 con le ossa rotte. Un periodo così difficile non poteva non turbare anche la tranquillità dell'altro mio figlio adolescente Leonardo. Anche per lui è stato complicato ridurre la forte dipendenza dallo smartphone che ormai caratterizza tutti i ragazzi della sua età e tornare alla normalità ed alla vita organizzata di prima, scandita di impegni culturali e sportivi che poco a poco si erano dissolti.

Gaby ha rischiato un forte esaurimento nervoso, destabilizzata mentalmente sia da un brutto “Long Covid”, sia dall'isolamento forzato e protratto nel tempo causato da un tampone molecolare che non si negativizzava (già il molecolare, altra menzogna clamorosa...), sia da un orribile clima di odio e persecuzione normativa nei nostri confronti. Destabilizzata, lei così credente, da una Chiesa in cui ha sempre creduto ed in cui ora non riconosceva più, da amiche che non capiva più, da colleghi di lavoro e parenti ormai lontanissimi a livello ideologico. E così, dopo la crisi personale mia, è arrivata anche la crisi personale sua ed a cascata quella dei miei figli.

La verità è che Gaby, dopo avermi seguito in ogni cosa, ad un certo punto aveva mollato e quasi ceduto al ricatto vaccinale. Troppo alto era il prezzo da pagare. Non tanto l'impossibilità di andar in palestra, viaggiare o lavorare, quanto l'isolamento e lo stigma sociale. Per me, il pane quotidiano in quanto marxista-leninista no vax no tav no PD, no UE, no Euro, no NATO no tutto. Per lei intollerabile. E poi soprattutto, il suo papa Bergoglio, che papa tra l'altro non è mai stato, piuttosto rappresenta il più fedele servo delle elite mondialiste sataniste del WEF di Davos oppure per dirla alla Don Minutella, l'apostata usurpatore del trono di Pietro, sosteneva che il vaccino fosse un atto d'amore! Talmente innamorato l'usurpatore del siero malefico ad mRna che ha addirittura coniato una moneta, in cui è raffigurato un giovane al quale un infermiere ed un medico fanno l'iniezione genica: tutti e 3 i personaggi, manco a dirlo, indossano la museruola.

Quel figlio di una buona donna con la frase, «il vaccino è un atto di amore ed un obbligo morale», ripetuta diverse volte ed ovviamente riproposta con ossessione dalla propaganda a reti unificate in ogni occasione e contesto, ha giustificato i peggiori attentati contro la libertà, il lavoro, la Costituzione e l'autodeterminazione dei popoli, condannando a morte, o malattia perenne, centinaia di milioni di persone al mondo. Non è dunque il papa, ma è Satana in persona. E la Chiesa (intesa come istituzione), per l'ennesima volta nella sua storia, si è nuovamente schierata contro il popolo e dalla parte del più forte.

Gaby che a livello scientifico si è sempre fidata di me, non capiva più le mie posizioni... il “papa” (tra virgolette doverose) l'ha mandata in confusione... non poteva non obbedire alle parole del capo della sua Chiesa, ma neppure riusciva a capire come lui potesse spingere all'inoculazione di un veleno oltretutto creato con linee cellulari di feti abortiti, come non potesse dire una sola parola degli idranti a Trieste sparati su persone inginocchiate col rosario in mano, una sola parola di conforto per i danneggiati da siero genico, oppure per le chiese chiuse e quando riaperte senza acqua benedetta, per la polizia schierata il giorno di Natale con i cani nella Basilica della Madonna di Guadalupe in Messico per non far entrare i fedeli... tanta confusione in testa.

Nulla tornava della narrazione ufficiale, se ne rendeva conto, ma metter in discussione la cosa in cui più credeva, la Chiesa, per lei era un passo troppo grande. Non era pronta. Ed ad un certo punto era arrivata al fatidico bivio: seguire il marito che ormai aveva fatto terra bruciata attorno a sé nella guerra contro il mondo, o tutti gli altri? Suo marito o tutta la sua famiglia messicana (il solo grande Peppe escluso)? Suo marito o tutta la sua famiglia italiana acquisita?

Tutti i “cattolici” (virgolette doverose) intorno a lei la pensavano in un modo, nell'unico modo possibile ed ammissibile socialmente per evitare la lettera scarlatta, ed offrivano felici il deltoide in sacrificio alle nuove divinità Burioni, Speranza, Figliuolo, Conte, Draghi e via dicendo, visti come i supereroi della Marvel della pandemenza, i salvatori dell'umanità.

Le sue presunte guide spirituali poi, manco a dirlo vacciniste ed ipocondriache all'inverosimile, delle vicende Covid non hanno mai capito un cazzo ed hanno sempre rifiutato ogni forma di dialogo e discussione sul tema, predicando e propagandando per anni dai pulpiti solo senso del dovere e rispetto decerebrato ed incondizionato di regole ed istituzioni.

E lei doveva credere ad un marito mezzo ateo, mezzo agnostico con Il Capitale di Marx dentro casa? Gaby vacilla e crolla emotivamente. Lei, messicana così ipersociale e sensibile, non è abituata a quegli occhi di condanna e stigma della gente. Sua madre oltretutto sta anche morendo. Deve obbedire all'usurpatore del trono di Pietro.

Per riuscire a mantenere la barra a dritta in quei mesi, impedendogli di fare a lei ed ai miei figli un passo del quale si sarebbe pentita tutta la vita, ho dovuto attingere ad ogni risorsa fisica e mentale: settimane intere di discussioni e litigi fino allo sfinimento. La separazione fu davvero vicina: io per il no al siero genico avrei mandato all'aria una famiglia intera. Ero pronto a morire. Ero pronto al martirio. Non lo nego. Anzi, ne sono orgoglioso.

Gaby dopo il suo Long Covid e lo stress da reclusione, aveva cambiato casacca. Io però mai avrei permesso l'inoculazione di quella spazzatura genica alle persone a me più care. A maggior ragione ora, con immunità naturale acquisita! Già, tra le tante assurdità scientifiche della vicenda, questa indubbiamente è nel podio: hanno imposto il buco sperimentale anche a persone che già avevano un alto livello di anticorpi naturali esponendoli ad altissimo rischio di ADE (antibody dependent enhacement ovvero potenziamento anticorpo dipendente), sostanzialmente i classici malori improvvisi che oggi vediamo con così tanta frequenza.

Mi impongo e decido io per tutti. Si fa come dico io. Punto. Senza se e senza ma. Datemi pure del fascista, datemi dell'omofobo o del maschilista. Quello che volete.

Di comune accordo, io e Gaby ci allontaniamo. Lei torna in Messico per sfuggire alla follia italiana, riflettere e ritrovare la stabilità emotiva e la serenità interiore perduta. Furono quelli proprio i mesi in cui vedevo mia figlia undicenne sprofondare nell'inferno dell'anoressia e della depressione giovanile senza che potessi far nulla per invertire la rotta. Solo come un cane. Incredulo e sbalordito di quanto stava accadendo.

Ricordo che il mio amico no vax Stefano Pezzoli a febbraio 2022 mi chiamò per organizzare qualcosa di grosso di cui preferisco non parlare ed io gli dissi... «Stè, sono in mezzo ad un mare di merda... sono solo, Gaby è tornata in Messico, abbiamo una situazione un po' particolare. Non so nemmeno se tornerà più, e mia figlia si sta ammalando... non so che sta succedendo, ma Maya è molto triste e non mi mangia più. Non c'è verso. Ho contattato i medici del centro DCA del Salesi... Stè non me la sento, non trovo il tempo. Devo star vicino a lei...». Lui, conoscendo bene il carattere esplosivo e super allegro di Maya, non aveva inizialmente creduto a quelle parole... Da quel momento in poi però, giù in picchiata verso l'abisso.

Forse sono in quei momenti, in quelle sere invernali di buio e solitudine totale, passate tra una manifestazione e l'altra, a coccolare mia figlia con lo sguardo totalmente spento e perso nel vuoto, a parlare con mio figlio impaurito di quello che stava accadendo alla sorella, a leggere libri sui disturbi alimentari e pubblicazioni scientifiche sul Covid al fine di completare la stesura di un saggio che stavo scrivendo insieme ad Alessandro Pascale, che mi sono avvicinato a Dio per la prima volta nella mia vita. Molto titubante, molto dubbioso, molto discontinuo perché il San Tommaso che è in me, prende sempre il sopravvento... L'incontro però credo ci sia stato.

Un incontro inaspettato, in passato sempre rifiutato ideologicamente perché “le religioni sono l'oppio dei popoli”... vero, lo penso tuttora. Ma magari, possono anche esser un oppiaceo dagli effetti positivi, una cannetta leggera di marijuana naturale anziché eroina purissima sparata in vena, che non spegne lo slancio rivoluzionario, non ostacola la lotta di classe affievolendo il desiderio di giustizia terrena (tanto c'è un aldilà...) e di un mondo migliore, più equo e giusto, ma semmai li accende, li fortifica, donandogli maggior forza spirituale. Forza spirituale unita alla forza ideologica di un pensiero politico strutturato... immaginate che miscela esplosiva per abbattere il capitalismo e l'imperialismo nel mondo! Marx e Dio possono e devono far pace!

Che cazzo ne so... scusatemi, deliri mentali dell'una di notte, momento in cui sto scrivendo questo testo. In cucina con Rio, sempre attaccato a me come una cozza.

Estate 2023. Fortunatamente, la bufera è passata e siamo (quasi) usciti da quel triennio di delirium tremens. Gaby sta benone. Il suo totale recupero, dopo la crisi emotiva ed una forte depressione conseguente, è stato fondamentale anche per il recupero di Maya: al ritorno dal Messico lei si è dedicata anima e corpo ai suoi amati figli ed insieme abbiamo davvero “scalato una montagna” recuperando il nostro bellissimo rapporto.

Estate 2023. Fortunatamente, la bufera è passata e siamo (quasi) usciti da quel triennio di delirium tremens. Gaby sta benone. Il suo totale recupero, dopo la crisi emotiva ed una forte depressione conseguente, è stato fondamentale anche per il recupero di Maya: al ritorno dal Messico lei si è dedicata anima e corpo ai suoi amati figli ed insieme abbiamo davvero “scalato una montagna” recuperando il nostro bellissimo rapporto.

Oggi mi ringrazia immensamente per quanto fatto, ogni santo giorno, per aver tenuto durissimo in quei mesi durissimi. Ha capito di esser stata vittima di un grande inganno, di un'enorme pressione psicologica, a tratti insostenibile e non ce l'ha fatta a reggerla: oggi lei è la più fedele sostenitrice no vax del mio pensiero. E' rimasta geneticamente integra, è rimasta appartenente all'esiguo, eletto ed illuminato “gruppo di controllo”, il gruppo a cui tutti oggi vorrebbero appartenere ma non possono più perché il passo che hanno fatto è stato irreversibile, a differenza del nostro. E' orgogliosa e felicissima di questo, anche perché ha capito tutte le enormi implicazioni spirituali, morali e religiose della vaccinazione Covid, tutt'altro che secondarie rispetto a quelle scientifiche e medico sanitarie, politiche ed economiche, antropologiche e sociali.

Ha anche completato il lungo percorso di consacrazione alla Madonna secondo S. Luigi Maria Grignion de Monfort e tradotto tutto il materiale in italiano inserendolo in un canale telegram: un percorso appassionante e coinvolgente che lei sostiene averle cambiato completamente la vita donandogli una forza spirituale prima di allora sconosciuta. Oggi, la sua fede è più forte e viva che mai, decisamente diversa da prima, più consapevole, profonda, ragionata, studiata e sincera. Ha capito anche lei chi è veramente l'usurpatore. Oggi ho al mio fianco una credente rivoluzionaria che ha incontrato anche un bellissimo gruppo di veri credenti rivoluzionariamente tradizionalisti.

Abbiamo anche trovato ed incontrato sacerdoti eroici e coraggiosi come Don Stefano di Villa Lempa e Don Dino di Colonnella: entrambi erano ben pronti alla sospensione dal vescovo della diocesi pur di non bucarsi con il siero malefico ad mRna. Dai loro pulpiti, anche perdendo frotte di “fedeli” (anche qui, virgolette d'obbligo), invitavano in quei tempi bui le persone a non vaccinarsi, esponendosi al pubblico ludibrio come fanno i veri leader popolari. Chapeau. A loro, la mia più totale, sincera ed incondizionata stima ed ammirazione per non essersi piegati al ricatto vaccinale ed esser stati la guida spirituale di molte persone nel momento delle tenebre. Bravissimi! La Chiesa, la società, l'Italia intera ha bisogno di persone come voi.

Al vescovo della diocesi invece, tal Carlo Bresciani, l'ennesimo dei tanti fedelissimi pagliacci servi del sistema, una grande e fragorosa pernacchia. Caro Carlo, la tua bella mitra in testa colorata non ti salverà dal giudizio finale: risponderai davanti a Dio della persecuzione che stai facendo agli eroi della pandemenza.

A tutti gli altri sacerdoti invece che non hanno compreso la portata spirituale epocale di quanto stava accadendo, la mia compassione. Come dice spesso Don Stefano, aver capito quanto accaduto è una grazia. E loro non l'hanno avuta. E mai l'avranno, anche se piagati dagli effetti avversi: sono troppo superbi per ammettere di aver preso il granchio più grande della loro vita.

Oggi sono sereno. So chi sono. La vista dell'inferno, le esperienze fatte e l'incontro con sacerdoti che ho ammirato molto per la loro integrità e fermezza, mi hanno donato un pizzico di fede, crescente anche se totalmente incerta, altalenante ed acerba.

Vado anche a messa almeno una volta a settimana. Due sono le “conditio sine qua non” per far questo ed avvicinarmi al sacro: primo, la messa deve esser tridentina ovvero rigorosamente in latino con rito antico (credetemi, con una sacralità nettamente superiore rispetto a quella moderna perché la vera star non è più il sacerdote ma il Padre Eterno), e secondo, il prete deve essere No vax, l'unico che per me può avere una minima forma di credibilità di fronte a Dio ed al popolo di Dio. Sono un rivoluzionario ed ascolto prediche solamente da rivoluzionari, non da pecore belanti e quaquaraquà, non da gente che si è messa a pecorina accettando e facendo accettare ad innocenti anime una ad una tutte le supposte geniche somministrate dal demonio.

Oggi nella Chiesa, i veri rivoluzionari sono i tradizionalisti; la vera rivoluzione è rappresentata dalla tutela della tradizione, dal ritorno ai veri valori apostolici e dal rifiuto totale ed incondizionato del neomodernismo bergogliano post Concilio Vaticano II. Non è un caso che l'usurpatore argentino, dopo aver attaccato i no vax, abbia preso ad attaccare pesantemente con il suo “Traditionis custodes” anche la bellissima messa in latino, mettendo fine alla sua liberalizzazione voluta invece dal (vero) papa predecessore, Benedetto XVI.

E così oggi, la parola d'ordine nella Chiesa bergogliana satanista è: inclusione per tutti, ma non per i tradizionalisti. Solo loro, esattamente come i no vax, devono esser mandati al rogo. Perché? Semplicemente perché sono gli unici che hanno capito il disegno in atto e vi si oppongono: la creazione di un'unica religione mondiale in perfetta sintonia con il pensiero unico mondiale della nuova società orwelliana che verrà. E credo che abbiate già capito quale sarà il neo-dio da adorare.

Spesso mi chiedo perché, dopo una vita da ateo ed anticlericale, oggi faccio chilometri e chilometri per partecipare ad una messa antica quasi decretata fuorilegge dall'usurpatore, concessa con molta fatica dal pagliaccio a Don Stefano solamente due volte al mese, manco fosse un raduno di assassini, mafiosi, camorristi e pedofili stupratori seriali... e perché mi ritrovo in ginocchio davanti ad un altare a prendere la comunione (rigorosamente sulla lingua, mai in mano) senza comprendere ancora bene quello che sto facendo.

La verità è che non lo so. Sì certo... incontro tutte persone no vax, intelligenti, educate, assai rispettose della diversità e molto preparate culturalmente, con cui è davvero piacevole parlare e discutere senza cospargersi il corpo di amuchina e mettersi 4 museruole in viso; è vero, sono un po' diverso, ideologicamente marxista pro lotta di classe e con una fede piuttosto ballerina, ma ho molti più punti in comune con i tradizionalisti che con un membro radical chic di Potere al Popolo che sa solo sventolare bandiere LGBT (lo scrivo così e basta perché aggiungono continuamente nuove sigle...) e dell'Ucraina, con Green Pass su smartphone e foro deltoideo da siero genico sempre in bella mostra.

E poi accompagno mia moglie che è enormemente contenta di questo dopo una vita che è andata sempre da sola in Chiesa supplicandomi amorevolmente di seguirla... 15 anni di pazienza e perseveranza hanno dato i loro frutti!

Però c'è anche dell'altro. Intuisco anche che esiste un mondo che non conoscevo minimamente e che vale la pena di approfondire. Intuisco che devo ringraziare Qualcuno perché mia figlia è viva e sta bene... perché quella sera a Todi, dopo aver fatto cena ed esser stata costretta in lacrime a finire tutto, Maya ha preferito mollare a tutta forza un cazzotto al muro rompendosi quasi il polso e fare un passo indietro, anziché un passo in avanti verso quella finestra incustodita e spalancata sul vuoto. Sono stato vicinissimo, ma davvero vicinissimo, io solo so quanto, a perdere una figlia. Le ragazzine che erano con lei in ospedale stanno ancora tutte molto male.

Sento che ho solo da ringraziare perché questo pomeriggio ho abbracciato in chiesa un padre sconvolto, il cui volto distrutto dal dolore non lo dimenticherò mai più, che ha scoperto e dovuto tirar giù da una trave la figlia diciassettenne morta suicida: si è impiccata a seguito di disturbi alimentari esplosi in concomitanza del Covid. Stanotte, 9 agosto 2023, nel momento in cui scrivo, ho il cuore in frantumi e gli occhi gonfi di lacrime... «Non ce l'ho fatta a fermarla, maledetto Covid, prima del Covid era felice... non ce l'ho fatta a salvarla...». Ancora mi rimbombano in testa quelle sue parole con la voce flebile e le mani che tremavano.

Sento che devo ringraziare Qualcuno perché mio figlio è con me, ribelle come d'altronde ero anche io da adolescente, ma vivo, buono, sano e bello come il sole. Tutte le ragazzine dietro a lui... Perché la mia famiglia oggi è più unita che mai, felice e geneticamente integra, col sangue non contaminato da un siero spazzatura. Sento che devo ringraziare perché la forza e l'intelligenza che ho avuto nel superare ogni avversità e nel capire quanto stava accadendo, forse non sono venute tutte da me. Forse Qualcuno mi ha sostenuto e mi ha illuminato...

Perché sento che il mondo va in malora e la gioventù è totalmente persa, senza più valori, stimoli ed obiettivi... sento che la società che stanno per costruire vuole fagocitare ed annullare i miei figli, e che forse, senza mai rinunciare alla lotta di classe terrena, qualche preghiera ogni tanto per loro ed i miei cari non può che far bene.

E poi, quando esco da quella bellissima messa in latino, con tanti splendidi momenti di silenzio e di introspezione, beh, provo un maggior senso di pace interiore, che invece non sento e non ho mai sentito nell'altra messa moderna. Un senso di pace un po' simile a quando sono totalmente immerso nella natura più selvaggia.

Sia ben chiaro eh... sta pace dura ben poco... il fuoco che c'è dentro non si spegne in nessun modo, manco se Don Stefano o Don Dino prendono a predicare contro vaccini ed imperialismo NATO in aramaico antico, o prendono a far l'apoteosi di Fidel Castro, Thomas Sankara o Hugo Chavez.

Oggi vado in Chiesa, sì, ma sono e rimango un peccatore socialista di basso, anzi, bassissimo livello: sono e sarò sempre ben lontano dal concetto di perdono cattolico, nel quale non mi riconosco per nulla. Perdono un pezzo di cazzo. Perdonare chi? Mario Draghi o Roberto Speranza? Conte o Figliuolo? Burioni o Bassetti? Perdonare Satana in persona? No, io queste bestie le voglio alla forca. San Michele Arcangelo non perdonava il demonio, ma usava la sua spada per infilzarlo!

Io non dimentico quanto successo. Non ce la faccio. E' più forte di me. Mai più potrò guardare moltissime persone con cui ho interagito in questi 3 anni con gli stessi occhi di prima perché ne ho totalmente perso la stima. E per quanto mi riguarda, la stima una volta persa non si riacquista. Oggi fanno finta di niente, come se nulla fosse successo, ma io so bene, che alla prossima emergenza (ambientale? sanitaria? economico finanziaria? alimentare? politica?....) saranno gli stessi a bersi nuovamente ogni puttanata del sistema, schierandosi dalla parte del più forte ed abdicando nuovamente ad ogni sorta di pensiero critico e logico. So bene che, se un domani la propaganda comincerà a metter in croce, in nome dei cambiamenti climatici, le persone che mantengono la propria vecchia auto e si rifiutano a passare all'elettrico, loro saranno spietati contro chi non obbedirà al nuovo diktat oppure gireranno la faccia dall'altra parte di fronte alle persecuzioni contro i “terroristi climatici”. So bene che alla prossima emergenza loro saranno Hutu ed noi Tutsi, loro saranno nazisti e kapò, noi invece la resistenza partigiana.

No, mai dimenticherò quanto successo e sempre denuncerò in ogni contesto, luogo e situazione possibile, il più grande crimine della storia dell'umanità. Sempre metterò di fronte alle loro responsabilità le persone autorevoli che potevano e dovevano parlare salvando molte vite, ed invece non l'hanno fatto, come preti, insegnanti, medici e giornalisti.

Devono pagare! Le vittime del Covid, assassinate da protocolli medici criminali, da cure negate, dalla disinformazione e soprattutto da sieri genici sperimentali killer, meritano giustizia!

Non voglio vendetta: scherzavo prima sulla forca, sono contro la pena di morte... Voglio solo sacrosanta giustizia, ed al momento terrena perché quella divina, al di là della fede, nessuno sa come sarà e soprattutto se arriverà o meno... io spero di sì, anche perché probabilmente, il buon Dio, tanto misericordioso in questa vita, credo che sarà invece spietato nel momento del giudizio.

Anche Maya e Leonardo oggi, estate 2023, stanno bene, ovviamente con le solite difficoltà tipiche dell'età adolescenziale. E ci mancherebbe pure... dopo la violenza che gli è stata fatta! Sono davvero legatissimi ed inseparabili. Si azzuffano e si cercano, ridono e giocano insieme... se non fossero fratelli sarebbero fidanzatini! Quanto deve aver sofferto Leonardo nel 2022 vedendo la sorella in quello stato...

Leonardo e Maya in una panchina di Guanajuato

Maya è tornata a danzare. Pensare che un anno fa affogavo tra Todi ed il Salesi... Il 4 luglio 2022 usciva dal centro di Todi con le lacrime ed il viso terrorizzato dal futuro, cacciata dopo un mese da persone insensibili alle lacrime di una bambina, con un bidone dell'immondizia al posto del cuore. Esattamente un anno dopo, il 4 luglio 2023, Maya si esibisce al teatro delle Energie di Grottammare in un meraviglioso spettacolo in cui balla, recita, fa assoli e balli di gruppo, incantando tutta la platea.

La bellezza di 200 tra ritardi, uscite anticipate, ed assenze ma è anche riuscita a concludere il terzo anno finale di scuola media che davamo per perso, ottenendo oltretutto, un ottimo voto finale. E non si è neppure fatta mancare la gita finale di terza media a Napoli! Lei è partita in pullman con la classe, io invece separatamente in macchina: la prelevavo ad ogni pasto e poi, dopo che si era calmata, la riconsegnavo alle insegnanti e scomparivo, nei vicoletti dei Quartieri Spagnoli oppure sott'acqua a fare immersioni al Parco Archeologico di Baia o al Banco di Santa Croce.

Agosto 2023: esattamente un anno dopo quel terribile ricovero di 3 settimane per alimentazione forzata, Maya riassapora finalmente anche il piacere di una bella e buonissima pizza da “Farinando” proprio nelle immediate vicinanze dell'ospedale Salesi, dopo la solita visita di controllo mensile di routine. Senza crisi successive o sguardi angosciati.

Mai avrei pensato nella mia vita di gioire così tanto per una semplice pizza...

Festa! La prima pizza dopo oltre un anno e mezzo!

Ovviamente siamo sempre in vigile attesa (ma senza tachipirina...), i passi indietro e le ricadute sono sempre possibili e ci stiamo molto attenti. Ma il periodo buio è (spero) ormai alle spalle: sempre più spesso il suo bellissimo viso è spensierato e la sua mente non è turbata né infastidita dal fantasma di “Ana”; sempre più spesso rivediamo in lei sprazzi del vulcano che era prima. E ringraziamo quel Qualcuno.

Oggi siamo in una fase di quiete e calma (prima della tempesta?), ben pronti al prossimo catastrofico evento mondiale, consapevoli che ci sarà e che sarà nulla in confronto a ciò che è stato il Covid. La pandemia è stato solo un primo enorme esperimento di ingegneria sociale, riuscito alla grande, nel quale le elite del WEF di Klaus Schwab hanno capito, se mai ce ne fosse stato bisogno, che la propaganda serrata fa bere alle persone più intelligenti e preparate le menzogne più clamorose, e soprattutto che un popolo impaurito accetta qualsiasi limitazione e compressione di sacrosanti ed inalienabili diritti in piena logica “shock economy”.

Queste bestie di satana hanno programmato il Great Reset per il 2030 e faranno ogni cosa per arrivarci, modellando la nuova società orwelliana a loro immagine e somiglianza e distruggendo ogni sacca di resistenza. Ma nulla oggi può turbare la nostra serenità. Come dice sempre Gaby, «chi ha una fede solida è realmente felice; mai può esser depresso, non ha paura né di vivere né tanto meno di morire».
I demoni del WEF allora ci fanno una grande pippa: a prescindere dal loro disegno diabolico per il mondo, noi 4 siamo e saremo sempre “all'opposizione”, e mano nella mano cammineremo insieme verso la via, la verità e la vita.

Per le viuzze di Guanajuato

La mia bella famiglia no vax si è pure allargata: ai miei splendidi figli (No vax purosangue) ed a mia moglie (No vax purosangue), si è aggiunto anche il simpaticissimo cagnolino Rio (No vax purosangue anche lui), che ha portato tanta gioia ed una ventata di spensieratezza. Ci ha seguito dovunque: Todi, Ancona, Madrid, Grecia, Messico... Ed ogni giorno ne combina una!

Vi presento Rio!

Dopo un triennio di folle corsa ad inseguire problemi, sono finalmente tornato alle mie tante passioni sportive e culturali, agli 88 tasti bianchi e neri inevitabilmente trascurati, al (nuovo) lavoro, anzi ai (nuovi) lavori. Ho cominciato anche a scriver libri, perché scrivere (l'avrete ben notato vista la lunghezza dei testi del blog!) mi piace da morire.

Ripenso spesso all'intensità di questi ultimi 3 anni: sono fiero ed orgoglioso di me, di come ho reagito alle avversità, di come mi sono comportato, di come ho protetto la mia famiglia con la massima intransigenza vaccinale e resilienza emozionale. Mi guardo allo specchio e mi dico: «bravo Stè, non ti 6 venduto per 4 soldi come il più squallido dei pennivendoli sparacazzate». E tutto questo non ha prezzo.

Dal baratro di una possibile e vicinissima depressione, alla rinascita, anche se quel senso di insoddisfazione sempre è con me e mi accompagna fin da piccolo. Ma a dir la verità mi piace anche. Anzi, ci vivo benissimo perché caccia quasi sempre il meglio della mia persona, stimolando una grande curiosità verso il mondo ed il desiderio di andar sempre oltre, di migliorarmi, di cercar sempre nuovi interessi, nuove mete ed avventure.

E così ogni tanto per guarire e sopravvivere devo sparire... appena posso, un weekend, un ponte, una settimana libera, un mese d'estate, due settimane a Natale e fuggo via, in famiglia o molto più spesso solo, per perdermi e ritrovarmi, per cercare di curare, scalando qualche vetta o immergendomi in qualche relitto, questa mia perenne inquietudine.

Gaby dice che sarà soltanto Dio a curarla. Prima non capivo, oggi invece lo penso anch'io. Anche per questo non chiudo le porte a quell'incontro inaspettato avvenuto quando tutto sembrava crollare. Siamo ancora in una fase di studio reciproca, un po' come due cani maschi che si annusano e non sanno se devono ringhiare, attaccarsi o prender a giocare insieme felici... l'amore verso Dio è ancora timido, i passi sono assai incerti e discontinui ed a volte ancora confondo i due barbuti... insomma, un passo in avanti e due indietro. Ma per la prima volta nella mia vita, io sono consapevole di cercarlo e desiderarlo fortemente. Karl Marx mi perdonerà.

Sicuramente ho invece già incontrato San Michele Arcangelo attraverso tutti e 7 i santuari della linea sacra, dall'Irlanda ad Israele, e spesso lo invoco contro i demoni del WEF, del capitalismo, dell'imperialismo e del neoliberismo.

Nel mentre, Fiumicino mi aspetta. Soprattutto mi aspetta lui, il pianoforte acustico Yamaha mezza coda nella sala d'attesa del gate di partenza.